Present Day #2020: Abstergo

Season 5

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  1. SliteMoon
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    Voglio essere una macchia colorata in mezzo al grigiume della realtà

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    Apro gli occhi di scatto e la luce solare che filtra attraverso i tetti rossi mi abbaglia. Sono in piedi, immobile, in mezzo alla fiumana di gente che scorre per la strada lastricata in pietra. Non mi chiedo nemmeno dove sono, perché so esattamente dove mi trovo. Un luogo talmente familiare da farmi male. Il vociare dei bottegai e delle persone che mi camminano accanto mi inondano le orecchie.
    Come sono finito qui?
    La gente mi spinge, sembra quasi che mi trascinino nella corrente. Quindi cammino, li seguo, capendo fin troppo presto dove stiamo andando. Passo dopo passo faccio sempre più fatica a respirare, come se stessi affogando nel fiume di persone.
    Passo davanti a quello che un tempo era il mercato nuovo per poi girare a sinistra, dove si staglia davanti a me Piazza della Signoria, con al centro quel maledetto patibolo, ma questa volta è diverso.
    Con il cappio al collo non ci sono mio padre e Petruccio, bensì Ezio ed Altair, mentre al posto di Alberti c’è O’Brian che ghigna sadico mentre da l’ordine di uccidere i miei compagni.
    Scatto in preda all’ira e gli salto addosso pugnalandolo più e più volte, non fermandomi più.


    Mi svegliai terrorizzato, con il respiro affannato. Mi guardai attorno.
    La strada in pietra, i tetti rossi, il vociare della folla, tutto era scomparso.
    Ero sul mio letto in infermeria, l’infermiera che accorreva preoccupata. A quanto pare nel sonno avevo un po’ alzato la voce e mi ero leggermente dimenato… avevo urtato ripetutamente qualche macchinario ed ero riuscito inconsciamente a staccarmi qualche elettrodo.
    Mi riadagiai sul cuscino. Per fortuna era solo un incubo… no, era semplicemente la realtà. Quel terrore lo provavo costantemente. Non sapevo se effettivamente Ezio ed Altair fossero ancora vivi. L’unica cosa che potevo fare era aggrapparmi come un disperato alla speranza.
    Peccato però che ero anche un tipo abbastanza pratico, ergo, non riuscivo a starmene con le mani in mano. Ma che cacchio potevo fare costretto a letto?
    “Auditore, buone notizie. Oggi ti dimettiamo.” mi disse uno degli infermieri.
    “Finalmente! Grazie di tutto, mi mancherete!” esclamai, facendo l’occhiolino verso le colleghe del burbero che mi aveva appena dato la bella notizia. Le sentii schiamazzare. Mi adoravano.
    Il burbero non tanto, infatti lanciò loro un occhiataccia.
    “A noi no ed ora stai zitto! Ti preferivo quando eri privo di sensi.”
    Vi ricordate la famosa scopa in culo di Altair? Ecco, il mio caro amico non se la meritava per niente, al contrario di questo rompicoglioni qui.
    Devo ricordarmi di chiedergli scusa per quello.
    Speravo davvero di riuscire a dirglielo.


