Present Day #2021: Idra

Season 6

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    Avevo fatto rapporto sulla Luna. L'avventura che avevano vissuto con Toth era stata a dir poco allucinante. Da missione di ricognizione per recuperare informazioni, si era trasformata in un perfetto caos. Non avevo voluto passare dall'infermeria per farmi curare. Avevo accettato solo un panno umido per ripulire il viso dal sangue. Le ferite alla testa e alla gamba non sanguinavano più, erano sotto controllo e avrebbero potuto attendere. Mi ero diretta immediatamente nel laboratorio in cui Athena e Partenope stavano già vagliando i dati che avevamo inviato. Dopo aver fatto il punto della situazione, avevamo compreso che sapevamo troppo poco su tutta quella faccenda. Yggdrasil, il viaggio in quel tempo, in quel luogo, la reliquia, gli sconosciuti, Persephone totalmente fuori controllo. Non avevamo idea di come spiegare simili eventi. Ci eravamo lasciate dandoci appuntamento per svolgere nuove ricerche. Ero stata chiara: avevo bisogno di assentarmi per un po'. Dovevo vedere qualcuno. Oltre alla testa in fiamme, il corpo trascurato che chiedeva pietà, non erano nulla in confronto al dolore al petto che bruciava per l'assenza dal mio adorato Bayek. E proprio da lui mi stavo dirigendo. Stavo tornando nella mia nuova casa, sulla Terra, al suo fianco. Mi sembrava fosse passata un’eternità dall’ultima volta che l'avevo visto e averlo di nuovo al mio fianco era diventata un’esigenza fondamentale, come l'aria che si respira per vivere.
    Avevo superato i controlli alle porte di Montereggioni e a passo spedito, mi stavo avvicinando alla casetta indipendente che condividevo con Bayek. Era tarda sera e mi aspettavo di ritrovarlo già a casa a meno di qualche emergenza o missione improvvisa. La situazione del borgo però mi sembrava fin troppo tranquilla, quindi esclusi quella possibilità. Non vedevo l'ora di riabbracciarlo e di bearmi del suo calore.
    Entrai senza fare rumore. Non avrei voluto svegliarlo se fosse stato addormentato.
    Le luci erano spente e camminai in punta di piedi verso la camera da letto.
    Una cascata di acqua gelida mi investì quando notai che il grande letto a baldacchino era intonso. Le coperte erano perfettamente stirate e i cuscini senza alcun segno. La delusione fu forte e una sensazione di angoscia mi avvolse da dentro fin a comprendere tutto il corpo.
    Mi mossi dapprima con difficoltà, come se fossi fatta di pietra e poi più agevolmente. Poco dopo mi misi a correre, ignorando il dolore lancinante alla gamba che non avevo curato e del sangue che furioso sbatteva sulle tempie.
    “No, non può essere di nuovo lì… vi prego santi numi, fate che non sia in quel posto maledetto!”
    Arrivai trafelata davanti al portone della villa Auditore e il portiere mi fece entrare di fronte al mio cenno frettoloso. All’interno vi era un custode notturno che intercettai in cima alla scala che portava nei sotterranei.
    “Hey, scusami… mi sai dire se è in corso una riunione?” Non entrai nel dettaglio. Sapevo che chiunque lavorasse nella magione, fosse a conoscenza dell’esistenza dei sotterranei e delle stanze utilizzate dagli Assassini per i loro briefing.
    “No signora. Non c'è più nessuno in quest'ala. Che io sappia non vi era programmata alcuna riunione. La posso aiutare in qualche modo?”
    A malapena lo feci finire di parlare e lo congedai con un cenno del capo.
    Mi lasciò andare. Io non ero certo soggetta a controlli o limiti in quel luogo. Ero Ares, principessa di Marte, donna del mentore Bayek de Siwa.
