Present Day #2021: Idra

Season 6

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  1. SydneyD
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    Il pianeta Idra si stagliava d’innanzi al nostro sguardo. I wing avevano fatto il loro dovere e ci avevano condotti a destinazione. Il localizzatore montato in plancia, era direttamente connesso con la navicella madre sui cui avevamo lasciato il resto del gruppo. Da loro recuperavamo i dati in tempo reale per seguire le tracce magnetiche trovate su Prospero.
    Percepii nell'immediato l’atmosfera ostile di Idra. Era come se con una volontà propria volesse respingerci lontano, fuori dalle sue spire, ma noi avevamo una missione da compiere e non ci saremmo fatti dissuadere al primo ostacolo.
    “Toth, sembra ci sia un turbine di vento. Il mezzo è instabile. Dobbiamo trovare un modo per atterrare.” dissi a mio fratello che conduceva un a-wing gemello al mio.
    “Aziona il propulsore turbo e scendiamo in picchiata. Tentiamo di bucare questo maledetto tornado”
    Era evidente la preoccupazione che traspariva dalla sua voce, sebbene fosse distorta dall’interfono, ma allo stesso tempo non perdeva mai il controllo.
    L'ansia mi stava divorando, ma non battei ciglio. Pigiai tutti i dannati bottoni che servivano per attivare l'assetto turbo e stringendo forte la cloche, mi lanciai in discesa, rapida più del vento che ci contrastava.
    All'improvviso, i comandi non risposero alla mia volontà. Il mezzo fu avvolto da una strana nuvola nera che mi impediva la visuale sull’esterno.
    Mi sentii sballottata da una parte all'altra, senza la minima idea di dove stessi andando, l'unica certezza era la velocità mortale a cui viaggiavo.
    Tentai di contattare Toth, ma il comunicatore era muto, come se fossi immersa in una dimensione parallela lontana e isolata da tutto il resto.
    Tentai con ogni forza di restare attenta e vigile, prima o poi avremmo dovuto superare quello strato nebuloso e ostile che avvolgeva il pianeta e a quel punto sarei dovuta essere più che pronta ad eseguire l'atterraggio, per evitare di schiantarmi. Era quello che mi ripetevo per convincermi di non essermi persa nel nulla cosmico.
    Quando ormai iniziavo a temere il peggio, la foschia scura andò diradandosi, ma i comandi continuavano a ribellarsi. Non avevo alcun controllo.
    Vidi la terra arida, nera avvicinarsi sempre più e io non potevo impedire l'impatto rovinoso, ma non mi arresi. Continuai a manovrare, fino a che accadde il miracolo. A pochissime centinaia di metri dal suolo, il mezzo rispose al mio volere. Sollevai di scatto la cloche per evitare l'impatto frontale, ma era troppo tardi per riuscirci a pieno. Dunque, mi scontrai duramente con il terreno roccioso e la pancia del velivolo strisciò creando una cascata di scintille e stridii assordanti.
    Andai a sbattere con la tempia contro il finestrino laterale e insieme alle scintille vidi mille stelle cadenti. Tentai di non perdere il contatto con la realtà, e resistere finché non mi sarei fermata del tutto. Lì sarei dovuta essere rapida e scattante per uscire dal mezzo e limitare i danni.
    Dopo un tempo che mi parve infinito, il cammino terminò grazie alla presenza di una massa rocciosa che fece da ostacolo.
    Il colpo fu duro e il contraccolpo mi strattonò con forza sul sedile, dove ero ancorata con le cinture. Una si sganciò e mi proiettai in avanti senza controllo.
    Stordita, non feci a tempo a proteggermi con un braccio e con la fronte frantumai il vetro principale.
    Mi parve di perdere i sensi per pochi attimi, per poi recuperarli…
    Mi slacciai definitivamente la cintura laterale, anche quella danneggiata e mi apprestai ad uscire dal mezzo.
    La vista era appannata a causa del sangue copioso che sgorgava dalla ferita al capo, mi asciugai con l’avambraccio e ringraziai la mia innata testa dura. Se ci fosse stata Iuventas non mi sarei risparmiata una sua battutaccia.
    Ma cosa diavolo era successo? Mi guardai attorno e come temevo il velivolo era ormai in fiamme. Richiamai i miei poteri per placarle e darmi il tempo di liberarmi da quella trappola di ferro. Il caldo non mi impensieriva, e le fiamme neppure, ma non ci tenevo a procurarmi altre ferite.
    Già quella che sarebbe dovuta essere una missione esplorativa era iniziata con un atterraggio di fortuna, non avevo idea di come sarebbe proseguita.
    Toth. Dovevo trovarlo, e speravo ardentemente che a lui fosse toccata una sorte migliore della mia. Avevamo la pellaccia dura, noi marziani, ma questo non mi impediva di essere preoccupata.
