« No Ordinary Crossover » Italian GDR

Posts written by SliteMoon

  1. .
    :Partenope:
    La nostra vacanza era ormai finita.
    Erano stati giorni completamente dedicati al relax, ma soprattutto erano serviti per riavvicinarci, per riunirci, in particolare attorno a Vesta.
    Era stato un periodo veramente terribile quello appena passato, e la necessità di staccare da ogni responsabilità era diventata impellente.
    Per questo eravamo andate in una delle case per le vacanze della mia famiglia. Era uno dei luoghi della mia infanzia che più mi dava gioia e serenità.
    Ed era stato in questo clima di pace che mi ero finalmente confrontata con Cerere, assai delusa e confusa dalla “sorpresa” di Haytham e dei Templari. Eravamo tutti rimasti alquanto confusi e perplessi. Nessuno se l’aspettava.
    Soprattutto però avevo parlato con Vesta. Il suo dolore ed il suo sentirsi sbagliata derivava dalla sua doppia natura. Anche se non è la stessa cosa, anche in me convivono due mondi, simili ma diametralmente opposti. Per questo avevo sentito il bisogno di parlarle, darle il mio aiuto.

    Era con la nostalgia di quel paradiso che mi stavo addentrando nel giardino del Palazzo Reale sulla Luna. Era stata una giornata abbastanza pesante, dopotutto il giorno in cui si rientra a lavoro lo è sempre, e leggermi un bel libro sotto ad un albero era proprio quel che mi serviva.
    Improvvisamente sentii un tonfo e dei lamenti venire da oltre la siepe.
    Mi affacciai curiosa e vidi il Principe Helios imprecare contro la panchina con cui si era scontrato.
    Vi si sedette sopra pesantemente e si portò una bottiglia -all’apparenza di ambrosia- alle labbra.
    Se l’era scolata quasi tutta!
    Ero combattuta sul da farsi -la gente ubriaca non si sa mai come può reagire-, ma poi decisi di fare la cosa giusta.
    Mi avvicinai lentamente a lui mi schiarii la voce.
    “Ehm… Principe Helios...”
    Si voltò di scatto verso di me, e dall’espressione che aveva non sembrava volesse compagnia.
    “Che vuoi?” tuonò rissoso.
    “Ehm… state bene?”
    “Benisssssimo! Ti ci metti anche te ora?” balzò in piedi “Ne ho piene le tasche di tutto e tutti! Ora non posso nemmeno rilassarmi bevendo qualche bicchierino?!” continuò dimenando per aria la bottiglia ormai vuota.
    “No, non era questo che intendev… Helios!” scattai rapida al suo fianco, evitandogli una rovinosa caduta a terra. Per qualche secondo fissò il suo sguardo perso nel mio, per poi iniziare a dimenarsi.
    “Lasciami andare Partenope! Cosa vuoi? Aiutarmi? Non né ho bisogno! Nessuno ne ha bisogno! Non servi a nulla! Ti prodighi sempre per gli altri per sentirti importante, ma non lo sei e non lo sarai mai! I tuoi genitori hanno fatto bene ad esiliarti! Guardati! Sei insicura, infantile, debole, hai paura persino della tua ombra! Mi chiedo come diavolo sia possibile che l’Universo abbia scelto te come Guerriera! Tu non vali un cazzo! Sei un fallimento! Quindi lasciami in pace!”
    Helios vomitò quelle parole con cattiveria, disgusto e crudeltà.
    Lo guardai negli occhi. Chiusi a chiave nel mio cuore quello che avrei voluto urlargli in risposta, perché non era né il momento né il caso di discutere con un ubriaco.
    “Senti, non servirò pure a nulla, ma se qualcuno ti beccasse in queste condizioni sarebbe un bel problema non credi?” gli chiesi seria.
    Sembrò pensarci su.
    “Hai… hai ragione… puoi darmi una mano?” mi chiese stranamente accondiscendente.
    “È quello che stavo tentando di fare.” gli dissi con un leggero sorriso, per poi prenderlo sotto braccio e guidarlo verso camera sua senza farci vedere.

    “Ascoltami bene. Ora bevi questo infuso che ti aiuterà con il post-sbornia e poi ti metti a dormire ok? Hai bisogno di riposare.”
    “Ok… in effetti non ricordo da quanto è che non dormo.” disse sghignazzando.
    “Allora a maggior ragione. Tieni.”
    Gli porsi il bicchiere e si scolò il contenuto tutto d’un fiato.
    “Grazi...” non fece nemmeno in tempo a finire la parola che crollò come un bambino esausto.
    Uscii dalla sua residenza come un’ombra -grazie Connor! Nessuno doveva vedermi, altrimenti chissà cosa sarebbe passato nella testa delle persone.
    Tornai in camera mia e crollai nel letto talmente stanca che sembrava avessi affrontato un’orda di nemici… invece mi ero solo sorbita gli ennesimi insulti.
    Gli argini crollarono e le lacrime scesero giù ininterrotte come cascate, accompagnate dai singhiozzi che mi spezzavano il respiro.
    Faceva male. Eccome se lo faceva.
  2. .
    :Partenope:
    La situazione era critica e delicata, dovevamo trattarla con i guanti di velluto per evitare che tutto andasse in pezzi.
    Scoprire che il Dio Oscuro altri non era che Etere, il Grande Padre di noi Eterni, fu un duro colpo da sopportare.
    Aveva causato tutto il caos in cui eravamo da ormai un anno, aveva manipolato e quasi “ucciso” Horus -con il conseguente sacrificio di sua madre Senu-, aveva completamente soggiogato Vesta, la nostra Vesta, portandola a compiere azioni ignobili, e, se nulla fosse cambiato, avrebbe ucciso Endymion… ormai non doveva mancare molto.
    Proprio per questo ci eravamo divisi su due fronti.
    Da un lato Selene e Nyx, che aveva creato un’arma in grado di sconfiggere il fratello, avrebbero chiesto udienza al Tribunale Vivente per poter completare tale arma. Anche se era la Grande Madre Deviante, non potevo fare a meno di provare ammirazione e stima per le capacità di quella donna.
    Dall’altro una squadra composta da Haytham e Thot avrebbe scortato Endymion su Nettuno per nasconderlo a Etere. Anch’io ero in questo gruppo e avrei fatto da mediatrice fra i miei compagni ed Oceano, il sovrano di Nettuno. Mio padre.
    Il solo pensiero di rivedere i miei genitori mi terrorizzava.
    Da quando avevo ricevuto l’incarico ero un fascio di nervi.
    Non tornavo sul mio pianeta natale da quando mi hanno esiliata. Rivedere i loro sguardi inquisitori e giudicanti, rivedere le mie numerose sorelle superficiali e sprezzanti… avevo l’ansia!
    Athena, che nel mentre faceva la pendolare fra la Terra e l’Impero -il salvataggio era riuscito con successo!-, aveva tentato di tranquillizzarmi con il suo modo di fare, con le sue parole dolci, tranquille, rassicuranti e ponderate, purtroppo con scarso successo.
    Tornare dalla “mia famiglia” -mai come adesso non la consideravo tale, avendone un’altra meravigliosa-, da coloro che mi hanno sempre trattato con sufficienza e biasimo, da coloro che mi hanno cresciuta senza amore, inculcandomi l’idea di essere sempre e solo inadatta faceva male. Se credevo di non essere mai all’altezza, se non avevo un briciolo di autostima in me stessa -anche se ci stavo lavorando e stavo decisamente migliorando- il merito era loro.
    La mano sventolante di Iuventas davanti al mio viso mi riportò al presente.
    Eravamo tutti riuniti nel nostro laboratorio dove Iuventas avrebbe trasformato uno specchio in un portale che ci avrebbe portato direttamente nel palazzo di Nettuno.
    Gli ultimi preparativi e poi l’avrebbe attivato.
    “Ehiii, tutto bene?” mi chiese Iuventas parandosi davanti a me.
    “Diciamo di sì...” dissi guardando il resto della stanza, per assicurarmi che nessuno facesse caso a me e alle mie crisi.
    “Non sembra sai? Ti stai martoriando quei poveri capelli. Vuoi parlarne?” mi chiese mentre mi afferrava le mani, salvando così la mia cute azzurrina.
    “Sono semplicione tesa come un pesce palla gonfio. Rischio di impazzire!” la guardai scossa negli occhi. “È dal mio esilio che non torno! E per di più devo parlare a “mio padre” chiedergli un favore per l’Impero! Mi riderà in faccia!”
    Iuventas mi mise le mani sulle spalle e mi sorrise.
    “Primo: che brutto paragone! Secondo: capisco i tuoi timori Partenope, ma sono sicura che ce la farai! Anche se tendi a dimenticartelo fin troppo spesso, sei più forte di quel che pensi! Guarda quel che hai fatto in quest’ultimo anno! Hai sostituito Athena in modo fantastico, eppure cosa mi dicevi? Non ce la farò mai e blablabla. Facevi gli stessi discorsi. Quindi ho la certezza che supererai pure questo scoglio!”
    “Ma è diverso!”
    “Lo so che lo è! Nessun Dio Oscuro arriverà mai al livello dei miei genitori quando discutono anche per lo zerbino di casa, però riesco a sopportarli lo stesso. Ok, non è un esempio esattamente calzante, però hai capito quello che voglio dire!”
    “Grazie Iuventas.” le sorrisi a mia volta abbracciandola. Le sue parole mi avevano davvero emozionato.
    Mi staccai da lei e la guardai con convinzione.
    “Deduco da quello sguardo di fuoco che sei pronta.” disse per poi accertarsi che anche il resto del gruppo lo fosse così da poter attivare lo specchio.
    Guardai gli altri e dopo il loro consenso presi un gran respiro ed attraversai il portale.

    Ricomparimmo nell’ingresso del palazzo -probabilmente eravamo usciti da uno dei grandi specchi della stanza- ed io mi trasformai all’istante in sirena appena toccai l’acqua.
    Il palazzo di Nettuno era un castello immenso, fatto principalmente in madreperla, coralli e conchiglie. Era quasi completamente bianco, costellato di colori soprattutto nelle rifiniture. Seppur in fondo al mare, la poca luce che arrivava quaggiù lo faceva splendere di luce propria. Era uno spettacolo per gli occhi. Questo mi faceva sentire a casa! I colori, l’acqua salata, i pesci che nuotano ovunque come se nulla potesse toccarli, sirene ed altre creature che popolavano questi mari. Nettuno era meraviglia, era magia pura. Avevo sempre adorato questo suo aspetto mistico eppure così meraviglioso…
    La sensazione di poter nuotare in libertà senza muri a confinarmi mi stava sopraffacendo. Quanto mi era mancato tutto questo! Se non ci fossero state quelle stupide leggi che avevo rinnegato e la mia famiglia Nettuno sarebbe stato il paradiso.
    Mi voltai verso i miei compagni, rimasti un po’ interdetti dalle mie attuali sembianze… Rettifico. Thot mi aveva già visto durante vari allenamenti; Endymion, beh, sua madre era una delle mie tante sorelle, quindi penso fosse abituato... Haytham era rimasto perplesso, vederlo sorpreso mi fece quasi ridere.
    “Aspettate qui.” dissi, nuotando verso il tavolo di cristallo al centro della stanza. Presi la grossa conchiglia che vi trovai sopra e la suonai. Immediatamente comparve dal corridoio una delle domestiche che appena mi vide rimase sconvolta.
    “Marchesa Partenope! Cosa ci fate qui? Come siete entrata? Loro sono con voi?”
    “Ciao Aguglia!” le dissi sorridente. Non avevo un bel rapporto con la mia famiglia, ma con il personale del palazzo andavo d’amore e d’accordo. “Siamo arrivati da un portale, ti spiegherò tutto dopo. Siamo qui per parlare con mio padre. È impegnato?”
    “Ok… venite pure.”
    Ci fece strada lungo i grandi e maestosi corridoi del castello. Erano completamente in vetro, così da mostrare la vista mozzafiato, tenuti in piedi solo da delle arcate e dei pilastri estremamente fini in corallo e madreperla che davano l’impressione che potessero spezzarsi da un momento all’altro. Tutte le stanze ed i corridoi erano illuminati da luce naturale e pietre luminescenti. Nelle stanze più importanti o quelle riservate alla famiglia reale c’erano anche dei lampadari fatti di conchiglie e cristallo.
    Arrivammo nella sala del trono, dove mio padre e mia madre erano intenti a parlare concitati.
    “Vostre Altezze, vostra figlia la Marchesa Partenope chiede udienza.” disse Aguglia inchinandosi al loro cospetto.
    Su Nettuno era tradizione quest’estrema formalità. Mi aveva sempre trasmesso freddezza e superbia.
    Erano decisamente perplessi. Come dar loro torto.
    “Padre, madre, perdonate l’irruzione.”
    “Partenope cara… cosa ci fai qui? Qualcuno ha ritirato l’esilio? Sei stato tu caro?”
    Prima frecciatina… sarebbe stata dura.
    “No cara. Forse nostra figlia è tornata sui suoi passi ed ha deciso di adempiere ai suoi doveri di sirena.” disse sogghignando.
    Respira… respira, non dargliela vinta.
    “Sono qui per conto degli Imperatori.” dissi fronteggiandoli, ignorando completamente le loro affermazioni.
    “Non avevo dubbi… dopotutto il mio nipote più illustre è con te.” rispose mia madre guardando Endymion.
    “È proprio per lui se siamo qui madre. Il Principe è in pericolo. Il nemico che ci sta assediando vuole attentare alla sua vita. Siamo qui per chiedervi aiuto e per nasconderlo ai suoi occhi.”
    Mio padre li squadrò tutti da testa a piedi.
    “Perchè dovremmo farlo? Se il Dio Oscuro scoprisse la sua posizione saremmo tutti in pericolo.”
    “Perchè è l’Impero che vi chiede questo favore.” disse freddo ed impassibile Haytham.
    “E voi sareste?”
    “Gran Maestro Templare Haytham Kenway.”
    “Favore concesso.”
    “Cosa? Teti!”
    “Tesoro mio, è un favore per l’Impero! E per di più c’è in gioco anche la vita del mio nipote preferito! Cosa dovrei fare? Ignorare la cosa?” chiese mia madre scandalizzata, ammutolendo mio padre.
    “Grazie mille Vostre Altezze.” ringraziò Endymion.
    “Essia. Vi saranno assegnate delle camere per gli ospiti.” tuonò mio padre prima di congedarci.

