« No Ordinary Crossover » Italian GDR

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  1. .
    :Luke:
    Spesso mi rendevo conto di quanto poco sapessi, di quanto la Forza fosse ancora un gran mistero. La indagavano in lungo ed in largo, attraverso libri, storie ed artefatti, ma forse molto poco mi soffermavo a percepirla.
    Non era raro che mi rifugiassi nel bosco per meditare e non era nemmeno raro che a volte Cal o Ezra o anche tutti e due, mi seguissero, per allenamenti privati ben più attenti e specifici. Quel giorno nel dettaglio mi ero allontanato con Cal ed era quasi il tramonto quando stavamo tornando alla scuola ed io... io ero più silenzioso del solito.
    ”Maestro, mi sembri turbato. Lo sei da quando siamo tornati dalla missione su Orax. Ti va di parlarne?” il suo tono era sommesso, come a sottolineare una offerta di ascolto del tutto libera e disinteressata.
    "Cal sei più grande di me, con maggior esperienza... non capirò mai come puoi considerarmi Maestro... forse è più giusto dire che tu lo sia..."
    Da quando il nostro terzetto si era incontrato e creato, unito da interessi comuni e lo stesso scopo, era stato naturale designarmi come leader e guida. A detta loro avevo una saggezza antica, insita in me, ero figlio del Prescelto, anzi forse come tanti credevano il vero Prescelto ero stato io. Colui che in un solo colpo aveva riconquistato l'amore del padre e messo fine all'Impero. Tuttavia la mia modestia, mi impediva di vedermi così come tutti mi percepivano. Forse a volte era anche solo la pressione, di deludere così alte aspettative.
    "Tu ed Ezra avete avuto un addestramento ben più completo del mio. Tu stesso hai avuto modo di vedere come la vecchia scuolaJjedi fosse... avete vissuto con degli Jedi. Con loro avete potuto confrontarvi su credenze, usi e costumi... Questo mi manca ed adesso mi sento perso. Confuso. Da quel poco che da Ben e Yoda ho appreso è che... che l'amore è precluso. Guarda mio padre, l'amore per mia madre è ciò che l'ha fatto perdere... eppure vedo te e Merrin... ascolto Ezra su Kenan ed Hera e... tutto è l'opposto di ciò che mi è stato raccontato... insegnato... Sono confuso..."
    Notai come il mio caro amico mi ascoltava in silenzio, mentre un sorriso sempre più aperto si disegnava sul suo viso.
    "Per me la tua Forza è un faro, per questo ti considero un maestro, Luke." mi rispose senza esitare e poi proseguì dicendomi "Sai, proprio perché ho vissuto gli Jedi quando ancora contavano qualcosa, posso dirti quanto, in fondo, avessero qualcosa che non andava. Se sono caduti, può darsi che dovevano anche loro imparare qualcosa. In questo caso, noi dobbiamo imparare qualcosa in più. Forse il primo insegnamento riguarda l'Amore."
    Nei suoi occhi notai un velo, fatto di chissà quanti pensieri e dubbi, tuttavia non smise di guardarmi, con quel fare fraterno che solo lui sapeva avere.
    "Ci hanno sempre insegnato che l'Amore è debolezza, poiché ti toglie lucidità e rischia di farti cadere nelle passioni. Vero. Ma non ci è stata raccontata tutta la storia, però. Da quando conosco Merrin mi sento invincibile, lucido, razionale ma allo stesso tempo... aperto a tutto ciò che posso ricevere da lei. Questo alimenta la Forza in me... non la inquina..."
    Dopo quelle sagge parole Cal si fece silenzioso, camminammo fino quasi al campo, mentre io ancora sentivo rimbombarmi in testa quelle parole. Cercavo di farle mile, di assimilarle e comprenderle. Mi trovai ad assentire silenziosamente e poi fermandosi di colpo, mi voltai a guardare il mio caro amico, posandogli una mano sulla spalla.
    "Credo dunque che dovrò scoprilo allora... non mi hanno mai spaventato le prove de la Forza... non incomincerò ora... non di fronte a qualcosa di tanto forte e bello, seppur per me sconosciuto"

    Ci eravamo così tanto inseguiti e ricercati, fino al punto che in quel momento, sotto quella forte e fredda pioggia, non avevo né forza né desiderio di muovermi.
    Immobile, come sospeso in un momento che non era né realtà né ricordo, compresi molto bene che dopo settimane di visioni che mi avevano legato a Mara Jade mostrandosi sprazzi di una vita che ancora dovevamo vivere, che adesso forse il Mondo dei Mondi ci aveva chiamato a sé.
    Distanti, ma vicini, lì non c'era il concetto di spazio né di tempo, tuttavia la pioggia continuava a cadere ed io fissavo Mara Jade di fronte a meno con la sua spada laser, ben salda tra le mani.
    Lo sguardo di una guerriera che ha chiaro il suo compito e si chiede come mai non lo porta a termine con la facilità che ci si aspetterebbe.
    “Dovresti uccidermi”
    “E' ciò che voglio fare!”
    “Eppure non muovi un passo nella mia direzione... guardami... sono disarmato...”
    La pioggia battente quasi ci impediva di tenere gli occhi aperti, mentre le nostre voci rimbombavano in quel vuoto, mentre la sua espressione disperata mi guardava frustrata da cotanta impotenza.
    “E' colpa tua se vengo meno al mio giuramento!”
    “Al tuo voto?”
    “A ciò che mi ha da sempre reso perfetta. Una perfetta macchina da guerra. Una perfetta guerriera. Una perfetta detentrice de la Forza. Nulla, niente, assolutamente non esiste cosa o persona che mi fa vacillare e poi... poi appari tu. La mia missione di una vita intera ed osi farmi questo?”
    Urlavamo, come a voler sovrastare la distanza che ci separava, il rumore della pioggia o forse il battere incessante dei nostri cuori.
    “Il fatto che qualcuno non sia perfetto, non lo rende meno degno di ricevere amore...”
    “Taci! Non sai di cosa parli!”
    “L'Imperatore ti ha convinto del contrario... come convinse mio padre... Ho immediatamente sentito la sua impronta in te, come la sentì in lui! Lui vi ha convinto che dovevate essere privi di difetti per meritare rispetto, onore... favori... ma aveva torto!”
    Lei improvvisamente si era fatta più vicina, la mascella più contratta e la spada pronta per un fendente che avrebbe potuto essermi mortale. Ma io ero immobile, le braccia lasciate lunghe i fianchi. Il mio sguardo cristallino nel suo di rubino.
    “Se hai bisogno di ulteriori dimostrazioni... guardami! Io sono stanco di dissimulare e non riesco a continuare a comportarmi così, a fare finta di non amarti... perché ti amo, amo tutto di te. Non ti conosco è vero, ma credi che questo a la Forza importi? Perché sì, il nostro Amore è iscritto in essa... come sono certo lo fosse quello di mio padre... e mia madre..."
    Per la prima volta sentì forte la loro presenza in me, come in anni non ero mai riuscito a sentire. Non sapevo nulla di loro eppure ora mi sembrava di conoscere ogni cosa. Quasi avrei detto di sentire le loro mani, sulle mie spalle. Gli occhi erano rigidi, ma la postura rigida, mentre il fendente arrivava ma non mi oltrepassava. La spada ai Mara Jade si fermò ad un centimetro dal mio viso, ferendolo appena.
    “Ti amo, anche gli aspetti che tu ritieni più oscuri e condannabili... ogni cicatrice, ogni difetto, ogni imperfezione... e se ti consideri troppo compromessa, troppo provato per essere felice... bè... io ti dico che non è così. A volte credo che forse queste parole Ben avrebbe dovuto rivolgere a mio padre o qualcuno, forse... e dico forse, le cose sarebbero andate diversamente, ma ora... ora io le rivolgo a te. Tu puoi scegliere la tua via. Ti hanno sempre convinto del contrario, ma non è così! Puoi scegliere di amarmi, quanto io amo te... Non dovrebbe dipendere da nessun altro, anzi non deve dipendere da nessun altro... può dipendere solo da te!"

    In quel momento non seppi cosa succedette, seppi solo di sentirmi più leggero, più consapevole. La sua spada ebbe un sussulto e per un secondo soltanto apparve con riflessi più rosati che rossi. Poi tutto scomparve, io mi svegliai e mi sentì frastornato. Mi tirai a sedere nel letto ed istintivamente mi toccai la mascella, sussultando appena quando la scoprì lievemente bruciata. Una ferita superficiale, ma presente, chiaro segno che quell'incontro c'era stato... era stato reale... presente.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 5/5/2024, 23:03
  2. .
    :Ezra:
    “Ehi, Mando, che bella sorpresa! Vieni!” la sua voce risuonò soave quando, guardando oltre la mie spalle, chiamò il Mandaloriano, che, le avevo assicurato sarebbe giunto.
    “Ti stavamo aspettando!” disse lei con un sorriso nel momento in cui l'uomo si avvicinò a noi, tuttavia non volevamo che quello scambio avvenisse in pubblico. Sapevo che la riservatezza era sempre la cosa migliore e così rientrammo nella piccola dimora, ove finalmente potei non contenere la mia euforia.
    “Din Djarin e... Grogu! Non posso mantenere l'entusiasmo nel conoscervi! Ma, tuttavia, cercherò di mantenere un contegno anche... se... ammetto, lo ammetto è difficile, wow ho sentito così tanto parlare di voi!”
    L'uomo in armatura mi guardava perplesso, mentre io portavo le mani sui fianchi e con un sorriso a trentadue denti guardavo i presenti, come se mi aspettassi da un momento all'altro un impeto di improvviso sbigottimento e sorpresa.
    Omera sembrò notare tutto ciò e così si affrettò ad aggiungere “Quando siamo usciti sulla soglia di casa è perché Ezra mi aveva detto che saresti giunto... lei è uno jedi...”
    “Ezra. Ezra Bridger” ripetei come se adesso che aveva chiaro il mio nome e cognome sicuramente mi avrebbe riconosciuto. Ma lui tanto il piccolo mi guardavano confusi, chiaramente iganri di chi fossi.
    “Grandi ribelle, "colui che ha salvato tutti da Thrawn”... amico di Bo-Katan... vi avrà certamente detto di me!", ma lentamente compresi che così non ero stato e dall'efuoria passai prontamente all'imbarazzo.
