Base X-Force

Yavin IV

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    “Lo puoi dire, sai? Dillo, su, avanti… Godi come un matto a mettermi in queste situazioni. Anzi, sono certo che la notte anziché usare quelle ore per dormire, le impegni nel cercare il modo migliore per farmi uscire fuori di testa…!!!”
    La voce del mio migliore amico non mi aveva abbandonato neppure per un istante, da quando, insieme, avevamo varcato il locale docce. Poe Dameron era l’uomo più onesto e sincero che io avessi mai conosciuto, ma quando si trattava di lamentarsi non perdeva occasione e ci metteva tutta la sua spigliatezza.
    “Ti sembra normale chiedere a dei completi sconosciuti di smontare la loro baracca – ovunque si trovi – e rimontarla qui, su Yavin? Nel cuore della nostra fazione segreta, ti dice qualcosa questa parola…? Siamo una frangia segreta di ribelli che cerca di capire per quale dannata ragione la Repubblica non muove il culo nel prevenire gli attacchi del nemico… né si premunisce contro di esso! E tu che fai? Fai restare qui gente strana… decisamente strana…”
    A quel punto non potevo più lasciarlo andare a ruota libera, per tante ragioni, prima fra tutte il gran mal di testa che mi stava divorando, pezzetto dopo pezzetto. Perciò, anche se non riuscivo a levarmi dalla faccia un sorrisino appena accennato, presi la parola… insieme alla saponetta che iniziai a passare con cura sulla pelle nuda, mentre goccioline di acqua dolce si infrangevano sul piatto della doccia.
    “Poe, respira! Inspira ed espira! Se continui così andrai in iperventilazione e non ho nessuna voglia di farti la respirazione bocca a bocca…” Poe sbuffò mormorando un “sentitelo…” a fior di labbra e per poco non scoppiai a ridere, mandando all’aria la mia proverbiale compostezza. “Dillo tu a me, campione, la gente strana a cui ti riferisci porta un’armatura di nth e fa da padre a un bambino di una specie sconosciuta? Oppure ti riferisci alla coppia formidabile di jedi? Oh ancora, all’altro mandaloriano più la cacciatrice dalla lingua piuttosto tagliente? Secondo me, devi affinare le tue capacità di socializzazione, Poe, invece di lamentarti…”
    Iniziavo ad aver freddo, mentre il sapone tentava di lavar via fatica e dubbi. Poe era un ottimo anestetico però, questo dovevo riconoscerlo. Mi riempiva la testa al punto da farmi dimenticare il motivo delle mie notti insonni, facendomi sorridere più di quanto fosse lecito farlo.
    “Io non mi sto lamentando! Per me gli jedi sono ok, li conosci personalmente, ciò mi basta; il mandaloriano con la cacciatrice, per quanto quest’ultima non vincerà mai il premio di Miss Affabilità, mi hanno convinto sul campo della loro buona fede. Ma se proprio vogliamo dirla tutta, il mandaloriano con il piccolo mi puzza… cioè, non parla, a volte sembra non respirare, fa il cascamorto con Omera…”
    “Ah-ah, eccolo il punto… Sei geloso, Poe. Ammettilo una volta per tutte e dona pace ai miei poveri neuroni… Mi fido di lui, anche se non ha mai tralasciato trasparire molto dal punto di vista personale. E hai avuto modo di conoscere anche lui sul campo: ha salvato la vita a Omera, senza le sue conoscenze… adesso… non avresti neppure alcun motivo per essere geloso!
    Avevo toccato il nervo scoperto intorno a cui si girava intorno da troppo tempo. Era questo che facevano gi amici, vero? A volte dimenticavo di farlo, troppo schiacciato dalle responsabilità, troppo impegnato a gestire un gruppo eterogeneo di persone, troppo assorbito dai problemi che spuntavano come funghi nella foresta.
    “Mi sto rendendo ridicolo, vero?” mi chiese d’un tratto, spegnendo il getto dell’acqua del box doccia. La sua voce mi provocò una fitta dolorosa al petto. Soffriva, anche se non lo avrebbe mai detto ad alta voce, stava soffrendo.