    Stavo nuotando. Finalmente lo stavo facendo nel vero senso della parola.
    Non in una vasca, non in una piscina, ma nel mare più sconfinato che potesse esserci!
    Durante la nostra permanenza su Nettuno visitai tutti i luoghi a me cari.
    La città, formata da grandi edifici in corallo e scogli, da mercati rumorosi ed opere d’arte superbe, dove c’era un grande via vai di ogni creatura possibile.
    Le Colline degli Anemoni, una landa immensa e colorata, abitata da pesci, piante e coralli di ogni tipo. Era una vera e propria barriera corallina, disseminata ovunque di anemoni. Ritrovai persino Calliope, il delfino stenella a cui ero più affezionata.
    Mi sedetti in mezzo alle alghe ad osservare Calliope nuotare felice.
    Non vedevo l’ora che questa missione finisse.
    I miei genitori e le mie sorelle si stavano davvero impegnando nel tirarmi frecciatine più o meno velate in ogni momento. Per non parlare della loro ipocrisia. Avevano accettato di concederci questo favore solo e soltanto perché era l’Impero a chiederlo, sperando in un trattamento di favore per il futuro. In quanta falsità, menefreghismo ed egoismo ero cresciuta. Che controsenso. Ero nata in uno dei luoghi più belli dell’universo, ma ero cresciuta in una famiglia da incubo.
    Avevo avuto la soddisfazione di non dargliela vinta, ignorando i loro commenti o rispondendoli a tono. Dovevo ammettere che ero rimasta sorpresa da come stessi affrontando la cosa. Prima non l’avrei mai fatto.
    Un’altra cosa positiva era stato rivedere mia sorella Calypso, l’unica che amavo nella mia famiglia, l’unica che mi capiva, l’unica con cui stavo bene. Appena mi aveva vista mi ha stritolata dalla gioia. Anche lei come me rinnegava la nostra famiglia e le sue regole. Purtroppo però lei non poteva rendere palese questo dissenso, pena la morte. Doveva vivere nella menzogna solo e soltanto perché amava un’altra donna. Essere omosessuale, nello specifico lesbica su Nettuno era una condanna a morte. Davvero non riuscivo a capire come si potesse essere tanto bigotti. L’amore è amore, se c’è questo sentimento niente è sbagliato.
    Per questo era così contenta ed orgogliosa della mia presa di posizione. Per fortuna anche lei era una Guerriera, così da avere più libertà e poter stare senza problemi con Skye.
    Un boato. Mi voltai verso il palazzo e vidi del trambusto.
    No...no!
    Nuotai il più velocemente possibile.
    “Thot! Che sta succedendo?!” chiesi preoccupata raggiungendolo mentre correva verso la fonte del caos.
    “Ci ha trovato.”
    “Ma come...?”
    “Non lo so...”
    Seguimmo rapidi la distruzione che Etere stava seminando nel palazzo fino a raggiungerlo.
    Haytham ed Endymion lo stavano fronteggiando nel salone dei ricevimenti… ormai della bellezza della sala non rimaneva nulla.
    “Non potrete mai nascondervi da me, volete capirlo? Cos...” gridò furibondo il Dio Oscuro sentendosi mancare la terra sotto ai piedi.
    Una delle particolarità del castello era l’acqua al suo interno e nelle immediate vicinanze.
    Grazie alla magia non era semplice acqua di mare, era speciale, consentendo anche a chi non era una creatura marina di respirare e muoversi normalmente.
    Per questo quando creai una bolla d’acqua normale che avvolgeva completamente la sua armatura si ritrovò in balia del mare e dell’assenza di gravità. Non riusciva più a muoversi come voleva, sembrava aver perso il controllo sul suo stesso corpo. E questo lo fece arrabbiare.
    Thot, Haytham ed Endymion ne approfittarono immediatamente lanciandosi all’attacco.
    Purtroppo, dopo aver incassato svariati colpi abbastanza forti, riuscì a lanciare un onda d’urto talmente potente da sbalzarci tutti. Persi il controllo sull’incantesimo, lui si liberò e scagliò Haytham, che nel mentre stava tornando all’attacco, contro un pilastro, mandandolo in frantumi.
    Nuotai rapida verso di lui per sincerarmi che stesse bene, evitando al meglio delle mie possibilità gli attacchi di Etere. Nella mia forma da sirena ero decisamente più rapida ed agile, era difficile prendermi.
    “Stai bene?” chiesi ad Haytham aiutandolo ad alzarsi.
    “Benissimo...” non fece in tempo a dirlo che crollò nuovamente a terra.
    “La tua gamba!” dissi vedendo lo stato in cui era. Aveva il polpaccio in una posizione decisamente anomala.
    “È rotta...” sussurrò infastidito “Vai dagli altri, non pensare a me.”
    Stavo per obbiettare quando sentii l’ennesimo botto. Aveva scagliato Thot ed Endymion a terra.
    “Tu verrai con me.” disse lapidario Etere.
    “No!” gridai lanciando un’altra magia, ma lui scomparve insieme ad Endymion prima che potessi colpirlo.
    Il silenzio assordante feriva le nostre orecchie. Era rimasta solo la devastazione, sia nel palazzo che in noi.
    Vidi apparire i miei genitori da quel poco che rimaneva del corridoio, sconvolti per quel che stavano vedendo.
    “I miei saloni!” esclamò sconvolta mia madre “ehm… e mio nipote!” questa volta urlando con meno convinzione e sentimento.
    “Vedi che avevo ragione?!” gridò mio padre, per poi guardare me con sguardo accusatore “La solita delusione. Non sarà di certo l’essere una Guerriera che potrà cambiarti. Sei un fallimento, è inutile che cerchi di non vederlo.”
    Andarono via, lasciando ancora più distruzione di quella che già c’era. Avevo retto fino a quel momento, ma con queste ultime coltellate al petto crollai. Mi demolirono. Mi umiliarono. Davanti a Thot, davanti a Haytham. Mi ero davvero illusa di potergli tenere testa?
    Avevamo fallito.
    Avevo fallito.
  3. .
    :Federico:
    Avevo il serio timore che a breve sarei impazzito.
    La prigionia, Altair ed Ezio al Livello 2 che speravo ancora vivi. Il solo dubbio che non lo fossero mi stava uccidendo e stava alimentando la mia rabbia in modo spaventoso.
    Non ero mai stato un tipo troppo tendente alla collera o al rancore -nella misura giusta-, solo se mi facevi un torto di proporzioni colossali potevi finire sulla mia lista nera.
    Al momento, insieme ai Pazzi ed ai Borgia, anche quello stronzo di O’Brian si era unito al club. Avrei tanto voluto fargli fare la stessa fine dei già sopra citati.
    Per fortuna che avevo i miei compagni, altrimenti la vendetta mi avrebbe logorato.
    Per fortuna che c’era Yulia, un barlume di gioia e speranza in questa fogna dimenticata dal mondo.
    Non sapevo cosa mi avesse fatto, sapevo solo che rischiava seriamente di diventare come l’ossigeno, come lo zucchero nel caffè amaro, l’acqua per i pesci: necessaria, insostituibile.
    Nei giorni seguenti a quel bacio nelle docce ne erano seguiti molti altri, accompagnati da carezze ed attenzioni ben poco caste nei primi nascondigli che ci capitavano a tiro.
    Era il mio angolo di paradiso in quell’abisso d’inferno.
    Ci eravamo avvicinati molto e la fiducia sembrava aver preso il sopravvento nel nostro rapporto, iniziato in modo decisamente catastrofico.. Avevamo parlato tanto degli argomenti più disparati: dalla nostra vita ai nostri gusti, dalle cose più serie a quelle più frivole.
    Era tremendamente bello parlare, ridere e scherzare con lei -comunque mai mi sarei aspettato di flirtare persino in prigione, mio fratello mi avrebbe preso sicuramente per i fondelli. Speravo tanto che potesse farlo.
    Compresi meglio quel che la legava a O’Brian e ancora di più mi chiesi come cazzo era possibile che quello stronzo si fosse comportato così. Per i Grigi lui era una guida, era l’equivalente di un Mentore. Quindi, come cazzo si era permesso di comportarsi così con i suoi compagni? Ero già incazzato di mio con lui, ma se avessi saputo solo questo l’avrei disprezzato lo stesso. Prendere la speranza di altri che credono fermamente in te, sfruttarla e poi buttarla nel cesso quando non ti serve più. Solo la peggiore feccia faceva così.
    Per sua -e forse anche mia e della mia sanità mentale- fortuna non lo incontrai più da quella notte fatidica.
    Il peso di quel che era successo al fight club però aveva influenzato un po’ tutti, ovviamente anche i suoi stessi compagni.
    Per questo io e Yulia ci trovavamo al punto di ritrovo accordato con sua sorella.
    Lei e la sua ragazza, quella tipetta scontrosa, volevano delle risposte e beh, le avrebbero ottenute.
    Yulia era un fascio di nervi, lo sentivo e vedevo, soprattutto quando avevo deciso di palesare la nostra relazione. Perchè sì, per me lo era e come, se avessi potuto l’avrei urlato a tutti. In tutta la mia vita -che tanto corta non era stata- non mi era mai capitato di trovare una persona come lei, di provare sentimenti e sensazioni così forti e travolgenti.
    Non sapevo cosa ne pensasse lei, me lo avrebbe detto in seguito con una bella strigliata, ne ero certo. La mia decisione era decisamente egoistica, me ne rendevo conto, l’avrei messa ulteriormente in difficoltà, ma dopotutto dovevamo anche giustificare in qualche modo la mia presenza, no? Speravo solo che le due ragazze l’avrebbero capito.
    Come ci videro mano nella mano i loro sguardi diventarono di fuoco. Ok, non approvavano, era evidente.
    Yulia avrebbe dovuto reggere un assedio decisamente insidioso, speravo solo di essere in grado di aiutarla in qualche modo.
    “Non sei sola… avrei dovuto immaginarlo.”
    “Immaginavi bene… lui è parte integrante di tutti i fatti. È giusto che sia qui!” esclamò Yulia determinata alla sorella.
    “Credo sia diventato parte integrante anche di qualcos’altro.”
    Ok, la nanetta stava iniziando a rischiare grosso. Se non fossimo stati in questo contesto, non rivolgendosi a Yulia e davanti ad una birra magari avrei riso alla battuta -molto probabile-, ma ora mi stava facendo solamente innervosire. Dovetti attingere a tutto il mio autocontrollo -che ormai stava iniziando a scarseggiare dentro questa maledetta prigione- per non intervenire.
    “Questi non sono affari vostri.” rispose secca Yulia.
    “Non credo sia così, se stare con ‘lui’ ha influito sul tuo giudizio, come potremmo fidarci di te?” disse Yelena velenosa. Perchè quello erano le sue parole, veleno. Sapevo cosa volesse dire avere dei fratelli, sapevo cosa comportasse essere il maggiore. Le tue scelte, i tuoi comportamenti in un modo o nell’altro devono ispirare, devono essere d’esempio per i fratelli minori. Ti sobbarchi di responsabilità, di dolore, pur di mandare avanti le cose, a maggior ragione se non ci sono più i genitori che lo fanno per te. Tante volte, una vita fa, avevo discusso con Claudia o Ezio -con lui ovviamente capitava anche ora- per il modo diverso in cui vedevamo le cose, ma mai, MAI avevamo dubitato l’uno dell’altra. Litigavamo? Eccome. Avevo fatto a manate con Ezio? Avoglia, ormai avevo perso persino il conto! Ma abbiamo sempre avuto fiducia nell’altro, altrimenti ora non saremmo qui.
    Quindi sì, quelle parole erano veleno e sapevo che, anche se non lo dava a vedere, Yulia era ferita ed amareggiata.
    Avrei voluto sbottare, tanto, ma era lei che doveva parlare, che doveva guardarla negli occhi e fronteggiarla a testa alta, come infatti fece. L’ammutolì con la sua determinazione e la sua serietà.
    La loro reazione però mi stupì molto.
    Era stata tutta una finta… una cazzo di finta per metterla alla prova?!
    Dovevo ammettere che le avevo decisamente sottovalutate. Le ragazze avevano del potenziale.
    “Adesso possiamo iniziare? Abbiamo parecchie cose di cui discutere!”
    “In più non abbiamo molto tempo.” parlai per la prima volta, incitandole a chiedere.
    Fu Yelena a porre la prima domanda.
    “Andiamo con ordine… il fight club che senso aveva?”
    “Era una trappola per gli Originali. Dovevano andare laggiù, non so perché, ma a quanto pare per Liam era fondamentale per la riuscita del suo piano.” rispose Yulia, mentre mi stringeva appena la mano. Sapeva quanto il solo ripensare a quella notte mi facesse male.
    “Sicuramente non voleva sporcarsi le mani ed ha mandato persone che era abbastanza certo avrebbero potuto portare a termine il suo obiettivo, qualunque esso sia.” dissi riflessivo. Ci avevo ragionato così tanto, sia con Yulia che da solo, ma ancora non ero riuscito a darmi una spiegazione.
    “Sai qual è questo fantomatico piano? Inizialmente lo scopo doveva essere la fuga, ma è abbastanza palese che in realtà non è così. Non ha alcun senso mandare laggiù gli Originali per fuggire.” disse Lin alquanto infastidita.
    “Esatto! A questo punto era molto più sensato allearci con loro” Yelena mi guardò “piuttosto che far loro la guerra. Più cervelli ragionano meglio insieme ed unire le forze è sempre meglio che fare da sé.” continuò concitata e confusa.
    “Purtroppo non lo so. Dopo il fight club l’ho affrontato di petto, ma non mi ha detto praticamente niente. L’unica cosa che ho capito è che non possiamo più fare affidamento su di lui. Per quanto lo riguarda, i Grigi è come se si fossero sciolti, e per quanto riguarda me non so quanto effettivamente abbia senso portarli avanti. Tanto le uniche rimaste siamo noi tre, anche Emir e Morrigan si sono allontanati.”
    “Quindi cosa dovremmo fare? Rassegnarci ed aspettare che il cielo ci aiuti?”
    “Più o meno.” dissi ghignando.
    Le due mi guardarono come se fossi scemo.
    “Noi ‘Originali’ abbiamo un piano per uscire. Le compagne di alcuni di noi stanno lavorando ormai da più di un anno ad un modo per tirarci fuori da qui. Non dovrebbe mancare molto alla libertà.”
    “Come è semplicemente possibile una cosa del genere?” chiese dubbiosa la mora.
    Il suo scetticismo era più che giustificato.
    “Diciamo che loro hanno delle capacità molto... particolari. Se volete un temine di paragone, noi comuni mortali le definiremmo maghe, streghe, come vi pare insomma.”