    Libertà!
    Ironico pensarlo in una prigione, non trovate? Però finalmente non ero più costretto su un maledetto letto tutto il giorno, quindi già questo mi bastava.
    Ora mi trovavo con gli altri miei compagni in giardino a parlare. Avevo raccontato per filo e per segno quello che era successo in quel maledetto fight club, loro mi avevano messo al corrente dell’attuale situazione e del piano delle Guerriere e tutti insieme ragionammo sul Livello 2, su come tirare fuori Altair ed Ezio, sperando di trovarli ancora vivi. Purtroppo era più probabile non vederli più. Il solo pensiero mi uccideva.
    C’era però un piccolo problema: non avevamo alcuna informazione su quel maledetto posto, di conseguenza ognuno di noi aveva un’idea diversa su come procedere.
    Jacob ed Edward erano furiosi e volevano buttarsi all'arrembaggio -a volte mi sorprendo di quanto il mio umorismo possa essere veramente puerile-; Bayek, Connor ed Evie volevano prima avere un piano ben congegnato da seguire; Arno era chiuso nel suo isolamento, ma riuscì comunque a concordare con Ed e Jake.
    Ed io? Io la pensavo nel mezzo. Avevo decisamente l’urgenza di tirarli fuori da lì, ma sapevo che se fossimo andati alla carica senza una strategia non avremmo concluso nulla.
    Ecco perché nel mentre di tutto ciò, mentre Evie dava della testa vuota ed impulsiva a suo fratello -lui a sua volta le dava della secchiona-, mentre Edward sbraitava un po’ a tutti -contro Connor e Bayek, contro Arno dicendogli di darsi una mossa-, io fissavo Yulia.
    Era dalla sera in cui mi ero risvegliato, per poi svenirle esausto fra le braccia, che non le parlavo.
    Non era più tornata a farmi visita e da quando ero uscito dall’infermeria stamattina non faceva altro che evitarmi. Le dovevo parlare al più presto, e qualcosa mi diceva che anche lei doveva farmi qualche domanda. Era fin troppo palese che la conversazione con Bayek le aveva dato da pensare.
    Era insieme ai suoi amichetti del cazzo e sua sorella, ma c’era qualcosa di strano.
    Prima del massacro, ogni volta che mi era stato possibile avevo osservato i Grigiastri con molto interesse, tentando di capire le dinamiche all’interno del gruppo e la indole di ogni componente.
    Potevo quindi affermare con abbastanza sicurezza che Yulia si stava comportando in maniera strana con tutti ma soprattutto con O’Brian. Era decisamente diffidente, sembrava quasi essersi allontanata dagli altri, come se ci fosse qualcosa di impercettibile a dividerla dal resto del gruppo. E sua sorella sembrava essersene accorta. Come non avrebbe potuto? Anche non sapendo il motivo, si nota sempre se c’è qualcosa che non va nel proprio fratello.
    La vidi allontanarsi. Era il mio momento.
    Mi allontanai a mia volta con la scusa di andare in palestra per rimettermi in forma. Non era del tutto una scusa, perché comunque a breve sarei andato davvero ad allenarmi, avevo i muscoli completamente intorpiditi, sentivo il mio corpo debole a causa del lungo periodo costretto a letto. Nemmeno un minimo di riabilitazione fisica ‘sti stronzi!
    La mia priorità però al momento era parlare con Yulia.
    Si diresse nello spogliatoio femminile annesso alle docce.
    Per qualche minuto rimasi ad aspettare in quello maschile, per non dare nell’occhio nel caso fosse passato qualcuno, per poi sgattaiolare in quello adiacente.
    Lo scroscio dell’acqua mi inondava le orecchie. Ma quanto ci metteva per farsi una doccia?!
