Present Day #2020: Abstergo

Season 5

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  1. SydneyD
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    :Yulia:

    ”Siediti!” Aveva una voce rauca, che quasi raschiava le sue corde vocali, come se stesse venendo fuori da un antro oscuro. La fuga sarebbe potuta essere ancora una soluzione praticabile. Avrei facilmente potuto eludere la presa con cui artigliava il mio braccio. Ma non volevo farlo, nonostante sapessi quanto sarebbe stato arduo affrontarlo. Non sarebbe stato facile metterlo di fronte alla realtà dei fatti: erano stati ingannati ancora e ancora, ma questa volta con un epilogo ben più agghiacciante. La sua furia e la sua frustrazione ardevano e si propagavano attraverso le sue dita infuocate sulla mia pelle gelata. Non fuggii… tornai a sedere consentendogli ancora di stringermi, come se fossi un’àncora o meglio, nel suo caso, come se fossi un pezzo di legno che si afferra tra i denti per non sentire troppo dolore. Lo lasciai fare… perché potei percepire così distintamente la sua sofferenza da restare intrappolata tra le sue spire.
    “Sei qui per prenderti gioco di me, Biondina? Per tenere informati i tuoi amichetti per poi giocarci qualche altro scherzo? Perché sei qui? Perché ci sei tu e non mio fratello?” Sul finale il suo tono si era incrinato. Ero certa che se avesse potuto mi avrebbe disintegrata col suo sguardo incendiario… al solo pensiero di suo fratello, stava vacillando, la sua voce tremava per l’angoscia e per la rabbia. Cosa avrei potuto rispondere? La mia gola era più secca della sua, che era stato costretto per giorni in un letto d’ospedale. La mia mente era vuota e il mio petto arido. Dovevo staccarmi da quelle emozioni. Dovevo riprendere il controllo sulle mie azioni o il senso di colpa mi avrebbe distrutto.
    Al mio silenzio, infine, era sbottato chiedendomi disperato di Altair e di Ezio. Era certo che non avessero fatto una bella fine, che la sua presenza in infermeria fosse un puro caso e che le persone più in pericolo fossero proprio loro. Non aveva torto… al contrario, aveva dannatamente ragione!
    Mi sistemai meglio sulla sedia che pareva fatta di carboni ardenti, ma dissimulai alla perfezione quel fastidio. Con una decisa torsione del polso, mi liberai dalla sua presa che si era fatta spasmodica, al punto da lasciarmi dei segni rossi sulla pelle. Mi appoggiai allo schienale e accavallai le gambe, come era mio solito fare per occultare le mie emozioni e indossare la maschera di gelida indifferenza. Avevo notato la sua difficoltà a respirare e tutta la sua ansia, ma… “Non posso cedere! Non posso cedere davanti a lui” continuavo a ripetermi con foga.
    “Cosa vuoi che ti dica? Sei fortunato ad essere qui, Auditore! Dopo l’intervento sei stato in coma per parecchi giorni” tergiversavo parlando di lui, per non dover rispondere alle sue domande spinose, per le quali, tra l’altro, non avevo tutte le risposte e questo faceva ancora più male. Mi faceva ricordare quanto marginale fossi stata in tutta quella faccenda, a quanto fossi stata messa da parte da colui che consideravo un mentore e un alleato.
    “So perfettamente come sto io, mi sento di merda, grazie! Non era questa la mia domanda!” mi assalì senza mezzi termini. “Ora mi dirai dove si trovano Ezio e Altair, e non provare a fare giochetti con me” Il fatto che fosse appena sveglio, dopo un prolungato coma indotto non aveva affatto inciso sul suo temperamento furente. L’unica soluzione che avevo per tirarmi fuori da quella situazione inattesa era squagliarmela, ma non gli dovevo almeno una spiegazione? Non aveva il diritto di sapere che fine avesse fatto suo fratello minore? Lo straccio di coscienza che mi era rimasto, quello scorcio di anima che la vita che conducevo ancora non si era portato via, mi imponeva di onorare la preoccupazione che Federico provava. Anche io ero una sorella maggiore e avrei ucciso senza pensarci due volte per difendere Yelena. Potevo comprendere fin nel profondo il cuore dell’uomo che mi trovavo d’innanzi.
