Present Day #2021: Idra

Season 6

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  1. Tharia
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    Annarita
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    Li avevamo persi, dannazione! Come diavolo avevano fatto a sparire dalla nostra vista così velocemente? Ares ed io avevamo seguito gli sconosciuti occhieggiati alla taverna per un paio d’ore, lungo vicoli e vie della grande città, stranamente silenziosa. Era ormai sera inoltrata, luci fioche illuminavano il selciato bagnato dall’umidità, mentre l’aria sferzava, minacciando neve. Una sensazione di malinconia mi accompagnava solerte, non riuscivo a scacciarla, come se fosse incastrata tra muscoli e ossa. Passo dopo passo, più ci addentravamo nel dedalo cittadino, più mi sentivo sopraffatto. Mi strinsi nel cappotto anche se non avevo freddo.
    “Ma non è possibile!” Ares era nevosa, aveva imprecato tra i denti anche se, con ogni probabilità, avrebbe voluto imprecare a voce ben più alta. “Ho guardato dappertutto, ma sembrano scomparsi nell’etere. Hanno girato l’angolo e sono svaniti… forse non sono umani, altrimenti non si spiegherebbero tante cose. Ad esempio: come sono finiti qui? Noi siamo stati catapultati da un dannato albero millenario… ma loro?” Mia sorella ragionava tra sé, senza rivolgersi a me direttamente, eppure decisi di rispondere.
    “E se fosse tutto un abbaglio? Ok, sembravano persone strane, di certo i loro discorsi non erano confortanti, ma potrebbero essere dei semplici dissidenti…” Non ne ero affatto convinto, ma a questo punto, ciò che desideravo sopra ogni cosa era strapparmi via quel manto viscoso da cui mi sentivo ricoperto.
    “Stai bene, Thot? Non è da te fare certe allusioni! Stavano parlando di una reliquia ISU. Un semplice dissidente non può sapere certe cose…” Colpito e affondato. Mi appoggiai di schiena contro uno dei tanti palazzoni grigi e anonimi. Respirai a fondo, nel tentativo di riprendere il controllo di me stesso, non volevo ammetterlo ma forse cominciavo a capire qual era la causa di tutto questo scombussolamento. Lo rigettai con forza, era mio questo dannato corpo, doveva essere solo mio… e invece…
    “Sto bene e hai ragione. Dobbiamo cercare di capire dove possiamo carpire informazioni migliori. Partiamo dal punto in cui abbiamo perso i due sconosciuti, non dovremmo essere molto distanti dal famoso laboratorio di cui parlavano.”
    “Sei pallido” insistette Ares e rischiai davvero di sbottare malamente. Avevo una gran voglia di sfogare la frustrazione che cresceva ogni istante di più dentro di me, ma ai suoi occhi non avrebbe avuto alcun senso. Nulla aveva davvero senso.
    “Dobbiamo muoverci adesso, prima che la traccia si raffreddi del tutto, piantoniamo i dintorni, magari possiamo anche dividerci e teniamo i sensi all’erta. Se il laboratorio è vicino, allora vedremo soldati o altro personale muoversi qui attorno.” Non so bene cosa l’avesse convinta a soprassedere, se il mio tono perentorio o il mio discorso più che sensato, molto da… me. Ma ringraziai gli dèi per quella saggia decisione.
    L’idea di dividerci sembrò portare i suoi frutti. Una volta solo, mi rannicchiai sulle ginocchia, rasente a un muro, e imposi alla nausea di scomparire. Mi passai le dita tra i capelli e premetti forte contro le tempie per schiarire le idee. Dovevo parlare con l’altro, dovevo dirgli di farla finita, ma non potevo se avevo Ares che mi puntava peggio di un mastino sospettoso.
    “Non lo faccio di proposito…” Eccola la sua voce, era potente, fin troppo, tanto quanto la sua presenza.
    “Hai deciso di lasciarmi il passo…” provai a dire.
    “Per ora” mi interruppe secco.
    “Per un minuto o per l’eternità, mi hai riportato indietro. Quindi non interferire!” L’istinto di parlare con le corde vocali e non solo con i pensieri era forte, ma mi trattenni.
    “Se non fosse stato per me, non avresti neppure saputo cosa ordinare senza un menu…” Mi aspettavo un tono irrisorio, ma non colsi quella sfumatura. Era serio, mortalmente serio.
    “Sei già stato qui? Ho visto alcuni tuoi ricordi, ma non in maniera distinta…” chiesi spontaneo. Era davvero assurdo: stavo cercando di fare conversazione?
