Present Day #2020: Abstergo

Season 5

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  1. SydneyD
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    :Yulia:

    “Assolutamente no! Io gelosa? Ma fammi il piacere! Era semplice curiosità, per capire chi sarebbe venuto a salvarvi.” dissi con voce incerta. Non avevo idea di cosa inventarmi per mascherare le mie vere sensazioni. Mi era sembrata la risposta più finta e forzata che avessi mai architettato e sapevo con matematica certezza che Federico se n’era accorto. Continuava a rimirarmi con quel suo sorrisino strafottente e nello sguardo un lampo di malizia che mi fece rabbrividire. All’improvviso, le scene di poco prima mi balenarono in mente – me nuda con lui alle spalle, me nuda con lui davanti, me nuda con lui addosso, insomma c’era un’unica costante, la mia nudità e la sua dannata vicinanza! – e rischiai di perdere il filo del discorso, arrossendo in maniera del tutto inaspettata.
    “Sono le dolci metà di alcuni miei compagni che hanno un piano per tirarci fuori di qui, quindi puoi stare tranquilla, nessuna mi ha ancora accalappiato.” Perché diavolo credevo alle sue parole? Perché mai avrei dovuto sentirmi sollevata nell’udire una simile rivelazione? “Adesso basta! Il mio cervello sta per scoppiare. Questo tizio finirà per farmi impazzire! Ne sono certa!” Dovevo assolutamente allontanarmi da lui senza “ulteriori danni”. Era convinta di aver già perso buona parte della mia credibilità e dignità d’innanzi ai suoi occhi. Non faceva altro che deridermi e trattarmi come se fossi una scolaretta in piena cotta adolescenziale! Sì, perfetto. La fuga era sempre la scelta migliore in questi casi, io ero un esperta.
    “Bene, abbiamo finito? Allora a mai più!” Stavo per effettuare la mia uscita di scena ad effetto quando mi sentii afferrare per un polso, il suo corpo divenne la mia prigione e mi bloccò contro gli armadietti: la mia ritirata fallì miseramente. “Maledetto Auditore!” pensai esasperata. Non ne aveva ancora abbastanza? Quanto ancora voleva torturarmi?
    “No no biondina, non ci siamo capiti. Per tua sfortuna non sono più né mezzo morto, né ancorato ad un letto. Ora non mi puoi sfuggire.”
    “Cosa vuoi ancora?” gli chiesi ormai esasperata. Volevo andare via da lì. Avevo bisogno di riflettere su ciò che mi aveva detto di “quelle ragazze”, su quello che provavo. Sentivo in arrivo un attacco di panico e non era affatto consueto per me.
    “Cosa c’è al Livello 2?” La sua domanda mi arrivò come una pugnalata in pieno petto, lì a ricordarmi quanto ero stata ferita e messa da parte. “Ti odio, Federico… ti odio Liam!”
    “Ancora?! Tutti quei colpi devono averti reso sordo. Ti ho già detto che non lo so!” risposi con tono concitato ma rassegnato al tempo stesso. Quante volte avrei dovuto ripeterlo, affinché mi credesse? Cominciavo a perdere le speranze, quando all’improvviso, pensai ad un’altra possibilità. Gli Originali volevano qualcosa da me e Federico era lì “in rappresentanza” per chiedermela. Cominciai a tremare… non sapevo se per la rabbia o per la delusione.

