Present Day #2018: Great Inagua

Season 3

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  1. Illiana
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    :Edward:
    Vederla piangere, per me, fu troppo.
    Ciò che era accaduto in quell'ultima ora aveva travolto ogni barriera contro la furia che cercavo di tenere sotto controllo da tempo.
    Ero stato ad un passo dalla morte, per colpa di quella pazza che si era infilata di nascosto sulla Jackdaw II, prendendomi alla sprovvista. Possedeva una forza incredibile, e capii all'istante che poteva essere solo un altro abitante dell'impero ma intanto, era lei che teneva in mano in coltello, per così dire.
    Non era una cosa personale, dato che non l'avevo mai incontrata in vita mia, quindi potevo solo far risalire il suo attacco al fatto che ero collegato a Nike.
    Ma i miei pensieri si fermarono a quel punto. Con l'aria che cominciava a scarseggiare, mi ritrovai in ginocchio. Violenti lampi rossi mi accecarono. Se avessi avuto ancora la possibilità di parlare, l'avrei riempita di ogni insulto e maledizione che conoscevo, ma a cosa sarebbe servito?
    La odiavo. Odiavo quella sirena fottuta, odiavo la mia incapacità di poterla contrastare, odiavo il motivo che l'aveva portata sino a me, odiavo... tutto.
    E poi, sentii il sole sulla schiena, e l'aria che tornava nei miei polmoni. Tossii e respirai anche la sabbia fine che mi entrò in bocca. Non riuscivo ancora a distinguere la luce, e la debolezza mi impediva di rialzarmi. Ero come un poppante appena messo al mondo. Il pensiero avrebbe dovuto consolarmi, invece la mia collera montò ancora di più.
    Il tocco inconfondibile che avevo desiderato per mesi interi mi sfiorò la guancia. Nike era vicino a me, comparsa dal nulla, così come altre figure che non riuscii a distinguere.
    Ma avevo sofferto ed aspettato troppo. Una sola cosa sapevo: era tardi.
    Non ero abbastanza lucido per capire cosa stesse succedendo, e mi ci volle un po' prima che mi rendessi conto che era rimasto solo io, sulla spiaggia, oltre al corpo immobile di Nike.
    Agii d'istinto. La raccolsi da terra e la portai nel luogo più sicuro che conoscevo, la mia barca a vela. Meccanicamente portai l'imbarcazione al largo, poi scesi nella cabina.
    Ero stremato. La rabbia che provavo stava ancora prosciugandomi di ogni energia. Attesi che Nike riprendesse i sensi. Cosa avrebbe detto a sua discolpa? Esisteva qualcosa in questo mondo o nell'universo che potesse essere convincente?
    Lentamente si risvegliò, ma vederla piangere, per me, fu troppo.
    Uscii dalla cabina senza dire una parola, sbattendo la porta con violenza. Mi sentivo soffocare, come se il tentacolo di quell'essere fosse ancora saldamente stretto intorno al mio collo.
    Non passò molto tempo, prima che avvertissi la sua presenza alle mie spalle. Fissai le nocche bianche, la mano irrigidita nello stringere la drizza che teneva su la vela dell'albero maestro. Il mondo aveva perso ogni colore, ogni suono, ogni odore. Sentivo solo il fuoco ruggire nei pensieri.
    Mi voltai verso di lei. Dissi delle parole che non sapevo di meditare da tempo nel mio cervello, ma le dissi, con tutta la crudeltà di cui ero capace.
    ”Non può continuare così. Non lo accetto. Non sono schiavo di nessuno, e non intendo diventarlo solo per averti vicina. Sono stato uno stupido a pensare che avrebbe funzionato!”
    La vidi impallidire, e appoggiarsi ad una struttura per non cadere. La sua voce riuscì miracolosamente a superare il rombo nelle mie orecchie.
    “Ti ho scritto tutti i giorni, ma le mie lettere venivano intercettate...”
    La interruppi, urlando.
    “Cosa cazzo mi importa di stupide lettere? Credi che se anche mi fossero arrivate, questo mi sarebbe bastato?”
     
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9 replies since 4/1/2019, 20:29   116 views
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