Present Day #2021: Idra

Season 6

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Illiana
        +3   +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    282
    Reputation
    +658

    Status
    :Thot:
    Il Campione non era certo se fosse soddisfatto o meno di quella risposta, ma si rese conto che era l'unica che poteva pretendere in un momento simile. Ciò nonostante, ancor prima che potesse aprir bocca per rispondere, un dolore sordo gli sconvolse la testa, il petto, il cuore. Ebbe come la sensazione che un ordigno fosse esploso dentro di lui, disseminando chiodi e detriti. Un urlo fu trattenuto tra i denti, ma non poté fare a meno di poggiarsi su un ginocchio. Artigliò l’erba rada del giardino e vi si aggrappò come se fosse l’unica cosa stabile dentro e fuori di lui. Quello che stava provando non era il suo sgomento... no, e il terrore che lui potesse metterlo da parte ancora tornò forte e caparbio.
    Horus vide Toth quasi accasciarsi a terra, l'espressione del suo viso così contorta e sofferente da renderlo irriconoscibile. Si precipitò su di lui per cercare di sostenerlo, circondandogli le spalle con le braccia. Ignorò il tonfo che fece il suo cuore, concentrandosi come d'abitudine sulle esigenze di lui. Un sospetto orrendo la sconvolse ancora di più: “Cosa ti succede? Non hai ancora recuperato dalle ferite della missione, devi riposarti, ora!” Non nominò il vero timore, ovvero che fosse l'altro Toth a condizionarlo.
    Fu un istinto balordo, ma non riuscì a reprimerlo: il Campione si riscosse dal tocco di Horus, quasi come se fosse stato morso da un serpente. Non ne capiva il motivo, cominciava a non distinguere le sue reazioni da quelle della persona che viveva dentro di lui. Il sudore scendeva copioso dalla fronte, lungo il collo e la spina dorsale. “Lui... lui... non riesce a controllarsi...” biascicò, mordendosi di nuovo il labbro e aggrappandosi alla panca lì vicino. Non poteva rivelarle che avrebbe potuto prendere il suo posto in ogni momento, che non aveva alcun potere di replica, che non sarebbe riuscito a impedirglielo...
    “Lui... l'altra presenza dentro di te... è ancora in grado di importi la sua volontà, di farti stare male?” Tirò indietro le mani che si erano strette a lui, in un modo troppo appassionato. Toth si era scrollato dal suo tentativo di aiutarlo come se ne fosse disgustato. Lei si augurò che, nella concitazione del momento, il suo atteggiamento fosse passato inosservato. Avrebbe dovuto controllarsi meglio e di più, ma ora non voleva distrarsi da un problema che poteva rappresentare un grave ostacolo. Aveva dato per certo che il suo Campione, una volta tornato, avesse risolto del tutto la minaccia di poter essere di nuovo sostituito dall'altro uomo, ma così non sembrava affatto!
    “Lo sta facendo... anche se non vorrebbe...” confessò a denti stretti. Si sedette sulla panca, infilò le mani tra le gambe e si rannicchiò in cerca di protezione da quel dolore. Respirò a fondo, tentando di connettersi con l’altro e capire cosa fosse meglio fare. [COLOR=red]“Lui ti ama...”
    “No, non è così... mi ha raccontato di aver conosciuto una persona identica a me, nell'universo dal quale proviene, e di averla amata senza avere avuto modo di dimostrarglielo. Sta solo vedendo lei, in me, e nulla di più.” Fece un piccolo sorriso di compassione per l'altro Thot, considerando l'argomento risolto. Poi rivolse lo sguardo al Campione, corrugando la fronte, e tirò fuori dalla manica un piccolo fazzoletto. “Ma tu non stai bene, e io sono preoccupata per la tua salute!”
    Il Campione sentì il fazzoletto tamponare la sua pelle madida, ma anziché provare sollievo, le fitte diventarono sempre più forti, al punto che gli occhi iniziarono a lacrimare e il corpo a tremare. E poi non riuscì a non perdersi, si sentì affogare e prese ad annaspare per restare a galla... Il terrore si impadronì di lui, quando la consapevolezza che l'altro era riaffiorato divenne reale.