    “Le gesta di colui, il coraggio, ha alleggerito le sorti della Ribellione negli ultimi attimi della sua ferocia guerra contro l'Impero sono note... si raccontava di un giovane, che, senza dettagli in merito riuscì a far sparire dalla scacchiera uno dei suoi più abili strateghi. Bo-Katan mi ha raccontato di un suo giovane amico, figlio della Forza, come fautore di ciò!”
    Alle sue parole il cuore mi si gonfiò di orgoglio e non mancai a darlo a vedere iniziando a sorridere un po' a caso e guardandomi intorno quanto Omera, che pareva divertita dalla mia reazione.
    “Un Mandaloriano, Il Mandaloriano per eccellenza mi ha definito coraggioso... un eroe... quale onore!” e dicendolo poco ci mancò che lo abbracciai, ma una volta aperte le braccia le rilasciai cadere, ben chiaro che non fosse il caso.
    “Tuttavia, ora che le presentazioni sono state fatte, mi sfugge un particolare... come vi conoscete? E in che senso "mi stavate aspettando"?” per qualche ragione notai che la sua giusta ed ovvia domanda, quasi mise a disagio Omera, che tuttavia con la sua solita educazione e gentilezza ci invitò al piccolo tavolo posto al centro della stanza. Lì vi erano ancora le nostre tazze fumanti ad addentrarci. Un'altra venne portata per il piccolo Grogu e poi Omera disse invece a Din che per la sua, gli aveva preparato un piccolo bricco da portare a csa e così bere quando voleva.
    “Per via di Luke... ehm è grazie a lui che sono a Nevarro”
    Non capivo la riservatezza di Omera a fronte del suo innato coraggio, dunque intervenni pensando che la sua fosse solo senso del pudore e moderazione.
    “Quando Sorgan è stata presa di mira dagli ex Imperiali, per i loro loschi affari, Omera ha guidato la resistenza sul pianeta, ha salvato molte vite! Ha chiesto aiuto ad Amilyn Hondo per permettere agli abitanti di fuggire... Lei lavora per la Senatrice Organa e questa ha mandato alcuni dei suoi "ribelli celati" a compiere la missione. Sono stati portati sul pianeta ove Luke sta ricostruendo la scuola Jedi e dove noi Jedi rimasti ci stiamo ritrovando... a nessuno è stato concesso sapere dove fossero, tranne Omera. La sua storia è incredibile, una donna che ha fatto tantissimo per la Ribellione tanto all'epoca dell'Impero quanto oggi! E quando Luke ha trovato una casa nuova per tutti... lei non voleva saperne, voleva fare qualcosa, aveva riconosciuto dai movimento su Sorgan qualcosa che nell'ombra stava crescendo... e lui l'ha mandata a Nevarro... e' stata compagna per un po' con un uomo, un ex imperiale ed oggi di nuovo vicino ai suoi ex imperiali... ci è stata preziosa... e le informazioni che ci ha fornito bè... hanno dato risultati..."
    Omera sorrideva nervosa, portandosi i capelli dietro l'orecchio, mentre il mandaloriano, seppur nascosto dal casco, pareva quasi avesse piegato il capo ed ascoltasse tutto sorpreso.
    “E' in virtù di questi risultati che sono qui. Luke mi ha dato un incarico per Omera, ma al contempo mi ha detto che non sarebbe stata sola nello svolgerlo. Credo che dunque sia oggi casuale, come lo fu la scelta di mandarla su questo pianeta..." dissi quest'ultima frase con un chiaro tono malizioso ed un ghigno a sottolineare la cosa, ma cercai di tornare immediatamente serio, non volevo distrarre nessuno dal nocciolo della questione.
    “Le informazioni ci hanno portato a delle coordinate, queste vanno controllate. Sappiamo che nel vostro scontro con Moff Gideon eravati nel cuore del suo centro di comando... e sappiamo che lui faceva parte di un Consiglio Ombra, un Consiglio di ex Imperiali che sta muovendo i fili nell'ombra allo scopo, quanto pare, di ricostruire l'Impero. Attendevano il ritorno di Thrawn ed ora che questo è avvenuto le loro mosse sono diventate più celeri e visibili... quindi forse queste coordinate potrebbero essere relative ad un loro centro nevralgico o magari la sede di uno dei membri del Consiglio. Va scoperto e chi meglio di voi due? Se è una base attiva, come crediamo, non avrete problemi per accedervi!" lo dissi guardandoli più che soddisfatto. Mi trovai anche a battere le mani, in un solo colpo, come a voler dire “E' deciso!". Il tempo di fornire loro coordinate ed un canale sicuro per le comunicazioni, con noi su Ossum, e mi congedai certo che la missione che li riguardava non avrebbe avuto a che fare solo con l'aspetto da me esplicato, ma con anche qualcosa di ben più nascosto e profondo nei loro cuori.
  3. .
    :Amaterasu:
    Diventare una Sailor era indubbiamente l'ultima cosa che avrei mai creduto poter essere. Urano, dopotutto, era famoso per le sue rigide tradizioni che davano alle donne certamente un ruolo fondamentale, essendo una società matriarcale, ma allo stesso tempo le privava di molte possibilità di scelta.
    La nostra amatissima e compianta Skye lo era stata ed in modi incredibilmente coraggiosi, ma il diritto che le aveva dato di ricoprire tale ruolo era dato non solo dallo Starseed che possedeva, ma anche per essere una masc. Tali donne nella nostra società avevano un ruolo pari, anzi maggiore agli uomini. Avevano di fatto tutti i privilegi del ceto maschile ed anche di quello femminile. Al contrario noi donne fem, eravamo rilegate ad un ruolo fondamentale, ma anche ligio a molte regole. Tra queste vi era il non mostrare mai i nostri capelli, coperti fin dall'età più, insieme ad un abbigliamento sempre molto modesto e neutro. La donna di Urano era semplice, umile, riservata. Appariva sempre sobria e mostrava grande forza d'animo, lealtà e capacità di stringere i denti e sopportare le peggiori fatiche.
    A lei non era permessa la vanità e l'ostentazione. Nel suo ruolo matriarcale doveva assicurare una stirpe forte e dunque i matrimoni avveniva solo su tale regola, l'amore sarebbe venuto poi... questa era una promessa che veniva fatta, ma che temevo fosse il più delle volte vana.
    Il mio fidanzato era dunque un uomo scelto per me dopo attente valutazioni da parte delle donne più importanti della mia vita, lo conoscevo fin dalla più tenera età, ma considerando che l'affettività era permessa solo dopo sposati e solo tra le mura domestiche in intimità, per me era al pari di un amico e nulla più.
    Inutile dire che quando Ishtar aveva bussato alla mia porta questo aveva creato non poco trambusto nella mia vita e siccome era a dir poco impossibile per me accettare ciò che mi chiedeva, per una volta avevo fatto tutto ciò che avevo sempre voluto fare, ma che mi ero sempre trattenuta ad inseguire: la mia voce.
    Ero scappata di casa e solo osavo immaginare il caos che mi ero lasciata dietro, ma sapevo che l'odio della mia famiglia e forse anche l'essere ripudiata, era un prezzo che ero disposta a pagare se questo significava combattere in nome di Urano. Dopotutto l'Orlo Esterno stava soffrendo molto da dopo la separazione con l'Impero Galattico Lunare, soprattutto per il fatto che ci erano state riservate restrizioni che stavano azzoppando la nostra economia, esponendoci a crisi e problemi di ogni genere, non ultimo l'attacco da parte di mercenari e pirati. Senza più un governo a proteggerci e le nostre Guerriere, eravamo alla deriva...
    Con tutti quei pensieri in testa avevo abbracciato la missione che mi era stata data, non senza alcune remore. Non ero mai stata sola con uomo, che non fossero membri della mia famiglia, e tanto meno avevo mai rivolto loro la parola. Capivo però che ero lontana da casa e che avrei dovuto trovare il modo di abbracciare quella missione mettendo da parte molto delle mie credenze che per tutta la vita mi avevano accompagnato.
    Per giustificare alcune cose, come il mio indossare sempre un velo in campo ad esempio o qualsiasi altra cosa potesse aiutarmi a nascondere i capelli, avevo scelto di presentarmi come una donna islamica. Era una religione terrestre che solo apparentemente aveva cose in come con il mio credo, ma che almeno mi avrebbe permesso ampia manovra senza dover rispondere a strane domande su alcuni miei usi e costumi, che ancora difficilmente faticavo a scrollarmi di dosso.
    "E Atargatis come va?"
    Ishtar e Morrigan si erano insediate da poco, ma la nostra guida non aveva perso occasione per farsi sentire e comunicare con noi. Avevamo deciso che quegli aggeggi arcaici, che chiamavano smartphone, potevano essere utili allo scopo, anche perché potevamo usarli senza attirare l'attenzione per comunicare.
    "Ehm... se la stava cavando... ci sta provando almeno..."
    "Amaterasu te l'ho affidata, lo Starseed l'ha scelta, ma... sai quanto impacciata e soprattutto svampita sia... spesso sembra non ricordarsi che qui non siamo a casa nostra, che non può essere sé stessa al 100%... so quanto le costi fingersi qualcosa... qualcuno che non è, ma... deve provarci..."
    Cercai di rassicurare Isthar, anche se effettivamente le cose non andavano così bene, ma non volevo allarmarla. Anche perché c'ero già io ad non essere in focus come avrei dovuto.
    Ancora più perché dopo una sola settimana che avevo iniziato a lavorare presso la Famiglia Heywood, il capofamiglia, che mi aveva assunto, mi aveva letteralmente preso di peso e portato in un altra lussuosa residenza. Mi aveva detto che quella era dove d'ora in avanti il figlio avrebbe vissuto e che io avrei lavorato per lui.
    Ero passata dal lavorare con un gruppo di domestici, ad essere completamente sola. Lavare, pulire e nel frattempo eseguire la mia missione non mi disturbava, ma farlo lì da sola in una casa con il mio obbiettivo, un po' mi destabilizzava. Oltretutto l'Agente Nathaniel Heywood, che fino a quel momento non avevo incontrato, parve sorpreso di entrare in quella mansione ed ancor più scoprire fosse sua.
    "Stai scherzando?"
    "Ti sembra stia scherzando Nathaniel! Da oggi in poi questa sarà casa tua, e ringrazia sia stato così gentile a concedertela. Io e tua madre ci siamo stancati! Non hai più 15 anni, sei un brillante Agente dell'FBI e Membro dell'Organizzazione è ora che ti comporti da tale!"
