Mirror Dimension (Auditore's Doom)

Earth Prime

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  1. The Bla¢k Wit¢h¸
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    :Claudia:
    “Mia adorata, ti prego vieni a conoscere il nostro illustre ospite. Jordan Mahkent. L'uomo del mistero dell'Impero!”
    Ogni volta che mio marito mi presentava con la sua falsa premura io alzavo un sopracciglio, ignoravo le sue moine e molto spesso anche i suoi ospiti. Tutti lo invidiavano, per la sua giovane moglie, per la sua immensa ricchezza e per il suo status, mentre io mi crogiolavo dietro quella finta sicurezza che negli anni avevo imparato a costruire come un'armatura.
    Non era facile venir constatemene abusata, picchiata ed umiliata, ma ero diventata brava a coprire i miei lividi ed indossare i miei migliori sorrisi. Più suadenti degli eleganti e procaci abiti che indossavo.
    "Incantata. Mio marito non fa che parlare di Voi..." dissi non curante, con finto perbenismo ed interesse, mentre quell'uomo dagli occhi magnetici mi faceva un baciamano galante e sincero.
    “E come non farlo? Grazie a quest'uomo il colpo di stato della Confederazione ha avuto successo quanto la nascita dell'Impero... poco più di un estraneo in parlamento è divenuto un Senatore di peso inestimabile...”
    Lui accavallò le gambe e sereno sorrisi quasi commosso ed a disagio per così tante attenzioni e fu questo a incuriosirmi. Le fossette che si era formate, al suo sorriso, erano così familiare. Ma il terrore di aggrapparmi ad una speranza mi destabilizzò. Non potevo permettermelo non quando sapevo che le uniche persone che amavo erano morte.
    "Sono solo un uomo che ama fare ciò che crede giusto..."
    "Io credo solo che sia assai capace... ma ora parliamo d'affari. Prego spostiamoci nel mio ufficio... ah... Claudia... tu occupati della cena, stasera avremo ospiti!" mi alzai appena i due lo fecero ed assentì infastidita a quell'ordine mentre li guardavo allontanarsi. Jordan mi voltò e mi sorrise e nuovamente il mio cuore si scaldò, crederci voleva dire soffrire ed io non potevo permettermelo.
    Scossi dunque il capo, trattenni le lacrime e mettendo su la mia miglior maschera di cera mi allontanai per eseguire l'ordine che mi era stato impartito.

    Stretta in un'elegante e leggera vestaglia di raso nero, mi stavo pulendo il sangue che dal labbro rotto sgorgava in un gesto che purtroppo mi era assai familiare. Tuttavia quella notte ci fu qualcosa di diverso. Una mano mi bloccò e prendendo dalla mia il batuffolo di cotone, con delicatezza e gentilezza si occupò delle mie ferite.
    Io cercavo di trattenere le lacrime, mentre gli occhi gonfi di pianto e botte faticavano quasi a rimanere aperti. I polsi erano escoriati per via delle corde e Jordan si prendeva cura di me trattenendo l'ira.
    "Sorella mia se solo tu mi permettessi di occuparmi di lui..." mormorò fuori di sé.
    Era passato solo un mese dal nostro primo incontro e non c'era stato giorno che per un motivo o per l'altro lui mi cercasse ed io facessi lo stesso. Tanto ci avevamo messo per rivelarci e finalmente dopo anni sentirmi di nuovo viva. Felice.
    I nostri incontri erano divenuti sempre più frequenti oltre che ben nascosti, mentre io venivo a sapere della sua intera vita. Del suo cambiamento e della sua crescita. Tanto lo avevo ascoltato, felice dell'uomo forte che era diventato, quanto io non gli avevo mai rivelato nulla della mia misera esistenza. Del mio violento matrimonio.
    Ma quella notte non ce l'avevo fatta. Non ero riuscita a superare l'ennesimo abuso da sola e quando mio marito se ne era andato sbattendo la porta, ricordandomi quanto inutile fossi, io l'avevo chiamato. Ed ora me ne pentivo.
    Era livido, mentre io piangente non facevo altro che guardarlo e di disegnare i suoi tratti così differenti, ma sempre pieni d'amore e speranza.
    "Ti ho appena ritrovato, non voglio perderti... Non preoccuparti per me..." gli dissi quasi con fare materno. Un sorriso sincero, seppur sofferente, mentre i suoi tocchi leggeri e gentili mi parevano la migliore della medicine.
    "Sai benissimo che posso difendermi..."
    "Ma il tuo piano ne risentirebbe... Non temere, sono sopravvissuta per anni, ce la posso fare..." lo tranquillizzai.
    Tutto mi aveva raccontato, di come si sarebbe conquistato la fiducia della Confederazione, come si sarebbe appropriato poco per volta del loro potere, come si sarebbe liberato di loro e di come poi avrebbe creato la sua Società Segreta, una che si ispirava ad un'antico Ordine estinto da secoli... di come avrebbe distrutto l'Impero e portato la pace, la serenità e giustizia per tutti. Quello valeva più della mia singola vita.
    Lui mi guardò contrito, sapeva che non poteva contraddirmi. Sapeva che avevo ragione e così, molto semplicemente si alzò ed avvicinandosi alla giacca che in fretta e furia aveva gettato sul mio letto e dalla tasca ne tirò fuori un cristallo kyber che poco dopo porse nelle mie mani.
    "Ti ho spiegato ogni cosa delle Terrigenesi. In te scorre sangue Ibrido... quando ti sentirai pronta... usalo... salva te stessa"
    Abbassando lo sguardo sul cristallo lo guardai con una nota di timore. Sapevo cosa l'aveva salvato, cosa l'aveva reso diverso e seppur non lo giudicavo. Seppur ai miei occhi era sempre il mio amato Petruccio, non credevo sarei stata forte abbastanza per tutto quello. Avevo combattuto così tanti anni contro quella prigionia e quell'orrore che la mia mente ormai si era arresa all'idea che non esisteva vita diversa da me se non quella.