    Edited by SliteMoon - 4/1/2021, 19:16
  4. .
    :Partenope:
    "Ahh..." sospirai di beatitudine.
    Acqua. La mia cara, fresca, rigenerante acqua.
    Finalmente un attimo di relax. Non c'era niente al mondo che mi rilassasse come l'acqua.
    Mi calai completamente nella grande vasca in marmo che Athena aveva fatto costruire apposta per me nel bagno di camera mia.
    Ogni volta che il mio corpo toccava qualsiasi tipo d'acqua, poof, mi trasformavo in sirena. Di conseguenza, ogni volta che mi facevo il bagno -o almeno ci provavo- non riuscivo a stare completamente nella vasca -praticamente metà coda stava fuori.
    Abituata com'ero ad abitare praticamente in mare, ritrovarmi non solo tutto il tempo a vivere fuori da esso, ma soprattutto a rinfrescarmi in piccolissime tinozze era stato shockante. Non riuscivo a comprendere perchè avessero spazi così piccoli in cui sguazzare.
    La prima volta fu traumatico. Entrai in acqua, mi trasformai, sgusciai letteralmente fuori dalla vasca e rovinai con un gran botto a terra... ricordavo ancora il dolore! La prima a trovarmi fu Cloe, che ovviamente scoppiò a ridere. In seguito arrivò Athena, che prima bloccò e tranquillizzò Connor -che già si stava precipitando per capire cosa fosse successo-, poi mi aiutò ad alzarmi e a farmi tornare in forma umana... alla fine feci il bagno in piscina.
    Quindi, per agevolarmi, aveva fatto costruire questa piccola "pozza", ed ora più che mai la apprezzavo.
    Avevo proprio bisogno di rilassarmi.
    Ormai era da quando l'Impero era minacciato dal nemico oscuro che nessuno viveva in tranquillità. Anche se noi andavamo avanti, acciaccati sì, ma a testa alta, la nostra normalità era stata spazzata via, incrinata, danneggiata...
    Saremmo mai riusciti a batterlo, a tornare come prima? Più passava il tempo e più temevo un responso negativo.
    Io facevo il massimo, quel che potevo per contribuire a contrastare la distruzione portata da quell'essere, ma era dannatamente difficile rimanere positivi.
    Soprattutto in seguito a quello che era successo negli ultimi giorni.
    La Principessa Selene mi aveva rivelato il destino atroce a cui sarebbe andato incontro il Principe Endymion ed il suo desiderio disperato di salvarlo. L'avevo guidata nella sua visione ed avevamo scoperto cosa avrebbe portato a quel nefasto evento... o meglio chi.
    Non potevo e non volevo crederci. Horus non avrebbe mai fatto niente del genere, a maggior ragione tradire l'Impero e soprattutto il suo Campione. Non la conoscevo benissimo, entrambe eravamo riservate -ed io molto timida-, e non conoscevo abbastanza la cultura marziana per comprendere appieno il legame fra Compagno Alato e Campione, ma avevo combattuto più volte al suo fianco ed ero certa della sua estrema fedeltà.
    Per questo non ero d'accordo con il provvedimento che aveva preso Selene.
    La capivo. Era spaventata, disperata. Voleva salvare in tutti i modi suo marito, ma non era giusto nei confronti di Horus.
    Ed io mi sentivo responsabile. Era grazie a me se Selene aveva fatto arrestare Horus, se ora Thot era quasi irriconoscibile, se a palazzo c’era un’atmosfera decisamente tesa e pesante.
    “AHHH!”
    Uno strillo assordante mi fece perdere un battito.
    “Cloe?” la chiamai preoccupata a gran voce.
    Nessuna risposta.
    Che sta succedendo? Quando è silenziosa non è mai un buon segno.
    “Cloe?!” esclamai più forte.
    Questa volta sentii uno strano rumore che non mi piaceva per niente.
    Mi stavo issando sulle braccia per uscire dalla vasca quando la porta si spalancò con un botto accompagnata da rumori assordanti.
    Mi ritrovai davanti al viso il musone bavoso di Lockjaw e Cloe sulla sua groppa come se stesse cavalcando un cavallo.
    “Partenope hai visto chi è venuto a trovarci?!” esclamò felice Cloe.
    Mi riaccasciai in acqua, improvvisamente stanca.
    “Stai bene?”
    “Sto bene? Sto bene?! Per tutti i Kraken, mi avete fatto prendere un infarto! Vi sembra il modo di comportarvi?! Tu che strilli a quel modo e quando ti chiamo non rispondi! E tu” indicai il cucciolone “che galoppi nel bagno come se fossi ad un rodeo! Mi stavo preoccupando dannazione!” esclamai furibonda mentre riprendevo aria.
    “Scusaci, non volevamo farti paura...” disse Cloe dispiaciuta.
    “Ora è tutto a posto. Lockjaw, sei venuto qui per me?”
    Abbaiò in segno di assenso, leccandomi con la sua enorme lingua tutta la faccia.

    (...)
    Iuventas mi aveva dato appuntamento nel mio laboratorio. Doveva parlarmi di una cosa di vitale importanza. Per questo avevo paura. Sapevo già che il suo cervello stava macchinando cose strane.
    Ed infatti eccola arrivare con la sua solita irruenza, facendomi prendere un colpo… troppi spaventi per oggi.
    “Iuventas! Ma cosa è successo? Perché tutta questa fretta?” le chiesi preoccupata
    <“Horus è in pericolo… è accaduta una cosa terribile. Il Dio oscuro è libero!”
    COSA!?
    Era nel panico. Non l’avevo mai vista così.
    “Ok, respira. Calmati…”
    “Siamo andati con Toth sul pianeta-prigione in cui tenevano segregata Horus.”
    Non ci volevo credere.
    “Ma siete impazziti?! Horus è stata imprigionata per ordine della Principessa Selene. Non era consentito a nessuno andare a trovarla!” esclamai contrariata, anche se ragionandoci sopra in effetti sembrava anche a me la cosa più giusta da fare.
    Poi mi ricordai anche della scomoda abitudine della mia amica di infrangere le regole, quindi la lascia continuare nel suo racconto, decisamente raccapricciante e sconvolgente.
    Quando finì iniziai subito a ragionare sul da farsi, su una possibile strategia, qualsiasi cosa.
    Volevo e dovevo aiutare a tirare fuori Horus da quella prigione.
    “Dobbiamo trovare un modo per riaprire quel varco…” mormorai fra me e me.
    “Toth mi ha detto che avrebbe avvisato gli Imperatori dell’accaduto, ma noi, nel frattempo, dobbiamo trovare una soluzione per riportare Horus nella nostra dimensione. Non possiamo lasciarla lì a morire. Era già in pessime condizioni quando l’abbiamo incontrata, non resisterà a lungo! Tu sei la prima a cui lo dico. Dopodiché avviseremo anche le altre. Abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile! Dobbiamo fare qualcosa per Horus, altrimenti mio fratello, se la dovesse perdere, ne potrebbe morire!”
    E non facevo fatica ad immaginarlo. Mi bastava pensare a come era irrequieta Iuventas ogni volta che non era con Phobos.
    “Bene. Dobbiamo agire in fretta, non possiamo perdere tempo. Se Horus è finita in quest’altra prigione attraverso un varco dimensionale, non dobbiamo fare altro che aprirne un altro vicino alla sua posizione.”
    “Tipo quelli di Persephone.”
    “Esatto, ma non so quanto ci convenga chiederle aiuto...” quella donna mi metteva i brividi.
    “Quella donna è inquietante e si rifiuterebbe di aiutarci. Quindi come facciamo?”
    “Ne creeremo uno artificialmente… il problema è come...”
    Attimi eterni di silenzio calarono pesanti su di noi, enfatizzando la criticità della situazione.
    “Lockjaw!” esclamò Iuventas vittoriosa.
    “Lockjaw?”
    “Che potere ha il mio bel cagnolone?” mi chiese come a sottolineare l’ovvio… e lo era!
    “Crea varchi! Sei un genio!”
    “Lo so!”
    “Quanta modestia...” le dissi ridendo. “Comunque, usiamo lui come trasporto. Porta te e Thot da Horus e poi vi recupera.”
    “Ma come facciamo a trovarla e voi a ritrovare noi? Potremmo ritrovarci ovunque nel cosmo una volta passati dall’altra parte.”
    Aveva ragione. Dovevamo localizzare Horus e avere la loro posizione, altrimenti avremmo perso anche loro.
    Ma come? Non sapevamo nulla dell’altra dimensione. A meno che…
    “Allora, costruirò un rilevatore di posizione a forma di collare per Lockjaw che gli darà le coordinate della prigione, che otterremo dai dati che raccolsi da Brahmasta quando la analizzai. L’unico problema è che una volta lì sarete “soli”, perché Lockjaw tornerà indietro e voi dovrete trovare Horus da soli.”
    “E come facciamo a tornare indietro?!”
    “Dovremmo creare una sorta di corda di sicurezza, il problema è che non so in che stato vi riporterei indietro...”
    “Perchè ogni volta che siete insieme vi trovo a complottare qualcosa di nuovo?”
    Ci voltammo di scatto verso la porta.
    Cerere aveva sentito tutto?!
  5. .
    :Partenope:
    Il ritorno di Iuventas non mi era passato inosservato, anzi. L’avevo aspettata con trepidazione ed ansia. Doveva essere una missione semplice e soprattutto rapida. Invece era tornata leggermente più tardi del previsto ed in uno stato non perfettamente al 100%.
    Aveva usato la scusa dell’allenamento troppo intenso a cui tutti credettero.
    Ma io sapevo la verità. Io sapevo da DOVE fosse tornata.
    "Sei sicura di star bene?"
    “Me lo hai chiesto già tre volte, ti ho detto di sì! Sto bene... Come ti ho già detto le cose non sono andate come previsto, ma... ne sono uscita.”
    Assentì preoccupata alla mia amica -che ero convinta minimizzasse l’accaduto-, mentre entrambe ce ne stavamo sedute sul divanetto del bellissimo laboratorio che Athena aveva a Palazzo e che ultimamente usavo per aiutare nel caos a cui stavamo facendo fronte.
    “Chi mi preoccupa è Pandia!”
    Giusto, con il suo ritorno era arrivata anche questa scoperta. Era come aver finalmente trovato la soluzione ad un indovinello estremamente complesso… però, se da una parte aveva chiarito alcuni dubbi, dall’altra ne aveva creati altri ed anche giganteschi, a cui sicuramente Pandia stessa avrebbe dato una spiegazione, ne ero certa.
    Il suo allontanamento aveva lasciato tutte sconvolte e confuse, quasi amareggiate, ma questa notizia mi aveva dato la speranza che prima o poi la nostra amica sarebbe tornata da noi, ed io non vedevo l’ora.
    "Sono ancora incredula a fronte di ciò che mi hai raccontato!" esclamai così sovrappensiero da non riuscire a fermare Iuventas dal rubarmi il pezzo di panino che mi era rimasto in mano e che lei invece divorò.
    “Che c'è? È tre ore che lo fissi!”
    Alzai gli occhi al cielo ridendo, mentre stavo per chiederle qualcosa, ma non feci in tempo perchè l'arrivo della Principessa ci fermò. Fortunatamente non ci aveva colto nel pieno delle nostre chiacchiere, seppur il mio sguardo affranto era la minaccia del mio desiderio di raccontarle tutto.
    Per l’ennesima volta avrei dovuto mentire a Selene, e questa volta anche su una cosa che riguardava direttamente sua sorella. Avevo il timore che il mio silenzio non sarebbe durato a lungo.
    Iuventas lo capì e dunque mi rimproverò silenziosamente con lo sguardo, ricordandomi di non provarci minimamente...
    Assentì ingoiando il rospo e poi la salutai a fronte della richiesta della Principessa di parlare da sola con me. Dietro Selene notai Iuventas indicare con due dita prima i suoi occhi e poi me, come a dirmi "ti tengo d'occhio", per poi sparire oltre la porta.
    “Spero non avervi disturbato, ma... ho urgente bisogno di parlarti...”
    Sgranai gli occhi e poi indicandole il divano dove poco prima c'era Iuventas la invitai a sedersi, non prima di pulire la seduta dalle briciole che la mia amica aveva lasciato.
    La Principessa voleva parlarmi urgentemente… che avesse scoperto qualcosa riguardo ai nostri viaggi sulla Terra?
    "Perdonate la confusione... come posso aiutarvi?"
    “Prima di tutto non dandomi del voi!"
    "M-Ma siete la Principessa!"
    “In questo momento sono solo una Guerriera che chiede aiuto ad un’altra Guerriera" mi disse con un sorriso mesto e dolce.
    Fu strana la sua tensione, il suo torturarsi le dita prima di parlare.
    “Non esiste un modo facile per farlo e dunque sarò diretta: ho avuto una visione. Non ti stupirà perchè come sai è parte delle mie capacità, ma nonostante mia madre mi abbia insegnato ad assecondarle in questo caso non posso farlo. Devo cambiare ciò che ho visto e per farlo ho bisogno di te!"
    Sgranai gli occhi. Ero assolutamente e totalmente felice che lei si fidasse così tanto di me, ma al contempo il disagio ed il senso di colpa mi stavano divorando. Lei si fidava di me, di qualcuno che non aveva fatto altro che mentirle e nasconderle cose. Come potevo meritarmi la sua fiducia?
    In più, non riuscivo proprio a comprendere in che modo IO avrei mai potuto esserle utile.
    Anche se davo sempre il meglio di me, mi impegnavo al 100% delle mie possibilità, avevo sempre il costante timore di non farcela, che ci fosse sempre qualcuno più adatto di me per assolvere al compito di turno, di essere completamente inadeguata e fare solo danni.
    "I-Io? M-Ma come?"
    A quel punto lei sembrò a disagio. Conosceva molto bene la mia storia ed il mio passato e seppur ancora non lo sapevo, la sua premura e preoccupazione nel chiedermi una cosa del genere era ammirevole.
    “So che il canto di una sirena è in grado di ipnotizzare una persona... quando è sotto il suo incanto questa può chiedere qualsiasi cosa alla persona che ubbidisce senza volontà. Vorrei che tu lo facessi su di me!"
    Alzarmi di scatto fu una reazione del tutto istintiva. Era come se mi fossi scottata e l'istinto mi fece portare le mani alla gola. Ero orgogliosa della mia natura, ma al contempo c'erano tabù contro i quali avevo ancora dei problemi, che ancora non riuscivo ad accettare. Selene lo capì ed alzandosi mi poggiò le mani sulle spalle con fare materno.
    “Ti chiedo tanto, lo so, ma non lo farei se non fosse una questione di vita o di morte... tuttavia non ti obbligherei e lo sai. E' una tua scelta Partenope e qualsiasi sarà io la rispetterò!"
    Le labbra tremavano e i pugni si strinsero, mentre io odiai quel mio maledetto freno. Quella paura inossidabile legata ad un'abilità che avevo sempre e solo visto come un mezzo per ammaliare uomini, a fronte di un atteggiamento predatorio che non comprendevo.
    Per una sirena la voce ed il canto erano tremendamente caratterizzanti, purtroppo anche e soprattutto per sedurre. Era un uso così oscuro, così meschino, così lontano dal mio modo di agire e di essere.
    Ricordo mia madre e le mie sorelle quanto ne andassero fiere, quanto si infastidivano quando mi ostinavo ad usare la mia voce solo e soltanto per intonare melodie e rallegrare chi mi stava attorno.
    Ormai avevo perso il conto delle volte in cui mi riprendevano e tentavano in ogni modo di convincermi ad usarla per soggiogare gli animi altrui.
    La mia chiusura era stata istintiva e repentina. Mi ero ammutolita, sentivo la gola estremamente secca ed il solo deglutire mi faceva male. Avevo paura.
    Tuttavia frenai l'esondare delle emozioni e feci emergere la parte razionale di me, quella che Athena mi aveva insegnato ed incoraggiato a sviluppare. Per me non era solo come una madre, ma anche la mia Mentore. Il mio punto di riferimento, colei che mi aveva guidato nel mio percorso di Guerriera. Il suo insegnamento principale era quello di fare sempre la cosa che ritenevo più giusta al fine di fare del bene, ovviamente dopo aver analizzato tutte le varie possibilità.
    In quel momento la Principessa mi stava parlando di una questione di vita e di morte. Come potevo ignorare la sua richiesta d’aiuto? Avrei usato questa mia abilità per fare del bene. In effetti era il miglior modo in cui potessi usarla.
    “Ti aiuterò… p-però devo sapere quel che hai visto…” dissi titubante, con il timore di venir fraintesa. “Non perché voglio farmi gli affari tuoi… d-devo saperlo così da poterti guidare meglio nella visione...” le spiegai vedendola incerta sul da farsi.
    Prese un profondo respiro e poi parlò, pietrificandomi sul posto.
    “Se non cambio le cose, Endymion morirà.”