    Ero in cucina, in attesa di essere chiamata, così mi aveva detto il Signor Heywood, mentre li sentivo discutere in salotto. Il figlio non parve molto felice all'idea di doversi occupare da solo di sé stesso e dover spendere i propri soldi per mantenersi, ma lì in parte entravo in gioco io.
    "Lei è Amat, lavorerà per te. L'avevo assunta per casa nostra, ma credo che tre domestiche ci possano bastare... la pago, tuttavia è solo un aiuto Nathaniel... al resto devi pensarci tu. Per l'amor del cielo, smettila di essere un ragazzino e diventa un uomo!" concluse infine il Senatore uscendo da casa sbattendo la porta.
    Io rimasi in silenzio, ma con discrezione mi misi ad osservare l'Agente. L'uomo su cui avrei dovuto lavorare. Ishtar era stata chiara con me ed Atargatis, i nostri due obbiettivi dovevano essere cavalli di Troia da utilizzare per il nostro scopo. Poco importava quanto e come avremmo dovuto usarli o metterli in pericolo.
    Osservai il mio polso e non mi stupì avesse un braccialetto di corda rosso... quelli come lui mi aspettavo lo avessero almeno marrone, considerando che il padre lo aveva nero, ad un passo dall'ambito metallo e da quello che sapevo dopo il suo ultimo "sacrificio", il serpente di rame era ormai prossimo.
    "E fu così che rimasi solo... con... Arat!" esclamò lui fissando ancora la porta di casa chiusa, era rimasto con le parole nella bocca mentre cercava di rispondere al padre. Aveva aperto le braccia che ricaddero lungo i fianchi, mentre voltandosi sembrò vedermi per la prima volta. Assottigliò lo sguardo e mi chiese "Magrebina?"
    "Somalia" lo corressi. Avevo fatto i compiti a casa, un altro problema a cui alcune di noi avevano dovuto far fronte era il nostro aspetto. I Terrestri ci avrebbero inquadrato in talune culture ed era meglio conoscerle per non essere prese in fallo.
    "A quanto pare siamo solo io e te Arat... da questo momento in poi... fa come se fossi a casa tua. Io non so fare nulla, dunque non sarò io a dirti quando fare la spesa o la lavatrice... per i pasti la mattina sono sempre in ritardo, il pranzo lo faccio fuori e la sera non so mai che orario faccio... Dunque è inutile che mi aspetti, lasciami qualcosa di pronto, e di veloce e a prescindere che ci sono oppure no alle 17.00 stacca pure... alla mattina vieni con calma, anche dalle 9.00 in poi..." mi disse con molta praticità, prima di superarmi e trascinarsi verso quella che a quanto pare era la sua nuova camera da letto.
    "Vai a casa Amat... ci vediamo domani... sempre se ci vediamo..." aggiunse voltandosi a farmi un occhiolino prima di chiudersi in camera.
    Rimasi a fissare la porta per un attimo, confusa, ma ricettiva. Faticavo davvero a credere che lui fosse mio avversario, nulla di ciò che avevo appena sentito o provato mi diceva ciò...


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 22/4/2024, 10:45
  4. .
    :Djibril:
    Ero indubbiamente considerato la persona più adatta per quel ruolo, non solo per le mie capacità comunicative innate, ma anche per il mio sapere mantenere la calma e proferire sempre sopra le parti.
    "Come l'algida Sailor di Cerere ha esposto, questa è realtà da cui Nemesis proviene ed ha fatto parte per molto tempo. La nostra Regina Madre, ricordo, è Eos, figlia minore dell'Imperatore Hyperion e sua moglie, l'Imperatrice Theia"
    Questo parve quasi stupire i Terrestri ed i Draconiani che immediatamente si volsero verso la donna che senza battere ciglio, non spostò il capo nemmeno di un centimetro. Da lontano il padre la fissava disgustato e la madre addolorata.
    "E' stata la nostra Regina Madre colei che è fuori uscita da questo sistema... Ha sempre creduto che tale ideologia fosse sbagliata, innalzarsi sopra di chi in nome di chi? Perché? Con che diritto affermare che un pianeta era più o meno all'altezza?"
    Nel dirlo potei notare come il Generale Franklin iniziò a pormi attenzione, un po' come se fosse un processo, ove accusa e difesa, con le proprie arringhe cercavano di spostare l'esito di un processo... ma in quel caso era un semplice esporre i fatti.
    "Queste domande hanno fomentato la sua fede in qualcosa di superiore e dopo l'unione con suo marito Astreo, credente come lei di ciò, una notte ricevettero in sogno il Libro di Enoch... un done del Galaxy Cauldron per rispondere ai loro dubbi ed indirizzarli in un nuovo percorso..."
    Nel dirlo avevo preso a camminare lentamente verso il tavolo di Nemesis, sorridendo ad Astrea e poi accennando ad un piccolo inchino a Hesperos, prima di rivolgere la mia attenzione al fratello dei due, seduto nel mezzo.
    "Per farlo l'Universo avrebbe mandato un suo emissario, colui che avrebbe guidato tutti verso la Verità... il nostro Principe Lucifer... Guardiano della Luce che io e i miei Fratelli, Paladini celestiali incarnati, siamo stati posti al suo fianco per consigliarlo e guidarlo in ciò."
    Tornai a voltarmi e tornai ad incamminarmi verso il centro del salone, la Guerriera di Cerere mi osservava in silenzio, ma tesa. Lei come tutti i presenti non capiva dove volessi andare a parare.
    "Non è mai stato nostro desiderio sostituirci alla Famiglia Imperiale, perché non è mai stata una lotta di potere, ma bensì di verità cosmica... riconoscere chi è il nostro vero ed unico Dio che ci unisce tutti... nella vita nelle sue molteplici forme..."
    Sapevo che da quel momento in poi tutto ciò che avrei detto avrebbe suscitato scalpore, ma non mi fermai... andai dritto dai terrestri e dissi loro: "Tuttavia ciò non è stato visto in questo modo dagli Olimpi e durante la loro scissione, ci fu una pesante Guerra Civile che vide la sua battaglia più feroce sulla Terra... quando i primi umani e i dinosauri convivevano... fu terribile e l'esito fu l'estinzione di ogni forma di vita... Voi siete figli di un nuovo sviluppo dell'umanità, uno derivante dalle scimmie, più povero... e retrogrado, me ne rendo conto... ma noi ci sentiamo in colpa e così abbiamo donato la nostra luce a tali animali per aiutarmi a ritrovare ciò che avevate perso..."
    Vidi il Generale Franklin allarmarsi ed il padre della mia dolce Lisbeth al suo fianco, cercare di tenerlo calmo.
    "Siamo stati complici del vostro ritardo ben prima dell'arrivo dei Draconiani Oscuri... e seppur gli Olimpi non sono d'accordo, per via di quelle divisioni e per il nostro avermi aiutato da allora fummo esiliati a Nemesis... così si chiama la parte oscura della Luna, usata da sempre come prigione. Un luogo inospitale che abbiamo saputo domare ed oggi chiamiamo casa."
    Riconobbi nel Tenente Colonello Washington un cenno lieve con il capo. Un ringraziamento silenzioso per la mia sincerità, anche se era una verità che stava dilaniando ogni loro certezza. Tutto il tavolo dei Terrestri era nervoso e sobbolliva agitato.
    "Oggi siamo qui dunque... a trovare un accordo a fronte di un nemico comune. Ognuno, seppur non lo vuole ammettere, ha uno scopo.
    Gli Olimpi non hanno mai voluto aiutare troppo la Terra per il loro essere inferiore, forse anche approfittando di questo indebolimento della stessa... capisco il vostro punto di vista di lasciare che gli umani imparino dai propri errori affinché evolvano con le proprie forze, ma forse sono stanti costretti in tale condizione ed avrebbero bisogno quanto meno di un supporto.
    Uno che noi abbiamo tentato di dare loro con "segni" che loro chiamano "miracoli", ma il cuo vero scopo è riempirli di luce e fede, spronandoli alla lotta, ricolmandoli di energia e potere per farcela.
    Entrambi di noi, però, forse nei nostri reali abbiamo un conflitto mai risolto, ed il desiderio di risolvere tale disputa nell'ago della bilancia da sempre in gioco: la conquista della Terra. Farlo tuttavia non vi renderebbe come gli Oscuri?
    Oscuri che questi Draconiani conoscono bene. Sono forse rozzi e violenti, la loro è una vendetta personale poco propensa ad un vero desiderio di aiuto... non fanno quel che fanno per evitare ai terrestri la loro sorte, quanto più per recuperare un qualcosa che ridarebbe al loro sistema vita...
    Le carte non sono completamente scoperte... questo è ciò che rende impossibile qualsiasi risoluzione al fine di tale meeting... a meno che..."

    Le miei ultime parole furono una stilettata per anche gli altri tre schieramenti, ma io non ero lì per imbonire la pillona per nessuno, nemmeno per Nemesis. Io parlavo sopra le parti, parlavo a nome dell'Intelligenza Cosmica e vidi negli sguardi dei miei fratelli il loro comprendermi in ciò.
    Tuttavia avevo lasciato la frase in sospeso e mi ero voltato verso Astrea... lei mie aveva anticipato qualcosa prima del meeting. Il tempo di guardarla che lei aveva già guardato il fratello e poi Selene che, in men che non si dica si alzarono in piedi attirando l'attenzione di tutti, mentre io e la Guerriera di Cerere tornavano ai nostri posti.
  5. .
    :Demetra:
    Come previsto dagli accordi preliminari al summit, lo stesso si sarebbe svolto nel grande salone delle feste del Palazzo Imperiale. Questo perché non vi sarebbero stati troni o seggi di favore, ma quattro grandi tavoli ai quattro lati del salone, ognuno con i propri rappresentanti.
    A Nord vi erano i reali di Nemesis accompagnati dai 4 Arcangeli e le 2 Virtù rimaste.
    A Sud vi era la Famiglia Imperiale al completo accompagnato dalle 4 Sailor Senior e noi 4 Junior.
    A Est i rappresentanti Terrestri con il General Franklin con il solo Tenente Colonello Washington, ma anche il Generale Flynn ed il Presidente Trump, oltre altri esponenti del Governo.
    A Ovest i 3 Draconiani rifugiati, attualmente nascosti sulla Terra. Tre perché il quarto Ryo, attualmente era ancora detenuto presso la Croce Nera.
