Mirror Dimension (Auditore's Doom)

Earth Prime

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Tharia
        +4   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Annarita
    Posts
    282
    Reputation
    +673

    Status
    :Jordan:
    Claudia aveva ragione: il nostro mondo stava morendo ma noi non saremmo morti con lui. Non potevamo permettere che un folle come nostro padre ci rovinasse nuovamente la vita, togliendocela del tutto. Non potevo permettere che anni di duro lavoro per avere la mia vendetta, per darne una alla mia Claudia, per riportare l’ordine laddove il caos imperava andassero in fumo, trascinandosi dietro tutti noi. No, non sarebbe mai accaduto, non fino a quando avrei avuto respiri e battiti nel mio petto. Avrei “spostato” le nostre mire, avrei studiato un altro mondo, me ne sarei innamorato e poi… lo avrei fatto mio. Avevo i mezzi per farlo e non mi sarei fatto alcuno scrupolo… ma prima? Avevo una missione importante da compiere: sferrare il colpo mortale all’Impero e distruggere mio padre.
    […]
    Il mio piano stava procedendo nel migliore dei modi.
    Con grande fatica, grazie ai vari contatti ai diversi livelli instaurati negli anni, Claudia ed io eravamo riusciti finalmente a scoprire il punto debole dell’Impero di Giovanni Auditore. Non che fosse stato facile, avevamo dovuto scavare, ammaliare, comprare, ma nessuno è incorruttibile, non in questo mondo almeno. La Nave Madre dove mio padre aveva installato la sua base di controllo custodiva quel punto debole, il “faro” che guidava i suoi soldati redivivi grazie a una pietra potentissima chiamata Brahmasta. Grazie al mio braccio destro, Henry King, telepate di alto livello, avevo fatto in modo che questa vitale informazione arrivasse ai Ribelli… sarebbero stati il mio diversivo perfetto. Avrei sfruttato il caos causato dal loro attacco per avvicinare mio padre e toglierlo di mezzo. Ma non era tutto, non mi interessava solo distruggere l’Impero, a dirla tutta era l’ultimo dei miei pensieri, il mio scopo era quello di raggiungere gli antichi Monoliti, anch’essi custoditi sulla Nave Madre.
    I Ribelli avrebbero combattuto fino alla morte per distruggere Brahmasta e disattivare i redivivi, così facendo avrebbero messo in ginocchio il potere dittatoriale che da anni li vessava, mentre Claudia ed io avremmo attivato il Monolite dello Spazio e avremmo abbandonato il nostro mondo per una sua versione speculare. Ero eccitato, quasi come un bambino che aspetta di sapere che gusto avrà una caramella mai provata, ma dovevo arginare tutta la mia aspettativa, dovevamo compiere un passo dopo l’altro.
    Claudia, Henry ed io ci muovevamo cauti in mezzo ai corridoi affollati, molte persone vestite di gran gala correvano e urlavano in preda al panico. L’attacco ribelle era avvenuto durante uno dei soliti ricevimenti in cui Giovanni Auditore ostentava tutta la sua opulenza, ma non lo biasimai, conoscevo molto bene la sua necessità di essere invidiato e la sua volontà di mostrarsi sempre superiore. Erano state invitate le personalità più in vista dei poteri forti, non potevamo certo mancare. Tutto calcolato.
    Nessuno badava a noi, nessuno si accorgeva che ci muovevamo nella direzione opposta agli hangar che contenevano le navicelle di salvataggio, quelle che – in teoria – avrebbero dovuto portare in salvo tutti quei laidi leccapiedi. Con un cenno del capo ordinai a Henry di coprirci le spalle, mentre prendevo per mano Claudia e la guidavo verso il Salone Centrale ormai vuoto. La festa, malamente interrotta, aveva lasciato dietro di sé scie di cibo e calici in frantumi. Mia sorella camminava quasi in punta di piedi per evitare di rovinare l’orlo della meraviglioso abito color porpora che le avevo regalato per l’occasione. Io invece mi muovevo deciso e il suono echeggiante di cocci fracassati al mio passaggio pareva il preludio di ciò che sarebbe accaduto. Puntai il mio sguardo sull’Imperatore, attorniato dai suoi fedelissimi consiglieri e dalla guardia reale formata da altri schifosi redivivi; il bastardo che aveva ucciso Federico però non era presente. Non fu difficile farli fuori, non dovemmo stropicciare neppure i nostri costosi indumenti; li sbaragliammo uno a uno, creando un pericoloso vuoto attorno al nostro obiettivo. Sembravamo delle furie a occhi esterni, ma non avevamo neppure il fiatone: i nostri poteri scorrevano liberi, seguendo il nostro volere, bruciando e congelando, sventrando e sferzando, in una sorta di macchina da guerra dagli ingranaggi perfettamente sincroni.
