Present Day #2021: Mandalore

Season 6

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  1. Tharia
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    Annarita
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    DA LEGGERE DOPO AVER LETTO PRIMA QUI ➡️Present Day #2021: Bologna⬅️



    :DinM:
    La sosta da Armorer di ritorno da ogni missione era un rituale ormai consolidato. Pochissime volte si andava da lei a mani vuote, spesso consegnavamo la ricompensa e lei ci onorava – se l’ammontare era di un certo rilievo – con qualche dono di rimando. Tuttavia, questa volta, non avevamo alcuna ricompensa da consegnare. La missione era fallita, anche se non nel senso stretto del termine. Avevamo avvisato il Cliente che eravamo riusciti a intercettare l’obiettivo del trasmettitore, anche se, una volta catturato avevamo compreso che non era chi cercavamo. In assenza di altre indicazioni o tracce da seguire, il Cliente aveva annullato il tutto e senza dare ulteriori spiegazioni ci aveva congedato. Tutto questo, con una brevissima conversazione durante il viaggio di rientro. Ovviamente, nessun target corrispondeva a nessun pagamento. Era la regola.
    Avevamo, di conseguenza, messo al corrente Armorer dell’accaduto, la quale aveva predisposto un incontro urgente con il Maestro Jedi con cui stavamo collaborando: Shay Cormac.
    A nessuno dei presenti era venuto in mente che era notte fonda, che tornavamo da un viaggio piuttosto lungo e deludente, ciò nonostante, riposare non era una opzione valida, non fino a quando non avremmo messo un punto fermo a tutta quella storia.
    L’ologramma del Jedi arrivò prima di quanto ci aspettassimo, come se in qualche modo avesse atteso il messaggio di Armorer e si fosse tenuto pronto a comunicare con noi. Quell’uomo mi inquietava, ma non in senso negativo. Aveva la capacità di sembrare un libro aperto e un muro di cera al medesimo istante. Quando credevi di averlo inquadrato, ecco che faceva o diceva qualcosa che ti smentiva. Era molto interessante…
    Quando terminai il resoconto per la seconda volta in un’ora mi rifugiai nel mio silenzio. Diedi uno sguardo fugace a Omera, aveva tenuto il casco, ma non riusciva a celare del tutto il suo nervosismo: la stava tradendo un leggero movimento della punta del piede. Avrebbe imparato a dominare anche questi piccoli istinti… col tempo.
    La quiete regnava sovrana. Shay Cormac rifletteva, con due dita a sorreggere il mento e gli occhi persi in chissà quale elucubrazione. Armorer, dal suo canto, era perfettamente immobile, come me.
    “Il Cliente deve di certo sapere qualcosa. Chi cercava questa persona aveva le idee ben chiare riguardo alla sua identità. Il trasmettitore era tarato su una determinata traccia energetica, ma la Forza non è un’impronta digitale, è soggetta a variazioni. Ciò nonostante, il bersaglio – benché non fosse la signorina Winkler, per ovvie ragioni – deve necessariamente essere il protagonista della profezia e il Cliente, o il suo mandante, non può ignorarlo. La domanda adesso che sorge spontanea è: chi, a parte noi, può essere a conoscenza della pergamena?”
    La voce pacata dello Jedi aveva aleggiato al lungo nell’aire. Armorer e io avevamo fatto alcune ipotesi, i più accreditati erano Devianti e Templari. Gli Eterni erano troppo impegnati a leccarsi le ferite dopo il tradimento subìto. Tuttavia, i Devianti non avrebbero ingaggiato dei Mandaloriani se avessero avuto il sospetto che l’obiettivo potesse essere uno di loro, troppo rischioso. Di conseguenza, restavano i Templari, capacissimi – secondo le parole di Cormac – di architettare trame ben più subdole per sviare l’attenzione dai loro piani.
    La riunione si era conclusa con un nulla di fatto. Armorer e Shay avrebbero continuato a tenere gli occhi aperti sugli sviluppi, mentre Omera e io potevamo tornare a casa e riposare in attesa di una nuova missione.