    Thot non era riuscito a reprimere le sue emozioni, a tenere le redini di una volontà che pareva essere divenuta bersaglio di soli colpi inferti a tradimento. Perché nessuno capiva? Perché i suoi sentimenti dovevano essere calpestati a quel modo? Ci aveva provato... a starsene da parte... Ma la disperazione era stata più forte, le parole di Horus lo avevano dilaniato e aveva bramato quel tocco per sé, per la sua carne, per il suo cuore. Circondò la mano di lei con la propria, vi si appoggiò per riprendersi ciò di cui aveva bisogno, respirò a fondo e poi fece qualcosa per cui sarebbe stato condannato a vita: baciò il palmo caldo di Horus, attraverso il fazzoletto prima e direttamente sulla pelle dopo. Una, due, tre volte. E gli parve di ritornare a respirare... Solo allora la guardò negli occhi.
    Horus non si soffermò troppo sul suo gesto premuroso: la aveva appena respinta in malo modo, poteva farlo anche in questo caso. Ma decise di non pensare troppo e di agire d'impulso, certa che così facendo avrebbe messo da parte le sue emozioni per lasciare spazio al senso del dovere, ai riflessi addestrati in anni e anni di lavoro per essere un supporto sicuro e affidabile per lui. Non pensò al suo cuore neppure quando Toth le prese la mano e gliela baciò. Si trattava di un ringraziamento, probabilmente il primo passo per ritornare appieno ai ruoli che avrebbero sempre dovuto interpretare. Sospirò felice, abbandonando per un secondo le paure che la tormentavano da un tempo infinito. Poi, lui alzò la testa, e Horus si sentì mancare, come se le ossa si fossero trasformate in alghe flosce. Non riuscì neppure a sfilare la mano dalla presa, né a reagire alla carezza che le sfiorò la guancia. Toth si era trasformato in una persona diversa, un gemello di sé stesso, che si distingueva dal suo Campione solo per le emozioni che trasparivano dagli occhi. Vi leggeva tristezza, supplica, tenerezza, strazio e ardore.
    Era disprezzo ciò che Thot vide nello sguardo di Horus? Si era accorta del cambiamento e quel leggero sorriso che lo aveva spedito in paradiso si era spento, affossato in una espressione sgomenta. Non era il suo Campione ad averle stretto la mano, che vi si era appoggiato come se ne avesse bisogno fisico... e questo l'aveva delusa. “Non dare per scontato ciò che provo. Il mio amore non è un gioco, né un riflesso. È reale, tanto quello che tu provi per il tuo Campione, non calpestarlo così...” Il respiro era affannoso e non sapeva bene che cosa sarebbe accaduto. Percepiva chiaramente un altro tipo di disprezzo adesso, proveniva dal suo alter ego... ed era indirizzato verso il suo Compagno Alato oltre che verso il suo invasore. Nulla stava andando secondo i piani...
    “Come hai fatto ad essere di nuovo qui?” Soffiò lei, racimolando il respiro per pronunciare quelle poche parole. La testa rischiava di aprirsi per lo sconvolgimento e il trauma che stava provando. Il fatto che la mano fosse ancora nella stretta dell'intruso non era un segno che deponeva sulla sua buona fede e sulla sua determinazione nel mantenere l'accordo appena raggiunto con il Campione, ma la forza era stata risucchiata in un buco nero di angoscia. Lottò per non scivolare a terra, un’ulteriore prova della sua inadeguatezza nel mantenere la disciplina e l'impassibilità che ci si sarebbe aspettate da un buon soldato.
    Thot, dal suo canto, non la lasciò andare, un po' per egoismo, un po' perché non ne aveva la forza. Non sapeva cosa risponderle, non aveva programmato nulla, ma adesso temeva il ritorno del Campione, come l'avrebbe trattata? L’avrebbe punita per questa sua debolezza momentanea? Doveva lasciarla andare e fare in modo che lei mantenesse quella insulsa promessa di prigionia e sofferenza autoimposta? Ci aveva già provato a convincerla che non era la strada secondo lui migliore, ma lo spirito di sacrificio di Horus rasentava l'autolesionismo. Sarebbe stato perdente.