    Una volta solo, messo in un angolo, Giovanni afferrò una inutile pistola per difendersi ma Claudia fece sì che si liquefacesse tra le sue dita provocandogli ustioni molto estese. Il metallo si era fuso alla pelle, ma ero certo che fosse solo l’inizio.
    “C…Claudia… cosa diavolo stai facendo…? E lei, signor Mahkent, si è fatto convincere da questa puttanella a vendicarla per tutte le malefatte subite? Immagino quanto avrà frignato mentre glielo prendeva in bocca!” La sua voce sprezzante mi fece venire il voltastomaco. Consapevole di stare guardando in faccia una morte certa, aveva scelto comunque parole di scherno per esprimersi. Non risposi, lasciai a Claudia il suo momento di gloria, di rivalsa, io semplicemente avrei osservato e sarei intervenuto al momento opportuno con il mio carico di dolore e rancore.
    “Devo dire che non sei cambiato affatto, paparino. Riesci a farti riconoscere persino in punto di morte… Non hai nessun rimorso? Ovvio, certo che no, chi non ha anima non può provare rimorso…” Claudia mi sorprese, avevo immaginato che si sarebbe accanita, che avrebbe sfogato su di lui tutta la sua ira, tutti gli anni di abusi e soprusi che quell’essere le aveva causato. Ero sicuro che le parole ingiuriose con cui ci aveva accolti avrebbero scatenato la sua furia… ma così non fu. Me ne compiacqui da una parte, ma dall’altra arrivai a una conclusione terribile: qualcosa dentro di lei si era spezzato per sempre e anche la sua anima era irrimediabilmente compromessa. La osservai avvicinarsi a nostro padre, mentre gli orli dei suoi abiti iniziavano a bruciare lentamente; lo fissava dritto negli occhi adesso terrorizzati, con le fiamme che si riflettevano nelle sue iridi brillanti ricche di disprezzo ma anche di un affilato divertimento.
    “Abbiamo aspettato tanto questo momento e mi dispiace di non provare la soddisfazione che avevo immaginato. Sai, ho trascorso notti insonni progettando ogni più dettagliata tortura… ma tu, tu non meriti neppure questo. Sei un essere inutile, immondo, dovresti semplicemente bruciare come un topo di fogna.” Mi ero avvicinato a passo lento, fino a mettere la mia mano sul braccio di lei. Lo strinsi piano e lei capì. Fece un passo indietro, non prima di avermi dato una leggera carezza su una guancia. Solo allora fece languire le fiamme…
    “Ecco, lo sapevo, te la sei scopata e adesso pensi che per vivere felici e contenti devi far fuori il suo paparino che tanto l’ha fatta soffrire, eh? Signor Mahkent, mi dispiace per lei, ma si è accaparrato un articolo scaduto, di terza, anzi no, quarta mano!” E rise, rise in maniera sguaiata, nonostante il dolore che provava dovesse essere immenso. Riusciva comunque a infangare, sporcare, distruggere. Aveva ragione Claudia, un essere senza anima non poteva fare altro…
    “Il tuo amichetto dov’è? Ti ha lasciato senza protezione nonostante i Ribelli alle porte?” Avevo parlato per la prima volta da quando eravamo entrati nel Salone e la mia voce mi parve strana, troppo bassa, troppo calma. Volevo sapere dove fosse Alexios, anche lui doveva pagare per aver ucciso nostro fratello. Tutti gli attori principali, colpevoli della nostra sofferenza, avrebbero pagato con la vita.
    “Quel perdente? È stato informato male, signor Mahkent, non ho bisogno di lui per proteggermi…” Una smorfia comparve sul mio volto, percepii una presenza al di là del portone d’entrata, ma era esitante. No, non ci avrebbe interrotti, non se avessi continuato a far parlare quella feccia.
    “Ah no? E allora per quale ragione lo hai portato al tuo fianco? A causa sua è Federico ha perso la vita… Per la tua approvazione avrebbe fatto di tutto, per vedere un solo barlume di benevolenza nei tuoi occhi avrebbe dato ciò che non possedeva…” E un barlume di qualcosa lo vidi nei suoi occhi, in quel preciso istante, ma non era benevolenza. Forse iniziava a capire, ma non per questo frenò la sua lingua biforcuta.