    […]
    “Ma se i Templari sanno della Profezia, pensi che sappiano anche della minaccia che viene dall’altro mondo? Se potessimo confrontarci tutti insieme, unire le forze… basterebbe un piccolo atto di fiducia. Il Maestro Jedi dice che i Templari sono degli infidi manipolatori e ciò che hanno fatto all’Impero Lunare lo dimostra… ma…” Fermai quel fiume in piena di parole, che aveva rotto gli argini un attimo dopo aver varcato la soglia del rifugio di Armorer con un dito posato sulle sue labbra morbide. Avevo la sensazione che Omera avesse accusato particolarmente l’essere rimasta in silenzio durante la riunione, ero certo che avrebbe voluto dire la sua opinione ma si era frenata dal farlo. Capiva che c’era una gerarchia da rispettare, ma soprattutto era conscia che Armorer l’avrebbe interpellata senza remore se l’avesse ritenuto utile…
    “La missione è finita, Omera. Adesso arriviamo a casa, spegniamo il cervello e recuperiamo le energie.” Parlai con tono dolce, accarezzandole con l’indice la bocca semichiusa. La vidi stringere sotto il braccio il casco e annuire. Aveva compreso il mio intento, anche se sapevo bene quanto per lei fosse difficile staccare la spina quando aveva dubbi su cui rimuginare.
    Nonostante ciò, più ci avvicinavamo al confine della città, l'unico che affacciava in un'oasi verde e tranquilla, ecco che pian piano i suoi lineamenti iniziarono a rilassarsi.
    Alla vista dell'acqua poi, tutti i suoi pensieri e le sue paure sembravano essere spariti. Eccolo il sorriso che tanto amavo, era spuntato come se il laghetto avesse acceso un piccolo interruttore.
    “Non vedo l'ora di togliermi l'armatura...” ammise di fronte alla porta di casa. “... ecco perché me la toglierò e mi butterò in questo magnifico specchio d'acqua... ho bisogno di rigenerarmi e... anche tu...” terminò abbassando il tono di voce e velandolo di malizia. Il riferimento era chiaro e diretto al sottoscritto.
    “Fare il bagno insieme dici? Dovresti stare bendata per tutto il tempo… o io tenere il casco nell’acqua… mmm” Non ero molto convinto. La fiducia non era più un problema, non avrebbe sbirciato neppure sotto tortura… la tortura, piuttosto, sarebbe stata costringerla a non vedere nient’altro di quel meraviglioso panorama, non solo la mia brutta faccia. Non mi piaceva, non mi faceva stare bene.
    Con il casco in mano mi guardò, mettendo su un broncio da manuale, mentre entravamo in casa. Sapevo già dalla sua espressione che non avrebbe mollato facilmente, sembrava già pregustare il tempo trascorso sulla spiaggetta.
    “Stare bendata non mi pesa... l'acqua è il mio elemento mi basta sentirla accarezzarmi per star bene... un po' come mi accade con te...” Eccolo l’affondo sleale. Colpito e stecchito. Respirai piano, per evitare di andare in iperventilazione. Ero pronto al compromesso, come lei – d’altro canto – aveva ampiamente previsto.
    “Allora terrai la benda quando saremo in acqua, poi torneremo sulla riva e io rimetterò il mio casco, mentre tu toglierai la benda. Prendere o lasciare.” La mia voce voleva essere perentoria, ma uscì fuori fin troppo permissiva…
    Il suo broncio strategico si trasformò ben presto in un sorriso dolce. Aveva vinto.
    “Affare fatto!” disse solenne con tanto di stretta di mano, prima di sparire oltre la soglia della camera per cambiarsi.
    Dopo neanche dieci minuti eravamo già in spiaggia. Le stelle punteggiavano il cielo a perdita d’occhio, riflettendosi sullo specchio d’acqua come bambini curiosi. La superficie era liscia, nessuna brezza arrivava a disturbarla, e il suo colore era simile all’argento liquido. Lasciai che Omera si riempisse gli occhi di tutta quella meraviglia, prima di costringerle la vista in una striscia di tessuto scuro. Poi, fu il mio turno di levarmi il casco e i vestiti. La presi per mano e insieme ci incamminammo all’interno del lago. L’acqua era fresca, piacevole, vista l’afa che regnava sovrana sul nostro pianeta. Osservai Omera, il suo profilo sorridente, pareva una bimba a cui avevano permesso di aprire i regali di Shelova prima del previsto.