    Tuttavia prima dell'inizio dell'incontro, ci sarebbe stata un'introduzione tenuta da me per gli Olimpi e da Djibril per Nemesis. Questo voleva essere un modo per far comprendere di come entrambi le parti deponevano ogni barriera e difesa e raccontavano per la prima volta, con verità, la loro storia... e lo facevano nei confronti di due schieramenti che da sempre consideravano inferiori e non degni di tale privilegio.
    Per tale impegno così importante indossavo la mia divisa ufficiale da Sailor. Era raro che in realtà la indossassimo la consideravamo un'alta uniforma solo per eventi ufficiali, di solito diplomatici e/o politici -come in quel caso, oppure in caso di veri e propri importanti scontri bellici.
    Per tutte le Sailor era simile, con una parte alta di armatura dorata, con dettagli incisi però diversi in base al pianeta di origine che ne identificava lo Starseed. La differenza stava anche nei monili scelti, nell'acconciatura ed in altri piccoli dettagli che ne disegnava usi e costumi relativi alle nostre origini.
    L'unica parte in tessuto leggero era il gonnellino, di colori diversi per ognuna di noi.
    Le leghe usate, come anche per gli stivali che apparivano come pesanti indumenti in oro massiccio, erano in una lega rara e completamente sconosciuta agli umani quanto ai Draconiani, che si trova nel cuore della Luna.
    Nel dettaglio il mio micro gonnellino era di un rosa tenue, come gli orecchini che parevano filamenti luminosi fuoriuscire direttamente dai lobi delle mie orecchie.
    Quando ero una Sailor, la mia acconciatura era di tradizione popolare. Tutte le giovani del mio pianeta la indossavano il giorno della cerimonia in cui passavano dalla fanciullezza all'età adulta. Aveva un gran valore per me e per questo era la mia acconciatura di battaglia.
    I lunghi capelli biondi erano raccolti in uno chignon sopra il capo fermato dietro con un fiocco dorato. Il resto dei capelli formava 4 trecce. Due che cadevano lunghe fino ai miei fianchi e due che disegnando un cerchio tornavano nello chignon.
    Appena alzata non mancai di notare lo sguardo del General Franklin seguirmi, era la prima volta che mi vedeva così e sicuramente per la prima volta intuiva la mia vera età. Retaggio ed eredità. Era come se nelle nostre veste ufficiali non ci nascondessimo più e chi fossimo e quanto antiche fossimo divenisse chiarissimo.
    "A tutti i presenti, benvenuti" esclamai solenne, dal centro della sala. La mia voce risuonava con grazia ed eleganza.
    "Mi è stato chiesto di preparare un'introduzione a questo meeting per i nostri ospiti... non sono di molte parole, dunque mi perdonerete se per favorire il mio proverbiale ermetismo, sarà schietta ed a tratti rude" nel dirlo, vidi il Generale alzare un sopracciglio. Non mi scomposi, anzi feci qualche passo nella direzione del tavolo Terrestre.
    "Iniziamo con il dire che tutta la Galassia, sì compresi gli abitanti di Nemesis... sono Olimpi. Tutti, tranne voi..." dissi con voce cadenzata. Sicura e ben ferma. I miei occhi puntati in quelli del Generale.
    "La vita sul vostro pianeta si è sviluppata ben dopo della nostra nascita... questo ci ha permesso di evolvere dimensionalmente in modo uniforme... i nostri pianeti hanno viggiato sempre sulle stesse frequenze e quando voi aprivate per la prima volta gli occhi su questo universo infinito... noi eravamo già a frequenze che, voi ad oggi, non avete ancora nemmeno sfiorato..." so che apparivo antipatica e spocchiosa, ma non mi importava. Era la verità no?
    Il tempo di notare quanto il Generale fosse incomodo, che la mia attenzione era ora rivolta ai Draconiani.
    "L'arrivo della loro razza poi non vi ha aiutato... anzi siete retrocessi..." il tempo di dirlo che quasi mi sembrò udire i tre serpenti sibilare verso di me.
    "Ovviamente non parlo dei presenti... ammetto che esistono distinzioni... i loro Reali sono Oscuri Conquistatori, affamati a tal punto di potere personale d'aver perfino impoverito e distrutto le loro stesse genti ed il loro stesso sistema" riconobbi con onestà intellettuale.
    "La Galassia è un immenso Impero di cui, senza nemmeno saperlo avete da sempre fatto parte..." dissi voltandomi nuovamente verso i Terrestri.
    "Non importa quanti governi avete o credete di avere... Tuttavia non è un pianeta ancora degno di far parte della corte Imperiale... ad ogni, seppur ogni Pianeta ha le sue leggi, la sua economia, le sue tradizioni, etc... il loro Governo Centrale fa capo alla Corona, alla Famiglia Imperiale... e i membri più alti della nostra società, i più rispettati... l'Olimpo a cui tutte le genti guardano sono proprio loro... oltre che le Sailor, detentrici e custodi di Starseed, i rappresentanti dei singoli pianeti..." conclusi, prima di scorgere con la coda dell'occhio Djibril alzarsi e velocemente raggiungere il centro del salone. Io tornai verso di lui, ma silenziosa rimasi in disparte ascoltando come avrebbe proseguito.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 16/4/2024, 20:55
  6. .
    :Luke:
    Avevo lungamento corso, guidato solo dalla sensazione che quell'alone potente ed intrinseco de la Forza mi dava. Non sapevo riconoscere la traccia, non era netta, tuttavia emanava un'energia che mi rizzava i peli sulle braccia e mi percorreva tutta la lunghezza della schiena con un brivido. Mi confondeva eppure mi teneva all'erta. Mi fermai di colpo, quando la percepì più vicina o meglio intorno a me, un flash magenta colpì la mia mente e poi eccola lì di fronte a me con tutta la sua fierezza.
    In una stanza buia, illuminata solo dalle candele bagnavo il mio viso dopo una lunga giornata segnata dalla fatica e dalla battaglia.
    La stanza era spoglia, come le mie certezze, ma mi bastò sollevarmi ed incontrare lo sguardo di Mara Jade per ritrovare la calma.
    Era entrata senza farsi sentire, accostando la porta ed avvicinandosi verso di me con un sorriso mesto.
    Non vi era imbarazzo tra noi, seppur io fossi a petto nudo, mi sentivo di nuovo rasserenato, mentre lei con la spalla poggiata alla parete mi guardava preoccupata.
    Mi si avvicinò, vedevo le sue labbra muoversi, ma tutto era ovattato, impossibile percepire qualsiasi suono che non fosse il battere incessante dei nostri cuori.
    Io la guardai, mentre poggiando una mano sul mio petto mi rasserenava, nello stesso momento in cui avvicinavo la mia bocca alle sue, mentre le mie mani cercavano i bottoni della sua veste che velocemente cadde.
    E poi flash di carezze e baci, la mia mano lungo la sua schiena nuda, ad accarezzare la sua coscia, le lenzuola strette tra le sue mani ed il suo prendermi dolcemente il capo tra le mani e cercarmi per un nuovo bacio.

    La visione scomparve velocemente come arrivò, quando tornai alla realtà vidi la dona di fronte a me piegata in due nella stessa mia posizione. Come me teneva la mano sulla fronte e mi guardava con il mio stesso sconcerto. La Forza ci aveva fatto avere la stessa visione. Una così viva e reale da farmi dimenticare per un istante, di dove fossi e perché.
    «Mara Jade» sussurrai perdendomi nei suoi occhi verdi, quasi la conoscessi da tutta la vita.
    «Luke Skywalker» pronunciò esattamente con la mia stessa intensità.
    Tuttavia un'esplosione ci riportò alla realtà e come se svegliandoci da un sogno ci ricordassimo che fossimo nemici. Lei non esitò oltre e mi venne incontro con la spada laser costringendomi a sfoderare la mia.
    Inutile dire che le tenni testa, nonostante la sua forza e la sua preparazione. Ciò che mi metteva in vantaggio era la mia calma, motivo per cui più che attaccarla semplicemente schivavo i suoi attacchi o paravo i suoi affondi.
    «L'irruenza non è la virtù dei forti, seppur immagino ti abbiano insegnato il contrario» sussurrai bloccando un suo attacco. Le spade laser scintillavano, mentre la mia era pericolosamente vicino al mio viso. Lei spingeva, ma le bastò distrarsi un attimo, perdendosi nel mio sguardo, che io potei fare pressione e respingerla.
    Le puntavo la spada contro, mentre le giravo intorno studiandola.
    «Chi diavolo sei eh? Cosa mi hai fatto?» mi urlò addosso nervosa. Non sapevo che lei mi conoscesse, perché se lo avessi saputo sicuramente avrei compreso che la sua domanda iniziale era ben più profonda. L'aveva scossa ciò che aveva visto e voleva sapere come le avessi fatto ciò che aveva provato. Come se definirmi Jedi fosse riduttivo. Che l'Imperatore avesse ragione a temermi? Cosa ero davvero?
    «Potrei chiederti la stessa cosa, ma mi affido a la Forza e sono certo che definirti un emissaria di Thrawn sarebbe banale...» altrimenti perché quella visione? Perché il colore così particolare della sua spada?
    Mara Jade parve in difficoltà e con arguzia fece per scapparmi, ma io con la Forza la fermai impedendole di muoversi. Lei rispose al mio attacco liberandosi, ma essendole vicino avevo fatto in tempo a ritrarre la spada e spingerla contro la parete della casa vicina. Le mie mani non toccavano i suoi polsi, ma a pochi centimetri con la Forza la tenevo ferma. I nostri visi vicini a studiarci a vicenda.
    «Ce l'hai fatta Luke... Tutto ciò in cui hai creduto e per cui hai combattuto, adesso è qui... reale... forte come mai lo è stato. Sei riuscito non solo a riportare in vita una speranza che tutti credevano sepolta, ma gli hai mostrato di quanto il cambiamento non sia necessariamente un male...»
    Il viso di Mara Jade era rigato dalle lacrime, mentre un dolore al centro del petto le impediva di respirare. Luke al suo fianco era steso nel loro letto, la schiena poggiata al muro ed il respiro corto. Mara Jade era al suo fianco e non smetteva di accarezzargli il volto cercando disperatamente di sorridergli.
    «Sei stata tu... tu hai dato il via a tutto... Su Orax, quel giorno... grazie a te abbiamo costruito questo... insieme»
    Mara Jade assentiva, Luke parlava lento a fatica. Non lo aveva mai voluto ammettere troppo ad alta voce, ma lui era la sua roccia. Era la metà senza la quale non sapeva di essere vissuta per tanto tempo. Gli era servito trovarlo per rendersi conto di non aver mai vissuto fin quando i loro cuori non si erano uniti.