    Mi precipitai giù per le scale che portavano nel seminterrato. Pensai che se lo avessi trovato lì, questa volta sarei crollata. Non avrei retto all'ennesimo confronto che mi sentivo gravare sulle spalle. “Dannati fantasmi del passato!”
    Arrivai in pochi attimi all’ingresso del luogo che custodiva la sacra statua di Amunet, lo varcai con passo lieve, come se temessi di giungere a destinazione e fare la nefasta scoperta. Un passo dopo l'altro. Un respiro dopo l'altro. Un battito di cuore dopo l'altro.
    La grande statua di Aya si sbagliava davanti ai miei occhi terrorizzati. Non la degnai di troppa attenzione e scandagliai il luogo con lo sguardo. Lui non c'era… non era seduto al solito posto che prendeva di fronte alla moglie. Di Bayek non vi era traccia. Allora crollai di schianto al suolo con le ginocchia. La gamba pulsava pericolosamente, ma non me ne curai. Il dolore più forte era quello dentro al mio petto. Non sapevo se sentirmi sollevata per non averlo trovato, o se essere preoccupata per non averlo trovato neppure a casa… respirai a fondo per recuperare un barlume di lucidità. Mi ero fatta prendere dal panico e dall’ansia di un confronto nel quale mi credevo perdente in partenza e avevo perso il senno. Sì, Bayek era in grado di portarmi alla follia. L'immenso amore che gli portavo mi rendeva insicura e stupida.
    Dopo un tempo che mi parve infinito, mi sollevai da terra e decisi di tornare sui miei passi. Non avevo nulla da fare lì, tanto meno venerare la statua di una donna morta, che per me non avrebbe mai avuto nessun significato.
    Un altro luogo mi venne in mente. Era l'unico in cui avrei potuto incontrare Bayek, lontano dalla mie folli paranoie.
    Ormai arrancavo. La corsa, lo sforzo, la fatica avevano provato il mio corpo. Ma l'unica cosa che desideravo era abbracciare il mio Bayek.
    Entrai in punta di piedi nel tempio che lui stesso aveva costruito e che amministrava con grande solerzia. Era un uomo meraviglioso che aiutava gli altri a dare un po' di pace a se stessi e donarlo al mondo.
    Raggiunsi il retro che non era aperto al pubblico. Uno studiolo minuscolo che lui usava per svolgere le sue mansioni in solitudine.
    E fu lì che lo vidi… era appoggiato sulle braccia alla scrivania di legno massiccio che in confronto alla sua mole, appariva più piccola. Dormiva in mezzo ad alcuni fogli sparpagliati. Un lampo di tenerezza mi investì e mi dipinse un sorriso sul volto. Mi avvicinai a lui con cautela. Non volevo spaventarlo, ma avevo bisogno dei suoi occhi inchiodati ai miei, delle sue forti braccia attorno a me, del suo dolce profumo a inebriarmi. Ero egoista, ma come ben sapevo, lui era la mia aria e mi serviva per respirare.
    Appoggiai una mano lieve sulla sua spalla e la reazione fu repentina. Mi ritrovai con la schiena al muro e il suo avambraccio sotto al mento. I suoi occhi, in un primo momento annebbiati dal sonno, si fecero di ossidiana liquida non appena mi riconobbero e mi lasciò libera all'istante.
    “Mia dea. Perdonami. Mi hai colto di sorpresa.”
    Nella penombra della sala mi osservò da capo a piedi e lo vidi inorridire. “Ma cosa ti è successo? Ti senti bene?” La sua voce mi giunse all'udito al pari di una panacea. Avevo dimenticato le ferite e il dolore, ma lui le aveva notate anche fin troppo bene. Con dita leggere mi sfiorava la fronte, dove campeggiava il taglio ricoperto da sangue secco. Mi sfiorò la guancia leggermente escoriata e infine le labbra con un pollice. Il suo sguardo era tormentato, come se la mia sofferenza fosse dentro di lui.