    Pochi attimi dopo, mentre mi districavo in mezzo alla ferraglia ardente, udii mio fratello che mi chiamava a gran voce.
    “Sono qui! Sto uscendo! Non avvicinarti…” lo avvisai a gran voce. Se il fuoco non era un mio nemico, non potevo dire lo stesso per lui.
    Alla fine riuscii a liberarmi da quella maledetta morsa metallica e mi feci cadere al di fuori.
    Strisciai sul terreno aiutandomi con le braccia e a pochissima distanza vidi Toth che si avvicinò più veloce della luce, mi agguantò saldamente e mi trascinò via, lontano dal wing in fiamme. Solo quando mi assicurai di essere a distanza di sicurezza, mollai la presa mentale sul fuoco che ardeva i resti del velivolo. Se fossi stata in forze, avrei potuto estinguerlo una volta per tutte, ma ero troppo debole e lo lasciai fare. Tanto, non c'erano speranze di recuperare più nulla.
    Io restai a guardare la danza ipnotica dell'incendio che si propagava e divorava ciò che rimaneva del wing e poi esplodeva in mille pezzi ardenti. Toth si protesse gli occhi con un braccio e poi pose l’attenzione su di me.
    Dovevo essere in condizioni pietose. Ferita e sanguinante. Avrei dovuto ringraziare all’infinito la mia natura di Eterna. Un fragile essere umano sarebbe morto sul colpo.
    “Come stai?” mi disse tamponando la ferita con una manica della sua giacca.
    “È tutto ok. Ce la faccio.” dissi sicura di me e feci per alzarmi, ma un forte capogiro mi fece barcollare. ”Che cavolo…” imprecai ostinata.
    Toth mi aveva recuperata al volo e continuava a cingermi con le braccia.
    Una volta salda sulle mie gambe mi allontanai da lui, sempre decisa a fare da sola. “Sto bene, d'ac-cordo? È solo un graffio… Ma cosa diamine è successo? Tu tutto ok?” dissi prima indicando il di-sastro di fiamme davanti a noi e poi guardandolo diretto negli occhi.
    “Siamo incappati in una nebulosa elettromagnetica. L’atmosfera ne è piena. Io sono riuscito a uscirne prima, quindi sono stato in grado di atterrare in sicurezza poco lontano da qui. Poi, sono venuto a cercarti.”
    Un intimo sospiro di sollievo mi aiutò a metabolizzare l’accaduto.
    Non eravamo partiti con il piede giusto, ma questo non ci avrebbe fermati.
    “Spero almeno che il localizzatore portatile che ti ha dato Athena sia ancora funzionante. Altri-menti, siamo davvero fregati!” dissi con stizza.
    “Tranquilla, la missione non è in pericolo. Ho qui con me il localizzatore per seguire le tracce energetiche.” La sua voce era sicura come sempre e questo mi rincuorò. Era tutto sotto controllo.
    “Perfetto… allora mettiamoci in marcia. Non ho certo intenzione di passare qui più tempo del do-vuto” La mia proverbiale impazienza era in modalità turbo, come quello che avrebbe dovuto far-mi atterrare su quel maledetto pianeta.
    “Sicura di farcela? Hai un taglio anche sulla coscia” mi disse con sguardo preoccupato, ma sempre razionale.
    Io mi rimirai la ferita. Non era nulla di grave, dovevo essermi tagliata con qualche lamiera, ma il calore della stessa, aveva cauterizzato allo stesso tempo lo squarcio. Faceva male, ma non era un problema.
    “Ci puoi contare, fratello. Sarò la tua ombra. Andiamo.”
    Una volta in cammino, preferii concentrarmi a pensare a tutt'altro che non fosse il dolore. La fronte pulsava e mi dava fastidio, ma potevo gestirlo. Osservai Toth al mio fianco, sempre molto compìto, diligente e ripensai al fratello che avevo trovato al mio ritorno dalla Terra. Avevo passato oltre un anno sul pianeta blu e una volta a casa, avevo visto una persona completamente diversa. Era vero, ne aveva passate tante, era sempre al capezzale di Horus, durante la sua convalescenza, poi, si era isolato da tutti, quasi stesse combattendo una guerra contro se stesso. Iuventas mi aveva raccontato di tutte le sue stranezze durate mesi e mesi… e adesso… nel rivederlo pronto e scattante per questa missione, era tornato il vecchio Toth, quello che non si faceva sopraffare dalle emozioni e dalle battaglie interiori. Il conte di Marte che tutti conoscevamo. Anche il rapporto con il suo compagno alato era tornato lo stesso, forse addirittura più duro, semmai potesse essere, non vi era più traccia della febbrile preoccupazione che aveva provato per lei, che lo aveva bloccato per interi giorni e intere notti al suo fianco, rischiando addirittura la vita per salvarla con l'energia lunare. Pareva tutto accaduto in un tempo passato e lontano dal nostro presente.