    «Ed è per questo... è per questo Luke. Non ha importanza più nulla di tutto ciò, se tu non sei con me. Perché non importa di quanto ora tutto sia meraviglioso, non lo accetterò come compromesso per perderti...»
    Era come se qualcuno le strappasse il cuore dal petto. Lo aveva inseguito per tutta la vita, ucciderlo era stato il suo unico motore ed adesso che si era spento davanti ai suoi occhi voleva solo urlare e morire insieme a lui. Sentiva dentro di sé tutta la disperazione divorarla e pregava la Forza di darle una possibilità, solo una per impedire quel finale... per impedire al suo cuore di morire...

    Non avevo visto nulla questa volta, solo Mara Jade era stata coinvolta in un'intensa visione, ma io non me ne resi conto. Il suo sguardo non era fisso nel mio, ma era altrove. Quando si riprese con tutta la Forza in corpo mi respinse all'indietro facendomi cadere a terra. Rimase per un lungo attimo a fissarmi come se sapesse di dover fare un qualcosa, ma era impossibilitata a farlo.
    In quel momento la voce di Jyn rimbombò dentro la mia testa, mi diceva che avevano trovato Amylin. Nello stesso momento Shin chiamava Mara Jade e le chiedeva supporto. Ci guardammo e senza proferire parola entrambi corremmo nella stessa direzione.
  7. .
    :Luke:
    Il viaggio sulla navicella fu estremamente silenzioso per tutto il tempo. Impegnato alla guida con l’assistenza di R2-D2 non mi sfuggì di percepire la tensione nell’aria, certo di quanto le cose tra i due fossero ancora molto tese. Un temporale forte e burrascoso che però nascondeva chiari segnali di una possibile diminuzione almeno in pioggia. Sorrisi tra me e me, mentre guardando il mio fido amico lo vidi borbottare.
    «Non lo so R2, il mio addestramento non è stato dettagliato e lo sai bene, tuttavia sento che l’incontro con Cal ed Ezra sia stavo voluto da la Forza per questo… ognuno di noi custodisce un pezzo di conoscenza ed insieme è come se raggiungessimo una completezza che, da soli… bé non avremmo…»
    R2 borbottò ed io ridacchiai. In effetti aveva ragione, nonostante i miei compagni vedessero in me quello più saggio, forse per il mio apprendimento d’impostazione più classica e canonica, loro indubbiamente avevano avuto esperienze in bel altri ambiti, compreso l’Amore.
    Mi voltai solo per un attimo ad osservare Cassian e Jyn, entrambi intenti a prepararsi per la missione in compagnia di K-2SO, per poi tornare a fissare lo spazio di fronte a me. Tutto ciò che sapevo sull’argomento era quello che da Obi e Yoda avevo appreso e dunque di come tale sentimento era stata la disfatta dei miei genitori, della famiglia e di conseguenza della Galassia intera, tuttavia sia Ezra che Cal mi avevano mostrato di quanto essa era invece stata per loro la salvezza. Senza l’Amore Merrin non sarebbe mai passata al Lato Chiaro, senza l’Amore non sarebbe mai esistito Jacen… senza l’Amore tante cose positive ed importanti non sarebbero mai successe. Sentivo che quella era una mia mancanza, ma capì anche che quello sarebbe stata l’unica cosa che nessuno mi avrebbe potuto insegnare e che da solo avrei dovuto comprendere e conoscere.

    Quando arrivammo sul pianeta le cose non si presentarono esattamente come ci aspettavamo. Dovevamo essere lì di supporto ad Amylin, nascosti nell’ombra e pronti per ogni evenienza per captare gli eventuali finti ribelli agire e di conseguenza riuscire a fermarli ed identificarli, tuttavia una volta lì il caos era già avvenuto. I finti ribelli avevano già attaccato ed ora vi erano tafferugli e una confusione tale da costringere il Generale Syndulla a dare tutta la sua attenzione solo ad essi.
    «Fortunatamente siete arrivati!» ci accolse una trafelata Hera venendoci incontro.
    «Cosa diavolo sta succedendo?» chiese Cassian.
    «Ciò che temevamo Capitano! I finti ribelli hanno attaccato prima del vostro arrivo ed hanno scatenato il caos, Amilyn in nome della Senatrice Organa stava facendo un ottimo lavoro al fine di calmare gli animi, ma è ovvio che non è quello che loro vogliono. Siamo riusciti ad arrestarne alcuni, ma inutile dirvi che sono semplici mercenari pagati per creare tutto ciò! Io e i miei uomini penseremo a ristabilire l’ordine e catturare quelli che ci sono sfuggiti, ma nel caos i veri artefici dietro a tutto ciò hanno rapito Amilyn! Vi chiedo dunque di trovarla… Capitano inutile ricordarle che lei qui NON esiste, se verrà vista con Jyn e Luke potrò fare ben poco per proteggerla… dal canto mio tuttavia farò il possibile per coprirvi!»
    Vidi Hera e Cassian scambiarsi un cenno d’intesa. Lei era il suo capo e lui ufficialmente lavorava per la Repubblica, ergo per cui visto in nostra presenza poteva rischiare di essere associato ad un eventuale cellula ribelle e questo non tanto per la mia presenza, quanto per quella di Jyn, mal vista tra i ranghi della Repubblica.
    «K-2SO torna sulla nave da R2-D2… occultate la nave e rimanete in attesa, se avremo bisogno di essere un recupero d’emergenza avremo bisogno che siate veloci e scattanti!»
    Il droide non mancò di ubbidire allontanandosi, mentre io avevo già percepito nell’aria una strana energia elettrica. Riconoscevo le tracce del Lato Oscuro, meno quelle di una “Forza Grigia”, una con la quale probabilmente non mi ero mai scontato in vita mia. Con gli occhi chiusi, la mia confusione era percepibile, per come strizzavo gli occhi e facevo smorfie di confusione.
    «Luke, cosa percepisci?» mi chiese Jyn allarmata. Il suo carattere indomabile la portava a non riuscire a chiamarmi Maestro, ma di fatto non definiva nemmeno sé stessa Padawan. Non era qualcosa su cui mi arrabbiavo o la riprendevo, comprendevo che faceva tutto parte del suo processo di crescita ed accettazione.
    «Percepisco chiaramente la presenza di altre individui che si muovono nella Forza, loro hanno causato tutto questo… tuttavia nonostante una traccia sia chiara, l’altra è… confusa!»
    «In questo caso meglio che tu segua la traccia sicura… sono più uno da pistola che da spada laser!»
    Mi ritrovai a fare un ghigno ironico, mentre riaprendo gli occhi lo fissavo. Spostai poi il mio sguardo su Jyn «Seguite il decumano fino fuori città…»
    «E’ nei pressi della miniera crollata, ha senso! Potrebbero star tenendo lì Amylin, è l’ultimo posto ove la cercherebbero, il luogo dove ha fatto il comizio! Non l’hanno mai spostata, stanno solo attirando l’attenzione altrove per poi andarsene!»
    «Vengo con te!»
    «Io vi raggiungerò… se avrò bisogno mi farò sentire!» ed era chiaro che non mi riferivo ai comlink. S
    Sorrisi dunque a Jyn e poi dopo aver fatto un cenno con il capo a Cassian ci dividemmo.
  8. .
    :Morrigan:
    Nascere su un pianeta inospitale e su cui era faticoso vivere, di per sé era da considerarsi una condanna, ma se a questo ci si aggiungeva il fatto che per tutti si era una sorta di maledizione vivente... allora diveniva un inferno.
    Saturno era un pianeta formato da piccoli insediamenti, gli stessi molti diversi tra loro e soprattutto "molto chiusi". Difficilmente, se non raramente, il membro di uno di questi clan si sposava o univa con un altro. Un fabbro non stava con una contadina e sicuramente un allevatore non aveva a che fare con un'operaia. Motivo per cui nascere da una di queste "male unioni" era già terribile, ancor più se per questo vivevi lontano da ogni insediamento e trovare lavoro per i tuoi genitori diveniva impossibile ed ancor più mantenerti.
    Saturno era un pianeta lavoratore, delle caste più basse, ma anche quello con le risorse più importanti al fine di far funzionare l'economia dell'Orlo Esterno.
    La loro morte nefasta sembrava un presagio di ciò che avevano procreato andando contro le leggi del pianeta e quando le mie sorelle, dopo la Guerra contro gli Angeli, avevano perso la loro forma umana... la mia esistenza era divenuta pressoché impossibile.
    Così mi aveva trovato, sola ed odiata ovunque andassi seppur mettevo al servizio del prossimo ciò che avevo imparato nella vita. Dover sopravvivere aveva insegnato ad ogni membro della mia famiglia a combattere, ad essere guerrieri della giustizia. Combattere per ciò in cui si crede e contribuire a cambiare le cose era un pregio, questi dicevano i miei genitori e questo credevamo io e le mie sorelle quando avevano cercato di dare il nostro contributo alla Grande Guerra.
    Badb e Macha mi avevano seguito, seppur non avevano potuto farlo nella missione che mi aspettava sulla Terra.
    Avevo studiato molto per il ruolo che mi aspettava dopo essere divenuta Guerriera e Mietitrice avevo trovato nello Starseed che mi era stato affidato la conferma che forse davvero ero io e sempre stata io, la causa di tutto il male intorno a me.
    Nascondevo questo pensiero, nonostante tutto ero assai solare e dolce e avevo trovato nelle mie nuove sorelle nuova linfa e vita. Ero la più piccola, il collante della nostra nuova e stramba alleanza... che io però preferivo chiamare famiglia.
    L'arrivo alla Mansione mi aveva lasciato tutto il tempo con gli occhi lucidi ed un sorriso a trentadue denti e non perché fosse ammaliata e tentata da ciò che vedevo, ma perché mi trovavo in un luogo così diverso da Saturno. Colorato, vivace e solare... io che ero abituata a vivere in un mondo che si muoveva in bianco e nero, sempre cupo e triste, trovarmi lì era una boccata d'aria fresca.
    Le occhiatacce di Ishtar però mi ricordavano il nostro dovere e scesa dalla macchina la rassicurai con lo sguardo.