    Avrei voluto dire un milione di cose, ma come sempre rimasi in silenzio. Anche se, dopo l’ultima esperienza vissuta sulla Razor Crest, dentro di me avevo conquistato un pizzico di sicurezza in più, tanto da farmi prendere una decisione importante. Lì, proprio tra le sue braccia, pelle contro pelle, avevo deciso…
    Eravamo vicinissimi, eppure, pareva che in qualche modo adesso lo fossimo di più. Omera mi scrutava attraverso la benda, era assurdo, ma avevo la netta sensazione che i suoi occhi fossero dappertutto, sui miei capelli bagnati, le spalle, il dorso. Disegnò con la punta delle dita ogni contorno, ogni cicatrice, piegando il capo su un lato e mordendosi il labbro inferiore. La vidi rabbrividire, la sua pelle rispecchiava ogni emozione che stava provando, assieme al suo eterno sorriso.
    “Ho sempre trovato banale il concetto e la frase ‘l'amore è cieco’ ma oggi, ora, in questo preciso istante, ne comprendo il significato più profondo... sento di amarti dalla prima volta che le nostre strade si sono incrociate e non mi serve vedere per saperlo... perché io già ti vedo... ti amo sai... Non esistono parole per esprimere quanto ti sia devota, ma al contempo al tuo pari. Quanto mi senta libera, ma al contempo completamente tua... ”
    Lei era convinta che non sarebbe stata in grado di esprimere a voce ciò che provava, ma si sbagliava. Ogni sillaba si marchiò a fuoco sulla mia anima, rendendomi audace. Le feci appoggiare le mani sul mio torace, mentre con le dita accarezzavo il suo viso. L’acqua arrivava fino al mio petto, mentre sommergeva lei fino al collo, facendo da culla ai suoi lunghi capelli.
    “Prima di incontrarti non sapevo cosa significasse prendersi cura di qualcuno che non fossero i nostri bambini, pensare a quel qualcuno giorno e notte, con il bisogno urgente di saperla sempre al sicuro. Con te ho imparato tanti sentimenti, molti dei quali non ne conoscevo neppure l’esistenza. Hai compiuto un miracolo, ma non te ne rendi neppure conto…”
    Inaspettatamente mi immersi sotto la superficie, afferrai ciò che mi serviva e tornai da lei. Rideva mentre mi scrollavo i capelli bagnati e le schizzavo tutto il viso. Con il sassolino appuntito ferii il mio indice destro e poi presi la sua mano, le baciai il palmo prima di scriverci col sangue una parola. Omera non poteva leggerla – com’era da tradizione – per colpa della benda e dell’acqua… ma non era questo il passaggio fondamentale. Le stavo chiedendo di sposarmi, di diventare la mia Riduur, e fu così naturale che rimpiansi di non poter vedere i suoi occhi brillare. Ciò nonostante, la sua bocca si spalancò a formare una piccola "o", potei quasi percepire i meccanismi della sua mente tradurre le lettere che avevo appena segnato…
    “Ehm... io... mi... ehm, stai dicendo... io... io ho capito bene... io...” Era deliziosa mentre balbettava, poi, istintivamente, si portò le mani alla collana che portava al collo, quella con il mitosauro, e scosse il capo emozionata. Infine, incapace di dire qualsiasi altra cosa, saltò tra le mie braccia prima di cercare le mie labbra e baciarle con impeto. Aveva mandato all’aria ogni regola o attenzione e io non me ne rammaricai neppure per un istante.
    “Sì sì sì sì sì sì, mille volte sì... non avrei mai creduto di voler essere una moglie, non l'ho voluto quando mi è capitato e quando lo ero non avrei mai voluto esserlo... e ora non chiedo altro… sì, sì, voglio essere la tua Riduur!”
    Omera era esattamente dove io volevo che fosse. Sopra e dentro il mio cuore. Sopra e dentro la mia bocca. Sopra e dentro la mia anima. Da ora in avanti, la mia Riduur.
     
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