Flashback #1758: New York

Season 1

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  1. Zazzy
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    Thomas si portò una mano davanti alla bocca e sbadigliò vistosamente, chiudendo gli occhi chiari e sgranchendosi leggermente le spalle. Mi schiarii la gola per avvertirlo di darsi un contegno, e lui si rimise subito diritto al mio roteare degli occhi. Non potei però trattenere un sorriso.
    Era un così bravo ragazzo, talentuoso per il nostro Ordine ma che conservava un'innocenza fuori dal comune. Mi ero molto affezionato, gli volevo un gran bene, e dunque non passava giorno che il mio cuore non venisse torturato poiché sapevo quanto in una vita da Templare fosse pericoloso provare affetto per qualcuno. La nostra esistenza era così fragile da potersi spezzare in qualsiasi attimo di disattenzione, e la morte di Michael ce lo aveva fatto ricordare nuovamente, dunque anche per quello seguivo con attenzione e severità gli allenamenti del mio pupillo cercando di insegnargli tutto ciò che avevo imparato.
    Attendevamo il nostro turno per porgere le nostre condoglianze ai genitori del ragazzo.
    Allacciai le mani dietro alla schiena, nel mio solito atteggiamento irreprensibile, ragionando sui possibili significati delle parole della donna. Sarei sicuramente andato a fondo della questione prima di agire, come avevo ordinato ai miei uomini, ma senza dispiegare troppe forze poiché l'obbiettivo principale era ancora il recupero del Cristallo d'Argento.
    Venne la nostra opportunità di parlare con i genitori di Michael, e mi si strinse il cuore.
    Posai una mano sulla spalla dell'uomo, Karl, mentre Thomas abbracciò la povera Eleonor.
    «Mi dispiace immensamente, Michael ha lasciato un vuoto in tutti i nostri cuori. Era un caro ragazzo e che se ne sia andato così improvvisamente...» Dovetti fare una pausa. «... Siamo devastati. A nome di noi tutti, le nostre più sentite condoglianze.» Conclusi, con voce rotta dall'emozione.
    Vedere i loro volti così lacerati non mi dava pace, così strinsi il padre fra le braccia. Karl era un uomo tutto d'un pezzo, un gran lavoratore che non trovava riposo se non sapendo che la sua famiglia si trovava in buone condizioni. Ero certo che soffrisse terribilmente quanto la moglie, ma aveva comunque trovato la forza di restare legato alla realtà ed era disposto ad ascoltarmi... era un grande uomo, e nessuno dei due meritava di sopportare un dolore tanto grande.
    «Il dolore pervade noi tutti, compresa lady Eris, nonostante non avessi avuto il piacere d'incontrarla prima di questa infausta circostanza.» Dissi circospetto. Mi doleva molto cercare un'informazione in questo giorno proprio da Karl, ma dovevo farlo anche per suo figlio, per far luce sulla vicenda, ed ero certo che mi avrebbe capito. E anche se il mio cuore nel corso degli anni si era indurito, in particolar modo ricoprendo la carica di Gran Maestro e avendo il peso così tante vite dipendere dalle mie scelte, mi risultava comunque difficile gestire questo tipo di circostanze.
    L'uomo mi guardò negli occhi, che per un momento si illuminarono di tenerezza. «Lady Eris... c'è sempre stata per noi come meglio poteva, voleva un gran bene a Michael. Sa, gli voleva bene quasi come il figlio che non ha mai avuto.» Per un momento, sul suo volto addolorato, comparve l'ombra di un sorriso, e il suo sguardo smeraldino si perse in ricordi lontani.
    Il peso che mi si era formato sul petto per aver provato a sapere qualcosa di più su lady Eris da lui si sciolse leggermente, poiché così facendo aveva avuto almeno un piccolo attimo di serenità.
    «Capisco Karl, sono lieto che abbiate un'amica così fidata. Sono certo che saprà starvi ancor più vicina in questo momento terribile. E, Eleanor, mia cara...» Le rivolsi un sorriso. «... non dovrete più preoccuparvi per quella stalla che vi è stata saccheggiata. Entro qualche giorno la riavrete sistemata e nuovamente piena di ottimi animali.» Era il minimo che potessi fare per loro.
    I suoi occhi arrossati si colmarono di commozione, e la donna mi abbracciò grata.
    «Grazie Haytham, siete un uomo buono e nobile.»
    Ci scambiammo infine i saluti, e mi allontanai con Thomas al fianco, diretti ai cavalli per tornare alla base
    «Sei stato bravo.» Mi limitai a dirgli, ripensando a come aveva supportato Eleanor con parole gentili, e anche se non rispose i suoi occhi brillarono.
    Un volta usciti, slegammo i cavalli e ci accingemmo a partire.
    Thomas saltò in sella al suo destriero grullo di razza Kiger, una bestia affidabile e versatile, che aveva acquistato da poco grazie all'Ordine ma con cui si intendeva già molto bene, mentre io montai il mio giovane Etere.
    Era un giovane stallone PSI da caccia alla volpe che mi ero fatto recapitare dall'Inghilterra, molto alto e ben conformato, dalla particolare colorazione morello sabino con i crini bianchi e gli occhi che parevano due specchi. Stavo ancora lavorando con lui, ma aveva una gran testa e per la sua razza selezionata nessuno poteva competere in velocità e resistenza.
    Ci avviammo al piccolo trotto sulla larga strada di terra, leggermente umida della pioggia della notte, ma fortunatamente non scivolosa.
    Affondai il mento sotto al bavero del mantello, sistemandomi meglio il tricorno sul capo; avrei discusso a breve della faccenda con il resto dei miei uomini e in qualche giorno avrei avuto le idee più chiare.

