Flashback #1758: New York

Season 1

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  1. The Bla¢k Wit¢h¸
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    Rabbrividì a quel contatto insperato che però non rifiutai, anzi nel quale mi accoccolai lasciando che il suo calore mi avvolse totalmente con forza, ma anche con delicatezza.
    Non avevo bisogno di protezione teoricamente non c'era nulla che potesse davvero scalfirmi, ma questo non voleva dire che desiderassi che qualcuno temesse per me, che desiderasse starmi accanto e darmi il suo appoggio.
    Era facile essere venerata o rispettata quando questo lo si otteneva con la paura e il pugno di ferro, ma tutt'altra cosa era quando questo arrivava con naturalezza e senza che venisse cercato.
    Rimasi dunque abbracciata a lui dimenticandomi per una parentesi di tempo di tutto il resto e in silenzio l'unica cosa che sentimmo stretti fu solo i nostri respiri e il rumore della natura che ci circondava.
    «Sono l'ultima figlia di ventiquattro...» esclamai improvvisamente senza distaccarmi da lui, ma decisa a raccontargli un poco di me. Ironico. Non avevo mai raccontato la mia storia, ma perchè non c'era mai stato nessuno interessato a conoscerla.
    «La nostra progenitrice diede a tutti uno scopo, un obbiettivo e una ragione di vita... a tutti tranne a me... Sono stata sottovaluta, dimenticata e spesso anche ignorata. Un errore nel grande disegno astrale...»
    Il mio racconto era letterale, ma con quella note di poesia da renderlo quasi una storia di fantasia o semplicemente una metafora degli eventi. Peccato che davvero il cosmo si era impegnato a ricordarmi che fossi solo uno sbaglio.
    «Mi sono dovuta da sola scrivermi una storia e darmi una missione, inconsapevole che una volta abbracciata non ci sarebbe stata possibilità di tornare indietro...» solo allora mi scostai appena dal suo corpo per guardarlo in volto e in ogni ruga leggere la sua di storia.
    «Non me ne pento, ma... a volte mi chiedo a cosa ho rinunciato...» c'era malinconia sul mio viso, ma anche orgoglio.
    Adesso sapevo di poter aver tutto e non vi avrei rinunciato.
    Fu allora che in un gesto deciso presi la sua mano e la posai sul mio petto, sul mio seno che dopo il suo primo momento di smarrimento capì cosa volevo fargli sentire... Un lieve battito. Ebbene il mio cuore non batteva, non si percepiva il nulla, ma adesso come un battito di ali era percepibile il mio cuore. Batteva e non sapevo nemmeno cosa significasse... la vita per me aveva un significato relativo...
    «E' flebile lo so, ma non ha mai battuto... mai fino ad oggi...» mormorai prendendo quel coraggio solo perchè mi era sembrato coraggioso abbastanza per non fuggire di fronte al mio rivelarmi.
    Forse per quello alzandomi in piedi lo guardai, il mio era un invito silenzioso che fui lieta che lui colse quando prendendomi sottobraccio mi accompagnò all'interno della sua piccola residenza. Finalmente arredate, ma rigida come lui. C'era ordine. Molto ordine e uno stile austero.
    Sorrisi accarezzando il profilo di un mobile per poi fronteggiarlo quando mi raggiunse, fu lì che un mio dito corse sul suo viso scendendo sul suo collo e poi verso la piccolissima porzione di pelle lasciata scoperta dalla camicia che indossava. Fu allora che presi le sue labbra tra le mie e gli feci assaporare il sapore della mia bocca incredibilmente aspro e dolce allo stesso momento, come lo era il caos.
    Quando però lui fece per cercare di nuovo le mie labbra lo fermai e guardandolo feci scivolare via la giacca da cavallerizza che indossavo, per poi iniziare a slacciare anche la camicia bianca e farla cadere a terra. Solo con il bustino mi voltai e lo invitai silenziosamente a slacciarmi lo stesso e fu una sensazione inebriante, le sue mani calde che sfioravano la mia pelle candida e fredda.
    Ma c'era molto di più in quel gesto, un segreto.
    Sulla mia schiena nuda vi era una sorta di tatuaggio, molto simile ai Frutti dell'Eden che Assassini e Templari tanto bene conoscevano.
    «E' esattamente ciò che pensi...» mormorai mentre lo sentivo accarezzare il disegno impresso sulla mia pelle.
    «A lungo li avete cacciati senza sapere cosa siano... Sono la mia gabbia e la mia condanna...» dissi tristemente.
    La Regina del Caos non si poteva uccidere, ma si poteva intrappolare e in quello Etere era stato bravissimo. Uccisa sua sorella la Notte mi aveva marchiato e aveva costruito l'unica cosa che poteva trattenermi. Il Cristallo in mano alla Guerriere voleva dire ricacciarmi lì.
    «I Frutti dell'Eden sono stati anche conosciuti come il Pomo della Discordia, ti dice nulla?» chiesi ben sapendo che tutti conoscevano la storia della stessa e della Dea Eris.
    «Sono più di uno. Tre per la precisione. Invisibile ai miei occhi, ma in grado di confinarmi in un luogo di tormento eterno se trovati e messi insieme... hanno anche l'effetto opposto... se trovati e distrutti...»
    Ma Etere era intelligente e li aveva fatti troppo attraenti per i loro poteri per far sì che chiunque li avesse in mano, mai pensasse a una cosa del genere. Era frustrante perchè fin quando quel marchio non sarebbe scomparso io sarei sempre stata schiava di un potere che non potevo controllare...
    Solo allora tornai a voltarmi verso di lui, non importandomi che fosse a seno nudo, non mi metteva a disagio.
    «Sono stata posseduta da tantissimi uomini...» umani e non, pensai. Ma non lo dissi «...eppure non ho mai conosciuto l'amore...»
    Mi ero permessa di essere un oggetto perchè quella era una debolezza riconosciuta in tutti gli essere maschili dell'universo, ma mai ero stata posseduta provando qualcosa.
    Fu allora che cancellai ogni distanza tra noi e premendo il mio seno nudo contro quello coperto dalla divisa di lui, mi agganciai al suo corpo, alla ricerca disperata delle sue labbra.
     
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17 replies since 19/5/2017, 00:29   385 views
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