    “Sono stato richiamato... dalle tue conclusioni su ciò che provo... Non so bene come funziona tutto questo, ho tentato di non emergere, ma tu... lui... siete delle macchine senza sentimenti... e volevo mettere in chiaro almeno i miei...” Thot sospirò, non aveva più ossigeno e il Campione scavava per scalzarlo e poter inveire contro entrambi. Si trovava tra l'incudine e il martello... ma forse doveva lasciare che tutto ciò accadesse e lasciarsi andare all'oblio. Ma se lo meritava davvero?
    “Quindi sei tu che hai il controllo della transizione? Anche se trascinato dai tuoi sentimenti, puoi aver ragione della forza del legittimo possessore di questo corpo?” Horus abbassò lo sguardo e girò la testa intorno, quasi si aspettasse che il mondo si fosse invertito nel frattempo. “Le nostre vite dipendono dalle tue decisioni, o peggio, dall'impeto dei tuoi sentimenti? Credi di poterci giudicare e di influire sulle nostre azioni, senza alcun riguardo per il nostro volere...” Si passò la lingua sulle labbra secche, avvertendo un sapore salato. Alla fine, come ulteriore umiliazione, non aveva trattenuto le lacrime. “Ho scelto la mia strada conoscendo quello che avrei affrontato, non ho bisogno di pietà, ma neanche di essere accusata senza motivo. Se solo sapessi cosa causeranno le tue parole...”
    Thot la lasciò andare. Udire quelle sillabe laceranti, vedere la sua sofferenza condensata in lacrime amare e tenerle la mano contemporaneamente non era possibile, lo stava uccidendo. Si appoggiò allo schienale della panca e fissò il cielo, neppure la forza della luna riusciva a dargli sollievo. Il suo dolore non era solo fisico... abbassò le palpebre e le strinse forte. “Mi sono risvegliato qui, non per mia volontà. Quante volte devo ripeterlo?” mormorò senza energia, la voce un filo sottile. “Ho tentato di avere cura del tuo volere, dei tuoi sentimenti per lui... ci ho provato... adesso dammi una tregua...” Avrebbe dovuto trovare la forza per continuare a combattere, ma adesso non ne aveva neppure un briciolo.
    “Cosa vuoi che faccia?” A quel punto, non trovava altra via d'uscita. Nessuno ragionamento, nessuna minaccia, neanche la paura o la considerazione che diceva avere per lei potevano nulla per convincerlo a desistere. La vittoria che Horus aveva ottenuto scacciandolo, restituendo la libertà al suo Campione, si era vanificata solo perché non lo aveva rispettato a sufficienza, nei suoi giudizi. E quindi, come aveva appena riconosciuto, sia lei sia il legittimo erede di Marte non sarebbero mai stati liberi di proseguire la loro vita. Era un tiranno. Gentile, accorato, attento, coraggioso, magnanimo, giudizioso, ma pur sempre il carceriere delle loro anime. “Ho cercato di non pensare più a te, di agire secondo i miei valori, ma tu... continui a rimanere qui, a spiarci, a sparigliare le nostre intenzioni...”
    “Se potessi uccidermi, senza farti soffrire - perché con me verrebbe anche il tuo Campione - lo farei in questo preciso istante” sibilò, conficcandosi le unghie nelle ginocchia, trapassando il lino e incidendo la carne. Si trovavano a un punto morto, da un lato avrebbe voluto mollare tutto, Horus compresa. Non era sua la responsabilità di quanto stava accadendo! Dall'altra, il suo amore per lei lo costringeva a doverla sapere felice. Eppure, anche se lui avesse capito come farsi da parte, con il Campione NON sarebbe stata felice! Nonostante tutto ciò, lui era considerato l'intruso, il nemico, il terzo incomodo. Questa cosa riusciva a farlo impazzire dalla rabbia, ringraziò che il potere lunare non avesse effetto sulle ferite dell'anima... almeno non avrebbe avuto la forza di reagire e di commettere l'irreparabile.
