Present Day #2021: Mandalore

Season 6

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  1. Tharia
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    Annarita
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    Respiravo piano, le mani intrecciate sul grembo, le palpebre semichiuse, seduto immobile sulla sedia imbottita del mio ufficio. Era il mio modo per concentrarmi, riflettere, mantenere il controllo. Dopo la terrigenesi, che aveva fatto di me ciò che ero, non ero stato più scosso da forti emozioni, o comunque, ero riuscito sempre a tenerle a bada con una facilità che a tratti mi aveva spaventato. Amavo la mia famiglia, amavo Claudia, amavo la vita che avevamo costruito e quella che si prospettava nel prossimo futuro, eppure mai un moto emotivo era sopraggiunto fuori luogo. Avevo giustificato il tutto con i poteri che la terrigenesi mi aveva donato, il ghiaccio era arrivato anche all’anima, annientando qualsiasi tipo di reazione eccessiva.
    Negli anni, tuttavia, avevo scoperto che questo mio essere tanto misurato aveva un punto debole, un po’ come quel famoso tallone d’Achille leggendario. Eppure, ciò non mi aveva abbattuto o disorientato, al contrario, mi aveva dato la certezza che in me c’era ancora una fiamma sopita, che ardeva solo in un singolo caso… Avevo fatto di quel singolo caso la missione più segreta di tutte, della quale non era a conoscenza neanche mia sorella. Solo il mio braccio destro, Henry, conosceva qualche dettaglio ma per il semplice motivo che necessitavo di un supporto “tecnico” per procedere. Mi fidavo di lui, nonostante fossi venuto a conoscenza dei sentimenti che Claudia provava per il mio fidato consigliere. Non ero sicuro di cosa lui provasse per lei, invece, nonostante gli anni trascorsi al mio fianco, non ero ancora in grado di “leggerlo” fino in fondo… ma poco importava, ero certo che non le avrebbe mai fatto del male, se non ci fosse stata la sua estrema lealtà a frenarlo, i deterrenti collaterali non sarebbero stati da meno.
    Sospirai, tornando alla realtà quando udì bussare in maniera decisa alla grande porta intarsiata dell’ufficio. Un battito del cuore uscì fuori dagli schemi, ma fu solo uno, subito dopo tutto tornò alla normalità. Era giunto il momento di fare il punto della situazione delle missioni che avevo ordinato, nella massima discrezione, a due dei miei più fidati Maestri Templari.
    "Avanti…" dissi con voce perentoria.
    Osservai attentamente il Maestro François Germain presentarsi al mio cospetto. Non si era neppure cambiato, aveva ancora indosso la tuta di volo, eppure il suo volto non mostrava alcun segno di stanchezza, al contrario, era severo e impassibile. Il suo passo era sicuro mentre avanzava con le mani strette dietro la schiena e gettava un’occhiata alla stanza per controllare l’ambiente: era un’abitudine che pochi di loro non avevano.
    "Sono qui per fare rapporto sulla missione che mi è stata affidata." La voce del Maestro risuonò vibrante, con un leggerissimo accento francese che lo faceva assomigliare a un nobile d’altri tempi… cosa che era stato effettivamente, mi ritrovai a riflettere. Era trascorso talmente tanto tempo che a volte dimenticavo le origini di ognuno di loro.
    Alzai lo sguardo su di lui, appoggiai la schiena alla poltrona morbida e con un cenno della mano lo invitai ad accomodarsi sulla sedia di fronte alla mia imponente scrivania. Lui declinò gentilmente l’invito, preferendo rimanere in piedi… sull’attenti quasi.
    "Maestro Germain, ben tornato. Qual è, dunque, l’esito?" Intrecciai nuovamente le dita e attesi una risposta, sfoggiando il mio solito sorriso enigmatico: avevo indossato la mia maschera migliore, quella che conoscevano tutti i miei sottoposti. Dietro di me, percepivo la totale immobilità di Henry, anche lui sapeva inquietare senza fare assolutamente nulla.
    Trascorse qualche secondo, vidi il Maestro irrigidire la mascella e intuii che non doveva portare notizie positive, era famoso per il suo orgoglio e per la totale dedizione alla Causa.