    Dovevo parlarle il prima possibile, ecco perché decisi di avvicinarmi a lei, ancora nuda sotto l’acqua… ma chi volevo prendere in giro? Cinque minuti in più o in meno non avrebbero fatto la differenza per una conversazione, però ero pur sempre io e di certo non ero un santo immune al fascino femminile. Non che spiassi di continuo ragazze eh, precisiamo, non ero un pervertito del cazzo, ma con le donne per cui provavo un forte interesse facevo sempre cazzate… da quando Yulia rientrava fra queste?!
    Scacciai quel pensiero con forza, presi un asciugamano e mi avvicinai silenzioso come un gatto a lei, non riuscendo proprio ad ignorare la bellezza e la sensualità che la pervadeva da capo a piedi.
    Rapido le poggiai sulle spalle il telo per poi immobilizzarla e zittirla contro il muro della doccia.
    Biascicò il mio nome contro il palmo della mia mano. Non riuscii a fermare il sorriso che mi affiorò sulle labbra. Mi aveva riconosciuto.
    “Abbiamo lasciato qualcosa in sospeso, io e te, biondina!” dissi con tono ironico e quasi canzonatorio, come fa il lupo cattivo quando si rivolge a Cappuccetto Rosso, mentre la lasciavo libera dalla mia morsa, rimanendole però addosso. Sapevo che non avrebbe urlato, non voleva di certo che qualcuno ci vedesse così, fraintendendo sicuramente.
    "Che diavolo ti è saltato in mente? E che stai facendo lì dietro appiccicato come una sanguisuga?" sussurrò rabbiosa.
    In effetti non era il massimo parlare ai suoi capelli, quindi, tenendo fermo l’asciugamano davanti a lei per coprirla, la feci girare piano verso di me.
    Incontrai subito i suoi occhi azzurri, non glaciali come al solito, che, incorniciati dai capelli biondi e la pelle diafana, sembravano contenere il mare in tempesta. Quest’immagine combinata con quella del suo corpo flessuoso di poco fa poteva mandare ai pazzi chiunque, ovviamente me compreso.
    "Avevo una certa fretta di incontrarti. Mi hanno dimesso stamattina e beh, sai, non potevo aspettare. Non sei più venuta a trovarmi…" le dissi fingendo una faccia da cucciolo bastonato per poi avvicinarmi al suo viso, poi al collo, con il preciso intento di infastidirla, o meglio, sperare in altre reazioni da parte sua. Quasi mi persi del suo profumo delicato ma allo stesso tempo leggermente speziato.
    "Non mi è sembrato che gradissi le mie visite! Adesso potrei asciugarmi e rivestirmi? Sto congelando..."
    "Certo... anche se è proprio un peccato. Sei uno spettacolo niente male" le sorrisi quasi naso contro naso prima di allontanarmi per prendere un secondo asciugamano. "Vieni qui... Non voglio che ti prendi un malanno per colpa mia. Io ce l'ho una coscienza... Al contrario di qualcuno che conosco!" le dissi marcando l’ultima frase ed iniziai a tamponarle i capelli.
    O almeno ci provai, perché lei mi spinse via rovinandomi però addosso per via del pavimento scivoloso.
    Tentai di sostenerla come potevo per non farla finire a terra, però farlo senza poterla toccare era un po’ complicato. Ma la cosa più complicata era proprio non toccarla o guardarla, perché per colpa dello scivolone l’asciugamano che la copriva era caduto, lasciandola nuda contro di me.
    Anche se non avrei voluto vedere niente -so cosa state pensando, una morale ce l’ho anch’io eh!-, purtroppo, o per fortuna, non ero cieco.
    Era magnifica. Mi sembrava di avere davanti la Venere dipinta da Botticelli, con la sola differenza che era vera, viva, ed attualmente fra le mie braccia.
    "Eh no biondina. Allora è un vizio... Non sono mica fatto di pietra... e non aspiro neppure alla santità. Tutt'altro!" le dissi ridendo di gusto per la situazione bizzarra ed inverosimile. Dovevo ammettere che in secoli di vita non mi ero mai ritrovato in una situazione del genere.
    Rapidissima si staccò da me, prese l’asciugamano e corse nello spogliatoio.