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 11/8/2020, 13:04
  6. .
    :Ares:
    Gli eventi delle ultime ore mi avevano a dir poco scombussolata.
    Prima io che praticamente chiedo a Bayek di sposarmi -con conseguente desiderio di sotterrarmi-, poi lo strano comportamento di Horus che culmina con un omicidio commesso da quest'ultima.
    Il motivo? Per salvare sua madre... Senu.
    Finalmente tutto aveva un senso! Ecco il perchè del suo atteggiamento misterioso ed apprensivo.
    Tutto ciò però non giustificava le sue azioni e le sue bugie. O almeno per me. Bayek praticamente sembrò passarci sopra, troppo contento per l'amica salvata. Era comprensibile, come biasimarlo.
    Vista la situazione delicata, volevo affrontarla in modo pacato e ragionevole, ma quando Senu iniziò a pretendere che Horus non venisse coinvolta in tutto ciò, sbottai.
    Aveva mentito, ucciso.
    Come potevo passarci sopra come se nulla fosse? Sopratutto perchè, oltre che ingannare me, aveva palesemente raccontato fandonie a Thot, il suo Campione, mio fratello.
    Il legame fra Compagno Alato e Campione è sacro, è basato sulla fiducia reciproca.
    Anche se la causa era nobile, come poteva aver pugnalato alle spalle me, ma soprattutto Thot?
    Come potevo ora io nascondere tutto ciò a mio fratello? Come?
    Ero scombussolata, arrabbiata e ferita. Per lei valevano così poco le tradizioni, il rapporto con Thot, la sua fiducia?
    Bayek tentò di calmarmi, ovviamente senza successo. Ormai è risaputo che quando sono in preda alla rabbia c'è ben poco che possa calmarmi, ancora di più se mi sento presa in giro.
    “No Bayek! E' qualcosa che tu non puoi capire... questioni secolari... tradizioni... voglio risposte!”
    Senu si alzò lentamente e mi guardò fissa negli occhi, fiera ed orgogliosa. Seppur ancora ferita, emanava un'aura vitale e combattiva. Questa donna era una forza vivente.
    Raccontò la sua storia fatta di dolore, privazione, rifiuto, ma anche di amore e solidarietà. L’avevano cacciata, esiliata, umiliata, ferita, ma lei non si era né piegata né spezzata, non si era arresa, anzi, aveva continuato a lottare, riuscendo persino a trovare un Campione degno di lei.
    Era una grande donna e guerriera, degna di rispetto e di fiducia, eppure, a causa delle tradizioni, aveva perso tutto.
    Ascoltarla era stato come ricevere un pugno nello stomaco ed uno schiaffo in pieno viso.
    Le tradizioni che tanto mi ero prodigata a proteggere e a seguire erano davvero giuste come pensavo? Era giusto esiliare una guerriera formidabile solo perché si era riufiutata una volta di “troppo”? E poi, perché doveva esserci un limite per una scelta così importante che avrebbe influenzato per sempre due vite?
    Come potevo giudicarla così rigidamente? Anzi no, come potevo giudicarla e basta!
    Fossi stata al suo posto, avrei fatto la stessa identica cosa, pur sapendo che avrei perso qualsiasi cosa.
    Perché è proprio questo che dimostrava la forza d’animo di Senu: aveva infranto una regola per un suo ideale, pur conoscendo le conseguenze delle sue azioni.
    Dopotutto io non facevo la stessa cosa ogni volta che vedevo Bayek? Non potevamo avere contatti di alcun tipo per colpa del Trattato di Saturno, eppure, consapevoli dei rischi, lo facevamo lo stesso.
    Che differenza c’era fra me e Senu?
    Solo una: che quelle regole opprimenti le avevamo create noi Marziani, ed io ero responsabile come quelli che le avevano create perché non avevo fatto niente per cambiare una situazione soffocante ed irrispettosa.
    Non avevo mai visto la questione da un punto di vista più ampio, mi ero sempre fermata al mio rapporto con Deimos ed al massimo con Phobos. Già con Horus mi comportavo diversamente.
    Ogni Campione Alato era una persona, degna di considerazione, rispetto e fiducia non solo da parte del proprio Campione, ma da tutti. Chissà quanti altri Compagni Alati vivono costantemente in trappola...
    Se Horus avesse anche voluto dirmi la verità, come avrebbe potuto visto il muro insormontabile che si è alzato giorno dopo giorno per colpa mia e di tutti i Marziani?
    Non era giusto.
    Non è giusto.
    Sono pessima.
    “ Allora permettimi di dirti una cosa. Perdonami.”
    “ Avevi tutte le motivazioni per infuriarti.”
    “ Non per quello. Ti chiedo scusa come Marziana e Contessa per come il mio pianeta ed il mio popolo -me compresa- ha trattato il vostro… Senu, tu mi hai aperto gli occhi. Finora ho sempre trattato diversamente Deimos da tutti gli altri Compagni Alati, ma non è giusto, manco di rispetto a tutti voi e anche a Deimos stessa. La tua storia non dovrebbe essere un tabù, ma anzi, il contrario. Marte è un pianeta meritocratico, ma a voi di Koronis nega la totale meritocazia per colpa di una scelta… ed è una cosa tremendamente stupida! Come in amore, non possiamo trovare quello giusto al primo colpo.” dissi sorridendo a Bayek “… se questa regola ci fosse anche per i pretendenti allora sarei in esilio da mooolto tempo.” il solo ripensare agli innumerevoli possibili mariti che avevo incontrato -e rifiutato- per volere dei miei genitori mi faceva venire i brividi. “Quindi, d’ora in avanti farò di tutto per cambiare le cose, ed inizierò proprio da te, Horus.” mi voltai e mi avvicinai a lei, prendendole le mani e stringendogliele forte “Quello che hai fatto oggi è stato pericoloso, ma soprattutto nobile e coraggioso. Anch’io calpesterei qualsiasi regola pur di salvare le persone che amo. Per questo ciò che è avvenuto oggi resterà sulla Terra. Io non dirò nulla. A Thot ci penserai tu, non voglio mettermi in mezzo a cose che non mi competono. Se mai in futuro avrai bisogno di qualsiasi cosa, sappi che avrai un’amica in più su cui contare e con cui non dovrai mentire.” le sorrisi dolcemente.
    “ Grazie per la comprensione Ares.”
    Mi voltai verso Senu e l’abbracciai.
    Tutti rimasero interdetti e sorpresi dal mio gesto, persino io.
    “Sei una grande donna Senu. Grazie.”
  7. .
    :Ares:
    Un abbraccio. Quante volte avevo dato per scontato questo gesto? Quante volte ne avevo sottovalutato l'importanza, la forza?
    Me ne resi effettivamente conto solo quando mi ritrovai fra le braccia di Bayek. Quanto mi era mancato il suo calore.
    Lo baciai con trasporto. Il timore di non vederlo più mi aveva logorato più di quanto avessi pensato. In effetti le numerose idee per salvarlo che avevo pianificato nella mia testa dovevano essere un campanello d'allarme.
    Un ulteriore pensiero fisso era stata la strana richiesta di Horus. Non riuscivo veramente a capire perchè era voluta venire anche lei con così tanta urgenza. Mi sembrava strano, molto strano, soprattutto l'agitazione e la preoccupazione che sembravano muoverla, in particolare da quando aveva scoperto che Senu era ferita gravemente. La tensione che provava era aumentata minuto dopo minuto. Poi c'era un'altra cosa che non riuscivo proprio a togliermi dalla testa: perchè chiederlo a me, aspettare che si presentasse una situazione del genere, e non farsi aiutare direttamente da Thot? Dopotutto era lui il suo Campione, non io. L'unica cosa certa era che ci fosse qualcosa sotto, decisamente importante per Horus, ma non riuscivo davvero a capire cosa.
    “C'è un luogo privato dove possiamo parlare?”
    Bayek assentì e mi accompagnò in una stanza adiacente a quella in cui si trovavano Senu ed Horus.
    "Cosa ci fai qui?” mi chiese, anche se dal tono con cui me lo chiese sapeva già la risposta.
    “Sono venuta a fare una passeggiata. Sai com’è, Marte in questo periodo è molto monotono… Ma che domande mi fai? È ovvio che sono venuta per te!” gli dissi baciandogli teneramente la punta del naso.
    “Tesoro mio, è pericoloso, soprattutto considerando la situazione attuale.”
    Tesoro…
    “Al momento quello più in pericolo sei te! Però ho un piano!” gli dissi fiera e determinata più che mai.
    “Devo avere paura?”
    In tutta risposta gli tirai una leggera ed inoffensiva gomitata nello stomaco.
    “Ah ah ah, che ridere… Bayek, sono seria! Ti porterò su Marte, dove sarai al sicuro.” era visibilmente scettico e confuso.
    “Ares, ti sei forse scordata del Trattato di Saturno? Finchè è una breve visita, come abbiamo fatto finora, è anche fattibile, ma come pensi che possa funzionare se il mio soggiorno su Marte sarà più prolungato?”
    “C’è un cavillo a cui sia io che le altre possiamo aggrapparci.” dissi fiera ma anche a disagio. Spiegarglielo non sarebbe stato facile… per me!
    Lui era palesemente confuso e curioso all’unisono. “E quale sarebbe?”
    Come glielo dico?!
    “Beh, se dei nostri parenti o coniugi (o congiunti XD scusatemi dovevo! ndAle) sono sul pianeta proibito non ci sono problemi, perché le persone in questione hanno il diritto di stare sul pianeta a cui teoricamente appartengono. Per esempio: se Athena un giorno decidesse di portarsi su Mercurio Connor, potrebbe farlo -e fossi in lei lo farei- perché è suo marito, di conseguenza Conte di Mercurio, nonché padre di sua figlia. Ergo, il problema non si pone.” dissi soddisfatta tutto d’un fiato.
    Peccato che lui stava già facendo quello sguardo, che preannunciava divertimento per lui ed un arrampicamento sugli specchi incredibile per me.
    “Ah sì? Mi stai forse chiedendo qualcosa mia cara?” mi stuzzicò, e nemmeno in maniera troppo velata, avvicinandosi a me.
    “Semplicemente se accetti di venire su Marte...” dissi per niente convinta, incrociando le braccia sotto al seno sulla difensiva.
    “Ma io non posso, non sono né un tuo parente -per fortuna-, né tuo marito.” la sua voce ormai non era altro che un soffio caldo e suadente che mi bruciava la pelle. Eravamo naso contro naso, i suoi occhi furbi specchiati nei miei imbarazzati.
    “P-potresti far f-finta di essere il m-mio...”
    “Il tuo cosa?”
    “Il mio p-promesso s-sposo. C-così non ci dovrebbero essere problemi...”
    “Mi stai forse chiedendo di sposarti mia cara?”
    Colpo di grazia! Era troppo! Veramente troppo!
    La sua estrema vicinanza in questo momento mi stordiva ed inebriava al tempo stesso. Non sapevo se saltargli addosso o scappare nel panico. Ovviamente ebbe la meglio la seconda opzione. Gli sgusciai di lato, allontanandomi il più possibile da lui per riprendere aria ed un minimo delle mie facoltà mentali.
    Era tremendo! Non perdeva mai occasione per provare a scucirmi parole dolci o sdolcinate, cosa che a lui riusciva fin troppo bene. Ormai non ricordavo più quanti Ti amo mi aveva detto, che fossimo a letto, mano nella mano. Lui era fatto così e lo adoravo per questo… ma io no!
    Io ero pratica, restia alle parole e guidata dai fatti. Gli dimostravo il mio amore con la mia dolcezza, la mia passione, la mia comprensione. Semplicemente, ogni volta che facevo qualcosa glielo dimostravo… con le parole era più complicato. Sono più pesanti loro che la spada. Avevo più paura di dirgli quelle due paroline piuttosto che buttarmi in mezzo ad una guerra dall’esito incerto. Non ero brava ad esprimere i miei sentimenti. Per certi versi, rendevano le cose ancora più reali… e se erano reali, il rischio di perderle era decisamente più concreto.
    “Forse… no, aspetta! Che ho detto!? Ma che sto dicendo?”
    “Che mi vuoi sposare, mia cara.” mi disse sorridente, riavvicinandosi a me e portandosi alle labbra il dorso della mia mano.
    “Sì. Cioè no! Ahhh, ci rinuncio!” esclamai per poi buttarmi contro di lui ed abbracciarlo. Non riuscivo ulteriormente a reggere il suo magnifico sguardo. “Volevo solo salvarti, ok? Il solo pensiero che possano catturarti e rinchiuderti da un momento all’altro mi tormenta e mi distrugge.” lo strinsi maggiormente a me, e lui fece lo stesso. Quante cose non dette, quanti sentimenti troppo difficili da esternare, riassunti in un solo abbraccio. Eh sì, ho proprio sottovalutato e dato per scontato questo stupendo intreccio di braccia.
    Stavo per allontanarmi il necessario per guardarlo in viso, quando notai una figura camminare a passo svelto per il corridoio.
    “Horus...”
    “Horus?” mi chiese confuso allontanandosi da me e seguendo il mio sguardo. “Dove sta andando così spedita?”
    “Scopriamolo!”
  8. .
    :Partenope:
    Erano ore che spostavo il mio sguardo dallo specchio in cui era rinchiuso il nostro Imperatore ai numerosi congegni che erano disposti sul tavolo a cui ero appoggiata, come se fosse il mio unico appiglio per non cedere allo sconforto.
    Avevamo fallito. Non eravamo state all’altezza del compito che ci era stato affidato.
    Thot continuava imperterrito a farsene una colpa, ma già più volte noi Guerriere, soprattutto Iuventas, gli avevamo ripetuto che lui aveva fatto tutto il possibile se non di più.
    Aveva catturato Andromeda, salvato Horus, che altro poteva fare?
    Era compito nostro proteggere Endymion e catturare Perseo. Invece eravamo cadute nel suo trucchetto, distratte dai potenti attacchi che ci lanciava, lasciandogli la possibilità di intrappolare l’Imperatore.
    L’unica consolazione era il fatto che Iuventas era riuscita ad imprigionarlo a sua volta nella dimensione degli specchi. Iuventas aveva decisamente senso dell’umorismo.
    Tornando al presente, non sapevo che fare. Mi stavo scervellando da non so quanto tempo ormai su come tirare fuori Endymion da quello specchio. Neppure Iuventas era riuscita a farlo… e lei era la massima esperta di superfici riflettenti! Cosa avrei mai potuto combinare io? Selene aveva messo a nostra disposizione qualsiasi cosa. L’unico obiettivo era tirare fuori il suo amato dalla sua prigionia… proprio per questo mi sentivo tremendamente in colpa...
    ”Hai recuperato tutto il materiale tecnico per fare le varie prove? Non capisco perché non posso usare il mio potere. Ci deve essere una sorta di schermatura. Ho anche provato ad attraversare un altro specchio e non c’è proprio nulla che non vada! Ah… che nervi! Per fortuna posso almeno comunicare con lui”
    “Non ti preoccupare, non è colpa tua! Dobbiamo solo capire il meccanismo. Sì, ho recuperato tutti i pezzi che mi servivano. E anche…” quanto mi metteva a disagio questa situazione!?
    “Ti è arrivato anche l’oggetto che ti aveva chiesto Athena?” ecco la risposta: era il senso di colpa. L’Imperatrice si fidava ciecamente, ci forniva tutto il supporto possibile, e noi come la ripagavamo? Tramando alle sue spalle… però che altro potevamo fare? Le Guerriere Senior avevano chiesto aiuto a me e Iuventas, tutto questo lo facevamo per loro, ma soprattutto, per quanto mi riguardava, per Athena e Connor, coloro che consideravo miei genitori molto più di quelli che effettivamente mi avevano dato la vita.
    ”Sì… è qui. Ma non so come… Non so se sono in grado di fare questo viaggio senza che mi scoprano. Non ci puoi andare tu?” le chiesi quasi implorante.
    Non me la sentivo, non mi sentivo in grado di riuscire in una cosa del genere.
    Avrei dovuto viaggiare fin laggiù con un marchingegno rubato senza farmi scoprire. Sapevo già che l’ansia mi avrebbe giocato brutti scherzi, rovinando tutta l’operazione. Sarebbe stato decisamente meglio se ci fosse andata Iuventas.
    ”Mi dispiace, davvero, ma non posso. Hanno chiamato te e sono certa che avrai un ruolo particolare che solo tu potrai svolgere. Non devi avere timore di nulla. Non ti potrò trasportare attraverso gli specchi, perché di sicuro il mio potere è tenuto sotto controllo e non posso abusarne senza motivi importanti e “certificati”, ma ho trovato un’altra soluzione: Lockjack”mi disse soddisfatta.
    Perchè proprio io?
    “Non verrai per accompagnarmi? Cosa dovrei fare?”
    Ero confusa e nel panico. Come avrebbe fatto il suo cane a portarmi sulla Terra?
    ”È semplice. Sarà proprio lui a teletrasportarti sulla Terra. Nessuno può controllare le sue capacità. Lui è libero di agire e non darà affatto nell'occhio. Per quanto riguarda le altre ragazze e gli Imperatori ti coprirò io. Sai bene quanto posso essere convincente, vero? Non hai nulla temere!”
    Questa informazione riuscì un minimo a tranquillizzarmi… però ero ancora convinta che Iuventas sarebbe stata la scelta più indicata.
    Lei continuava a dirmi che sarebbe andato tutto bene e si giocò la carta del “non possiamo deluderle”… maledetta, sapeva perfettamente che con me funzionava fin troppo bene… la sola idea di deludere Athena mi dilaniava.
    "Torniamo a noi... mi è venuta un'idea che riguarda l'Imperatore, dimmi tu se ti sembra fattibile. Endymion è stato avvolto da una nube ghiacciata prima che questa si trasformasse in uno specchio... e se dovessimo riportare di nuovo la superficie riflettente a una bassissima temperatura per poter consentire alle sue molecole di passarci attraverso? Dobbiamo però stare molto attente, affinché Endymion non riceva dei danni durante il passaggio! La frequenza del moto delle sue molecole deve mantenersi al minimo per poter attraversare una superficie tanto gelida. Potresti trovare tu un aggeggio che possa agevolarlo, non essendoci io a farlo in maniera diretta con il mio potere! Che ne dici?"
    Mentre parlava, mi figurai nella mente tutte le possibili soluzioni applicabili in base a quello che mi stava dicendo. Più ci ragionavo sopra, e più mi chiedevo cosa cavolo ci facessi io qui. Athena avrebbe saputo esattamente cosa fare. Io invece non riuscivo nemmeno a dare un senso alle parole di Iuventas, che in questo momento mi sembravano prive di significato. Stavo affogando nell'abisso nel mio senso d’inadeguatezza. Non sapevo che fare! L’Imperatrice, le Guerriere, tutti contavano sul mio contributo, ed io non ero in grado di ricambiare tanta fiducia.
    Mi sedetti, ormai ero così tanto in balia dello sconforto da faticare persino a rimanere in piedi.
    Guardai affranta il tavolo pieno zeppo di marchingegni. Li guardavo quasi svogliata, sicura di non riuscire a cavare un ragno dal buco... quando lo intravidi. Scattai in piedi, facendo sussultare Iuventas sulla sedia.
    “Che ti prende?”
    “Hai ragione! Portando lo stato di entalpia oltre lo zero assoluto dovremmo riuscire a riportare lo specchio allo stato originale, ovvero quello di nube ghiacciata.” dissi concitata, afferrando pezzi in qua e la ed iniziando ad assemblarli. “Fatto questo, utilizzeremo questo deceleratore molecolare” le indicai l’oggetto che stavo ultimando di costruire “per far si che le molecole di Endymion siano così in grado di passare attraverso la nube ed uscire.”
    “Questa è la Partenope che conosco!” disse la mia compagna raggiante.
    “Piccola parentesi, visto che sono nella fase "credo in me stessa". Andrò io ad aiutarle.” dissi impugnando l’oggetto che sarebbe servito ad Athena.
    “E questa è la Partenope che mi piace!”
    “Che state combinando? Cos’è tutto questo entusiasmo?”
    Nascosi immediatamente la mano dietro la schiena, facendo cadere il marchingegno uraniano dentro la mia borsa a terra.
    Mi si gelò il sangue. Cerere era appena entrata nella stanza. Cosa aveva sentito?