    “Ezio e Altair sono stati trasferiti al Livello 2” dissi con apparente non curanza, ma con un macigno sul petto. Sapevo cosa comportava quella circostanza…
    “Cosa gli faranno?” Questa volta parlò in un soffio, come se il terrore gli avesse mozzato le parole in gola.
    ”Mi dispiace… ma non lo so” e poi mormorando tra me e me: ”Ci sono fin troppe cose che non conosco” Subito dopo mi pentii di aver dato voce a quella che lui avrebbe potuto considerare come una debolezza da parte mia. Sperai che non mi avesse udito, preso com’era dai suoi pensieri nefasti.
    I suoi occhi neri divennero dei pozzi profondi.
    "Era una trappola fin dall'inizio. Ci avete mandato là come carne da macello. Sappiamo che mai nessuno è tornato dal Livello 2 per raccontare cosa facciano esattamente. Con questa stronzata del demone ci avete incastrato. Ma cosa vi abbiamo fatto di tanto grave per ricevere un simile trattamento?! Abbiamo tentato di trovare un accordo stando al vostro gioco e qual era il vostro obiettivo fin dall'inizio?! Toglierci di mezzo per continuare imperterriti i vostri piani! Mi fate vomitare..." disse con un ringhio. Temevo stesse per esplodere.
    Il suo disgusto mi arrivò come una pugnalata in pieno petto... Non aveva torto, Liam aveva architettato tutto utilizzando una mia imbeccata sulla presenza di un fantomatico demone al Livello 2, mi aveva mentito spudoratamente ed io, come una stupida, non mi ero accorta di nulla. Ma Federico non mi avrebbe mai presa sul serio.
    "Non penso che mi crederai, ma io ho il dovere di dirtelo... Non ne sapevo niente! Vi ho portati da lui convinta che eravamo tutti pronti a trovare un punto di incontro per poter finalmente collaborare. Ci ho creduto sul serio..." dissi sconsolata. Non volevo giustificarmi ai suoi occhi, ma Liam questa volta aveva superato ogni limite e io non ero disposta ad assumermi le sue responsabilità come avevo altre volte fatto in passato.
    “Non farmi ridere! Non ti crederei neppure sotto tortura! Siete fatti tutti della stessa pasta!" mi schernì con una risatina isterica che coinvolgeva solo gli angoli della bocca ma non gli occhi.
    "Esatto... proprio come mi aspettavo. Non ho nessuna intenzione di rimanere qui a farmi insultare da te. Anzi non so nemmeno perché sono venuta in tutti questi giorni... Meglio che me ne vada!" risposi stizzita alzandomi dalla sedia. Avrei voluto urlargli contro che non ero affatto come Liam, come colui che negli ultimi tempi non riconoscevo quasi più, avrei voluto gridargli in faccia quanto mi si era spezzato il cuore nel vederlo agonizzante e ricoperto di sangue nella gabbia. Ma non potevo. E non volevo! Mi era rimasto un briciolo di dignità e non l'avrei gettata tra le grinfie di una persona che mi disprezzava con tanto ardore.
    Mentre stavo finalmente per andare via e liberarmi da quella spiacevole sensazione di inadeguatezza, che non ero abituata a provare, lui mi afferrò di nuovo per il polso e con uno strattone mi costrinse ad avvicinarmi a lui. Le mie mani sul suo torace, i nostri nasi quasi si sfioravano e i nostri respiri affannati si fondevano. Poi... una voce proprio dietro la porta della degenza, qualcuno stava per entrare...
     
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