    “Ero ben deciso a starmene per i fatti miei, ma a quanto pare non sono riuscito a fermarli… i ricordi intendo. Nella mia dimensione, ho vissuto un’esperienza assurda, che non ho potuto mai davvero raccontare a nessuno. Vi ci sono finito per una macchinazione dei Devianti, ma quando credevo che sarei tornato a casa… mi sono risvegliato qui, nel tuo corpo. Tuttavia, non ho dimenticato ciò che è accaduto, questi bastardi sono subdoli, crudeli, e adesso sono solo all’inizio del loro devastante Impero… dobbiamo colpirli, in qualsiasi modo possibile, ma dobbiamo farlo!” Avevo percepito l’oppressione al petto aumentare man mano che il suo discorso si faceva accorato.
    “È quello che ho intenzione di fare, però cerca di lasciarmi spazio. Non riesco nemmeno a ragionare quando non ti controlli…” Era così doloroso ammetterlo anche con lui. “Sei tu che comandi, quindi molla la presa.” Lui rimase in silenzio per attimi infiniti e rispose solo quando ormai stavo perdendo le speranze di ricevere un riscontro.
    “Ci proverò. Non so come funziona questa cosa, ma va da sé che se potrò essere utile interverrò senza chiedere il permesso.” Strinsi il labbro inferiore tra i denti per la frustrazione. Era tutto un vero ginepraio.
    “E va da sé che dovremo trovare una soluzione a questa cosa …” ribattei senza perdere un colpo. Non proposi nulla, non era il momento, ma era chiaro come il sole che non sarebbe stato facile.
    “La troveremo.” fu la risposta emblematica dell’altro. Cercai di interpretare il tono, ma era stato sfingeo. Quando voleva, eccome se riusciva a controllarsi.
    Scossi il capo e mi rimisi in piedi. Dovevo essere concentrato, oppure non ci sarebbe stato tempo e modo di trovare questa benedetta soluzione.
    […]
    Dopo un’ora circa di perlustrazione, Ares mi raggiunse furtiva. Era il terzo androne che tenevamo d’occhio a rotazione, durante la sua ronda aveva visto un plotone di soldati che accompagnava due uomini e una donna in abiti civili. Forse l’attesa era stata ripagata.
    La seguii silenzioso verso il nostro obiettivo. Il gruppo di persone penetrò attraverso un portone, che sembrava dare accesso a una piccola anticamera. Non eravamo vicinissimi, ma grazie ai nostri sensi non comuni, fu facile distinguere al suo interno una porta blindata e la combinazione alfanumerica che la apriva. Entrare, adesso, non sembrava più una chimera.
    “Ci siamo, dev’essere per forza il posto che cercavamo, altrimenti non ci sarebbe stata tutta questa sicurezza.”
    Ero d’accordo, perciò annuii con decisione. Avremmo fatto trascorrere altro tempo e poi avremmo fatto irruzione. Dovevamo raccogliere informazioni e solo dopo avremmo potuto decidere il da farsi.
    “Dobbiamo tenere presente un paio di cose. Primo, dentro potrebbero esserci già i due sconosciuti della taverna. Se si sono accorti di essere seguiti potrebbero considerarci dei nemici. Secondo, dentro, oltre a quei soldati, ci potrebbero essere altre guardie armate, tuttavia, usiamo i nostri poteri solo se estremamente necessario, non voglio creare incidenti. Ancora non c’è alcun trattato tra noi e i Devianti, ma è meglio non attirare troppo l’attenzione…” Ares sbuffò, già si immaginava lanciare palle di fuoco contro i nostri naturali nemici. “Terzo, stiamo uniti, non conosciamo il posto e non sappiamo cosa ci troveremo effettivamente di fronte. Informazioni. Sono l’unica cosa che ci interessa, d’accordo?”
    “Ricevuto…” Ares seguiva sempre le mie indicazioni, certo, a volte avrebbe preferito un approccio più passionale, ma tatticamente era conscia che bisognava usare i guanti bianchi. Erano ancora troppe le cose che ci sfuggivano, dovevamo sfruttare ogni occasione per scoprire il più possibile…
    E alla mia arringa avevo ricevuto un terzo assenso, silenzioso ma terribilmente presente.
    […]
    Informazioni. Parola chiave.