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 20/5/2020, 18:09
  9. .
    :Ares:
    “Ares, è pericoloso!”
    “Al momento è lui quello più a rischio!”
    “Non lo puoi sapere! Per favore, fermati un attimo e ragiona!”
    “Non posso Deimos! La situazione potrebbe degenerare da un momento all’altro. Devo vederlo prima che ciò accada. Devo capire quello che sta accadendo, e per farlo devo raggiungerlo.” sbraitavo mentre mi spostavo da un lato all’altro della mia camera, in preda al nervoso, mentre mi preparavo per la partenza imminente.
    “Ho capito, ma...”
    “Dopo quello che mi ha detto come potrei rimanere qui senza far niente? Come?!”
    “Ed io infatti non ti sto dicendo di non andare da lui, ma di pensare prima di farlo! Tu parti sempre in preda all’istinto quando c'è di mezzo qualcuno che ami, senza soffermarti su quali potrebbero essere i rischi per te e per chi ti circonda. Come giustificheresti la tua assenza improvvisa?” mi chiese la mia Compagna Alata incrociando le braccia al petto e sfidandomi con lo sguardo.
    Ovviamente aveva ragione lei, su tutto. Mi lasciai cadere sul bordo del mio letto, le mani ad afferrarmi le tempie.
    Deimos mi si avvicinò e si chinò di fronte a me.
    “Ares, capisco l’urgenza che ti muove, ma non ti rende lucida. Se affrontassi le battaglie così saresti già morta da parecchio.”
    “Lo so...”
    “Bene, allora ragioniamoci su.” mi disse sedendosi accanto a me. “Ti serve qualcuno che ti aiuti. Iuventas è già al corrente di tutto giusto?”
    “Certo. È tramite lei che io e Bayek ci sentiamo, ma non penso che in questa circostanza mi possa aiutare molto, oltre a farmi andare laggiù.”
    Ero frustrata. Da quando fu sancito il Trattato di Saturno io e Bayek, come anche le mie sorelle con i loro compagni, ci sentivamo e vedevamo all’insaputa dell’Impero e dei Devianti. Era decisamente una situazione difficile da gestire e sopportare, ma avrei fatto di tutto pur di rivedere il suo sorriso, di risentire la sua voce, di percepire il suo tocco.
    Ma ora la situazione era degenerata. Durante la nostra ultima chiamata mi aveva dato notizie a dir poco terribili. L’Impero Deviante non solo era uscito allo scoperto, ma aveva iniziato a dare la caccia a chiunque si opponesse a loro, fra cui ovviamente vi erano anche gli Assassini.
    Da quella chiamata, avuta soltanto ieri, il terrore che da un momento all’altro Bayek ed i suoi compagni potessero cadere nelle loro grinfie mi stava distruggendo.
    Dovevo accertarmi che stessero bene, sia per me che per le altre. Ancora non avevo detto niente a nessuno. Le uniche a saperlo oltre a me erano Deimos, Phobos ed ovviamente Iuventas. Alle Guerriere l’avrei detto solo dopo aver avuto notizie certe.
    Ecco però il problema di tutta questa situazione: come avrei fatto ad andare sulla Terra senza l’aiuto di qualcuno che mi coprisse? Non potevo buttare tutto sulle spalle di mia sorella e delle nostre Compagne Alate, Iuventas in particolare stava già rischiando molto usando il suo potere, o quello di Lockjaw, per farmi sentire o vedere Bayek.
    Rimaneva solo una persona. Mi dispiaceva addossargli un altro peso, ma non sapevo che altro fare, a chi altro rivolgermi.
    Scattai in piedi e uscii dalla stanza a passo di marcia, seguita da Deimos che aveva perfettamente capito cosa avevo in mente.
    Arrivata davanti al suo studio bussai leggermente allo stipite della porta aperta per palesare la mia presenza.
    “Ti disturbo?”
    Si voltò verso di me sorridente, lasciando sulla scrivania un libro che stava leggendo. “No, entra pure, tranquilla.”
    Quante volte si era ripetuta in passato questa scena?
    Quando io e Iuventas distruggevamo qualche statua nel salone, quando davo fuoco ai fiori ornamentali che mamma tanto adorava.
    Lui c’era sempre stato per noi, e noi per lui.
    Era il mio fratellone, colui con cui spesso mi allenavo, un tempo il mio obiettivo da superare.
    Nonché una delle poche persone che sapeva praticamente tutto di me. Inclusa la mia relazione con Bayek ed i nostri numerosi incontri segreti.
    Varcai la soglia della stanza e chiusi la porta alle mie spalle.
    "Che succede?" mi chiese preoccupato.
    "Ho bisogno di aiuto, e tu sei l’unico, oltre a Iuventas e i nostri Compagni Alati, di cui mi fido ad occhi chiusi."