    Le lasciai tutto il tempo per sistemarsi ed io nel mentre facevo mente locale su quello che le dovevo dire, ma soprattutto su quello che era appena successo.
    Quando ormai era passato abbastanza tempo andai nello spogliatoio e mi appoggiai agli armadietti guardandola fissa negli occhi, incalzandola per iniziare la conversazione.
    "Va bene, adesso parliamo. Chi sarebbero queste fantomatiche 'ragazze' che devono venire a salvarvi?"
    Oh oh, domanda interessante. Una parte di me non sapeva esattamente cosa risponderle riguardo al salvataggio, però sapevo esattamente cosa dirle riguardo alle ragazze. Prima però dovevo togliermi un dubbio che mi attanagliava da troppi giorni, anche se ero abbastanza sicuro della risposta considerando il suo comportamento con il resto del suo gruppetto.
    "Hai spifferato tutto ai tuoi amichetti?"
    "Non arrivare a conclusioni affrettare, caro mio. La verità è che non ci ho capito proprio nulla. Quindi cosa avrei dovuto riportare, sentiamo... e poi non rispondere a una domanda con un'altra. Lo odio!"
    Dovevo ammetterlo: mi divertivo come un matto a stuzzicarla così, e con la mia prossima frase l’avrei fatto ancora di più.
    "Che cosa vuoi sapere? Chi sono queste ragazze... che te ne importa? Sei forse gelosa?" le dissi regalandole un sorriso malizioso.
    La vidi irrigidirsi. Avevo fatto centro.
    “Assolutamente no! Io gelosa? Ma fammi il piacere! Era semplice curiosità, per capire chi sarebbe venuto a salvarvi.” sembrava convincente… appunto, sembrava.
    Non riuscii a trattenere un ghigno divertito.
    “Sono le dolci metà di alcuni miei compagni che hanno un piano per tirarci fuori di qui, quindi puoi stare tranquilla, nessuna mi ha ancora accalappiato.” le dissi facendole l’occhiolino ed in risposta lei sbuffò.
    “Bene, abbiamo finito? Allora a mai più!” mi disse mentre tentò rapidamente di andarsene.
    Peccato che io glielo impedii, afferrandola per il polso e bloccandola tra la fila di armadietti e me.
    “No no biondina, non ci siamo capiti. Per tua sfortuna non sono più né mezzo morto, né ancorato ad un letto. Ora non mi puoi sfuggire.”
    “Cosa vuoi ancora?” mi chiese spazientita.
    “Cosa c’è al Livello 2?”
    “Ancora?! Tutte quei colpi devono averti reso sordo. Ti ho già detto che non lo so!”
    “Tu no, ma il tuo amichetto O’Brian lo sa, altrimenti non ci avrebbe mandato Ezio ed Altair.”
    “E quindi? Vuoi che lo scopra?” mi sfidò.
    “Bingo. Tu mi hai detto più volte che non sapevi assolutamente niente di quello che è effettivamente successo al fight club. Sei palesemente contraria a quel che è accaduto ed il senso di colpa ti sta attanagliando. Quindi perché non aiutarmi?”
    “Tradendo i miei compagni?” mi chiese indignata.
    “Non ti dico di tradirli… come ha fatto O’Brian” marcai particolarmente l’ultima parte della frase “Ti chiedo solo di aiutarmi. Io… devo sapere come stanno, cosa li stanno facendo, se sono ancora vivi… devo liberarli, non posso lasciarli laggiù. Non posso lasciare laggiù mio fratello sapendo che lui è finito in quel posto del cazzo solo perché mi ha difeso.” esclamai concitato mentre mi allontanavo da lei per sedermi sulla panchina di fronte agli armadietti a cui lei era ancora appoggiata.
    Le guardie che portano via mio padre e mio fratello davanti a me, i loro occhi sgranati, i visi paonazzi e le bocche spalancate alla ricerca ossigeno mentre erano appesi a quel maledetto cappio, la gente che inveiva contro di loro. Erano immagini ancora fin troppo nitide nella mia mente anche a distanza di secoli. All’epoca non riuscii a difendere nessuno come avrei voluto, questa volta non poteva ripetersi.
    La scena dell’incubo di stanotte tornò prepotente a tormentarmi. Non l’avrei mai permesso. Avrebbero prima dovuto uccidermi per farmi desistere dal trovarli e salvarli.
    Guardai intensamente Yulia negli occhi e parlai in un modo che decisamente non mi apparteneva. Ogni difesa si stava pian piano sgretolando sotto al peso del dolore e dell’incertezza.
    “Yulia, per favore, non so che altro fare.”
     
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