Present Day #2019: Toronto's Roads

Season 3

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  1. Illiana
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    :Ezio:
    Continuai la mia sceneggiata fino a raggiungere il capo opposto del corridoio. Solo arrivato alla porta mi girai per controllare se altri occhi stavano seguendo la scena, ma no, per nostra fortuna la zona era deserta. Pandia e il Templare erano spariti oltre una delle finestre che davano sui giardini, quindi ero da solo e avevamo scampato il primo pericolo.
    Non mi sarei attardato ad aspettare lei, questi erano già gli accordi che avevamo stabilito prima di partire: ognuno di noi sarebbe andato avanti, salvo poi ritrovarsi in determinati punti durante il percorso per arrivare al nostro obiettivo, ed il prossimo era superata la Sala di Diana.
    Lei avrebbe saputo cavarsela sicuramente bene, visto le sorprendenti doti di attrice e i riflessi rapidissimi che aveva appena dimostrato di possedere.
    Entrai nella sala successiva, quella che era chiamata Sala delle Arti: studiando la planimetria sapevo che si trattava di un punto di passaggio, un collegamento tra le varie zone della Loggia.
    Difatti, la stanza era ampia ma non elegantemente decorata come la hall, con il pavimento in legno chiaro, il soffitto non ampio quanto il precedente e scarsamente arredata, tolti alcuni divani confinati vicino ai muri per non intralciare il passo.
    Da una porta alla mia sinistra entrarono due persone, entrambe con mantelli simili a quello che ancora indossavo io, anche se i loro erano arricchiti da fregi dorati che ricordavano gradi militari.
    Mi tenni alla larga da loro, simulando un contegno rispettoso e cercando al contempo di evitare che l'odore di alcool che ancora impregnava il tessuto del mio mantello non giungesse alle loro narici.
    Solo uno dei due diede segno di avermi visto, rivolgendomi un breve cenno del capo: ”Che il Padre della Comprensione ci guidi, Fratello”
    Mi nascosi ancora di più all'ombra del cappuccio, rispondendo a mezza voce al suo saluto con le stesse parole. Attesi che sparissero oltre la porta che avevo appena attraversato.
    Dovevo dirigermi a sinistra per arrivare alla Sala di Diana, per raggiungere il punto di incontro e la parte di giardini chiamata Allea Centrale, ma decisi che avevo spazio e tempo per allungare la mia ispezione, prima.
    Mi concentrai sulla vista d'Aquila per poter riconoscere, tra le numerose porte che avevo davanti, quella che avrebbe potuto essere interessante per trovare altri segreti qui custoditi. D'improvviso il mondo perse i suoi colori diurni, per rivelare le tracce luminose dei percorsi energetici lasciati dai passaggi di tutte le persone che attraversavano quei luoghi. Mi diressi verso una porta che mostrava come fosse utilizzata solo da poche persone; poteva essere uno sgabuzzino, un magazzino, o un altro locale poco interessante, ma decisi di scommettere sulla mia buona sorte.
    Il fatto che fosse chiusa a chiave mi fece ben sperare ed infatti, una volta forzata la serratura, mi ritrovai in una piccola biblioteca. Una stanza dove non si vedevano i muri, tutti coperti da librerie di legno scuro piene di libri, e dove l'illuminazione era data da un fuoco che ardeva nel caminetto, piuttosto che dalla luce che filtrava dalle finestre coperte da pesanti tendaggi. In una nicchia su misura, una vecchia pendola ancora funzionante segnava lo scorrere del tempo.
    Chiusi la porta con molta attenzione. Mi avvicinai agli scaffali, scorrendo lo sguardo sui libri perfettamente allineati e senza un grammo di polvere sopra. Sgranai gli occhi dalla sorpresa, quando lessi alcuni dei dorsi incisi con lettere dorate. In quella stanza si trovavano prime edizioni introvabili, incunaboli quattrocenteschi ed altri esemplari unici che avrebbe fatto la gioia di numerosi studiosi e collezionisti; una piccola fortuna fatta di carta, pergamene e pelli.
    Arrivai a controllare l'ultimo scaffale, quello che era più vicino a due poltrone imponenti, in velluto giallo; i volumi che conteneva avevano un aspetto così particolare che subito i miei sospetti si destarono: erano numerosi, diverse decine, rilegati in pelle, senza alcuna scritta sul dorso, tutti molto simili tra loro tolto le tracce del tempo di livelli diversi, come se alcuni fossero molto vecchi e altri più recenti.