    Mentre smanettava con il localizzatore, gli feci una domanda a bruciapelo. Non adoravo i giri di parole.
    “Sei tornato quello di un tempo... Quando ti ho rivisto dopo un anno di assenza da Marte, eri diverso… stai bene?” Feci quella domanda stupida, ma non sapevo bene come introdurre l’argomento. Allo stesso tempo, però, avevo bisogno di capire.
    Thot si girò di scatto verso di me, come se fosse stato punto da un insetto molesto. La sorpresa sul suo volto.
    “Sto benissimo... ora. E cosa intendi per diverso? Migliore o peggiore di adesso?” Era guardingo sebbene interessato alla mia risposta.
    “Non credo si possa parlare di un meglio o un peggio. Sei mio fratello e ti voglio bene, anche se non sono solita dirtelo, però eri differente nel tuo modo di agire, di parlare, addirittura anche di camminare. Iuventas ha potuto notare di più tutti questi dettagli. Ero assente, ma per quel poco che è durato, anche io me ne sono resa conto. Eri meno rigido, ma anche molto più ‘addolorato’ per gli eventi che hai vissuto. Mostravi di più le tue emozioni, ecco…”
    Thot strinse forte la mascella, tornando a fissare il localizzatore come se solo lì avrebbe potuto trovare tutte le sue risposte...
    “Ero davvero diverso, di certo non avete sognato nulla. Ma la verità è talmente assurda che non ci credereste come non riesco a crederci io... L'importante è che sia tornato tutto come prima, no?” Mi stava provocando, voleva mettermi alla prova. Ma la verità era che non ci avevo capito un bel nulla.
    “È quasi la stessa cosa che ci hai detto quando eravamo nel nostro posto segreto… Parli sempre di una verità assurda e che difficilmente può essere creduta, ma come pensi che possiamo sentirci, io e Iuventas, se nemmeno provi a spiegarci? Ci hai costrette a stare mute e ferme mentre ti vedevamo andare in pezzi e poi, da un giorno all'altro puff, è tutto passato! Ammetti che possa essere un tantinello strano per noi?” Cominciavo a perdere la pazienza. Odiavo quando si trincerava dietro un muro fatto di omertà e frasi senza senso.
    I lineamenti di Thot si indurirono, facendolo diventare una maschera di cera. “So bene che sia tu che Iuventas vi state solo preoccupando per me. Ma se ti dico che non ce n'è più bisogno non potrebbe bastarvi? Sono tornato, sono io e non me ne andrò più...” mi rispose a disagio e poi si massaggiò il petto con un movimento concentrico della mano.
    Non volevo farlo innervosire, ma le sue motivazioni proprio non mi erano sufficienti.
    “Stai bene? Hai dolore?” chiesi indicando il suo torace. C'era qualcosa di davvero strano in lui. Negò con la testa, tenendo lo sguardo lontano dal mio.
    “Parli come se fossi stato in vacanza in un posto orrendo e non volessi più tornarci, ma ti ricordo caro Toth, che sei sempre stato qui. O forse no?” Non avevo intenzione di mollare la presa, magari insistendo ne avrei ricavato qualcosa.
    “Mi hai visto qui, sono sempre stato qui, magari non sempre presente a me stesso come avrei voluto... ma ho vissuto ogni cosa, a modo mio...” Pareva che finalmente si fosse deciso a parlarmi, a confessare ciò che provava davvero, quando quel maledetto bip del localizzatore aumentò di intensità e di volume, quasi ci assordava.
    Vidi un'espressione sollevata fare capolino sul volto di Toth.
    “Siamo vicini alla meta. Il punto da cui provengono le tracce energetiche trovate su Prospero.”
    Sbuffai sonoramente. Il tempismo era stato perfetto. Si era salvato dal mio assalto, ma non per sempre.
    “E va bene… vediamo dove ci porta questo giocattolino, ma io e te finiremo questo discorso, mi hai capito bene?”
    Mi rispose con un vago cenno del capo ed era tornato a vestire i panni del conte integerrimo e dedito alla missione.
    Io non fui da meno…
    Accelerammo il passo e dopo poche centinaia di metri, un enorme albero nero pieno di rami secchi si profilò davanti a noi. Il localizzatore sembrava impazzito e mio fratello dovette spegnerlo per farlo tacere. Era chiaro che avevamo trovato ciò che cercavamo.
    Ci guardammo per un attimo attoniti e poi, con un tacito accordo, ci avvicinammo con molta cautela, andando in cerca delle tanto agognate risposte.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 14/3/2021, 19:35
     
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