    "Ho contattato e assoldato un Mandaloriano per compiere la ricerca del soggetto stabilito. Temevo che la ricompensa generosa avrebbe attirato elementi spregiudicati, invece il cercatore di taglie sembrava degno di fiducia. Ma..." Fece una breve pausa. "Sono stato ricontattato un paio di giorni dopo. E ho parlato con lui, solo…"
    Non mostrai segni di reazioni particolari, se non per il semplice fatto che il sorriso si volatilizzò dal mio volto e una leggera ruga comparve tra le sopracciglia. La missione era fallita?
    "Mi sta dicendo che il Mandaloriano non ha individuato il soggetto che indicava il trasmettitore?" Trasmettitore che mi era stato fornito direttamente dai Monoliti!
    "Tutt'altro. Lo ha individuato velocemente, inseguito in una zona disabitata per poterlo catturare e consegnarcelo. Purtroppo, però, ha sottovalutato la sua abilità e prontezza. Il soggetto a cui eravamo interessati gli ha teso una trappola, a cui è seguito uno scontro che ha messo il Mandaloriano a dura prova."
    Le mie pupille si strinsero, tradendo un barlume di impazienza. Quindi il trasmettitore ha portato a “qualcuno” e allora qual è stato il problema? Il soggetto aveva poteri tali da sbaragliare il cacciatore e poi fuggire?
    ”Maestro Germain, il Mandaloriano è stato sconfitto, fallendo il recupero?” La domanda pesava come un macigno, da questa risposta dipendevano di fatto molteplici decisioni future. E mi ritrovai a trattenere il respiro…
    "Esatto." Una parola secca, definitiva e impietosa. Germain strinse ancora di più le mani, che già teneva strette e nascoste, ma potevo immaginare l’uragano che si muoveva dentro di lui. Fallire una missione significava tradire il proprio mandato, la mia fiducia e andare in contro a conseguenze per nulla piacevoli. Non ero un despota, ma pretendevo risultati eccellenti per ognuno di loro, era per questa ragione che le Chiavi Titane li avevano scelti, DOVEVANO essere i migliori!
    Rilasciai quel respiro sospeso, in maniera evidente, per sottolineare la mia disapprovazione.
    "Chi era il soggetto in questione? Siete stati almeno in grado di identificarlo con certezza?" Quel plurale non era stato usato a caso, volevo che fosse chiaro che quel fallimento ricadeva su tutti gli attori in campo e non solo sul Mandaloriano! Fui certo che il messaggio era arrivato chiaro a destinazione, quando Germain si mosse a disagio, spostando il peso del suo baricentro. Portò una mano velocemente sul petto, ad aggiustare una piega minuscola del tessuto, poi si ricompose prima di rispondere.
    "Sì, il Mandaloriano mi ha confermato senza dubbio alcuno l'identità del bersaglio. E questo è... molto strano, se posso dire." Strinse le labbra per un attimo infinito prima di continuare. "Era la figlia del Führer, il comandante dei Devianti. Moira Winkler" Il nome era un aggiunta inutile, ma lo disse comunque, come a voler rendere reale una scoperta del tutto assurda. E in quel momento capii. Il trasmettitore aveva portato a un falso bersaglio, i Monoliti avevano avuto una ragione ben diversa per generarlo, ma non potevo sapere quale, una prova anche per il sottoscritto? Tuttavia, cominciavo a immaginare il “come” i fatti si erano evoluti… i Mandaloriani raramente fallivano una missione, così come il Maestro Germain. Di fatto, al momento opportuno, il trasmettitore non aveva funzionato a dovere… e credevo di sapere il perché. Una strana sensazione di trepidazione mi prese, consapevole che se la prima missione era di fatto fallita, la seconda avrebbe di certo avuto esito positivo… e non vedevo l’ora di scoprirlo.
    Il mio atteggiamento cambiò sensibilmente, infatti sorrisi compiaciuto. Il mio volto era tornato sereno e privo di qualsiasi riprovazione. Il Maestro francese doveva essere molto confuso da questo mio evidente mutamento di rotta, ma la cosa non mi tangeva, non ero certo tenuto a spiegar nulla. Gli sarebbe bastato non dover subire la mia contrarietà.
    "Ottimo, questa informazione è comunque preziosa e mi tornerà molto utile..." risposi alla fine, dopo una lunga pausa comprensiva di una occhiata fugace ad Henry. Nonostante tutto, Germain aveva soddisfatto le mie aspettative... inutile tenerlo ancora sui carboni ardenti.