    Ne presi uno a caso per sfogliarlo: una grafia elegante riempiva le pagine spesse, in cui venivano riportate minuziose informazioni e riflessioni intime. Un diario. La mia presa sul libro aumentò, quando capii di aver tra le mani il diario di Haytham Kenway.
    Strinsi le labbra per la soddisfazione: in quello scaffale erano contenute le memorie del maggiore dei nostri nemici, il gran Maestro dei Templari. Feci scorrere lo sguardo in maniera febbrile fino in fondo alla collezione, cercando i tomi più recenti, sicuramente più interessanti e ricchi di indicazioni utili per noi. Allungai la mano verso quello che mi pareva più promettente e... mi bloccai.
    Non c'era stata nessuna alterazione nella stanza, nessun rumore, nessuno spostamento d'aria, eppure... sapevo che ero in pericolo.
    Mi nascosi immediatamente dietro una delle poltrone, in attesa, tutti i miei sensi all'erta. Passarono secondi interminabili ma poi, la serratura scattò dolcemente, e la porta della biblioteca si aprì per fare entrare qualcuno.
    Muovendomi in maniera impercettibile, cercai di spiare oltre il bordo del mio nascondiglio.
    Sulla soglia si trovava una figura minuta dall'aspetto molto particolare, con occhi intensi su un viso pallido dai tratti delicati e giovani, quasi femminili. I capelli argentati mi diedero l'indizio decisivo per capire la sua identità, ed il sangue mi si gelò nelle vene.
    ”Madre?”
    Atlas Kenway chiuse la porta e fece alcuni passi, fermandosi al centro del tappeto che copriva quasi l'intero pavimento. Fissava il fuoco pensieroso, come se cercasse di afferrare qualcosa che non lo convincesse del tutto.
    Ero un fascio di nervi, e sentivo il sudore scendere copiosamente giù per la spina dorsale. Non mi sarei fatto vedere, non avrei attirato tutti i templari addosso a me, questo è certo, ma non sarebbe stato quello il mio maggior problema.
    Ora non era più nella mia portata visiva, ma sapevo che il ragazzino a meno di cinque passi da me aveva risvegliato mio fratello Federico, morto da secoli, per ottenere un esito che ancora noi Assassini non eravamo riusciti a decifrare. Rispettavo e temevo al contempo il potere che aveva utilizzato, che era stato in grado di controllare. E sapevo anche che, se quel potere lo avesse rivolto su di me, io sarei stato perduto.
    Lo sentii mormorare tra sé e sé. Cercava sua madre, quindi?
    ”E' molto strano, di solito vieni qui a quest'ora del giorno...”
    Fece ancora alcuni passi verso il fuoco.
    Cercai di respirare senza emettere suono, pronto ad agire se se ne fosse dimostrata la necessità. La mia fidata lama era pronta, con il meccanismo in tensione, al limite dello scatto. Se avessi dovuto, avrei potuto raggiungerlo per colpirlo senza fare neppure un passo.
    Avevo la bocca che pareva piena di sabbia, e i muscoli della mandibola mi dolevano per il troppo tempo in cui avevo stretto i denti. Non volevo uno scontro il cui esito sarebbe stato troppo incerto.
    Il ticchettio della pendola era quasi un avviso doloroso che, ad ogni secondo che passava, il rischio che sarei stato scoperto andava aumentando pericolosamente. Decisi: avrei contato fino a dieci, poi sarei passato all'azione, sfruttando la sorpresa che poteva darmi un vantaggio su di lui.
    Uno... due... tre, quattro, cinque... sei...
    Udii i suoi passi allontanarsi, attutiti dal tappeto. La porta aprirsi e richiudersi.
    Rilassai i muscoli delle spalle e delle braccia, che erano diventati un blocco unico di pietra.
    Non uscii subito da dietro la poltrona, ma attesi cinque minuti, poi altri cinque, per essere ancora più certo che non ci fosse una trappola pronta per me.
    Infine mi alzai, con circospezione, dando un'occhiata lenta alla biblioteca.
    Dovevo proseguire con la mia missione. Aprii il volume che avevo individuato in precedenza, quello che recava all'inizio di ogni brano le date più recenti, e strappai le ultime pagine scritte, mettendole al sicuro nella tasca interna del mio giubbotto.
    Poi uscii dalla biblioteca, ricominciando a respirare.
     
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