Mirror Dimension (Auditore's Doom)

Earth Prime

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  1. Tharia
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    Annarita
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    Le note mi avvolgevano lente e armoniose. Mi sussurravano parole di conforto, di successo, di traguardi. Il mio cuore batteva forte mentre le dita sfioravano i tasti e davano vita a una melodia coinvolgente. Non sapevo se fosse merito della terrigenesi, ma suonavo da pochi anni eppure sembrava che lo facessi da quando ero venuto al mondo. Era sempre stato uno dei miei sogni proibiti, uno di quei desideri che era meglio tenere sepolti se si voleva sopravvivere, un’inclinazione che non avevo mai avuto la possibilità di sviluppare. Fino a quando, un giorno, ero tornato a vivere… lontano da ogni coercizione. Erano trascorsi davvero pochi anni, eppure a me sembravano molti di più. Forse perché ero riuscito a compiere imprese epiche? Perché ero riuscito a ritrovare mia sorella? Perché finalmente potevamo condurre un’esistenza libera secondo la nostra volontà?
    La musica si fece più intensa, le mani si muovevano più veloci, anche i battiti accelerarono… mi capitava spesso quando mi lasciavo travolgere dai ricordi, ma questa volta non lasciai che l’epilogo fosse il medesimo delle altre: mi costrinsi a rallentare di nuovo, ad assaporare la rotondità di note piene e calde, allontanando le spigolosità e il dolore: era tutto passato ormai.
    Ero talmente concentrato in questo tripudio di emozioni che non mi accorsi subito del sopraggiungere di Claudia, come spesso accadeva, rimase ad ascoltarmi in silenzio e solo quando il mio sguardo si posò su di lei, mi decisi a ritornare alla realtà, la nostra realtà.
    “Sai, in fondo non mi dispiace che il mostro sia ancora vivo, potrò ucciderlo con più gusto solo per non averti permesso di suonare fin dalla tua giovane età. Hai un dono senza pari…” La sua voce ammirata, ma anche addolorata, mi mise in imbarazzo come spesso accadeva. Con mia sorella potevo tornare a essere il Petruccio che amava, senza bisogno di recite o maschere. Non sapevo come reagire ai complimenti, ma se davanti al mondo ero il generoso, il grandioso, il benefattore, colui che avrebbe cambiato il mondo grazie al suo ingegno, con Claudia restavo sempre… me stesso.
    “Lo sai, ho sempre voluto imparare a suonare il pianoforte, ma secondo me la terrigenesi ci ha messo del suo…”
    “Mi hai sempre detto che la terrigenesi sfrutta un principio importante: si àncora a qualcosa che c’è dentro colui su cui va ad agire; un lato del carattere, un talento, un dono, una capacità nascosta. Poi, li amplifica, li muta per renderli più utili, potenti, magnifici. Ma se dentro di noi non ci fosse stato nulla su cui attecchire, non credo che saremmo qui… Altaïr ti ricorderebbe le stesse cose!” Eccola la mia Claudia, continuava a rimproverarmi per quel minuscolo residuo di insicurezza che mi portavo dietro da un’infanzia “difficile”, ma con lei non sapevo mentire. Ero felice di averla al mio fianco, anche se non ci avrebbe mai creduto, era il mio appiglio nella tempesta. Nei momenti di dubbio mi appoggiavo al suo pensiero, all’idea di rivalsa che avevo sviluppato per vederla finalmente realizzata. Non credevo nel sentimento della vendetta, ma l’avrei consumata con estrema delizia solo per ripulire la mente di Claudia dai molteplici ricordi dolorosi che continuavano ad affliggerla.
    Mi abbracciò da dietro la schiena, mentre mi accingevo a ricoprire i tasti e ad alzarmi per offrirle un drink.
    “E’ tua, vero? La melodia intendo…” Annuii con semplicità e lasciai che mi stringesse forte, prima di rimettermi in piedi e guidarla verso il divano di velluto bordeaux e oro. Le passai un bicchiere di cristallo con dentro un ottimo liquore alla ciliegia, quello che preferiva.
    Continuai a crogiolarmi nella dimensione di serenità che mi avvolgeva ogni volta che suonavo e che avevo mia sorella accanto. Anche se, ero conscio, che avremmo dovuto parlare di lavoro… era venuta anche per questo. Sospirai, versandomi due dita di whiskey e raggiungendola sul sofà.