    Come previsto, però, lo vidi inarcare le sopracciglia, perplesso più che sollevato.
    "Temo di non capire. La missione era di recuperare, vivo, l'individuo registrato nel segnalatore... Parlava lentamente, nel tentativo di trovare una logica alla mia reazione. "Comunque, ho cercato di eseguire gli ordini che mi avete affidato. Non mi è dovuta nessuna spiegazione." Continuò con rigore e un pizzico di altezzosità, non mi aspettavo nulla di diverso da lui. Lo fissai con intensità, conscio che il mio sguardo era in grado di penetrare – al pari del ghiaccio – la compostezza del Maestro.
    "Proprio così, la missione ha comunque avuto un buon esito anche senza il recupero del soggetto. Non vi devo spiegazioni, corretto, ma un semplice ringraziamento... Potete tornare alle vostre mansioni, Maestro Germain, il vostro ingaggio è concluso."
    Mi alzai in piedi, decretando concluso l’incontro. Germain mi salutò con un conciso cenno del capo, prima di girare i tacchi in un gesto marziale e scomparire oltre la soglia.
    Io, a mia volta, gettai un’occhiata verso Henry che annuii leggermente prima di volgere il capo in direzione della zona in ombra della grande sala. Da lì, sbucava un passaggio che conoscevamo in pochissimi, tra questi vi era la sagoma snella e sinuosa che fece capolino come se fosse essa stessa fatta di ombre: il Maestro degli Shadow Templar, Mariko Yong. La seconda missione, infatti, era stata affidata a lei. Era l’unica che avrebbe potuto portarla a termine con successo. Le feci segno di avanzare e quando la luce – benché soffusa – della stanza la colpì vidi il suo volto intellegibile. Era bella, ma non di una bellezza classica o eterea, al contrario, appariva algida ma in realtà rappresentava il fascino di una macchina efficientissima, senza errori di calcolo o bug di sorta, perché non era in grado di provare alcun sentimento. Era perfetta e a me serviva così.
    Non ci fu alcun convenevole da parte sua, in fondo non me li aspettavo neanche, ma mi fece comunque alzare le labbra in un sorriso accogliente. Era un po’ la mia reazione spontanea alla sua totale assenza di qualsivoglia reazione.
    ”Maestro Yong, ha recuperato quanto richiesto?”
    "Sì, Gran Maestro." rispose semplicemente, aprendo la sacca di pelle che teneva a tracolla e tirando fuori un oggetto sigillato in una busta di plastica trasparente. Henry si mosse fulmineo, prese in consegna il reperto e tornò alla sua posizione iniziale.
    ”Ben fatto!” Non c’era molto altro da dire. Ero in possesso di quanto necessitavo per scoprire se la mia missione segreta aveva ragion d’essere o se era stato l’ennesimo buco nell’acqua. Ne dubitavo, ma solo i test avrebbero dato l’esito definitivo. Mariko si attardò giusto qualche istante, per capire se avessi altre disposizioni da darle, ma quando colse il mio cenno di saluto si eclissò nelle ombre, con la stessa leggerezza con cui era apparsa.
    Henry si accertò che il passaggio fosse sigillato, prima di premere un pulsante e far aprire un secondo passaggio di cui solo io e lui conoscevamo l’esistenza. Attraversammo un lungo tunnel che ci portò a una stanza di modeste dimensioni, ma attrezzata come un laboratorio con la tecnologia più moderna disponibile. Il mio fidato braccio destro si mise subito all’opera, sotto il mio sguardo attento e un pizzico trepidante: non era facile nascondere del tutto quanta emozione si agitava sotto la superficie. Henry scartò l’oggetto e prelevò il necessario per eseguire un particolare test. Ci vollero minuti interminabili, o almeno a me parvero tali. Ma quando lui alzò i suoi occhi su di me, capii all’istante, nonostante il suo volto non fosse famoso per la grande espressività.
    La missione di Mariko Yong era andata a buon fine.
    Il riscontro del test era positivo.
    La mia di missione poteva e DOVEVA continuare.
    E l’agitazione dentro di me divenne gioia, un’emozione che non provavo da tempi immemori e che, credevo, non avrei più provato.
    Nulla era perduto.
     
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