    Il Campione, dentro di lui, si era fatto improvvisamente silenzioso: temeva che Thot potesse mettere in pratica il suo desiderio di porre fine alle loro vite e a quel punto, nessuno avrebbe vinto.
    Le dolevano le ginocchia, immobile come si trovava già da un po', chinata accanto a lui. Non riusciva però a muoversi, a raccogliere la volontà per attivare i muscoli, i tendini. Era davvero uno sforzo superiore a quello che poteva sopportare, perché non si trattava solo di quello, ma di spostare anche il greve peso della situazione, del dilemma orribile che li stava coinvolgendo tutti e tre. Il suo Campione non sarebbe mai tornato davvero alla sua vita, sempre in cattività per colpa di una decisione fatale e imperscrutabile e lei, nonostante avesse fatto tutto per cercare una redenzione, si sentiva ogni giorno di più lontana da un traguardo dove la sua esistenza sarebbe stata irreprensibile. Erano i sentimenti che la condannavano. Quelli di sua madre, che aveva pagato a caro prezzo la sua idea di integrità, quelli suoi, che avevano ignorato i precetti sacri, quelli dell'intruso, che combatteva anche quando sarebbe stato meglio arrendersi.
    “La morte sarebbe davvero l'unico rimedio, ma non...” Esalò un lungo respiro, tra le parole sussurrate quasi solo a se stessa. “Niente di meno della Fidah, o la morte da sola non avrebbe nessun significato...” Rimase a guardare il vuoto, ai suoi piedi, sconvolta.
    Fidah. Quella parola aveva avuto il potere di generare una valanga di emozioni contrastanti. Thot era confuso, dal tono e dalla espressione di Horus non sembrava nulla di buono, anzi, tutto il contrario. Il Campione invece era ammutolito, mentre tentava di nascondere al suo invasore i ricordi e i pensieri che minacciavano di venire a galla. Ma fu Thot a indagare, scavare, costringerlo a venire allo scoperto perché a lui i sotterfugi non piacevano affatto. Tuttavia, rischiò di pentirsi amaramente di questo atto di forza. Le unghie che erano conficcate nelle ginocchia andarono più a fondo e trattenne a stento un ringhio all’interno della gabbia toracica.
    Fidah. Somma Redenzione. Un suicidio rituale che i Compagni Alati compivano quando – per qualsiasi ragione – venivano meno al loro giuramento di fedeltà. Era un modo per espiare i propri sbagli, lavando via col sangue l’onta di aver offeso o tradito il proprio Campione.
    Nessuno osava fiatare, ma Thot non aveva alcuna intenzione di starsene zitto, non quando una simile ipotesi era uscita dalle labbra della donna che amava. Cosa voleva dire? Ciò nonostante, non lo avrebbe domandato a lei… ma al bastardo che seguitava a trincerarsi dietro il muro del silenzio.
    “Ora, tu mi spieghi a che cosa allude Horus. Perché ha parlato di questo rituale? Perché dovrebbe interessarle in questo istante? Non è della sua morte che si stava parlando, ma della mia.” Thot ringhiava nella sua testa, ma aveva quasi la sensazione di avere pronunciato ogni singola sillaba tanto fu intensa. E poi, attese, anche se non per molto, il Campione non poteva tirarsi indietro da quel confronto, lo avrebbe costretto anche con le maniere forti se fosse stato necessario.
    “Horus pensa che tu ti sia incaponito a causa sua, che tu voglia restare a ogni costo… o che non ne possa fare a meno… a causa dei sentimenti che provi per lei…”
    “E allora? Non è una sua responsabilità, cosa c’entra la Fidah?”