    Vivere con quell'uomo, fin dalla mia giovanissima età, era stato sinonimo di soprusi ed abusi. Poco importava il mio carattere fermo e deciso, potevo rispondergli ed affrontarlo come ero solita fare, ma quando poi si trattava di combattere fisicamente contro di lui non riuscivo mai ad avere la meglio. Dunque quando quella notte per l'ennesima volta venni picchiata, per l'ennesima volta vidi il mio viso tumefatto ed il mio fisico livido, decisi che ero stanca.
    La tappezzeria bordeaux del salottino rendeva l'atmosfera ancora più cupa, con il capo schiacciato contro il tappetto del salotto, cercavo di riprendere aria seppur le costole incrinate me lo impedivano. Il caminetto scoppiettava ed il mio tentativo disperato di arrivare all'attizzatoio per usarlo come arma di difesa pareva vano. Mi trascinavo sul pavimento disperata, ma la presa sui capelli del mio "amato" marito me lo impedì. Li strinse forte tirandomi il capo all'indietro.
    "Sei solo una lurida puttana, mi hai capito? Ma ora ti faccio vedere io quali sono i tuoi doveri di moglie!" mi sputò addosso, prima di lasciarmi andare. Lo percepì fare qualche passo indietro e probabilmente armeggiare con la cintura, mentre io mi frugai nel reggiseno e ne tirai fuori il cristallo kyber, lo tenevo sempre vicino da quando mio fratello me lo avevo dato e senza pensarci troppo lo buttai nel caminetto. Fissai le fiamme nella disperata speranza che qualcosa accadde. Continuai a trascinarmi verso le fiamme, non importandomi quanto pericoloso fosse, e fu quando percepì che le stesse mi stavano avvolgendo che una scarica di energia mi fece sentire diversa.
    L'addome non mi faceva più male, come il viso e mi sentivo forte. Tanto che quando mi tirai indietro ed incontrai lo specchio al di sopra del cammino sorrisi stupita dal mio viso perfettamente sano. Alla mia pelle diafana perfettamente liscia, così come percepì chiaramente il mio amato marito alle mie spalle terrorizzato. Vidi il suo sguardo e voltandomi lo affrontai.
    "C-Cosa... C-Cosa... Strega!" mi urlò contro, ma io non risposi. Immobile lo guardai inflessibile, mentre percepì lentamente le fiamme del caminetto iniziare ad avvolgermi. Non bruciavano, anzi pareva quasi mi facessero il solletico. Osservai come si avvilupparono alle mie braccia, quasi come eleganti bracciali e poi alzando lo sguardo lo puntai su mio marito. Gli occhi erano scintille infuocate, che esplosero in un incendio quando alzando le mani feci sì che il fuoco si scagliasse contro l'uomo di fronte a me.
    Quello urlò disperato, mentre io chiudevo gli occhi libandomi del suo dolore.
    "Le tue urla sono un suono delizioso... ricordi? Me lo dissi durante la nostra prima notte di nozze, quando mi strappasti la mia innocenza!" nell'ultima parte della frase la mia voce si era fatta più dura e malevola. Mentre lui piagnucolava, lui mi supplicava di smetterla.
    "Finalmente sai come ci si sente... supplicare sapendo che non servirà a nulla... è interessante come il fuoco ti stia uccidendo lentamente... sai che non hai scampo, ma al contempo sai che ogni tuo tentativo di ribellarti sarà inutile... ho vissuto così ogni singolo giorno della mia vita... avvolta da fiamme che non potevo fermare... percependo il dolore e non potendo far nulla per impedirlo..." gli urlai addosso frustrata e non smettendo di avvolgerlo con il mio fuoco, almeno fin quando non divenne un tizzone irriconoscibile. Un carbone di nulla.
    Richiamai a me le fiamme che assorbì e oltrepassandolo con non calanche, sollevandomi l'elegante vestito, raggiunsi il corridoio e poi la porta. Ma prima di uscire, feci un passo indietro e tornai a guardarmi allo specchio. Notai che i capelli erano perfetti ed anche il trucco e per questo mi passai una mano sulla bocca per sbavare il rossetto e lo stesso feci agli occhi. Sciolsi l'acconciatura ed arruffai i capelli.
    "Perfetta!" mormorai con un sorriso e poi alzando le mani lasciai che il fuoco iniziasse ad ardere il legno della casa. Uscì dalla stessa e la osservai finalmente distruggersi, finalmente bruciare come avevo solo osato sognare.