    “No, non sei ridicolo, devi solo accettare come vanno le cose… solo così potrai ricominciare. Con Omera non ti sei fatto avanti per anni, lo fai adesso che spunta un rivale all’orizzonte. Rifletti sul perché proprio ora… Se è vero amore, allora lotta per lei, se invece è solo un istinto di protezione nei suoi confronti allora…”
    Non sapevo da dove fosse venuta fuori tutta quella saggezza, le mie esperienze con il gentil sesso si erano sempre limitate a sporadici incontri notturni, privi di qualsiasi sentimento… Era la mia sorellina a essere sempre stata quella saggia, in questo e in altri campi, nonostante la sua giovane età. Sciacquai via il sapone, lasciando che l’acqua scorresse via copiosa nello scarico, prima di spegnere tutto e avvolgermi nel telo da bagno.
    Quando venni fuori dal mio box trovai Poe seduto su una delle panche di legno, l’accappatoio ben stretto in vita, il cappuccio calato sulla fronte e una mano a strofinarsi il mento… pensieroso…
    Capii che non avrebbe risposto subito, ero riuscito a togliergli le parole di bocca, incredibile!
    Perciò non lo distolsi dalle sue riflessioni, era così raro vederlo intento a riflettere su qualcosa, asciugai il corpo e diedi una strofinata veloce ai capelli color del grano che, umidi, spararono in tutte le direzioni. Li pettinai alla ben e meglio con le dita e poi indossai abiti puliti. Quello era sempre un momento catartico.
    Uscii dal locale docce e mi diressi verso il mio ufficio, che ormai era diventato anche la mia camera da letto. Una volta lì, trovai ad attendermi un’ospite speciale e mi resi conto di essere molto curioso sul motivo di quella visita inattesa… anche se, visti i recenti cambiamenti nell’organico della base, iniziavo ad averne una vaga idea.
    […]
    Il corridoio degli alloggi sotterranei non era buio come ci si poteva aspettare, dei neon molto potenti lo illuminavano a giorno senza alcuna fatica, ma non riuscivano comunque a distogliermi da uno sfuggente senso di claustrofobia, che mi portavo dietro da quando ero un bambino. Perciò, lo percorsi in fretta, con passo marziale, per giungere al più presto alla mia destinazione finale: avevo un messaggio da consegnare.
    La porta della stanza di Shay Cormac era spalancata, era chiaro che sia lui sia la sua allieva mi stessero aspettando. Kayra era seduta al suo fianco, un po’ pallida, come se fosse reduce da una conversazione non proprio piacevole; Shay non mostrava alcuna emozione apparente sul volto, tranne quella sua enigmatica seraficità che immaginai fosse quasi impossibile da scalfire.
    Uno strano sussulto mi percorse da capo a piedi, lo stesso che mi aveva fatto rabbrividire pochi minuti prima, quando avevo incontrato, nel mio ufficio, l’ospite speciale. Non sapevo che nome dargli, ma negli ultimi tempi, era sempre più frequente…
    Scossi il capo, deciso a mettere da parte le domande senza risposta, portare a termine la mia piccola missione e poi ritornare alle mie incombenze.
    “Maestro Cormac, nell’androne della base, ti attende una persona che desidera parlarti, insieme alla tua allieva.”
    Non era sorpreso. Aveva percepito qualcosa. Sembrava sapere cosa ero venuto a comunicare e tutto ciò mi affascinava come poche altre cose. Tuttavia, repressi la mia curiosità, ero costretto a farlo spesso… e la cosa iniziava a pesare.
    “Comandante, sei venuto fin qui per avvisarci, grazie per questa gentilezza e ancora di più per la squisita ospitalità.” I suoi modi, le sue parole, come inclinava il capo, il suo tono di voce: non era accondiscendenza, ma reale deferenza. Sembrava un uomo d’altri tempi… e forse lo era davvero.