    “Se la conosco bene, crede che levando l’ostacolo si risolverebbe il problema. Venendo meno lei, tu mi lasceresti alla mia vita…” Il suo cuore si frantumò in mille pezzi, mentre portava le ginocchia al petto e vi appoggiava la testa sopra. Doveva in qualche modo tenerli insieme quei dannati cocci… doveva…
    “Che terribile sciocchezza… Se solo avessi voce in capitolo e tu non fossi il coglione che sei allora farei in modo di scomparire nel nulla, ci proverei almeno… Ma tu non sei in grado di renderla felice, solo che non se ne rende conto. Pensa che essere un Compagno Alato sia la massima aspirazione… ma non lo è anche amare? Condividere la vita con una persona che ti ricambia? Davvero è convinta che io potrei lasciarle fare una cosa simile…?” Il Campione rimase silenzioso per qualche istante e questo lo insospettì un po’.
    “Amare il proprio Campione è proibito, è un sentimento impuro, che non può e non deve essere vissuto. D’altronde, un Compagno Alato non deve avere altre ambizioni se non quelle di contribuire alla gloria del proprio Campione.” Aveva parlato con tono strano, quasi meccanico.
    “Cosa cazzo vorresti dire? Che per quel sentimento farebbe bene a togliersi di mezzo? Vedi, ho ragione a definirti coglione, anzi pure stronzo. Avete vissuto centinaia di anni insieme e questo è tutto ciò che hai da dire di fronte a una tragedia annunciata? Mi fai schifo.” Thot lo aggredì, sperando di fargli male nel profondo, doveva ferirlo per capire se poteva esserci un minimo di sensibilità in un cuore che pareva fatto di cenere. Amava le sue sorelle, aveva percepito quell’amore fin dentro le ossa. Amava essere un marziano e un MoonKnight. Amava servire la sua Patria e proteggere il suo popolo. Perché non capiva ciò che Horus provava per lui, anzi addirittura lo condannava oltre ad aver represso una scintilla che poteva diventare fiamma ardente.
    “Non possiamo cambiare tradizioni millenarie. Quelle ci hanno retto e portati fin qui su un tappeto di onorevoli vittorie… Ma tu non puoi capire!” Eccolo che veniva fuori dal suo guscio, era l’orgoglio uno dei suoi punti deboli.
    “Sono fiero di non capire una barbarie simile. Sai, sono stato un mercenario per anni, ero convinto di aver trasformato il mio cuore in pietra, che il sangue versato avrebbe per sempre imbrattato la mia anima. Eppure, mi sbagliavo. Ho servito l’Impero Lunare con devozione, votandomi senza remore a ogni sacrificio necessario… ma mai… mai avrei permesso a un’altra persona di togliersi la vita per una colpa che non è una colpa. Mai.” Thot avrebbe voluto prenderlo a cazzotti in questo preciso istante, ma la sensazione che non avrebbero potuto raggiungere una visione comune iniziò a farsi strada come un uragano dentro di lui.
    “Ciò che tu non consideri una colpa, per noi lo è. Non puoi capire il nostro mondo, per questa ragione Horus non ti amerà mai. Lei è talmente devota alle tradizioni a cui ha giurato fedeltà che preferirebbe morire piuttosto che continuare a vivere nell’onta di un amore non permesso…” Un magone improvviso chiuse la gola di Thot e questa volta fu ben lieto di non dover rispondere con le corde vocali a quella terribile verità. Il Campione aveva ragione su tutta la linea, ma questo non avrebbe aggiustato le cose, anzi, le avrebbe solo peggiorate.
    “Allora perché hai accettato la sua promessa di smettere di amarti?” chiese in un flebile pensiero, timoroso di conoscere la risposta.
    “Perché volevo darle una chance... ma il suo sorriso in risposta alla tua carezza, convinta che fosse la mia; il suo tocco premuroso quando mi hai piegato in due dal dolore; adesso che so vedo tutto sotto un’altra prospettiva. Non sono convinto che riuscirà a mantenerla quella promessa…”
    “E quindi? Meglio che muoia così tu potrai trovarti un altro uccellino da ingabbiare e rendere schiavo?” Thot sibilò tra i denti, senza rendersi conto di aver detto quelle cose terribili a fior di labbra. Il suo era stato un mormorio sommesso, ma richiamò l’attenzione di Horus. Si maledisse mentalmente e cercò di stare calmo. “Non lo permetterò mai. Sappilo. Semmai dovesse accadere una cosa simile, tu finiresti lo stesso nell’oblio, perché ne sarai stato il primo responsabile…”
    “Dovresti chiederlo a lei. In fondo, la scelta è la sua.”