    Il tempo di attesa parve infinito, giunte in mattinata, non prima di sera avremmo conosciuto il fantomatico Alaric Wheishaup che ero chiamata ad ammaliare... Nel mentre però venimmo accolte dal capo famiglia e ci vennero mostrate le stanze. Fu strano far la conoscenza della moglie di Alaric, visto che io ero lì per rubarglielo. Avevano strane usanze quegli umani, ma non me ne curai mostrando tutta la mia eleganza e garbo.
    “Da oggi in poi chiunque incontreremo sarà da considerarsi sempre e solo un nemico, ricorda...”
    "Non esistono Draconiani positivi, le Guerriere sono traditrici del loro Credo, gli Umani fragili corruttibili prede e Nemesis aspetta solo lo spiraglio giusto per apparire come i Salvatori ed insinuarsi come nuovi Conquistatori!" ripetei quel mantra che Ishtar ci aveva ripetuto fino all'inverosimile.
    Mi stava acconciando i capelli per la cena che da lì a poco sarebbe iniziata, mentre osservandolo attraverso lo specchio, dietro di me, la vidi assentire lieta che ricordasse i punti fondamentali da tenere sempre a mente. Quelli che a suo dire ci avrebbero tenute concentrate sulla missione e non ci avrebbero fatto commettere errori.
    “Ripassiamo i ruoli dell'Organizzazione” mi disse poi mentre continuava a pettinarmi e finire di sistemarmi.
    "Solo pochi giorni fa c'è stata la successione. Il Consiglio Draconiano ha deciso per Alaric come prossimo Portatore, il padre gli ha lasciato il potere, ma non si fida di lui. Per questo segue ancora da vicino tutti i compiti che da oggi spetterebbero al figlio. Il Consigliere è un Draconiano "travestito", si tratta di Gerard Moussad, lavora nell'impresa come dirigente... guida il Portatore affinché compia i voleri del Consiglio..."
    “Parliamo dei livelli all'interno dell'Organizzazione...”
    “Chi possiede un bracciale di corda non sa minimamente di chi muove realmente i fili. Non sa nulla di ogni cosa, vive nella beata ignoranza del sapere umano... non sa cosa c'era fuori dai confini del proprio pianeta e non hanno idea di chi servono realmente. Pensano solo di essere in una setta che da a loro gli strumenti per ottenere fama, potere e denaro. I braccialetti hanno 4 colori: il nero è per chi è appena entrato, poi c'è il marrone, il verde ed infine il rosso.
    I bracciali in metallo sono invece per gli Iniziati Senior, che tutto sanno. Collaborano a stretto contatto con il Portatore e da lui ricevono incarichi. Questa cerchia è assai ristretta rispetto alla prima!”

    “Ottimo sei pronta!” mi disse sorridente riferendosi tanto all'acconciatura, quanto a tutto il resto.
    “Per tutto il tempo che saremo qui utilizzeremo la tua vicinanza per Alaric per raccogliere informazioni, per avere in mano tutto il necessario per andare alla fonte del loro potere e distruggerlo. Ricorda, NON ti fidare MAI di lui, fa buon viso a cattivo gioco, ma ricorda SIAMO SOLE... oltre a noi quattro NON possiamo fidarci di nessuno!”


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 16/4/2024, 20:57
  9. .
    :Blaise:
    I colori del tramonto erano una tavolozza di colori nei quali, da sempre, mi piaceva perdermi. Era come in quelle chiazze calde ed avvolgenti potessi lasciare andare tutti i miei problemi ed incertezze con la certezza che se le sarebbe portata via con sé nel momento in cui il manto della sera sarebbe calato. Mi dava speranza in un nuovo giorno, in un nuovo domani ed a nuove possibilità.
    Forse per questo, nonostante le parole di Aphrodite mi ustionassero come fuoco, non ribattei né mi voltai a guardarla con sguardo minatorio. Ma rimasi lì immobile ad udirle, a permettere loro di entrare in me e fare breccia in un cuore che ormai da troppo tempo era rivestito da dura pietra.
    La notte stava calando e con le prime stelle che spuntavano come diamanti nel cielo, percepivo chiaramente come il tramonto si stesse portando via alcune delle mie incertezze e dubbi, motivo per cui mi trovai a stringerle la mano senza proferire parola. Voltai solo il capo e lo abbassai per osservare le nostre mani intrecciate, prima di alzare lo sguardo scuro sul suo viso tondo, dalle proporzioni perfette ed un sorriso che di manipolatorio e falso non aveva nulla.
    Non avevo la forza per pronunciare sentenze, pensieri o promesse e forse per quello preferì avvicinare il mio volto al suo e lasciare che le nostre labbra parlassero per noi e non con un bacio che dovesse fare d'apripista ad una notte di passione... no... Con un bacio piuttosto che potesse sancire una sorta di patto, di segreto in cui non esistevano Angeli e Demoni, Inferno e Paradiso, Terrestri ed Alieni... ma solo un ragazzo, una ragazza e la voglia di parlare con una sola lingua: quella del Cuore.
    Quando le nostre bocche si allontanarono, così non fecero i nostri corpi, mentre io la tenevo stretta a me, e lei con il viso sulla mia spalla, osservava il cielo. Entrambi assorti in quella vastità dove spesso io avevo sognato di viaggiare e dalla quale lei proveniva...
  10. .
    :Gareth:
    Senza ombra di dubbio, il mio difetto più grande era essere fin troppo sensibile al gentil sesso. Dalia poi era decisamente la perfezione fatta in persona, ahimé il cruccio verso questi fantomatici nemici era la loro estrema bellezza... ma ero anche un Maestro della Croce Nera, dunque sapevo mediare i miei istinti con la razionalità.
    In quel momento però non riuscivo a non guardarla con genuino interesse, con uno sguardo tra il malizioso e l'affascinante. Poggiai le mani sulle ginocchia per poi alzarmi in piedi e senza troppe remore le posai nuovamente la giacca sulle spalle e questa volta lei non la rifiutò.
    "Concordo con te, non ha assolutamente senso che tu rimanga in questo posto, ancor meno dopo tutto quello che hai fatto stanotte..." e sorridendole aprì la cella tenendogliela aperta ed invitandola ad uscire. Fece pochi passi, ma una volta nel corridoio si guardò intorno confusa.
    "Sarai ospite a casa mia, fin tanto non comprenderemo come le cose possano evolvere... nel mentre potrai trovare un'attività all'interno della base, magari potresti affiancare tua sorella come infermiera..." le suggerì con fare amorevole.
    "Devi capirci Dalia, siamo semplici umani e voi siete fuori dalla nostra portata... ciò che facciamo è solo per proteggerci..." cercai di farle comprendere, mentre la vedevo ancora pensierosa.
    "Perché non posso andare da mia sorella?"
    "Perché il Generale desidera un tempo tecnico per valutarti e penso che invece di fartelo fare rinchiusa in una cella, sarebbe meglio lasciarti esprimere la tua persona e carattere in libertà... una libertà vigilata... non ti terrò chiusa in una stanza, non temere... ma sapendoti vivere con me sicuramente i miei colleghi accetteranno la trattativa..." le dissi rimanendo a fissarla con un sorriso sul volto. Non avevo tuttavia mosso ancora un muscolo era chiaro che fosse una sua decisione: seguirmi o fare retro front e rientrare nella cella rimasta aperta.
    "La tua proposta mi interessa. Mi sembra anche piuttosto equa. Almeno non starò rinchiusa in una cella fredda e umida." ribadì stringendo a sé la giacca che aveva sulle spalle. Non aveva smesso di tremare del tutto, ma qualcosa mi diceva che la causa non fosse solo il freddo.
    Mi trovai dunque a poggiarle una mano dietro la schiena e guidarla fuori da quel luogo, facemmo una piccola passeggiata sotto il chiaro di luna prima di raggiungere la mia casa, lì dove da molto tempo ormai già vivevo solo. La vidi entrare in punta di piedi, mentre guardandosi intorno non le sfuggì, appena entrati sulla sinistra, la camera da letto di Marian. Arricciò il naso, ma le risposi prima che potesse chiedermi qualsiasi cosa...
    "E' di mia figlia, ma oltre il suo appartamento ad Austin quando torna qui ora preferisci stare dal suo ragazzo, piuttosto che qui da me..." inutile dire che dissi quelle parole con un pizzico di puro fastidio nella voce, ma preferì glissare indicandole con una mano di entrare.
    La stanza rispecchiava i suoi gusti, semplici, ma raffinati, come dopotutto anche Marian era.
    "Nell'armadio ci sono alcuni suoi vestiti, sono certo che ti vadano... puoi utilizzare quelli..." le dissi con una spalla poggiata contro lo stipite della porta.
    "Posso accettare di utilizzare questa camera e lo faccio anche con un po' di fatica. Non ti nascondo di sentirmi un'intrusa. Ma per i vestiti potrei contattare mia sorella Giaele? Sono certa che lei saprà aiutarmi"
    Era chiaro che quella situazione potesse essere a tratti imbarazzante ed era anche chiaro che il sottoscritto era molto bravo a sedurre ed attrarre le donne, meno al doverci aver a che fare oltre il sesso. Mi grattai dunque il capo per sviare l'attenzione su quel mio deficit, ma lei parve non accorgersene anzi ebbe il tempismo e la capacità unica di mettere il dito nella piaga: "Come mai tua figlia non vuole vivere qui?"
  11. .
    :Blaise:
    "Per essere una Guerriera, molli facilmente la presa..." osservai mettendo ordinatamente le posate su piatto, avevo appena finito di mangiare e dandomi una leggera spinta all'indietro avevo poggiato la schiena alla sedia. Avevo incrociato le braccia e mi ero messo a fissarla. Alla mia frase, lei alzò immediatamente lo sguardo e arricciando le sopracciglia mi guardava come chi non capisse minimamente cosa centrasse ora quella mia esclamazione.
    "Nelle ultime due ore ha fatto più passi indietro che avanti..." perché reagiva sempre ed in un unico modo: si chiudeva a riccio. Si sminuiva e si bloccava dall'avere un qualsivoglia slancio con il sottoscritto.
    "Colpa mia, mi ero fatto un'idea diversa di voi Olimpi!" esclamai deluso, mentre l'avvisavo di aspettarmi che io sarei andato a pagare. Tuttavia, mentre questo accadeva una giovane donna raggiunse Aphrodite. Lei non poteva conoscerla, ma questa la guardava quasi compassionevole nei suoi confronti. Aveva lunghi capelli ricci afro quasi biondi, occhi azzurri ed il fisico slanciato da modella.