    Gli spiegai tutto quello che mi aveva detto Bayek. Era decisamente turbato. Sin da subito lui e Bayek avevano stretto quella che ben presto sarebbe diventata una solida amicizia, quindi questa notizia lo lasciò decisamente sbigottito.
    “Capisco. Immagino che tu voglia raggiungerlo il prima possibile.”
    “Esatto.”
    “Strano che ancora tu non sia partita.” scherzò.
    “Deimos mi ha aiutato a ritrovare un minimo di lucidità. Devo trovare un modo per non far notare la mia assenza.”
    “E quel modo te lo devo trovare io, giusto?” mi chiese poggiandosi alla scrivania.
    “Thot, non so assolutamente come fare altrimenti. Mi aiuterai?” gli chiesi abbozzando un sorriso.
    “Me lo chiedi pure? Dopotutto noi tre siamo sempre stati una squadra, no?” mi sorrise.
    Non era da me, io lo sapevo, lui lo sapeva, tutti lo sapevano, ma in quel momento il sollievo era così forte che praticamente lo placcai con un abbraccio.

    (…)
    Ero nuovamente in camera mia ad ultimare i preparativi prima della partenza con Deimos quando sentii bussare alla porta.
    “Avanti!” dissi tentando di essere il più naturale e meno sospetta possibile.
    “Ah sei tu Horus.” mi rilassai istantaneamente “Hai bisogno di qualcosa?”
    Forse Thot l’aveva mandata a riferirmi qualcosa? Mmm, no, sarebbe venuto direttamente lui. Non riuscivo però a capire perché lei fosse qui.
    “Vorrei chiederti un enorme favore.” mi chiese pacata, ma con un’ombra di agitazione negli occhi.
    “Certo, dimmi pure.”
    “Vorrei venire sulla Terra con te.”
  10. .
    :Partenope:
    La situazione già critica riuscì a diventarlo ancora di più, rasentando il tragico. Apparsa dal nulla, come i precedenti avversari, l’Ombra non aveva fatto altro che seminare panico nell’Impero, lasciandosi alle spalle una scia di sangue e morte che sembrava non avere fine.
    Avevamo capito come sconfiggerla e di conseguenza creato una strategia che doveva andare assolutamente a segno.
    Sapevamo che avrebbe attaccato durante la festa della nascita dell’Impero, ed infatti non ci fece attendere molto.
    Ero con Iuventas a controllare la nostra zona, quando si palesò.
    “È qui… È giunto il momento. Va' da Toth a dare il segnale. Noi tre lo terremo occupato!” esclamò concitata la mia compagna, che nemmeno finì la frase che io ero già scattata.
    Il piano aveva avuto inizio.
    Correvo a perdifiato per raggiungere l’Imperatrice e Toth, e nel mentre sentivo boati e grida da dove si trovava il nostro nemico che, anche se vedendolo di sfuggita, riconobbi all’istante... Thanato. Che ci faceva lui qui? Com’era possibile? Ma soprattutto, perché? Perchè seminare il panico e mietere così tante vittime in modo assolutamente cruento e senza senso?
    Non potevo negare che questa scoperta mi aveva appesantito con ulteriore preoccupazione.
    Sì, ero preoccupata, e non solo per l’attuale Ombra, che era praticamente la morte fatta persona, ma per la situazione nel complesso. Era fumosa e caotica come un puzzle a cui mancano dei pezzi, quindi attualmente incomprensibile.
    La pressione era molta per tutti, ma io la stavo accusando particolarmente.
    Noi Guerriere, in quanto sostitute delle Senior, dovevamo svolgere i loro stessi compiti. Di conseguenza io dovevo compensare la mancanza di Athena… e non era semplice, per nulla. Non mi sentivo minimamente in grado di poterla sostituire. Avevo il terribile timore di mettere il piede in fallo e che tutti i buoni risultati ottenuti fin’ora non sarebbero serviti a nulla. Di certo, però, non mi facevo abbattere e non l’avrei permesso nemmeno in futuro. Per questo aumentai la velocità della mia corsa disperata in mezzo alle numerose bancarelle e persone spaventate. Pur essendo una Guerriera, la corsa ad ostacoli non era il mio forte -almeno fuori dall’acqua-, per questo stavo mentalmente ringraziando Connor per aver insistito a volermi insegnare i piccoli ma preziosi consigli che ora stavo mettendo in pratica per evitare, saltare o superare tutto quello che rischiava di bloccarmi la strada.
    “Toth! L’Ombra è qui ed è peggio di quanto avessimo immaginato.” gli dissi con il fiatone irrompendo nel Palazzo. Una Selene comprensibilmente preoccupata si avvicinò a noi.
    “È Thanato. Le altre lo stanno tenendo occupato, ma non penso resisteranno a lungo.”
    Entrambi, anche se per qualche attimo, rimasero sconvolti.
    “Andiamo.” sentenziò l’Imperatrice con la decisione nello sguardo.
    Toth, io e un manipolo di Templari la seguimmo, pronti a mettere in atto la seconda fase del piano, nonché la più cruciale.
    Appena arrivammo però vidi Thanato liberarsi dalla morsa di Iuventas, quest’ultima che precipitava nel vuoto. Teoricamente il mio compito era quello di fornire supporto a Toth e Selene, ma vedendo quella scena il mio istinto mi gridava di andare a salvare la mia amica, per questo scattai nella sua direzione. Per fortuna ci pensarono Phobos e Vesta a salvarla, però ormai mi ero esposta.
    Stupida! Che ti passa per la mente!?
    Vi ricordate il mio timore di fare un passo falso? Eccolo, letteralmente.
    Pensa… pensa a qualcosa, veloce!
    Respirai profondamente. Tutto attorno a me sembrava andare a rallentatore.
    Allora… sono abbastanza distante dall’Imperatrice e dagli altri. Per fortuna Thanato sembra aver notato solo me. Le mie compagne al momento non possono fare molto. Thanato potrebbe approfittare della loro distrazione per attaccarle, oppure per attaccare me. In ogni caso devo impedirgli di scagliare qualsiasi colpo e di notare le presenze alle mie spalle. Cosa posso fare?
    “[…] In effetti è una persona tangibile, reale, ma che è in grado di vibrare a una frequenza tanto alta da dare l'illusione di essere quasi invisibile. […] Io faccio aumentare il moto delle molecole di quel determinato corpo per farle disunire. Lo smolecolarizzo affinché oltrepassi una superficie solida come uno specchio.”
    Le parole di Iuventas mi tornarono prorompenti in testa.
    Ecco l’illuminazione! L’Ombra era tale solo di nome, non di fatto. Era una persona reale, con un corpo tangibile. Ed un corpo è, in parte, animato dal sangue, molto sangue. Concentrandomi su di lui potevo sentirlo scorrere ovunque dentro di lui, alimentare il galoppare furioso del suo cuore.
    Tutto questo ragionare era durato pochi secondi, che a me erano però sembrati minuti interi.
    Reagii immediatamente. Puntai i palmi verso Thanato per poi stringerli forte a pugno. Il sangue stava reagendo al mio volere, bloccandosi nelle sue vene, immobilizzandolo di conseguenza, dando così la possibilità a Selene e Toth di combinare la loro energia lunare, creando una luce talmente forte da fargli perdere i sensi.
    Immediatamente smisi di usare il mio potere, rimanendo stanca e spossata.
    Questa mia capacità, questo lato oscuro -così lo chiamavo- del mio potere mi aveva sempre messa a disagio. Cercavo di usarlo il meno possibile e in casi di estrema necessità, anche perché dopo ogni uso mi sentivo debole, strana, tramortita, ma soprattutto estremamente inebriata dal potere, come uno squalo che sente l’odore del sangue. Odiavo sentirmi così, mi ricordava fin troppo il periodo vicino alla luna piena, quando ogni sirena diventa quell’essere ammaliante e letale narrato persino in tante storie terrestri.
    “Che è quel muso lungo? Ce l’abbiamo fatta!” mi disse Iuventas entusiasta.
    Le sorrisi. “Come stai?”
    “Bene. Sai com’è, ho la testa così dura che nemmeno schiantandomi a terra riesco a rompermela.” esclamò ridendo “Tu invece? Ti senti bene?” chiese leggermente preoccupata.
    Tutte le mie sorelle sapevano della mia reticenza ad usare questa parte del mio potere.
    “Sì, tranquilla. A mali estremi, estremi rimedi, no?"
  11. .
    :Ares:
    Da quando il mio cuore batteva così all’impazzata? Da quanto mi martellava in petto? Da quanto era che non stavo respirando?
    "Abbastanza... da poterti dire che ormai popoli i miei sogni più di quanto sarebbe opportuno e... la mia devozione non è proprio come quella del servo che dovrei essere…"
    Così mi aveva detto con voce calma e roca, che a me parve tremendamente sensuale, ed in quel momento sembrava quasi che avessi il cuore al posto del cervello da quanto mi sentivo pulsare le tempie.
    Le sue mani calde che mi sfioravano prima il viso, poi il collo, le spalle, le braccia, per poi scendere fino a congiungersi con le mie, lasciando una scia infuocata al suo passaggio.
    Eravamo a pochi centimetri di distanza l’uno dall’altra.
    Avevo avuto un discreto numero di amanti nella mia vita, ma mai avevo provato quello che stavo provando in quel momento con Bayek. I sentimenti che sentivo per lui, anche se acerbi, riuscivano a travolgermi e a destabilizzarmi come il mare in tempesta, come un incendio che divampa e non riesce più a spegnersi… ed io non volevo che si spegnesse, volevo che diventasse un fuoco perpetuo e dirompente. Non volevo più nascondere quel che provavo per lui -non che fin’ora l’avessi fatto benissimo...
    "La mia partenza è sempre più prossima, ma credo che lascerò qui il mio cuore…” mi disse con un sorriso che se fossi stata di ghiaccio mi avrebbe sciolto all’istante.
    Tanto tu, ormai, hai già il mio.
    Ecco che aveva centrato il punto debole di tutta questa situazione, il timore con cui ormai da giorni convivevo.
    A breve se ne sarebbe andato.
    L’avrei più rivisto? Tutto questo avrebbe potuto prendere una forma più concreta? Oppure sarebbe rimasto nient’altro che una piccola missione nella mia lunga esistenza, ricordi relegati nella mia mente ed emozioni confinate nel mio cuore?
    No, non l’avrei sopportato.
    Dovevo fare qualcosa, Bayek non poteva essere solo una piacevole parentesi, non volevo.
    Strinsi di più le sue mani e mi feci più vicina, ma lui invece si scostò, allontanandosi inesorabilmente da me.
    Dovevo ammetterlo, ero confusa e quasi ferita dal suo comportamento, come del resto lo sembrava lui stesso.
    Lo stava facendo con riluttanza, tutto in lui gridava che non volesse andarsene, i suoi movimenti, la sua voce, il sguardo che indugiò su di me per secondi interminabili. Per quei pochi istanti sembrava quasi che non esistesse nient’altro all’infuori di noi due.
    Se ne andò a capo chino e passo svelto, come se avesse paura di cedere all’istinto e al desiderio di rimanere, andare oltre. Perché è quello che sarebbe successo se non si fosse allontanato, o almeno lo speravo.
    Io lo avrei baciato e, forse, lui non si sarebbe tirato indietro.

