Present Day #2020: Abstergo

Season 5

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  1. Tharia
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    “Respira Jake, respira, non mollare…” mi ripetevo mentalmente mentre a grandi boccate inspiravo aria, aria, tantissima aria. Un tremore diffuso colpì muscoli e organi a causa della forte mancanza di ossigeno. Questa volta, la stronzetta ci era andata giù davvero pesante. Quando si era fatto tutto buio per un istante, avevo creduto di non farcela, che fosse arrivata la mia fine… terribile come epilogo in realtà! Fatto fuori da una sadica ragazzina, che addirittura mi aveva fatto slegare, ordinando agli altri aguzzini di lasciarci soli.
    Per diversi minuti non ebbi la forza neppure di parlare, ma la voce fu la prima cosa che ritrovai mentre davo al corpo il tempo di riacquistare lucidità.
    “Ammettilo, Kaiserina, godi un mondo a farmi del male anche se sai che da me non ricaverai mai un ragno dal buco…” Le parole uscirono fuori gracchianti, come se fossero corrose da acido puro. Tossii ma non smisi di dire la mia. “Lo sai, non sono un romantico, ma non mi aspettavo certo un trattamento così incivile!” Tempo, avevo bisogno di tempo. Attaccarla era fuori discussione, mi sarei ritrovato con la gola tagliata in meno di un attimo e non solo perché Moira era una Deviante pura. Avrebbe potuto farmi a pezzi con la sola forza del pensiero se solo lo avesse voluto, il punto infatti era che… non lo voleva. E poi, be’, suo padre era un altro ottimo deterrente a un’eventuale reazione da parte mia, per non parlare poi degli scagnozzi dietro la porta invisibile. Di certo non ci avrebbero pensato su un solo secondo prima di spezzarmi le ossa una a una. Non ci tenevo proprio a fare quella fine, i miei polmoni chiedevano già abbastanza pietà in questo momento… Perciò mi alzai, piano, barcollante, un dolore sordo diffuso in tutto il corpo. Mi avvicinai a Moira, gli occhi fissi nei suoi, le mani alzate in segno di non belligeranza: il mio intento era un altro. Volevo capire fino a che punto avrei potuto spingermi senza soccombere. Sapevo quanto amava giocare, ma sapevo anche che c’era un limite implicito che non potevo superare. L’idea di scoprire quel limite mi stuzzicava da settimane. Fui a pochi passi da lei, poi a pochi centimetri, poi consumai pure quelli. I nostri corpi si sfioravano e pareva che Moira non avesse alcuna intenzione di allontanarsi nonostante dietro avesse proprio una delle pareti. Avvicinai il mio viso al suo, virando subito verso l’orecchio.
    “Non ho la forza né la voglia di combattere, tantomeno di cantare su fantomatici piani di fuga…” sussurrai piano, percependo un brivido inatteso provenire dalla Deviante. Così lasciai che il mio torace toccasse il suo, un passo dopo l’altro, fino a farli combaciare perfettamente. Moira adesso era addossata al muro, io incombevo su di lei, i respiri tanto vicini da fondersi in uno solo. Posai una mano aperta sul suo collo scoperto, desideravo constatare la velocità dei suoi battiti: sembravano impazziti, ma non sapevo se per la collera o per qualche altra emozione meno distruttiva. Stavo giocando col fuoco, anzi no, con un incendio di proporzioni bibliche ma non m’importava. All’improvviso, ciò che volevo era solo conoscere la dead line oltre la quale la sua voglia di giocare si esauriva. La mia era cresciuta in maniera esponenziale e l’adrenalina mi fece dimenticare persino il dolore.
    Le accarezzai la pelle del collo e poi della clavicola, con la netta sensazione di star toccando uno scorpione pronto a inocularmi il suo veleno, ma non avevo paura. Perché no? Perché rischiavo così tanto quando ero con lei? Tra noi c’era sempre questa lama a doppio filo che ci eccitava e minacciava allo stesso tempo. Ovvio che quello in reale pericolo ero solo io! E questo avrebbe fatto arretrare qualunque uomo sano di mente, ma ancora una volta mi resi conto che questa definizione non si addiceva per nulla a me e al mio disastroso carattere.
    E allora, visto che stavo osando tanto, perché non andare oltre? Strinsi il suo collo e facendo una certa pressione la costrinsi ad alzare il volto verso il mio.
    “Dimmi la verità, adesso vorresti uccidermi? Stai solo aspettando il momento buono per farmi a pezzi? Cosa vuoi davvero da me?” Una valanga di domande mi uscì dalla gola, tutte tanto spinose da assomigliare a un dannato roseto, ma io ero fatto così: in una rosa mi eccitavano più le spine che i petali. Le prime erano insidiose, inaccessibili, dolorose, rappresentavano una sfida, mentre i secondi si abbandonavano a te con la loro morbidezza senza alcuna remora. E Moira era proprio come un roseto da cui però si potevano cogliere fiori bellissimi… e io volevo quei dannati fiori!
     
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6 replies since 21/2/2020, 17:33   124 views
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