    Senza dir nulla prese posto, lì dove prima c'era Blaise e senza troppi giri di parole esclamò: "Fossi in te lascerei perdere Barbie!" Aphrodite si trovò a guardarla perplessa, ancor più per la sua brusca intromissione senza che lei sapesse minimamente chi fosse.
    "E tu saresti...?"
    "Qualcuna che conosco molto bene Blaise Jackson! Sai lui non era così, si potrebbe dire che era il ragazzo più dolce, romantico e patetico che esistesse... quello tutto attenzioni, che si ricorda il tuo compleanno e che perfino ti scrive una poesia... la ragazza di cui è stato più follemente innamorato lo ha lasciato sull'altare... in realtà era stata tutta una presa in giro fin dall'inizio, aveva accettato il suo corteggiamento e tutto il resto solo per i suoi soldi... ma avendone trovato un più ricco se ne andò... da allora eccolo qui... Mister Ghiacciolo! Ma va bene così, posso assicurarti che a letto è una bomba... dunque bel faccino, accontentati di quello, credo siano fin troppe le attenzione che finora ti ha dato..." e senza aggiungere altro, la stessa si allontanò ridacchiando.
    Tornai giusto il tempo per incrociarla e vedendo lo sguardo di Aphrodite temevo solo cosa potesse averle detto.
    "Shirley è una stronza, perdonala... sperava in qualcos'altro oltre una parentesi di mezz'ora..." spiegai, mentre lei si alzava ed insieme uscivamo dal locale.
    "Desideri che ti riporti, non lo so... ovunque ti debba portare oppure pensi di seguirmi? Poco lontano qui c'è un bellissimo punto panoramico, tra un po' ci sarà il tramonto... non so se su Venere ne esistono di così belli!" dissi senza venir mai meno alla mia galanteria. La verità era che tutta la mia freddezza veniva da un profondo cuore spezzato. Perché quell'amore, il più grande della mia vita che altro non si era dimostrato che una presa in giro mi aveva ferito così nel profondo da serrarmi ad ogni tipo d'amore. Ero certo che fosse inutile avere attenzioni o riguardi nei confronti di chi mai lo avrebbe avuto per me. Se da me le donne volevano solo soldi e sesso, se lo prendessero. Mi riempiva l'ego andare in un ristorante costoso con una bella donna e poi passarci qualche ora di piacere insieme, dunque era un win-win per entrambi e nessuno si faceva male. A questo poi si aggiungeva l'altra più grande dolorosa amorosa della mia vita, quella con la mia famiglia. Una che non aveva saputo leggere minimamente il mio sconforto e dolore e mi avevano solo accusato di aver rovinato tutto il loro lavoro, loro che avevano perso la faccia e tante altre cazzate... perché contava il buon nome e l'onore, non il mio cuore... Era chiaro dunque che Aphrodite, la fantomatica Dea dell'Amore, fosse in ogni senso la mia nemesi numero uno.
  12. .
    :Aphrodite:
    Il gusto dolce della cioccolata calda e quello morbido dei pancakes, per un attimo che parve eterno, rapirono le mie papille gustative e tutta la mia attenzione. Dalle nostre parti c’erano cibi afrodisiaci, calmanti, eccitanti, ma raramente si mangiava per la degustazione del cibo fine a se stessa, per il proprio piacere palatale. In realtà, anche l’atto del mangiare era piuttosto opzionale…
    Fu una nota stonata nello sguardo di Blaise a farmi tornare alla realtà. Percepivo le vibrazioni che arrivavano da lui ma erano criptiche, faticavo a decifrarle e questo azionava in me due meccanismi che sperimentavo di rado: 1. Diventavo ancora più curiosa del solito, in fondo, per quale ragione altrimenti sarei arrivata a pedinare un comune mortale quando tutte le mie sorelle – compresa me – dovevamo essere impegnate in ben altri affari? 2. Iniziavo a parlare senza riuscire a fermarmi, come conseguenza della curiosità. Perciò mi zittì di colpo quando l’ultima frase di Blaise arrivò decisa, comunicandomi che non aveva alcuna voglia di aprire, né tantomeno affrontare l’argomento Famiglia&Amore. Non che questo avesse in alcun modo fatto diminuire la mia curiosità, al contrario, semmai l’aveva fatta schizzare alle stelle, ma per quanto spontanea – e a volte ingenua – sapevo capire messaggi espliciti come quelli.
    Mi morsi il labbro inferiore per impedirmi di parlare, e anche per impedirmi di leccarmelo a mia volta. Avrei dovuto distogliere lo sguardo dalla bocca carnosa di Blaise, dalla mascella forte che masticava con fin troppa diligenza ogni boccone, ma non lo feci. Continuai a fissarlo, per poi con l’indice ripulire un angolo di quelle stesse labbra da uno sbuffo di sciroppo d’acero.
    Lui ebbe una specie di tremito, non fu un vero sussulto, ma mi sembrò rabbrividire. Tuttavia, non notai alcun desiderio in quel gesto… non dovevo essere il suo tipo se gli facevo addirittura ribrezzo. E allora perché prima mi aveva baciata… con quelle stessa bocca che avevo appena accarezzato senza pensarci troppo e pentendomene subito dopo la sua reazione.
    Tossicchiai, un po’ in imbarazzo, e tornai a dedicarmi alla mia cioccolata… i pancakes erano terminati da un pezzo. Il silenzio si stava facendo denso ed elettrico, perciò decisi che se lui non avrebbe parlato, lo avrei fatto io.
    “Sono la dea dell’Amore è vero, ma non solo nel senso che intendete qui sul vostro pianeta. Sono la dea dell’armonia, della misura, della pazienza, della perseveranza… E, come avrai potuto notare, in tua presenza non ho brillato in nessuna di queste mie naturali qualità. L’Amore è la vibrazione più forte che l’Universo può generare e ha la capacità di compiere grandissimi miracoli, ma funziona solo se è puro e se dall’altra parte si vibra alla stessa frequenza. Capirai bene, quindi, che non è un semplice sentimento e che è molto più complicato di come voi umani lo interpretate…” Avevo parlato sottovoce, come mio solito, e Blaise non mi interruppe nemmeno una volta, tanto che pensai che non mi stesse proprio ascoltando. Quando trovai il coraggio di guardarlo, invece, dovetti ricredermi. Mi fissava dritta in volto. E io ricambiai. “Ti ho seguito perché, con il tuo atteggiamento, hai mandato all’aria qualcuna delle mie certezze. Mi sto convincendo via via che le mie vibrazioni, oltre all’attrazione, l’ossessione, la gelosia, la follia, possano anche generare disgusto, rifiuto. Con te è stata la prima volta, per questo non comprendevo… ma ora inizio a farlo” confessai con gli occhi un po’ lucidi, ma con un leggero sorriso sulle labbra. Quella emozione derivava dalla consapevolezza di non “aver fatto colpo su di lui” come accadeva con tutti i mortali? Oppure dal fatto che mi piaceva così tanto che il suo rifiuto iniziava a fare un po’ male?
    “E comunque la cameriera che ti faceva le moine ha gli occhi troppo vicini e il naso troppo importante, per le sue proporzioni non si addice proprio a un amante dell’arte quale tu sei, ma immagino che quando entrano in campo altre parti del corpo, certe disquisizioni diventano dettagli…” dissi alla fine, con sguardo di nuovo libero da ogni emozione e nascondendo il resto del volto dietro la tazza tiepida. Mi ero ripromessa che non ci avrei pensato in questa circostanza, molto probabilmente era l’ultima volta che ci vedevamo. Cosa aveva detto? Per lui l’Amore era una perdita di tempo, un semplice svago di un’ora o due. Dunque, la dea dell’Amore non poteva che valere molto meno, no?
  13. .
    :Blaise:
    Dovevo ammettere che ero decisamente sorpreso, tanto del suo modo di affrontare la velocità e l'adrenalina, quanto di quel suo atteggiamento a fronte di una cameriera che flirtava con il sottoscritto.
    "Non sapevo che la fantomatica Dea dell'Amore, Aphrodite, potesse provare gelosia. Credevo che gelosia ed invidia fossero sentimenti che potesse solo dover subire..."
    La vidi alzare gli occhi al cielo e trattenersi dal rispondermi, mentre io le avevo già posato un dito sotto il mento e l'avevo costretta a voltarsi verso di me. "Ti aspettavi una battuta al vetriolo, te l'ho data!"
    Il mio sorrisino sghembo aveva fatto già la sua comparsa sul mio volto, ma prima che lei potesse rispondermi la cameriera ci aveva portato da bere e mangiare, anche se non avevamo ordinato nulla.
    "Pancake a forma di albero di Natale e cioccolata calda con i mashmallow, ma sei serio?" mi chiese, anche se non sembrava arrabbiata, piuttosto sorpresa ed anche divertita.
    "Dubito fortemente che tu possa avere problemi di linea e poi è quasi Natale e nella sua settimana precedente vengo ogni giorno ed ordino sempre queste cose!" dissi con semplicità, ma era impossibile non notare che nonostante il sorriso, ci fosse una nota amara nella mia voce. Lei non disse nulla, ma percepì il suo sguardo cristallino su di me, mentre tagliava i suoi pancake. Sembrava combattere contro il desiderio di chiedermi di più ed alla fine, la curiosità ebbe la meglio.
    "Immagino che il lavoro ti tenga lontano da casa... Natale per voi è una festa importante!"
    "I Natali a Fort Hood sono i migliori ed infatti fortunatamente quest'anno lavoro!" le risposi facendo l'occhiolino. Anche se in realtà ormai erano anni che mi assicuravo di essere sempre disponibile. Avevamo brevi momenti durante l'anno in cui ci veniva concesso di chiedere congedi per passare le feste in famiglia, ma... io non li chiedevo mai, anzi ero sempre il primo a propormi per coprire qualcun altro.
    Aphrodite parve però non capire che quello non era un argomento di cui non volevo parlare, anzi sembrava sinceramente ingenua nel suo essere totalmente stranita dal fatto che non volessi stare con la mia famiglia.
    "I tuoi genitori devono mancarti moltissimo... e tutta la tua famiglia, è impossibile tu non voglia stare con loro!"
    "E mi mancano, ma la nostra relazione funziona meglio se ci vediamo via videochiamata!" tagliai corto, prima di sorriderle come sempre sornione e sicuro dedicando tutta la mia attenzione ai pancake.