    Ovviamente ripensare per tutto il giorno a questo avvenimento non aveva aiutato per niente.
    Bayek aveva monopolizzato i miei pensieri e tuttora continuava a farlo.
    Ormai la notte era calata su Marte e con sé aveva portato ancora più riflessioni.
    La notte porta consiglio. Certo! A forza di ragionare, a discapito del sonno, qualcosa in mente ti viene!
    Mi ero davvero illusa di poter dormire tranquillamente? Povera stupida!
    La smetti di rigirarti come un animale sofferente?
    Mi voltai verso Deimos e le lanciai un’occhiataccia.
    Sta’ zitta! Non riesco semplicemente a prendere sonno!
    Ovviamente, se continui a pensare al bell’Assassino non dormirai di certo!
    Scattai a sedere sul letto e le lanciai un cuscino, che lei schivò abilmente.
    Tiro deboluccio. Ehi, dove vai? mi chiese non appena mi vide andare verso la porta della stanza.
    A fare due passi, almeno puoi dormire tranquillamente. le dissi prima di chiudermi la porta alle spalle.
    Iniziai a vagare per i corridoi del palazzo senza una meta, pensando nuovamente a Bayek.
    Ero disperata. Non sapevo come fare a togliermelo dalla testa. Il ricordo di lui, solo, a contemplare l’immensità del deserto rovente era una meraviglia. E pensare che in quel momento lo consideravo ancora una seccatura. Il suo sorriso dolce ed affascinante, lo sguardo attento e tenero, i gesti calmi e sensuali. Tutto di quell’uomo mi intrigava ed attraeva. Era forse per questo che ero finita davanti a camera sua? Non era un caso, non era per distrazione. Ero lì per mia scelta. Odiavo questa situazione di stallo, di incertezza, di incompletezza. Sono sempre stata un tipo concreto, istintivo. Ed ora ero lì per chiarire la questione una volta per tutte.
    Per questo bussai, non curante del fatto che mi avrebbe trovata con indosso solo la mia veste da notte di seta, impalpabile ed abbastanza corta da mostrare buona parte delle mie gambe, così diversa dalla divisa da Guerriera con cui mi ha sempre vista.
    Probabilmente mi avrebbe mandata via, ma non mi importava. Dovevo parlargli.
    La porta si aprii e mi ritrovai davanti Bayek con solo i pantaloni addosso che mi squadrava sorpreso.
    Gli sorrisi, palesemente in imbarazzo -non per lui mezzo nudo, ma per la situazione in sè-, prima di parlare.
    “Perdona questa visita notturna, ma devo assolutamente parlarti altrimenti penso proprio che impazzirò.”
    “Non preoccuparti, entra pure.” mi rispose sorridente “Tanto non riuscivo a dormire.” disse chiudendo la porta.
    Respirai profondamente prima di voltarmi verso di lui e parlare.
    “Bayek, sarò sincera e, soprattutto, diretta. Anche tu popoli i miei sogni, ormai quasi ogni notte… e i miei pensieri durante il giorno. Non ho mai provato quello che sento per te, non mi sono mai sentita ardere con così tanta forza prima di avere a che fare con te. Inizialmente, non posso negarlo, ti consideravo come una missione da portare a termine il più velocemente possibile… ora vorrei con tutto il cuore che non finisse più. Il solo pensiero di non vederti più ogni giorno, di non potermi più allenare con te, di non poterti più parlare, di non sentire più la tua voce e non potermi più perdere nei tuoi occhi mi sta torturando. Non voglio perderti. So che sarà così, visto che a breve tornerai dagli Assassini, ma volevo dirti quel che sento per te.” gli dissi tutto d’un fiato avvicinandomi a lui. Eravamo a pochi centimetri di distanza. Ero sicura che potesse sentire il mio cuore galoppare. Gli carezzai la guancia per poi avvicinarmi lentamente e baciarlo con una dolcezza che non mi apparteneva.
  12. .
    :Ares:
    "Quindi tutto sta procedendo bene?”
    “Tranquilla. Sto cercando di spiegargli il più possibile sulla Terra e gli Assassini, anche se forse è meglio che della Confraternita gliene parli tuo marito. Per quanto riguarda la forma fisica, l’allenamento a cui lo sto sottoponendo sta dando i suoi frutti. Fra i miei Medjay è diventato una sorta di mito. È l’unico che riesce a tenermi testa.” dissi ridacchiando.
    “Ma davvero?” mi chiese Aphrodite con un tono di semplice sorpresa… o almeno all’apparenza. La conoscevo molto bene e sapevo perfettamente cosa stesse intendendo realmente la mia venusiana preferita.
    “Non ti ci mettere anche tu, ti prego. Ci sono già mia madre e Iuventas che stanno mettendo a dura prova la mia già poca pazienza con questo argomento.”
    “Ma loro non sono venusiane mia cara. Per noi l’amore è la nostra stessa essenza, viviamo per esso, come per voi marziani lo è la guerra. E poi con quel rossore sulle guance a chi la vuoi dare a bere?”
    Avrei tanto voluto risponderle dicendole che non era così, che era per colpa del caldo, del fatto che fossi stanca, ma tanto sarebbe stato solo fiato sprecato. Quindi rimasi semplicemente in silenzio con le braccia incrociate ad osservare Bayek ed Altair che conversavano tranquilli, il primo che tempestava di domande il secondo. Era un piacere per gli occhi vederlo così interessato e spensierato, per niente malinconico come nei primi giorni. Si stava riappropriando giorno dopo giorno della sua vita ed ero davvero contenta… però, perché c’è sempre un però, una parte di me, quella che si stava sempre più affezionando a lui, non riusciva a godersi a pieno questa contentezza.
    Ero consapevole che presto o tardi sarebbe tornato sulla Terra, perché sapevo che avrebbe voluto ricongiungersi con la Confraternita e gli altri Assassini. Lui era parte di loro come viceversa.
    Era inevitabile. Ed era inevitabile che, per colpa di quella parte di me che si stava legando a lui, avrei sofferto.

    (…)
    “Si può sapere che hai in questo periodo? Sei strana!” mi rimproverò Deimos appoggiata a un albero alla mia destra.
    “Niente, che dovrei avere?”
    “Ares, a me non mi freghi, e lo sai. Sei nel giardino sul retro del palazzo a scoccare frecce di fuoco contro il laghetto da almeno un’ora. Fai sempre così quando sei turbata, e io ti conosco ormai da molti -troppi- anni. In più, c’è il piccolissimo particolare che, essendo io la tua Compagna Alata e tu la mia Campionessa, le nostre menti e le nostre anime sono collegate a vita. Ergo, quando ti girano o, come in questo caso, stai soffrendo, io lo sento immediatamente. Quindi ti ripropongo la domanda: cos’hai?”
    Cazzo, lei non posso fregarla!
    “Eh no mia cara.” disse ghignando.
    Voltai lo sguardo verso di lei decisamente infastidita.
    “La smetti? Sei inquietante!”
    “Aspetto ancora una risposta.”
    Tornai a guardare lo specchio d’acqua di fronte a me.
    Il giardino di casa mia era uno dei pochi posti in cui riuscivo a ritrovare me stessa quando mi perdevo in balia di sentimenti e pensieri -ovviamente anche la caserma rientrava fra questi.
    Era strano per una persona come me trovare la pace in un luogo che la trasmetteva effettivamente solo guardandolo.
    Il giardino era rigoglioso, con palme che svettavano un po’ ovunque, cespugli e fiori a decorare il prato e tutt’intorno al laghetto -non così piccolo come possa sembrare dal nome-, statue, panchine, fontane ed un obelisco ornavano il posto rendendolo ancora più bello e conferendogli un’atmosfera quasi magica.
    Da piccola adoravo giocare qui con Thot e Iuventas.
    Incoccai un’altra freccia di fuoco e la scagliai contro l’acqua. Al solo contatto la freccia si dissolse in una piccola nube di fumo, creando delle increspature quasi ipnotiche nel lago.
    Ogni volta che ero vicina a Bayek la mia impassibilità evaporava come quei dardi di fuoco con l’acqua.
    Ormai era da un mese che queste sensazioni si erano via via intensificate, da quel primo allenamento che tuttora non riuscivo a togliermi dalla testa. Anche nei sogni mi torturava, ripetendosi quasi ogni notte, spesso con esiti diversi dalla realtà.
    Il suo sguardo, la sua determinazione, il suo sorriso, l’elettricità infuocata che era nell'aria, lo scontrarsi dei nostri corpi.
    Tutto di quel combattimento, anche i movimenti e le espressioni più impercepibili avevano mosso qualcosa in me. Qualcosa che mai avevo provato e che, per questo, temevo.
    “È l’Assassino...”
    La sua espressione cambiò, diventando incredibilmente seria e curiosa al contempo, quasi preoccupata.
    “Bayek di Siwa? Che ti ha fatto? Non ti ho mai vista così per colpa di un uomo e poi lui è così calmo.”
    “Non mi ha fatto assolutamente niente, tranquilla. Mi sono espressa male. Diciamo che non è propriamente lui, ma io.”
    “Ah prima ti sei espressa male? Cosa dovrei capire con questa frase sconclusionata?”
    “Deimos, lo sai che sono più brava con i fatti che con le parole. I sentimenti non fanno per me.”
    La sentii scostarsi dalla palma e avvicinarsi a me.
    “Di che tipo di sentimenti stiamo parlando?” mi chiese vicino all'orecchio. In tutta risposta scoccai male la freccia, scagliandola contro una fontana.
    “MA SEI PAZZA!? Chissà cosa o chi potevo colpire!” le sbraitai contro mentre con un gesto dissolvevo la freccia che per fortuna non aveva fatto danni.
    “Non ci credo!”
    “E infatti non c’è niente da credere.” ringhiai.
    “Tu, che intorno al cuore hai un doppio strato di pietra...”
    “Smettila.”
    “… ti sei...”
    “Un’altra parola e ti trasformo in un corvo impagliato!”
    “Innamorata!?”
    “Shhhhh ho detto zitta corvaccia da strapazzo!” esclamai avventandomi su di lei, che però prontamente si ritrasformò in corvo, continuando però a infierire direttamente nella mia testa.
    “Ares, tutto bene?”
    Mi pietrificai.
    No. No, no, no, NO! Dimmi che non ha sentito nulla, che è appena arrivato e ha visto solo il mio capitombolo a terra.
    Mi alzai e voltai lentamente verso Bayek che mi guardava decisamente preoccupato.
    “Sì tutto bene, tranquillo! Solo un piccolo battibecco con Deimos.” dissi tentando un sorriso che di naturale non aveva niente. Guardai verso l’alto vedendo Deimos volare via.
    Buona fortuna!
    Crepa cornacchia!
    “Da quanto è che sei qui?”
    Solo dopo la sua risposta mi accorsi che avevo trattenuto il respiro fino a quel momento.
    “Da un po’ ormai. Stavo passeggiando per questo magnifico giardino quando ho sentito delle voci concitate, fra cui la tua, quindi sono subito accorso per vedere se stavi bene.”
    “Ah capisco.”
    Stavo sudando freddo.
    Ti prego, fai che non abbia sentito la parte sui miei sentimenti!
  13. .
    :Ares:
    Ero seriamente sfinita. Se avessi affrontato un allenamento intensivo e subito dopo combattuto una cruenta battaglia ero convinta che ne sarei uscita più rilassata e tranquilla di quanto fossi ora.
    Fare da balia a Bayek di Siwa era una seccatura. Non che lui fosse di cattiva compagnia, però ero sempre più insofferente al suo continuo chiedere di quello, di questo, e via discorrendo. Povero disgraziato, era appena risorto, ne aveva tutte le ragioni… ma perché io!? Lo sanno tutti che sono istintiva e, soprattutto, impaziente. Il mio modo di fare, di prendere decisioni, di combattere urlavano a squarcia gola la più totale mancanza di pazienza.
    Sapevo benissimo che ero l’unica persona disponibile su Marte. Iuventas era una peste, molto probabilmente l’avrebbe traumatizzato; Thot era fin troppo impegnato, anche se sono sicura che sarebbe stato una scelta decisamente migliore di me; i miei genitori... non ne parliamo nemmeno.
    Giusto! Ero così spossata e nervosa anche grazie a mia sorella e a mia madre.
    Erano anni che quest’ultima insisteva perché mi sposassi, o comunque che trovassi qualcuno con cui stare, addirittura amare… Ecco perché, insieme a Iuventas, non si faceva mai scappare l’occasione per accasarmi con qualcuno.
    Ed ovviamente Bayek non faceva eccezione. Non facevano altro che dire “È proprio un bell’uomo! Vero Ares?” oppure “Sorellona, ma lui non è il tuo tipo?” o ancora “State bene insieme”, “Com’è simpatico!”, “Ma perché non ci fai un pensierino?”.
    Quelle appena elencate sono solo una piccolissima parte delle loro uscite geniali, e forse le meno imbarazzanti, perché ovviamente peggiorano, andando a toccare argomenti come il matrimonio, i figli, il fatto che non posso rimanere sola per sempre e bla bla bla… tutto rigorosamente davanti al diretto interessato. Se non mi sono seppellita per la vergogna in questi momenti non lo farò mai più.
    Per fortuna sia mio padre che Thot mi davano manforte.

    “Secondo me è triste... lo pensa anche Lockjaw! Dice che gli manca la sua famiglia e che si sente in debito con noi... La sua riverenza è tale da non saper come approcciarci... io e lui concordiamo anche sul fatto che tu stia facendo un pessimo lavoro!”
    “Ehi!”
    Una sola frase per mandare all’aria i miei pensieri e farmi infuriare più di quanto già non fossi.
    “E' la verità. Guardarlo! Sembra un cane bastonato, senza offesa Lock!”
    “I-Io non so che fare ok? Non sono un sacerdote, io non so consolare... non capisco perchè mamma e papà abbiano voluto che ci pensassi io!” le dissi frustrata, pronta a continuare la mia arringa dove elencavo tutte le ragioni per cui ero una pessima scelta per questo compito, quando la vidi sobbalzare e sparire con Lockjaw.
    Mi voltai e capii il motivo di tanta fretta.
    "Credo di essere per Voi un peso mia Dea, Vi ho costretto qui mentre Voi siete una Guerriera... posso chiederVi l'onore di servirVi? Ho pensato che non ho altro modo di ripagarVi per ciò che per me avete fatto se non questo. DonarVi la mia vita. Mettermi al Vostro servizio…" mi disse con il rispetto e l’onore che ormai avevo capito far parte di lui.
    L'imbarazzo tornò ad arrossarmi le guance.
    Ecco un’altra cosa che mi faceva impazzire. Non ero una Dea, glielo avevo detto non so più quante volte, ma lui continuava imperterrito. Non era colpa sua, capivo perfettamente il suo punto di vista. Era disorientato, figlio di una terra e di una cultura che all’apparenza erano terribilmente simili a quelle in cui si era risvegliato. In più, ero imparentata con quelli che per lui erano divinità, esseri sacri e invicibili… peccato fossero solo degli invidiosi e boriosi.
    “Bayek, non so più come dirtelo, chiamami semplicemente Ares. Non sono una Dea, sono solo una donna… a capo di un esercito, ma pur sempre una donna. Non ho niente di divino.” gli dissi sorridendo “Comunque, mi dispiace di averti dato quest’impressione...” impressione decisamente vera, ma mi dispiaceva terribilmente vederlo così rammaricato. Gli feci un gesto per invitarlo a camminare con me. Senu si liberò in aria, maestosa e magnifica, mentre Bayek mi si affiancò.
    “Ascolta, non c’è alcun bisogno che tu mi ripaghi di niente, soprattutto con la tua vita. Hai avuto il dono e la fortuna di viverne un’altra, perché mai dovresti sprecarla con me?”
  14. .
    :Ares:
    No, no, e poi no! Ho un esercito da dirigere e un incarico da Guerriera da portare a termine.
    Era questo che avrei voluto dire, ma mi morsi la lingua pur di frenarmi.
    Nessuno dei due impegni era urgente, lo sapevo, ma non avevo voglia di sprecare tempo dietro ad un umano facendogli da guida turistica di Marte… ed ero abbastanza sicura che tutto questo mi si leggesse chiaramente in faccia, sicuramente Iuventas, Toth e Aphrodite l’avevano capito.
    Sospirai profondamente.
    “Va bene, me ne occuperò io.” dissi rassegnata. Vidi l’espressione di Aphrodite ed Altair rilassarsi leggermente.
    Come avrei mai potuto ignorare una richiesta d’aiuto da parte di Aphrodite?
    Inoltre tutta questa questione era decisamente delicata. C’erano i Devianti con i loro stramaledetti esperimenti di mezzo, quindi sapevo per certo che se quest’uomo fosse finito nelle loro grinfie gli Assassini avrebbero rischiato molto.
    E poi dovevo ammettere che ero incuriosita. Un nostro Compagno Alato l’aveva scelto come Campione, volevo capirne il motivo.
    Mio padre fece una smorfia contrariata, facendo un gesto secco per indicarci di seguirlo.
    Palesemente lui sperava rifiutassi… ed anche una parte di me lo sperava.

