Present Day #2018: Toronto's Roads

Season 2

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  1. Illiana
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    La Luna brillava nel cielo notturno, anche se il suo massimo splendore lo avrebbe raggiunto di lì a pochi giorni. Non avevo bisogno di alzare lo sguardo su di lei per saperlo, in quanto io ne incarnavo il suo potere, ed esso era ciclico come ciclica era la natura del nostro astro di celarsi, concedersi appieno alla nostra venerazione e poi nuovamente nascondersi.
    Così, anche io avevo imparato a dosare e ad utilizzare con accortezza le mie abilità, seguendo le fasi lunari. Questo era uno dei segreti che si tramandavano di madre in figlia, all'interno della mia famiglia. Ovviamente, dopo tutti i secoli passati lontano dal mio pianeta natale, dalla sua fonte di potere, avevo dovuto accettare un aspetto che riguardava anche le mie compagne: la lontananza dalle nostre terre d'origine influenzava la nostra forza, diminuendola nettamente.

    Io ed Ares ci eravamo gettate alla ricerca di questa misteriosa ladra, ed ero contenta perché, in questa indagine, la mia amata sorella aveva ritrovato un po' dell'entusiasmo che da troppi mesi non mostrava: il suo sguardo era di nuovo vitale, come se stesse provando di nuovo interesse per qualcosa.
    Percorremmo le strade della città a lungo, prima di trovarla. Stranamente, se ne stava andando in giro tranquilla, con due bagagli che potevano contenere ciò che aveva sottratto poco prima.
    La conferma all'ipotesi che fosse un'abitante dell'Impero la ebbi immediatamente: quella ragazza dalla figura esile si rivolse a noi usando una lingua che in questo angolo dell'universo non era mai risuonata, perché anche io l'avevo abbandonata dal giorno in cui i nostri mondi erano stati annientati.
    L'idioma che si parlava sulla Luna era quello ufficiale dell'Impero, un po' come l'inglese qui sulla Terra: ne avevo vietato l'uso alle mie stesse compagne, dato che tutti coloro che svolgevano ruoli e compiti al di fuori dei loro pianeti dovevano conoscerla.
    Ma una volta arrivate qui, parlare le nostre lingue d'origine, mantenere le nostre tradizioni in maniera troppo rigida avrebbe potuto diventare un ostacolo all'integrazione con il popolo che ci aveva accolto.
    La ragazza la parlava perfettamente, anche se con un lieve accento estraneo che non riuscivo ad identificare, non ancora.
    “Guerriere! Davvero una sorpresa trovarvi in questo luogo spregevole!”
    Le risposi nella stessa lingua, lieta di poter pronunciare quei suoni melodiosi a me così cari: “Non devi temere nulla da noi, non siamo qui per punirti o per assicurarti alla giustizia. Non conosci le usanze di questo mondo, quindi non eri cosciente di stare agendo in maniera illegale. Basterà che tu restituisca il tuo bottino, ed io appianerò il resto”
    Non riuscii a rassicurarla, anzi lei reagì con violenza, cercando di colpirci, e solo d'istinto alzai la barriera di luce che riparò me ed Ares.
    Pensai freneticamente ad una serie di spiegazioni per il suo comportamento ma, soprattutto, provai a capire come facesse a possedere quei poteri, propri solo dalla famiglia che governava l'impero.
    In pratica, solo io potevo averli, l'unica sopravvissuta della stirpe reale... come faceva questa ragazza ad usarli? Chi era?
    Dopo aver provocato Ares, dimostrando ulteriormente quanto ci conoscesse bene, cominciò ad accusarla, con un astio ed un livore che faticavo a comprendere.
    Sentivo il furore di Ares crescere, avvertivo le sue intenzioni bellicose, ma non ero ancora intenzionata a considerare quella ragazzina una nemica, quindi avvertii sottovoce la mia compagna: "Non fare gesti avventati, sorella! Se combattiamo contro di lei fuggirà, e non conosceremo mai la sua storia..."
    Provavo pena per lei, di certo aveva molto sofferto, così come noi tutti.

    Sebbene continuasse a rivolgersi ad Ares, però, quelle accuse colpivano unicamente me.
    Ero stata io a condurre qui le Guerriere e tutti i superstiti che erano riusciti a salvarsi dallo sterminio.
    Io avevo raccolto tutte le loro testimonianze, che mi assicuravano che nessun pianeta membro dell'alleanza galattica si era salvato dall'opera distruttiva di Eris.
    Io avevo deciso che, per quanto fosse il Pianeta Proibito, era comunque l'ultimo che ci rimaneva per poter raggiungere la salvezza.
    Qui avevo portato anche i Frutti dell'Eden e il Cristallo d'Argento, dato che fortunosamente ero riuscita a proteggerli da chi li voleva usare per i propri fini egoistici. Ero certa che dietro ci fossimo lasciate solo morte e distruzione, nessun luogo ospitale in cui ricominciare a vivere, anche se il nostro compito di guardiane non era mai venuto meno.
    Avevamo dovuto rimanere pronte e lo scontro finale che avevamo appena affrontato contro la Regina del Caos era la prova del fatto che pure i nostri nemici avevano dovuto rifugiarsi su questo pianeta, che neanche a loro era stata data una scelta diversa.
    Volevo tentare di farla ragionare, alzando la voce per attirare l'attenzione su di me, dato che avevo notato il suo gesto veloce con cui creava una serie di punte acuminate da scagliare sulla mia compagna, ma non riuscii a farlo in tempo.
    Con sgomento, alcune di queste lame penetrarono la barriera che avevo alzato, colpendo me di striscio e raggiungendo invece Ares al ventre.
    Mi chinai su di lei, tentando di tamponare la ferita con le mani. La vista appannata dalle lacrime, mi rivolsi alla sconosciuta: "Perché?"
     
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