    Eravamo entrati senza difficoltà all’interno dell’edificio, dopo averlo piantonato fino a notte fonda. Poco dopo il nostro briefing, avevamo visto uscire il piccolo plotone di soldati, ma senza i civili. Ciò voleva dire che, all’interno, erano rimasti i presunti scienziati e la guardia standard del posto. La quale, scoprimmo, che non essere molto fornita. Pochi posti di sorveglianza, luci basse, corridoi infiniti e tante ombre da sfruttare per nascondersi. Con ogni probabilità, avevano considerato che l’anonimato fosse la miglior difesa… e come dargli torto.
    Durante l’ispezione, trovammo molte porte serrate con tastierini simili a quello dell’entrata. Lo scasso non era previsto, per questa ragione la possibilità di scovare notizie utili si abbassava drasticamente. Avevamo deciso che se proprio fossimo rimasti a mani vuote, avremmo usato il famoso approccio passionale, tanto caro ad Ares. Tuttavia, il destino sembrò sorriderci: una delle numerose porte ci condusse a un magazzino pieno di scatoloni e scaffali di metallo un po’ arrugginiti, sulle cui mensole campeggiavano faldoni su faldoni.
    “Davvero credi che qui dentro troveremo le nostre risposte?!” Ares era scettica, mentre si guardava attorno, dopo esserci chiusi l’uscio alle spalle.
    “Abbi fede sorella, abbi fede.” La sua smorfia dubbiosa mi fece sorridere e le diedi un buffetto sulla spalla, tanto per scuoterla un po’. Una buona sensazione mi pervadeva, libero, finalmente dal senso di malinconia che mi aveva accompagnato fino a prima dell’irruzione. L’altro era d’accordo con me.
    E anche la fede, oltre al destino, aveva deciso di premiarci. Trovammo una scatola con su scritto Streng Geheim – Top Secret a lettere scarlatte, per questo la aprimmo con più speranza delle altre. Al suo interno, trovammo diversi faldoni, quasi tutti siglati con “Progetto Materia Zero” e alcuni con “Progetto Manhattan”. Scoprimmo che durante alcuni esperimenti, i Devianti erano entrati in possesso di una materia instabile – appunto la Materia Zero – capace di fornire energia negativa in maniera illimitata. Il progetto però era stato dismesso perché vi era stato un gravissimo incidente, in cui erano stati coinvolti alcuni scienziati e addirittura la figlia del Capo di Stato Maggiore degli Stati Uniti. Mettere a tacere tutto non era stato facile, perciò si era deciso di chiudere battenti e conservare la Materia Zero per tempi migliori.
    Ares ed io ci guardammo nello stesso istante, come se la medesima idea avesse colpito le nostre menti.
    “Non possiamo permettere che questa sostanza rimanga nelle loro mani…” Mia sorella aveva dato voce a quel pensiero comune. Il suo sguardo determinato era capace di scavare dentro di me e riempire quel solco di un orgoglio sconfinato.
    “Parole sante. Ho la sensazione che la tengano proprio qui, in questo edificio. Da quello che ho letto, nei sotterranei vi sono i laboratori in cui conservano i campioni dei loro esperimenti. Potremmo provare a scendere…” proposi a voce bassa, come se anche il mio fosse un pensiero venuto fuori a parole senza una precisa volontà.
    “Al massimo ci facciamo largo col fuoco, il tempo di far fuggire i civili e distruggiamo tutti i sotterranei per sicurezza. Chissà quale altra arma segreta nascondono là sotto.” Questa volta non fui in grado di riprenderla, scoraggiarla o anche solo escludere quella possibilità di intervento. L’avrei tenuta in conto molto più di quanto avrei fatto in passato. Era “l’altro” a incidere in tal senso? Oppure ero io che stavo cambiando?
    “Ottimo. Si va!”
    Ares mi fissò un pizzico disorientata.
    “Non bocci la mia idea? Non mi dai della guerrafondaia?” mi chiese con genuina curiosità.
    “Perché dovrei, in questo momento mi sento un guerrafondaio anche io” risposi, sincero.
    “Sia lodato l’Yggdrasill, il suo potere dev’essere davvero immenso…” mi prese in giro e io ne approfittai per darle un altro buffetto sulla spalla, molto meno scherzoso. Era il momento di tornare in azione, ma questa volta con molte più informazioni all’attivo. Avremmo reso un buon servizio all’intero Sistema, chissà che non fosse davvero questo il motivo per cui eravamo stata catapultati qui. Avevo la sensazione che presto lo avremmo scoperto!
     
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