    Diversi giorni dopo, stavo seduto alla mia scrivania scura, con il mento adagiato sul dorso della mano, mentre leggevo la lettera d'invito per un thé inviatami da lady Eris Mitchell. Doveva immaginare che fossi inglese, perché la specificazione mi colpì positivamente.
    Nel frattempo i miei uomini avevano indagato sul suo conto, e con mia non troppa sorpresa era emersa una rete di stretta colalborazione con il nostro Ordine. Il suo defunto marito era un Templare piuttosto altolocato, ed era in buoni rapporti con il buon vecchio William Stewart, Gran Maestro dell'Antica gran loggia d'Inghilterra. Pareva anche che ella si accompagnasse solo a uomini facoltosi, e la donna traeva i suoi maggiori guadagni dalle piantagioni di cotone intorno e nella sua tenuta precedentemente del consorte, si adoperava in opere benefiche e inoltre finanziava o co-finanziava molte delle più importanti missioni della gran loggia.
    Attendevo ancora notizie da George su Midar, ma immaginavo ci sarebbero volute delle settimane.
    Dopo essermi consultato con i miei colleghi, risposi alla lettera comunicando il giorno del mio arrivo, che giunse in fretta.
    La mattina designata, mi agganciai al polso la lama celata e mi diressi alle stalle con le mani allacciate dietro alla schiena, mentre il pastrano mi volteggiava sulle spalle.
    Thomas era lì, e mi bastò un cenno del capo per ordinargli di prepararsi.
    Nel mentre, incapezzai Etere e con calma presi a pulirlo con scrupolo poiché amavo che il suo manto d'ebano risplendesse e le sue marcature bianche brillassero. Gli applicai anche delle generose pennellate di grasso sugli zoccoli, che li resero lucenti e neri, dato il clima assolato e secco.
    Il tempo che io ci avevo messo a preparare il cavallo, infine anche bardato, era stato sufficiente a Thomas per preparare se stesso, la sua cavalcatura, e fare un paio di giri del quartier generale per scaldarlo. Montai in sella e lo raggiunsi.
    «Dove siamo diretti?» Mi chiese con la sua voce cristallina quando lo affiancai.
    «Lo sai già.» Gli risposi semplicemente, ricordando di non averlo avvisato, ma dopotutto faceva anche quello parte della gavetta. Spronai Etere ad un trotto sostenuto per farlo scaldare, e intervallando l'andatura con qualche minuto di galoppo arrivammo in perfetto orario all'elegante residenza.
    Ci fu spalancato innanzi il grande cancello scuro di ferro battuto, e percorremmo al passo la lunga e ampia strada bianca che conduceva alla villa. Due stallieri ci vennero incontro per prendere i cavalli, e dopo essere sceso cedetti loro a malincuore le redini di Etere, ma solo dopo una serie di precise raccomandazioni su come rigovernarlo mentre Thomas ridacchiava con una mano davanti alla bocca. Non riuscì a trattenersi nemmeno quando gli lanciai un'occhiataccia, ma ciò mi mise di buonumore.
    Fummo condotti alla presenza della signora, che aveva allestito una graziosa tenda per ospitarci con la presenza di uno schiavo per alleviare il caldo sventolando un grande mazzo di piume di struzzo. Un elegante set inglese da thé era posizionato al centro del tavolino di mogano, e lady Eris si alzò per accoglierci, allungandomi il braccio.
    «Sono assai lieta che abbiate accettato il mio invito. Prego Mr. Kenway, si unisca a me, ho preparato tutto questo unicamente per voi. Spero che sia di vostro gradimento...»
    Mi chinai garbatamente e appoggiai le punte delle dita sotto al suo palmo minuto, avvicinando le labbra al dorso della sua mano badando a non posarle, accarezzandole la pelle candida unicamente con il mio respiro, senza distogliere gli occhi dai suoi.
    Thomas si inchinò semplicemente, e tutti e tre ci sedemmo infine al tavolo, mentre il collaboratore di lei restava educatamente in disparte ma abbastanza vicino da poter partecipare al convivio se interpellato.
    «Il piacere è nostro, lady Mitchell. La prego di chiamarmi Haytham, sarà sufficiente. Spero non le dispiaccia che io abbia portato con me il mio discepolo, Thomas Lafayette.» Risposi sorridendo leggermente, dopo essermi tolto il tricorno ed averlo appoggiato sulla sedia.
    La donna era abbigliata squisitamente, in un completo di gran classe che fasciava le sue forme minute. Era indubbiamente molto attenta a come si presentava, sia in pubblico che in privato.
    «Le faccio i miei complimenti per la sua eleganza e la bellezza di questa magione. Ma immagino che non mi abbia invitato qui per il solo motivo di mostrarmi la sua incantevole residenza e godere della vostra compagnia, è corretto?» Dissi infine, posando il mio sguardo scuro sul suo volto di porcellana.


    Edited by Zazzy - 14/6/2017, 18:11
     
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