    “Dovrei sopprimerti in questo preciso istante.”
    “Il suo odio ti ucciderebbe…” La frustrazione rischiava di spezzare Thot. Non vedeva via di uscita da quel pantano in cui si era infilato. Si strofinò il viso e cercò di respirare più profondamente, rischiava l’apnea.
    “Stai parlando con lui?” La voce fragile di Horus lo costrinse a voltarsi verso di lei. Incrociò il suo sguardo di ossidiana liquida, il suo dolore lo avrebbe ucciso prima del suo odio o della sua morte. Thot annuì piano, mentire non aveva senso. “E cosa ti sta dicendo…?”
    “Mi ha spiegato cos’è la Fidah…”
    Horus annuì decisa. ”La soluzione migliore, quella più onorevole” Man mano che parlava acquistava più sicurezza. ”La cerimonia avverrà davanti a dei testimoni scelti che avranno il compito di certificare che la Redenzione si è compiuta rispettando le regole millenarie, e in questo modo il Campione sarà libero...” scoccò un'occhiata intensa a Toth “... di poter partecipare alla competizione per legarsi ad un nuovo Compagno Alato.”
    Thot sbatté le palpebre per schiarire la mente. Aveva la sensazione di aver ricevuto una serie di pugni in viso, nello stomaco, sull'anima. “Saresti davvero disposta a farti abbattere con un colpo al cuore dal tuo Campione? La persona con cui hai vissuto per centinaia di anni, che avrebbe dovuto proteggerti come se fossi un tesoro prezioso e non un mero animale da compagnia? Come potrei permettere una cosa simile?” Come aveva fatto a vivere in un mondo simile per così tanto tempo? Così lontano da ciò che era e da ciò in cui credeva? Thot non riusciva a capacitarsi che una tale crudeltà potesse essere data addirittura per scontata. Aveva la nausea.
    L'espressione di Horus esprimeva appieno contrarietà, le labbra chiuse e schiacciate tra loro. Si alzò in piedi, guardando Thot dall'alto, e il tono con cui rispose non lasciava spazio ad altre repliche. “Sì, sono disposta a farlo e no, tu non dovrai ostacolarmi più!”
    Thot avrebbe voluto alzarsi e urlarle contro, prenderla per le braccia e scuoterla fino a quando non avesse ritrovato la ragione, ma un flash di un possibile futuro gli fece capire che a nulla sarebbe servito. Una mentalità così radicata e forte non ne sarebbe stata neppure scalfita. Al contrario, avrebbe creato un mostro peggiore di quello, l’avrebbe costretta a scelte ancora più definitive. E lui non voleva nulla di tutto ciò. Dal saperla felice, la priorità si era spostata sul saperla viva in qualche angolino dell’universo e per far sì che ciò accadesse avrebbe dovuto fare, ancora una volta, un passo indietro… Conosceva le intenzioni del Campione, l’avrebbe tenuta sotto stretta osservazione e l’avrebbe punita al primo passo falso… ma a Thot non restava che confidare in Horus e nella sua capacità di reprimere sentimenti nati su un ideale che poco aveva a che fare con la realtà. Non c’era spazio per scelte alternative, non c’era spazio per vivere il suo amore e la sua vita che, a detta di tutti, era nulla più che un errore del destino…
    “Ti amo, Horus, ti amo con ogni fibra del mio essere. Per questo ti lascio andare… Tenterò con tutte le mie forze di non venire più a galla, ma tu promettimi che farai di tutto per restare in vita. Smettere di amare è difficilissimo, chi ama davvero lo sa, ma tu provaci… per la tua incolumità e per non rendere i nostri sacrifici vani…” Thot aveva parlato guardandola negli occhi, alzando il volto su di lei con sguardo fiero. Si stava affidando al Fato… senza sapere che quest’ultimo aveva ben altri piani per lui.
     
    Top
    .
11 replies since 14/3/2021, 19:10   218 views
  Share  
.