    “Federico era un debole, dava troppa importanza agli affetti ed è per questo che è morto. Alexios invece era un perfetto guscio da plasmare, non aveva il mio sangue, non pretendeva nulla da me. La sua rabbia lo ha reso un burattino nelle mie mani. Ha distrutto per intero la Confraternita degli Assassini e io non ho dovuto alzare neppure un dito…”
    Mantenni ancora una calma a dir poco invidiabile, non comprendevo come riuscissi a non far divampare l’ira che avrebbe dovuto sobbollire nelle mie vene. Diedi la “colpa” al ghiaccio che vi scorreva dentro. Non ero ancora pronto ad accettare che anche la mia anima forse era irrimediabilmente compromessa.
    “Quindi non sa che sua figlia è ancora viva… che hai tentato di farla uccidere dai tuoi scagnozzi, ma che qualcuno è riuscito a portarla in salvo anticipandoti?” Posi una domanda strategica, con un tono addirittura casuale, mente passeggiavo di fronte al suo corpo in ginocchio. Poi, mi beai delle reazioni che vidi e percepii. Giovanni Auditore mi fissò sorpreso, non si capacitava di come fossi venuto a conoscenza di informazioni tanto riservate; invece, la presenza oltre il portone smise di respirare e, come avevo previsto, non intervenne in soccorso dell’Imperatore. Henry lo aveva fatto avvicinare perché aveva previsto la mia reazione: che figlio di puttana geniale! Quel tipo riusciva a inquietare persino me con la sua mente diabolica e io non potevo definirmi un principiante. Così come lo aveva lasciato avvicinare, Henry gli permise di allontanarsi, con ogni probabilità l’avrebbe seguito e fatto fuori. Come dicevo, tutti dovevano pagare, ingannati o meno, erano tutti colpevoli.
    La domanda di mio padre interruppe il corso dei miei pensieri, doveva aver visto il sorriso sinistro che era comparso sul mio volto.
    “Chi sei tu?”
    Claudia scoppiò a ridere. La sua fu una risata profonda, quasi liberatoria.
    “Finalmente, padre, ecco un quesito degno di nota, forse il primo che esce da quella bocca ripugnante!”
    Presi un respiro profondo prima di stracciare il velo dell’ignoranza.
    “Petruccio. Sono Petruccio.” Non pronunciavo il mio nome da anni, persino Claudia non mi chiamava più così per paura di tradirsi in pubblico e io… l’avevo quasi dimenticato. Ciò nonostante, non potevo cancellare tutto il dolore che si nascondeva dietro quelle poche lettere. Gli occhi sgranati di Giovanni non mi diedero alcuna soddisfazione, proprio come Claudia poco prima non ne aveva provata alcuna nel torturarlo. Era giunto il momento di chiudere un cerchio e lo avrei fatto con un marchio indelebile.
    “S-sei m-orto. Ti ho f-fat-to uccide-re… non p-puoi es-sere tu!” Gli lasciai qualche attimo per comprendere, elaborare, giungere alle conclusioni più ovvie. Balbettava. Il grande Imperatore balbettava di fronte alla consapevolezza che quel figlio tanto inutile, quella palla al piede, quell’essere senza spina dorsale aveva tramato nell’ombra per sconfiggerlo, tutti i colpi bassi ricevuti dalle gilde, tutti i dissapori nati improvvisi in seno al suo Consiglio, erano stati orchestrati da quel figlio inutile… no, non doveva essere facile accettarlo. Questa, forse, fu la vera prima vittoria di tutta la serata. Ma il tempo per gioirne era ormai arrivato agli sgoccioli… dovevamo andare.
    Lo afferrai per la gola, strinsi le dita ossute intorno al suo collo, respirai a fondo e lasciai che il mio potere fluisse in lui. La mia pelle si trasfigurò diventando ghiaccio puro e impenetrabile, ma anche la sua cambiò lentamente. Si congelò dall’interno, gli organi smisero di funzionare ma non così velocemente. Feci in modo che l’aria sparisse dai suoi polmoni piano piano, che il cuore continuasse a pompare a un ritmo sempre più lento, che il suo cervello continuasse a elaborare dati e a vedere immagini fino all’ultimo istante. Quando abbandonai sul pavimento il suo corpo ormai senza vita, Claudia ed io fissammo due iridi immobili al cui interno era rimasta intrappolata una tremenda conclusione: era stato ucciso dagli stessi figli che lui aveva sempre trattato come nullità, che aveva ucciso in maniera crudele… il primo nel corpo e la seconda nell’anima. La vita sapeva essere una vera bastarda, non credete?
    Strinsi la mano di Claudia e le rivolsi un sorriso radioso. Adesso potevamo davvero ricostruire la nostra vita da zero, senza più zavorre, in un altro posto, in un altro mondo. Giustizia era stata fatta.
     
    Top
    .
8 replies since 5/8/2020, 16:43   151 views
  Share  
.