    "Ehm... e l'amore? Cosa mi dici? Mi basta guardarmi intorno per capire che quasi quasi tu sei più Aphrodite di me!" disse ridacchiando spensierata mentre mi guardava curiosa, non venendo meno dal mangiare quelle prelibatezze senza remore.
    La guardai corrugando la fronte e scuotendo il capo, forse era colpa mia, anni di studi di storia dell'arte mi avevano dipinto in testa un'immagine diversa di quella che doveva essere la Dea più bella e vanitosa dell'Olimpo.
    "L'Amore è una perdita di tempo... è sicuramente un bel passatempo di mezz'ora o un'ora... ma nulla più..." dissi senza dilungarmi ed anzi facendole capire che volevo chiudere l'argomento, guardandola dritta negli occhi e mettendomi in bocca una bel boccone pieno di pancake.
  14. .

    ᴄᴏɴᴛɪɴᴜᴀ ᴅᴀ ǫᴜɪ: 𝐀𝐫𝐭'𝐬 𝐒𝐜𝐡𝐨𝐨𝐥



    :Aphrodite:
    Potevo dire di essere disorientata? Confusa? Anzi no, scioccata?
    Io, la dea della Bellezza, dell’Amore, dell’Armonia, potevo davvero rimanere scioccata da un bacio dato da un essere umano? Forse, a lasciarmi intontita non era stato il bacio in sé. Aphro, non sei una ragazzina alle prime armi… Il punto era che, mi ero talmente convinta che Blaise mi detestasse che non avevo neppure messo in conto una cosa del genere.
    Ma dovevo davvero rifletterci adesso? Mentre il mio mento era perfettamente incastrato tra la spalla e il collo del motociclista più spericolato che avessi mai visto? Mentre il suo profumo di pino e miele solleticava i miei sensi? Mentre le dita percepivano il suo calore sotto il giubbetto di pelle? No, non ne avevo proprio voglia, anche perché avevo la sensazione che quello stato di grazia non sarebbe stato eterno… Era molto più facile che Blaise avesse deciso di assecondarmi perché non aveva niente di meglio da fare. Non mi considerava un insetto molesto, questo era assodato, piuttosto un passatempo preferibile alla solitudine? Basta rimuginare, e che diamine!
    Con le braccia lo stringevo forte in vita, avevo messo il casco ma non avevo abbassato del tutto la visiera. Volevo poterlo guardare di sottecchi, oltre al fatto che adoravo il vento che mi sferzava il viso. Era un mio piccolo segreto, che mai avevo confessato, nemmeno alle mie sorelle.
    La morigerata Aphrodite che si gettava dalle torri di cristallo più alte che riusciva a trovare solo per poter percepire l’adrenalina a cui si negava il resto del tempo. Erano rarissimi quei momenti in cui ne sentivo il bisogno, ma dopo periodi particolarmente stressanti mi ci abbandonavo.
    E ora, a cavallo di una motocicletta da corsa, lanciata a tutta velocità su una strada semideserta poco fuori Austin, percepivo la stessa sensazione inebriante. Come faceva Blaise a conoscere questo mio punto debole? Forse avevamo trovato una cosa che ci accomunava… oltre all’arte, ovviamente?
    Deviammo dalla strada principale e imboccammo una stradina secondaria per qualche centinaio di metri, dopodiché ci fermammo a una specie di bar/tavola calda conosciutissima nella zona perché aperta h24 e per la sua famosa Pecan Pie, sembrava che venissero dal centro e dalle città vicine per gustare questa torta tipica.
    Vi starete chiedendo come facevo a sapere tutte queste cose? Beh, potremmo dire che mi ero “preparata” bene prima di venire qui e pedinare il mio obiettivo primario!
    Scesi dalla moto subito dopo Blaise, tolsi il casco, scuotendo la chioma dorata così da farle riprendere un po’ di volume. Poi, presi un elastico che tenevo sempre al polso, pronta per legarli in una coda alta… era una abitudine che avevo incrementato da quando bazzicavo il pianeta Terra per attirare meno l’attenzione. Tuttavia, non portai a termine il mio proposito, perché Blaise mi fu di nuovo vicino, mi strappò l’elastico dalle dita e se lo infilò in tasca.
    “Ehi, ridammelo. È meglio se li tengo legati!” obiettai un po’ preoccupata, lui non poteva capire e io volevo qualche ora tranquilla in un locale accogliente con il ragazzo che mi piaceva!
    “Assolutamente no, stai molto meglio così. E se qualcuno dovesse osare disturbarci, beh, avrò l’occasione di farti vedere cosa ci hanno insegnato durante l’addestramento!”
    Era serio? Sì, era serio, senza dubbio, anche se il suo sorrisetto sghembo – che, per inciso mi faceva letteralmente impazzire – non smetteva di indugiare sul suo volto.
    Mi prese di nuovo per mano e mi condusse dentro. Il locale era affollato ed ero quasi certa che non ci fosse un tavolo, un po’ riparato, per noi due. Eppure, quasi per grazia ricevuta, la cameriera fece un gran sorriso a Blaise, gli accarezzò un braccio con una intimità che mi fece quasi vomitare, e ci condusse a un tavolino piccolo ma abbastanza appartato rispetto al caos che regnava nel bar dalle note fortemente country. Ci sedemmo di filato e alzai il volto giusto in tempo per notare lo sguardo di puro odio che la cameriera mi rivolse. E ci risiamo!
    “Era meglio se avessi legato i capelli…” borbottai tra me e me, illudendomi che quel piccolo dettaglio avrebbe potuto salvarmi dalla reazione di quella donna che sembrava essere stata vicina a Blaise, chissà in quanti modi e in quali posizioni… Basta Aphro! Non è il tuo ragazzo e chissà quante donne che ha avuto, magari non per semplice passatempo… come lo sei tu!
    Mi schiarii la voce, cercando di tornare lucida, nella speranza che a tornare per prendere le ordinazioni sarebbe stata un’anziana signora tutta rughe e sorrisi.
    “Allora? Come hai fatto a capire perché volevo legare i capelli? Su di te non hanno alcun effetto, così come non ce l’ho io, mentre la tipa che ci ha miracolosamente trovato questo tavolo sembrava avesse tutta la tua attenzione…” O.Santi.Numi! Perché diamine dovevo sembrare gelosa marcia? Sbuffai spazientita, ma verso me stessa e non verso Blaise, il quale continua a guardarmi divertito oltre misura, anche troppo per i miei gusti! “Forza rispondi pure con qualche altra delle tue battute al vetriolo… su su!” lo incalzai, iniziando a fare a pezzettini l’angolo di un tovagliolo di carta per il nervosismo.
  15. .
    :Ahsoka:
    La Forza conosceva indubbiamente strani modi per manifestare la sua volontà ed indubbiamente in un primo momento l'immagine di una Dathomir insieme ad una force user era uno di quelli...
    Appena riaperti gli occhi ci misi qualche secondo per capire che fossi realmente vita e che quello era una luogo reale in compagnia di persone reali.
    La mia reattività era tale che senza nemmeno voltarmi alzai una mano e l'appoggiai sul blaster che Sabine stava già puntando verso Merrin per costringerla ad abbassarlo.
    La convinsi con un cenno del capo e stabilendo un contatto visivo con lei e poi accettai la mano che l'uomo di fronte a me mi porse, stringendola per per permettergli di aiutarmi a rimettermi in piedi.
    Prima di rivolgere loro domande però, mi guardai intorno. Riconobbi quel luogo e non capì come facesse ad essere intatto, ma d'altro canto c'erano molte altre cose che non comprendevo.
    "Ashoka Tano vi credevamo..."
    "Morte? Disperse? Entrambe definizioni giuste, soprattutto la prima..." dichiarai volgendo finalmente il mio sguardo azzurro come il mare, all'uomo di fronte a me a cui sorrisi con quel fare furbo, ma saggio, che tanto mi contraddistingueva.
    "Cal Kestis, padawan del Maestro Jaro Tapal" esclamai leggendo lo stupore sul suo volto.
    "Conoscevo il tuo Maestro e sono lieta di vederti vivo... un sopravvissuto dell'Ordine 66"
    "Come te, Maestra Tano" a quella definizione feci per aprire la bocca, ma Sabine me lo impedì.
    "Se sei uno Jedi che ci fai in compagnia di una Strega?"
    La Dathomir al suo fianco non mancò di lanciarle un'occhiataccia, mentre io le porsi la mano amichevole. Avevo le mie remore su quelle della sua razza, ma la sua aura era diversa. La Forza in lei lo era, oscura sì, ma non pericolosa, né minacciosa.
    "Lei è Merrin e... ci manda Luke"
    Stavo ancora stringendo la mano della donna, nonostante lei e Sabine continuavano a guardarsi in cagnesco, quando quel nome attirò la mia attenzione. Corrucciai la fronte, ma venni invitata a seguirli, per parlarne fuori dal tempio. Ma facemmo appena in tempo ad uscire, che lo stesso alle nostre spalle si dissolse, scomparve, lasciandoci tutti basiti e confusi. Ma ecco che di nuovo in un attimo rividi in lontananza quella sagoma... quella di un lupo, mentre Morai si librava nel cielo.
    I miei compagni cercavano di dare un senso a ciò che era appena accaduto, mentre io sorridevo con grazia ed modestia.
    La mano di Cal sulla mia spalla attirò la mia attenzione, anche lui aveva sicuramente percepito qualcosa, ma non mi disse nulla.
    "Se vi ha mandato Luke presumo che i suoi propositi di ricostruzione dell'Ordine stiano andando molto bene!"
    "Tanto quanto la minaccia di Thrawn! Sono 6 mesi che lo teniamo d'occhio e che non smette di agire per creare trambusto e confusione tra la Neo Ribellione e la Repubblica..."
    Troppe informazioni mi colsero tutte insieme. 6 mesi? Neo Ribellione? Ovviamente Cal sembrò comprendere la mia incapacità di processare così tante informazioni vitali tutte in una volta e con la mano ancora sulla spalla, sembrò sorreggermi.
    "Venite con noi! Nel viaggio vi aggiorneremo su tutto... c'è molto da dire..."
    "E credo che anche voi abbiate molto da raccontarci!" mi trovai ad assentire alla Dathomir e facendo un cenno di assenso a Sabine accettammo di salire sulla loro nave. Il viaggio ci avrebbe permesso di aggiornarci su tutto ciò che ci era accaduto, ma cosa più importante che lì stava accedendo per colpa del ritorno di Thrawn.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 17/4/2024, 19:29
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