    (…)
    “Ma questo Assassino ha un nome?” chiesi ironica ad Altair mentre ci dirigevamo verso la stanza dove si trovava l’Assassino.
    “Si chiama Bayek di Siwa, ed è colui che ha creato la Confraternita.”
    “È il primo Assassino?” chiesi sconvolta, non mi aspettavo una rivelazione del genere.
    Altair annuì.
    “Fu lui a fondarla, se non sbaglio durante il regno dell’ultima Regina d’Egitto.”
    “Ah, quindi è originario dell’epoca tolemaica!” si intromise mia madre “quello fu un periodo di grande splendore per l’antico Egitto!”
    “Fu l’ultimo periodo di pseudo-splendore, prima che i Romani conquistassero tutto. Dopotutto i regnanti erano dei buoni a nulla, incapaci di portare avanti un Impero.” specificò mio padre.
    Si intuisce che fra le due famiglie non scorresse buon sangue, vero?
    “Non osare parlare male della mia famiglia, Crio.”
    “Euribia, non parlo male, è un dato di fatto! Erano dei boriosi, incompetenti, incapaci, montati ed inutili nobili quando erano qui su Marte. Sono andati sul pianeta proibito per riscattarsi e non sono durati nemmeno 4000 anni terrestri. Riassumendo, erano degli idioti!”
    “Crio! Taci o scoprirai chi sarà stasera l'idiota che dormirà sul divano!”
    “Smettetela!” esclamò Iuventas con le mani sui fianchi “Vi sembra il modo di comportarvi?”
    “Sembrate dei bambini.” dissi seria e lapidaria.
    “Concordo con loro.” continuò Toth, a braccia conserte e con uno sguardo che avrebbe potuto liquefare chiunque.
    Prima che chiunque potesse dire altro, un’aquila volò nella nostra direzione, per poi trasformarsi in una bellissima donna dalla carnagione scura.
    Mi feci avanti “Sei la Compagna Alata dell’Assassino, vero? Qual’è il tuo nome?”
    “Esatto. Il mio nome è Senu. Perdonate l’intromissione, ma volevo dirvi che Bayek si è svegliato.”
    Respirai profondamente. Il momento era giunto.
    “Fammi strada.”
    Senu annuii e ci incamminammo.
    “Aphrodite cara, ma questo Assassino com’è? È avvenente?”
    “Giusto madre, dicci tutto Aphrodite.”
    Eravamo lontane, ma riuscii lo stesso a sentire chiaramente mia madre e mia sorella.
    “Smettete di importunarla!” esclamai prima di voltare l’angolo.
    “Madre, Iuventas, per favore, ma vi sembra il caso?” Toth era rassegnato quanto me.

    (…)
    Ci siamo.
    Entrai nella stanza e lo trovai seduto mentre si guardava attorno confuso, molto confuso.
    Si accorse immediatamente della mia presenza e appena incrociò il mio sguardo accadde qualcosa che mi lasciò non poco interdetta. Lo vidi balzare in piedi per poi inchinarsi davanti a me.
    Ora quella confusa ero io.
    "Bayek di Siwa, capisco la tua confusione, ma puoi stare tranquillo..."gli dissi facendo un passo verso di lui.
    "Sekhmet, mia Grande Dea, siete stata Voi con il vostro potere immenso della guarigione a portarmi indietro?" mi chiese con rispetto e la testa bassa.
    Sekhmet? Mi ha preso per quella svitata di mia cugina. Mi sa che ci vorrà più tempo del previsto… che seccatura.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 30/3/2020, 23:18
  15. .
    :Partenope:

    “Cloeeee! Dove sei?”
    Sentii una risatina cristallina, quasi impercettibile.
    La bambina che per me ormai era diventata una sorellina si stava nascondendo dietro una sontuosa statua, una delle tante che adornavano l’immenso giardino del palazzo dove da tempo immemore vivevano i conti di Mercurio… o almeno avrebbero dovuto viverci…
    Ormai avevo perso il conto di quanto tempo era passato da quando Athena, insieme alle Guerriere Senior e Pandia, era andata sulla Terra per salvare Connor e gli altri Assassini.
    Sapevo solo che ciò che ne era conseguito era una situazione estremamente pesante e decisamente difficile da gestire. Una parola di troppo, un passo falso, e la delicata pace fra Devianti ed Eterni sarebbe andata in frantumi come cristallo. Devianti ed Eterni dovevano rimanere ognuno nel suo, non andando ad immischiarsi nelle faccende degli altri.
    Vivi e lascia vivere, semplice. O almeno lo sarebbe stato se i Devianti non avessero catturato tutti gli Assassini per fargli chissà cosa, sicuramente niente di bello.
    E quindi eccomi qua, a fare le veci di Athena su Mercurio, nelle sue funzioni e compiti, e con Cloe.
    Dovevo ammettere che la cosa mi piaceva… no, mi sono espressa male, è facile fraintendere così.
    Volevo dire che mi piaceva vivere su Mercurio, stare con Cloe, avere compiti da portare a termine, sentirmi utile, accettata, non più l’ultima ruota del carro.
    Perché quello ero su Nettuno. La più piccola, l’invisibile Partenope. Una sirena inutile, indegna di essere definita tale solo perché avevo preso la decisione di non sposarmi.
    Su Nettuno la scelta dell’uomo giusto, a prescindere dall'amore provato, il matrimonio, mettere al mondo figli sani e forti, erano obblighi, la base su cui si fondava la nostra società.
    Noi della famiglia ducale dovevamo seguire questi dogmi ancora di più.
    Le mie sorelle non avevano problemi in tutto questo.
    Io però non ero come loro. L’amore, il matrimonio, i figli non possono e non devono essere imposizioni. Odiavo questo aspetto del mio pianeta, perché mi faceva sentire come un pesce fuor d’acqua… a me, che sono una sirena, ve ne rendete conto?
    Ho sempre pensato che se mai mi sarei sposata e avrei avuto figli l’avrei fatto per amore, per me e solo per me, non per mandare avanti una stirpe estremamente prolifica e numerosa già di suo.
    Santo cielo, ho 2998 sorelle che possono procreare, e so già che lo faranno. Perché tutti mi guardavano male, mi trattavano come una sorta di scherzo della natura solo perché la pensavo diversamente?
    Non ero mai stata un’ammaliatrice, ed ero abbastanza sicura del fatto che non lo sarei mai stata.
    Teoricamente anch'io avevo raggiunto l’età per adempiere ai miei compiti di sirena, peccato che al momento non avevo interesse nell'amore e nel trovare qualcuno che potesse stare al mio fianco. Stavo bene così, con me stessa, che c’era di sbagliato?! Davvero meritavo l’esilio per questo?
    Per non parlare della situazione decisamente peggiore di mia sorella Calypso.
    Se la sua relazione con Skye fosse arrivata alle orecchie dei miei genitori… non voglio pensarci…
    Davvero rischiava la morte solo perché amava un’altra donna?
    Come potevo chiamare casa un pianeta del genere, e famiglia persone che rinnegavano chiunque non facesse come volevano loro?
    Ecco perché ora stavo bene, perché ero finalmente felice.
    Ero libera, e tutto questo lo dovevo ad Athena e Connor, che consideravo come genitori.
    In particolare lei mi avevano accolta in casa sua, mi trattava come una figlia, come una sua pari, come un essere unico, definito dal pensiero individuale e dai sentimenti. Ecco perché desideravo ardentemente avere loro notizie. Li volevo bene e speravo con tutto il cuore che sarebbero tornati a casa il prima possibile, da Cloe... e me.
    Quest’ultima era cresciuta tantissimo, ormai aveva nove anni. Era dolcissima ed era il connubio perfetto fra i caratteri dei suoi genitori. Ed era decisamente brava, come suo padre, a nascondersi e a muoversi silenziosamente… peccato che si fregasse sempre con la sua stessa risata.
    “Trovata!” esclamai sbucandole alle spalle.
    “Scherzetto!”
    Improvvisamente persi l’equilibrio e caddi a terra, confusa. Solo una volta seduta sull'erba mi accorsi di quel che era successo.
    “Cloe! Così non vale!”
    “Non è vero! Mio papà usa il veleno e le bombe fumogene per stordire i suoi nemici!” mi rispose portando le mani sui fianchi -in una di queste un bicchiere di vetro ormai vuoto-, fiera degli insegnamenti di suo padre.
    “Quindi io ora sarei un nemico?”
    “Durante nascondino tutto è lecito!... e poi sei così bella quando sei una sirena.”
    Sorrisi alle sue parole. Su Nettuno nessuno mi aveva mai guardato così, contenta del fatto che io fossi una sirena… anzi, di solito mi sentivo dire che non meritavo di esserlo.
    Guardai la mia coda azzurra, le mie pinne quasi trasparenti sbrilluccicare sotto la luce del sole e sorrisi.
    Nettuno era considerato la culla della magia perché era l’habitat ed il rifugio perfetto per creature e esseri magici di ogni natura. Le sirene erano fra essi.
    Creature splendide, uniche, magiche, ed io ero una di loro. Nonostante tutte le leggi, gli obblighi ed il modo di pensare che non condividevo, io adoravo essere una sirena ed ero fiera di esserlo.
    “Vieni qui.” le dissi picchiettando sull'erba accanto a me.
    “Storie d’acqua?” mi chiese elettrizzata sedendosi ed aspettando che iniziassi a raccontare.
    Era un gioco che facevamo spesso. Le raccontavo una storia, in genere originarie di Nettuno, e materializzavo quel che dicevo con l’acqua. Una specie di teatrino acquatico insomma.
    Lei lo adorava, e a me piaceva tanto renderla felice.

    (...)
    Ero stressata. Queste strane mute erano un mistero, un enigma di cui volevo assolutamente trovare la soluzione.
    Tutti contavano su di me, ed io non volevo assolutamente deludere le loro aspettative.
    Ero completamente assorta sui dati raccolti, intenta ad organizzarli per poterli esporre al meglio agli Imperatori… o almeno ci provavo, perché Iuventas, anche lei nervosa -come tutte noi del resto- non faceva altro che camminare per la stanza.
    “La vuoi smettere di andare avanti e indietro? Mi stai innervosendo!” la ammonii.
    “Ok, ok… scusa. Sto ferma.” disse lei schiantandosi sul divanetto accanto a Cerere, che tentò di calmarla, ovviamente invano, perché Iuventas si rialzò ed uscì dalla stanza per cercare gli Imperatori.
    “Finito… Speriamo bene…” dissi più a me stessa che alle altre.
    “Tranquilla Partenope, andrà bene.” mi disse Vesta, tentando palesemente di calmare anche se stessa.
    La porta si spalancò e fecero il loro ingresso gli Imperatori, Toth ed Haytham, scortati da Iuventas.
    “Allora, Partenope, il Generale Toth ci ha informato che hai delle novità da riferire.” disse l'Imperatrice Selene forzando un sorriso.
    Respira Partenope, respira, ce la puoi fare.
    “Si Imperatrice. Queste mute epidermiche sono fondamentalmente una pelle umana intera composta solamente dallo strato corneo. Questa è' già la quinta che troviamo..."
    "In tre mesi! Inizia a diventare strana la cosa, oltre che inquietante!" sentii sussurrare Iuventas alle altre, guadagnandosi un’occhiataccia da suo fratello.
    “Pelle umana? Com'è possibile che si stacchi in questo modo da un corpo?” chiese sconcertata l'Imperatrice.
    "Potrebbe trattarsi di necrosi epidermica tossica o di una sorta di desquamazione umida dovuta all'esposizione di intense radiazioni... ma... non mi vengono in mente eventi che abbiano potuto causare ciò..."
    “Ci sono differenze fra le varie mute?” questa volta fu l'Imperatore Endymion a parlare, rimanendo imperscrutabile come suo solito.
    "Inizialmente avrei detto di no, perché presentavano differenze davvero irrisorie e poco significative al fine dei miei studi. Però con quest’ultima che è stata rinvenuta le cose cambiano. L'esame della membra riporta che l'acido ialuronico ha valori sopra alla norma, la degradazione degli androgeni è insolitamente bassa, ma al contrario la rigenerazione cellulare ha un ritmo vertiginoso in controtendenza con le altre mute trovate."
    Dissi tutto d’un fiato, facendo del mio meglio per essere il più coincisa e chiara possibile, in attesa di scoprire come si sarebbe evoluta la faccenda.
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