    “Ti vedo soddisfatta. Immagino che l’incontro con l’ultima gilda separatista sia andato a buon fine” chiesi, tornando a essere il Jordan Mahkent compito e pragmatico di cui tutti avevano bisogno, compresa Claudia.
    “Esatto! Ormai sono rimasti davvero in pochi fedelissimi all’Impero. Il malcontento dilaga tra tutti quelli che hanno ricevuto promesse mai esaudite, coloro che hanno deciso di seguirci ricoprono i posti più importanti nel potere politico, economico e sociale. Ormai possiamo dirlo ad alta voce senza timore che svanisca…”
    “Il nuovo Ordine è ormai nato e presto sarà così radicato che potremo finalmente rieleggere un Senato e distruggere l’Impero. Voglio vedere Giovanni Auditore e il suo tirapiedi in ginocchio…” L’ultima frase la mormorai soltanto, ma vidi Claudia scuotere il capo e sorridere. Le avevo letto nel pensiero, ancora.
    “Smettila di sghignazzare, solo che lo vuoi anche tu. E poi… non ti sembra un po’ troppo acceso quel rossetto? Chi dovevi ammaliare questa volta? Mister Manson non è poi così attraente, o sbaglio?” la stuzzicai, un po’ per cambiare discorso e risollevare il mio umore che tendeva a incupirsi, un po’ per toccare un argomento che mi stava particolarmente a cuore.
    “Decisamente no, Mister Manson, con il suo doppiomento e il ventre simile a una mongolfiera, è l’essere più lontano dalla definizione di ‘attraente’. Tuttavia, come ogni laido che si rispetti va matto per le giovani donne con un certo sex appeal… Diciamo solo che mi sono divertita un po’ a farlo impazzire e così ho ottenuto il suo consenso con più celerità del previsto!” Mi fece l’occhiolino, rivolgendomi uno sguardo provocatorio. Io sbuffai. Sapeva bene che questo suo atteggiamento non mi andava a genio, ma non perdeva occasione per buttarcisi a capofitto.
    “Claudia, le argomentazioni che portiamo sul piatto sono molto più che sufficienti per convincere questa gente a passare dalla nostra parte. La tua bocca dipinta di rosso e quella scollatura sono un di più inutile… A parte che riusciresti a confondere le idee di un uomo anche in vestaglia e appena sveglia… perché ti ostini a fare questi giochetti?” La mia non era un’arringa di rimprovero, né la mia voce portava biasimo. Al contrario, Claudia sapeva bene quanto la rispettassi e desideravo che lo stesso rispetto lo rivolgesse a se stessa.
    “Fratellino, sono sempre stata trattata come un oggetto. Prima di scambio, poi di piacere, adesso però che sono tornata padrona della mia mente e soprattutto del mio corpo, ho deciso che li utilizzerò a mio piacimento… anche giocando se mi va…” Mi sorrise ancora. Era così tra noi, riuscivamo a parlare di tutto, anche se i punti di vista non sempre coincidevano.
    “Come vuoi! Però, vedi di non soffrire ancora, altrimenti ti rinchiudo in un sotterraneo e butto via la chiave…” Provai a imitare uno sguardo minaccioso, alzando un sopracciglio e buttando fuori un tono che doveva essere intimidatorio. Claudia gettò indietro la testa e si aprì in una risata cristallina, una di quelle che adoravo e mi ripagavano di tutto il tempo perso.
    “Non riusciresti a convincermi nemmeno se ti vedessi con delle catene in mano…” prese in giro il mio tentativo di minaccia e mi trascinò con la sua ilarità. Dopo qualche attimo di sghignazzi, ci asciugammo gli occhi lucidi e ci fissammo con un’intensità senza fine. Fu lei a dare voce a nostri pensieri. “Insieme, sempre insieme, libereremo questo mondo…”
    Eccome se lo avremmo fatto. Giustizia, equità, ordine, sarebbero state le parole chiave che avrebbero segnato il nostro futuro e noi saremmo stati i pionieri di questo epocale cambiamento. Ormai l’ingranaggio era in movimento… adesso non ci restava che guardare dove ci avrebbe portati.
     
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8 replies since 5/8/2020, 16:43   151 views
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