    “Tu no, ma il tuo amichetto O’Brian lo sa, altrimenti non ci avrebbe mandato Ezio ed Altair.” Ecco che il quadro prendeva forma.
    “E quindi? Vuoi che lo scopra?” lo incalzai con tono di sfida, guardandolo con due occhi che avrebbero potuto incenerirlo.
    “Bingo. Tu mi hai detto più volte che non sapevi assolutamente niente di quello che è effettivamente successo al fight club. Sei palesemente contraria a quel che è accaduto ed il senso di colpa ti sta attanagliando. Quindi perché non aiutarmi?” Stava usando i miei sentimenti, li stava manipolando per convincermi a fare quello che volevano. Il mio dannato senso di colpa raschiava ancora la mia coscienza e lui se n’era accorto. Non aveva perso tempo per rivoltarmelo contro.
    “Tradendo i miei compagni?” Ero livida di collera e mi sentii male, male nell’anima, perché sebbene mi sentissi ferita, sapevo che lui aveva ragione, sapevo che ero alleata di una persona che pensavo di conoscere, ma che invece, in un momento cruciale mi aveva mentito e usato… anche lui. Ma per chi mi avevano presa tutti? Per l’oggetto utile di turno da maneggiare a piacimento e all’occorrenza. Stavo per ribattere, lanciandogli contro tutto l’odio e il risentimento che avevo accumulato negli ultimi giorni quando lui proseguì.
    “Non ti dico di tradirli… come ha fatto O’Brian… Ti chiedo solo di aiutarmi. Io… devo sapere come stanno, cosa gli stanno facendo, se sono ancora vivi… devo liberarli, non posso lasciarli laggiù. Non posso lasciare laggiù mio fratello sapendo che lui è finito in quel posto del cazzo solo perché mi ha difeso.”
    Le sue parole mi lasciarono di stucco. Pensavo che mi avrebbe rinfacciato tutte le malefatte di Liam, la mia complicità e la loro pretesa di un qualche nostro intervento per far uscire Ezio e Altair dal livello 2. Non sarebbe stato inverosimile pensare di poterlo fare. Se Liam ce li aveva mandati, allora avrebbe potuto salvarli. Aveva senso… Invece ero lì davanti a lui, mentre si allontanava e si metteva seduto su una panca poco distante, creando un vuoto che mi parve gelido come una notte d’inverno… ero rimasta con la bocca semiaperta per lo stupore, quando arrivò il colpo di grazia.
    “Yulia, per favore, non so che altro fare.”
    Tutto il suo dolore, tutta la sua preoccupazione si riversò sul mio corpo al pari di una cascata gelida. Rabbrividii… Mi ero preparata a partire sul piede di guerra per difendere la mia dignità di “Grigia”, ma mi ero scontrata contro un muro di disperazione. Mi immedesimai nel suo essere fratello maggiore, nel suo essere parte di un gruppo, di una Confraternita e non potei che toccare con mano ogni sua singola emozione. Era come se fossi dentro di lui e percepissi tutti i suoi pensieri più strazianti.
    Aveva ceduto… il forte, burbero e ironico Federico Auditore aveva fatto cadere la maschera che propinava agli imbelli e si era sgretolata davanti ai suoi piedi, nel mentre, dopo avermi guardato, era tornato a tenersi la testa tra le mani. Mi sembrò di poterli contare uno ad uno i frammenti della sua “corazza” ed erano tutti lì per me, per farmi comprendere che ciò che rimiravo, era la sua vera essenza, la sua vera anima. Mi sentii sciogliere come un ghiacciolo vicino a vampe incandescenti.
    Mi avvicinai piano a lui, il mio passo era silenzioso, solo io potevo udire il battito furioso del mio cuore e l’orchestra di sfarfallii nel mio stomaco. Sfiorai con le dita la sua testa rasata e immaginai di immergerle tra i riccioli nerissimi che sapevo portasse normalmente, quando era libero, quando era fuori di qui.
