Present Day #2020: Abstergo

Season 5

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  1. SliteMoon
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    Voglio essere una macchia colorata in mezzo al grigiume della realtà

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    Era successo tutto così velocemente.
    Quello scontro si era presto trasformato in un incubo fatto di sangue, dolore, urla e disperazione.
    Tutto era partito da quella pugnalata al fianco che O’Brian mi aveva inflitto.
    Il dolore era lancinante, il sangue usciva copioso, ma non gli diedi la soddisfazione di vedere sul mio viso nient’altro che lo stupore per quel colpo basso, per le parole che mi disse subito dopo.
    “È necessario, Auditore, per poter incontrare il Demone dovete andare in un posto terribile, da cui non è mai previsto alcun ritorno. Il livello 2 è la destinazione finale, anche se non sarai tu ad andarci…”
    Quella frase mi rimbombava nella testa mentre tentavo di rimanere in piedi e non accasciarmi a terra per la debolezza improvvisa e la sofferenza, mentre provavo a tenere testa a quei bastardi che mi stavano pestando in gruppo -quale onore c’era nell’accanirsi in quattro contro uno che a malapena riusciva a difendersi?
    Destinazione finale. Non sarai tu ad andarci…
    Più mi colpivano e più che questa frase mi angosciava, mi vorticava incessantemente in testa.
    Palesemente era una trappola, anche uno stupido lo avrebbe capito, ma a me in quel momento non interessava. In quel momento l’unica cosa che volevo era spaccare la faccia a quei bastardi, quelle semplici pedine che ormai avevano prevalso su di me, costringendomi a terra, rannicchiato su me stesso come un cucciolo impaurito che tentava di proteggersi e limitare i danni. Io però non ero nè un cucciolo, né impaurito.
    La vista era appannata, e non per il dolore, o almeno non solo per quello. Ero accecato dalla rabbia, dalla furia. Vedevo rosso, e non per il sangue che sentivo uscire copioso e imbrattarmi ovunque.
    Ero incazzato come un toro che tenta in ogni modo di infilzare quel cazzo di torero.
    E per me quel torero era O’Brian, che nel mentre di questo massacro se ne stava lì, compiaciuto a braccia incrociate, ad osservare la scena con un ghigno sulle labbra. Era questo il suo piano sin dall’inizio e noi ci eravamo caduti dentro come pesci in una rete.
    Lo volevo morto.
    Come poteva essere stato un Assassino? Come?! Non aveva un cazzo di principio o di morale. Se c’era una regola o un credo lui se ne fregava completamente facendo quel che cazzo gli pareva. La cosa ironica era che anche con le sue regole non riusciva a giocare pulito. A quanto pare non riusciva proprio a fare niente se non quel che gli pareva, era più forte di lui. Quanto avrei voluto risagomargli la faccia a suon di pugni e calci, rendergli il favore.
    All’improvviso, come per magia, i colpi e il peso di quei bastardi si volatilizzarono.
    In realtà non era magia, bensì Ezio.
    Fu quando mi mise a sedere che sentii che, anche se ci avevo provato, non ero riuscito a proteggere praticamente nessuno dei miei organi vitali. Stavo di merda. Non mi sarei sorpreso se ormai fossero ridotti in poltiglia.
    Ezio aveva ragione, dovevamo andarcene, ma io non ero più lucido, e come avrei potuto?
    Volevo vendetta, volevo quelle dannate risposte, ed invece quello che ottenni fu vedere mio fratello combattere come un leone per difendere me e sé stesso dall’ennesima ondata di guardie, ma loro ebbero la meglio.
    Erano tanti… troppi.
    Ormai si erano accaniti anche contro Altair.
    Volevo alzarmi, urlare, buttarmi nella mischia e riservargli lo stesso trattamento che loro avevano dato a me che stavano dando ora ai miei compagni.
    Ormai erano entrambi in ginocchio, raggomitolati tentando di salvare il salvabile, ma quei bastardi continuavano.
    Non riuscivo a distogliere lo sguardo da quello di Ezio, così simile ma incredibilmente diverso da quello che conoscevo.
    Delle guardie mi presero per portarmi via, forse in infermeria, o forse in una fossa comune, chissà. Sapevo solo che non me ne fregava nulla, io da quel posto non me ne sarei andato senza i miei compagni. Non senza Ezio, che ormai aveva la sconfitta negli occhi, che chiuse poco dopo. Continuavo a dimenarmi e a dar voce ai miei pensieri decisamente coloriti -in quel momento non davo proprio l’impressione di essere un nobile.
    Non sapevo nemmeno io da dove venivano tutte quelle energie, sapevo solo che non potevo lasciarli lì, non volevo. Quei bastardi avrebbero pagato per questo.
    Era da davvero tanto tempo che non mi sentivo così. Da quel maledetto giorno in cui perdemmo tutto, in cui perdemmo nostro padre e Petruccio. Quei ricordi erano indelebili nella mia mente, ed in quel momento fin troppo vividi.
    L’ultima cosa che vidi in quella stanza fu mio fratello immobile a terra, ricoperto di lividi.
    Mi immaginai gli scenari peggiori. Che fosse morto, che sarebbe finito in quel fantomatico Livello 2. Non sapevo cosa gli sarebbe successo, sapevo solo che avevo il terrore di non vederlo più. Non potevo e non volevo crederci.
    Avevo davvero fallito di nuovo?