    Il funerale era stato maestoso. Tutti si erano preoccupati di farmi le loro condoglianze, mentre io da perfetta vedova avevo recitato la parte in modo così convincente che tutti non facevano altro che dispiacersi per me, ma al contempo rimanere impressionati dalla mia forza d'animo. Dopo la morte di mio marito avevo accettato, con riserbo, il suo ruolo. Avrei guidato io il Clan Bancario e lo avrei fatto cercando di non venir meno a tutto ciò che grandiosamente mio marito aveva creato. L'Impero stesso mi fornì tutto il suo appoggio, il mio caro padre che adesso mi teneva in considerazione come mai prima.
    "Mi hai commosso, lo ammetto oggi alla giunta per un attimo ho creduto che stavi dicendo sul serio!"
    Jordan alle mie spalle era seduto sull'elegante poltrona del nostro salotto. Dopo la mia devastante vedovanza avevano comprato una casa per noi e lì vivevamo ben lontani da sguardi indiscreti. Lo avevo presentato per l'uomo che era, per l'immagine che si era creata e come colui che mi aveva salvato dall'incendio causato dai ribelli e da cui ero sopravvissuta per puro caso. In realtà io avevo chiamato Jordan poco dopo il mio atto e lui fiero mi aveva aiutato per creare una storia convincente. Così tanto che la compassione per ciò che mi era successo ed il suo atto eroico avevano convinto l'Impero a lasciarmi la guida del Clan Bancario ed anzi insistendo affinché lui mi aiutasse in tale difficile guida.
    Eravamo di ritorno proprio da tale incontro e niente poteva andar meglio di così. Per questo sorrisi radiosa attraverso lo specchio guardando mio fratello e poco dopo voltandomi per guardarlo direttamente in volto.
    "Cosa posso farci sono un'attrice nata!" ironizzai raggiungendolo e dopo essermi tolta gli eleganti guanti di seta, prendere la coppa di vino che lui mi offrì.
    "Io dico di brindare al nostro primo passo verso il cambiamento... Oggi il Clan Bancario e domani il resto delle gilde dei Separatisti! Conquisteremo i cuori dei loro leader, li faremo unire alle nostra causa e finalmente cacceremo l'Impero. Un Nuovo Ordine di pace e prosperità nascerà e tu... mio amato fratello nei sarai il fautore!" dissi fiera con il calice alto, lui sorrisi emozionata e commosso, ma poi dolcemente aggiunse "E a noi sorella mia, affinché più niente e nessuno possa dividerci!"


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 7/8/2020, 13:09
     
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