    Io non riuscii a parlare subito. Dopo l'attacco di panico di poco prima, tutto ciò che volevo era sostare quanto più possibile tra le sue braccia, così allacciai le mie intorno al suo collo e infossai il volto tra la gola e la clavicola. Ero stanca, dannatamente esausta… ma la sua vicinanza mi dava tanta forza.
    “Non ti preoccupare. Sto bene. La missione su Prospero e successivamente, quella su Idra, si sono complicate un po'. Ti racconterò tutto…” stavo dicendo, mentre lui mi sollevò da terra e mi accolse vicino al suo petto.
    “Andiamo a casa adesso. Devi riposare e ti benderò le ferite. Non vorrei che si infettassero.” disse con tono dolce.
    “Non ce n’è bisogno. Davvero… mi basta stare qui così. Sono forte io…” risposi cocciuta, mentre lentamente stavo scivolando in un sonno profondo, causato dalla spossatezza dopo giorni assurdi e dalla certezza di essere in buone mani.
    “Lo so che sei un’Eterna, ma non sei immort…”
    Non riuscii a finire di ascoltare. Ero già nel mondo di Morfeo.
    […]
    Mi svegliai dopo un tempo che mi parve molto lungo, ma in realtà non avevo idea dei minuti o delle ore trascorse.
    Il profumo familiare di Bayek mi accolse e cullò il mio torpore.
    Notai che il dolore alla gamba era diminuito e che adesso era fasciata. La testa ancora pulsava, ma ero lucida e mi guardai intorno.
    Il mio adorato Bayek era al mio fianco che dormiva. Era quasi l'alba e a breve si sarebbe alzato per svolgere le sue mansioni. Mi maledii per aver dormito così tanto. Ero crollata piegata da una fatica che non era soltanto fisica, ma anche mentale. Non volevo disturbare il suo sonno, aveva passato la notte a prendersi cura di me e doveva approfittare di ogni attimo di riposo.
    Mi alzai con qualche sforzo, ma non mi feci irretire. Volevo preparare una colazione sostanziosa per lui. Non ero affatto una cuoca provetta, ma sapevo che il mio uomo avrebbe apprezzato la buona volontà.
    Quando stavo per allontanarmi, mi sentii afferrare per un polso.
    “Dove vai... dovresti riposare.” mi disse con una voce tanto dolce da farmi sciogliere.
    Mi voltai verso di lui e mi rimisi a sedere, nascondendo una smorfia di fastidio. La ferita alla gamba tirava, ma ormai era solo un butto ricordo. Guarivo in fretta.
    “Ho riposato tutta la notte. Invece tu sei stato sveglio per me… non avresti dovuto. Non ero tanto grave…” mi guardò con sguardo liquido.
    Quanto lo amavo? Era un sentimento intenso, viscerale, che mi faceva agire in modi sconsiderati. Ripensai al terrore della sera prima di trovarlo di fronte alla statua di Aya e mi sentii profondamente in colpa. Per ciò che avevo provato, per l’insicurezza che mi rendeva debole.
    “Ho fatto quello che dovevo e quello che volevo. Tu prima di tutto, lo sai…” Dopo queste parole mi sentii anche piena di vergogna. Di fronte ai suoi sentimenti, mi vedevo del tutto inadeguata. Lui notò il mio cambio repentino di umore e si avvicinò. Mi sfiorò una guancia.
    “Parlami Ares. Cosa ti turba?”
    Io mi ritrassi per non crollare. Asciugai una lacrima invisibile col dorso della mano e mi sollevai di scatto dal letto.
    “Sto bene! È meglio che vada di là.” volevo fuggire per nascondere la mia debolezza, e per era un’onta mostrarmi fragile.
    Non ebbi il tempo di coprire due falcate che mi sentii bloccare di nuovo, questa volta per le spalle. Avrei potuto scostarlo e proseguire sul mio cammino, lui non mi stava trattenendo con la forza, ma non lo feci.