    Finalmente, dopo l’ennesima volta che rivivevo tutto questo come in un loop infinito, mi svegliai.
    Era pomeriggio, forse, e sentii i medici parlare. Coma? Intubato? Cazzo, come facevo ad essere ancora vivo?
    Per come li sentivo parlare di me ormai dovevo già essere all’altro mondo.
    Chi se ne frega, ero ancora qui, era questo l’importante… anzi no, l’importante era capire dove fossero Ezio ed Altair.
    Speravo davvero che stessero bene. L’unica cosa che mi faceva ben sperare era la sensazione che qualcuno avesse vegliato su di me durante la mia “dormita”. Speravo davvero che quella presenza che spesso avevo percepito al mio fianco fosse mio fratello.
    Purtroppo le mie speranze andarono a farsi benedire nella stessa serata.
    Mi svegliai. Era notte, il silenzio riempiva la stanza praticamente vuota, ma ecco che risentii quella presenza di fianco a me.
    Il terrore e la rabbia mi attanagliarono lo stomaco. Riconobbi subito la figura esile ed aggraziata che si era ormai alzata e che se ne stava andando, silenziosa com’era arrivata.
    L’afferrai per un polso con la stretta più decisa e ferrea che riuscii a fare in quel momento.
    Era tutto sbagliato cazzo! Perchè non c’era Ezio al suo posto?
    Si voltò verso di me e lo sguardo che mi rivolse non era affatto quello che mi ero immaginato. Non mi stava guardando con il gelo che aveva sempre riservato a chiunque non fosse della sua cerchia ristretta di stronzi.
    Avevo una miriade di domande in testa, ma non sapevo da quale iniziare... avevo paura di conoscerne le risposte.
    La guardai duramente, anche se ero sicuro che dai miei occhi traspariva una stanchezza non indifferente.
    “Siediti.” le dissi con un tono che non ammetteva risposta. Che fatica solo pronunciare quella frase! Avevo le labbra e la gola completamente secche, la voce impastata e fiacca.
    In che stato pietoso ero?
    Lei però si rimise a sedere.
    “Sei qui per prenderti gioco di me, Biondina? Per tenere informati i tuoi amichetti per poi giocarci qualche altro scherzo? Perchè sei qui? Perchè ci sei tu e non mio fratello?” Quanto strazio nel dire quest'ultima frase. Sicuramente aveva già notato i miei occhi lucidi.
    Il nervoso e l’ansia mi stavano uccidendo. Fitte dolorose allo stomaco e un peso enorme sui polmoni mi stavano soffocando. Ero confuso, arrabbiato, amareggiato, impotente. Sentivo il cuore battere come un ossesso, le tempie pulsare.
    “Dov’è Ezio? Ed Altair?” le sussurrai, stringendole maggiormente il polso.
    Lo sguardo che fece mi tolse ogni dubbio.
    Avevo nuovamente fallito.
    “Dove cazzo sono?!” questa volta lo chiesi con ringhio rabbioso ed una stretta quasi disperata “Dimmelo.”
     
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