    Lui si sorprese di quel contatto e alzò lo sguardo verso di me, come se preso dai suoi pensieri non mi avesse sentito arrivare. Incastonai i miei occhi nei suoi e lo rapii. Continuai ad accarezzarlo e afferrai entrambe le sue mani che ancora aveva vicine al capo, le strinsi forte… non riuscivo a parlare, avevo la gola serrata, ma al tempo stesso non riuscivo a fermarmi. Mi sedetti a cavalcioni sulle sue cosce muscolose e portai le sue braccia dietro la mia schiena e poi lo abbracciai, lo tenni così tanto stretto che mi sembrò di perdere il respiro insieme a lui. Percepii la sua iniziale incertezza, mi sfiorò appena i fianchi, salendo tra le scapole e poi serrò un cerchio indissolubile e mi incatenò a sé. Io tuffai il viso nell’incavo del suo collo e inspirai il suo profumo tanto familiare. Mi inebriai del suo essere, volevo fondermi con la sua sofferenza, fargli capire che non era solo, che potevo comprendere ogni sua stilla di dolore. All’improvviso, mi allontanò quel poco per potermi guardare negli occhi, afferrò il mio viso tra le mani e mi baciò. Senza avvisare, senza chiedere, senza remore. Aveva rubato le mie labbra ed io glie le concessi con esasperata passione. Portai, a mia volta, le mani dietro la sua nuca e lo ancorai a me. Non poteva più fuggire, qualora ne avesse avuto l’intenzione. Avevamo atteso a lungo questo momento e avevamo indugiato fin troppo, schiavi di etichette e falsi moralismi. Non pensai a nulla se non a godermi il suo calore e il contatto infuocato che mi concedeva. Mi parve un’eternità rovente e quando quasi sentii il mio petto scoppiare per l’emozione, mi staccai da lui, conscia che di lì a breve avrei perso il senno e non sarei riuscita più a ritrovare la lucidità che necessitavo per dire quello che avevo in mente.
    Avevo il fiatone e mi beai del suo sguardo di lava liquida che mi inquinava i pensieri e mi tentò ancora una volta, ma resistetti.
    “Io… posso capire come ti senti… io… lo so! Vi aiuterò. TI aiuterò a sapere qualcosa su tuo fratello e il tuo compagno.” Però non era tutto, e lui lo doveva sapere. “Ma voglio che tu sappia… che non affronterò Liam solo per la vostra causa. Lo farò anche per me. Voglio capire… Devo capire…” Non ero in grado di articolare altre sillabe, ma dentro la mia testa c’era un uragano forza 9. Avrei parlato con Liam per comprendere una volta per tutte, perché aveva agito a quel modo, in solitudine e in silenzio. Quel bacio mi aveva convinta ancora di più ad andare fino in fondo. Io e Federico stavamo diventando qualcosa, ma non volevo ombre, non volevo dubbi e la prima che avrebbe dovuto fare chiarezza ero proprio io. Lui non disse niente.
    “Ho lasciato Federico Auditore senza parole? Ma questo è un miracolo!" dissi sorridendo per stemperare quella tensione sensuale che aleggiava tra di noi. Mi fissò con intensità, ancora in silenzio. Non fece altro. E poi mi abbracciò lasciandomi senza fiato. Io avevo capito il messaggio che mi aveva lanciato o almeno ci speravo: “Tu sei mia. Ricordalo bene!”
    “Non credere di essertela cavata tanto facilmente, Auditore… Dovremo riparlare di quelle famose ‘ragazze’, tu non me la racconti giusta!” Anche lui, ora, era mio!
    Non so a cosa ci avrebbe portato tutto questo sentire, ma non me ne preoccupai… mi trovai solo a sorridere accoccolata sulla sua spalla.
    […]
    Eravamo fuori in giardino per la consueta ora d’aria. Era l’unico luogo dove avrei potuto affrontare Liam, allontanandomi dagli altri del gruppo. Sapevo perfettamente che avevano intuito che c’era aria di tempesta tra me e lui ma non avevano ancora osato chiedere. Mi aspettava a breve un assalto incrociato che partiva da Yelena e finiva con Lin, ma lo avrei affrontato a tempo debito. Adesso avevo altro a cui pensare.
    Lo vidi al limitare ad est del parco, era di spalle che guardava la distesa di alberi al di là delle mura dell’Abstergo. Lo raggiunsi in silenzio e sostai al suo fianco.
    Sentivo che c’era qualcosa che non mi aveva confessato, dovevo capire cos’era e perché mi aveva tenuta fuori da tutta questa storia. Avrei finalmente saputo che cosa ero diventata io per lui.
    “Ehi… ciao. Possiamo parlare un attimo?” gli chiesi concisa, ma la mia voce tremò un poco. Seguii il suo sguardo e vi lessi una tristezza infinita. Stavo quasi per andare via, esortata dal suo silenzio, ma rispose subito dopo.
    “Parliamo pure… è arrivato il momento!”


    Edited by SydneyD - 28/5/2020, 22:32
     
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