    Avevo una grande rabbia dentro e tentai di domarla per non ferirlo. Non se lo meritava. Mi fece voltare nella sua direzione e alzai impercettibilmente il mento per guardarlo negli occhi. Erano limpidi come il suo animo, ma inquieti.
    “Non ti lascerò andare via, non finché non mi avrai detto cosa ti turba al punto da sottrarti al mio tocco.” Bayek era così… era capace di scardinare le montagne con la forza del suo grande cuore. Era di animo gentile, ma otteneva sempre quello che voleva. I nemici non avevano scampo sotto i suoi colpi mortali e neppure io…
    Agii di istinto. Gli presi il volto con entrambe le mani e lasciai fluire la mia collera.
    “Vuoi davvero conoscere i miei pensieri? Ripenso sempre all'immenso amore che hai portato alla tua sposa, che hai donato a tuo figlio. Ripenso al sentimento puro che ti lega a me e io… di fronte a tutto questo mi sento un nulla. Un essere piccolo piccolo pieno di dubbi e incertezze. Ti amo Bayek, lo faccio con tutto il mio cuore, ma mi sembra che non sia abbastanza. Io… non ti merito davvero!” quasi ansimavo per l’intensità delle emozioni che da troppo mi tenevo dentro e che pian piano mi stavano logorando.
    Lui, ancora prigioniero delle mie mani, sorrise. Il suo sorriso candido mi destabilizzò del tutto.
    “Eccola, la mia Ares, combattiva e prorompente. Che è in grado di distruggere nemici ed esseri immondi e poi, dubita della sua stessa capacità di amare.” afferrò le mie mani e le tenne tra le sue. “Ricordo quando mi sono svegliato in un altro mondo, simile al mio, ma non uguale. Ricordo la confusione e la tristezza…però ricordo anche la presenza di una dea meravigliosa, irruenta, scontrosa, che ha afferrato la mia mano e mi ha tirato fuori dal baratro della malinconia. Mi hai insegnato a vivere di nuovo, Ares. Non siamo in una gara a chi ama di più. Siamo solo io e te uniti da un legame speciale, unico.” la sua voce calda era melodia per le mie orecchie.
    “Ma tu, io ti vedo, non sei soddisfatto, sei alla ricerca costante di qualcosa e non so se vorrai trovarla nel tuo passato o nel tuo presente…” il riferimento ad Amunet era ben poco velato.
    Lui prese ad accarezzarmi il volto con un gesto ritmico fino al collo. Si prese un attimo per rispondere.
    “Come dicevo prima, questo non è il mio mondo e non è il mio tempo. Mi sono adattato il meglio che ho potuto, e sono stato anche un po' egoista usandoti come ancora, per non perdermi. Le mie incertezze non hanno nulla a che vedere con te… sono solo mie e riuscirò a dissiparle. Te lo prometto.”
    “Come posso aiutarti?” chiesi implorante. Non era la prima volta che lo domandavo, ma mi sentivo inutile. Fin troppo.
    “Lo stai facendo. Lo fai ogni volta che mi sorridi, che mi tocchi con le tue mani di fuoco, che mi baci con le tue labbra di rosa. Restando al mio fianco, sempre!”
    Lo afferrai di nuovo per il volto e lo baciai con forza, con disperazione. Il mio cuore era un po' più leggero adesso.
    Lui ricambiò il mio gesto con impeto. Gli saltai in braccio e lo strinsi in vita con le cosce.
    Poi, fummo avvolti in una nuvola di passione.
    “Adesso sì che riconosco la mia principessa di Marte.”
    Non ero ancora del tutto convinta di poter essere all'altezza dei suoi sentimenti. Lui era tutto, il mio tutto. Ancora vacillavo, ma le sue parole e il suo amore mi cullarono verso un prezioso momento di oasi, che io afferrai a piene mani e che avrei custodito per sempre in fondo alla mia anima.
     
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