    “Dovere e piacere, Maestro.” Non pareva amare quell’appellativo, lo avevo già notato, una leggera ombra scuriva il suo sguardo già nero come la pece. Ma per me lo era, un Maestro, perciò non me ne curai. “Vi auguro una gradevole permanenza, per qualsiasi cosa doveste avere bisogno, non esitate a domandare.” Feci un breve inchino prima di accomiatarmi e accingermi a uscire da quel dedalo. Eppure, ebbi la sensazione che lo sguardo dello jedi avesse continuato a seguirmi ben oltre la porta del suo alloggio e quella del bunker: sembrò arrivare dentro di me per mettere radici. Cosa significava tutto questo? Stavo forse impazzendo?
     
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    :Ahsoka:
    «Dieci? Hai detto "dieci"?» la voce dalla giovane dai lunghi capelli color grano, risuonò quasi incredula nell'ufficio di Brian. Faticava a star ferma sulla sedia e si voltava continuamente verso il suo Maestro come a voler chiedere conferma.
    Rivedere Shay era stata un'emozione che non avevo messo in conto, forse perché ormai quei tempi mi apparevano appartenere ad un'altra epoca, ad un'altra vita. La stessa in cui ero una piccola togruta piena di entusiasmo ed energia, orgogliosa di poter dire che il suo Maestro era Anakin Skywalker ed ancor più di accompagnarlo in importanti missioni fiancheggiando il grande Generale Kenobi. Ma poi la vita aveva preso svolte che pochi conoscevano e Shay era uno di quelli, sapeva ove mi avevano portato. Insieme a Barriss era stata tra i pochissimi Jedi con cui avevo stretto una forte amicizia, per quanto sapevamo fosse sbagliato. Ogni tipo di legame era ostacolato dall'Ordine, infatti ci si aspettava da noi padawan un rapporto alla pari senza preferenze né inimicizie, inutile dire che così non era stato.
    Quando Shay aveva varcato la porta della stanza i nostri occhi si erano incontrati e poi senza parlare ci eravamo abbracciati, lasciandoci andare ad una sola e solitaria lacrima che racchiudeva tutto il nostro Sé e quello che avevamo vissuto.
    La sua allieva era rimasta a guardarci incredula, ma immediatamente mi aveva riconosciuta, mi aveva chiamato per nome ed io sorrisi a Shay osando immaginare gli aneddoti che le avesse raccontato su di noi. Eravamo stupiti di ritrovarci lì, vivi e di nuovo una di fronte all'altro, mentre la vita non solo ci aveva separato, ma anche profondamente cambiati.
    Tuttavia non c'era tempo per ulteriori convenevoli e dopo averli fatti accomodare, con la porta chiusa e ben certa di nessun orecchio indiscreto nei paraggi, avevo raccontato loro ogni cosa sull'altro lato del pianeta. Sui Lupi della Forza e sul Nuovo Ordine Jedi di Luke Skywalker, oltre ovviamente alla sua costituzione e dunque al numero effettivo di Jedi ad oggi rintracciati.
    «Sì dieci, compresi voi e me... anche se ho chiesto a Luke più volte di non considerarmi in questo conto...» dissi scuotendo il capo. Le braccia conserte, mentre sentivo la curiosità di Kayra spingere e la saggezza di Shay bloccarla da fare domande.
    «Quanti Maestri?» mi chiese il mio vecchio amico.
    «Quattro compreso te...»
    «Qui credo di dover essere io a dire a Luke di non contarmi tra essi...»
    Per motivi diversi io ed il mio vecchio amico eravamo molti simili ed un sorriso di complicità ce lo fece capire.
    «Attualmente alla scuola abbiamo 13 ragazzini... inutile dire che Luke è alla costante ricerca di force user, continuano a nascere e lui si impegna a cercarli ed offrire loro una scelta. Ha un pensiero molto diverso dagli insegnamenti che a me e te sono stati imposti, sono certa che ti piacerà!» dissi già immaginandomeli andare d'amore e d'accordo.
    «C'è molto altro da dirvi e farvi conoscere, ma non è questo né il luogo né il momento...»
    «Vuoi che ci trasferiamo dall'altra parte del pianeta?»
    «A Luke farebbe molto piacere, pensa ha perfino convinto me, anche se non la considero la mia base stabile... Brian è il nostro contatto con la X-Force qui nessuno sa di noi e l'unico Jedi, o presunto tale, che loro abbiamo visto bazzicare qui sono stata sempre e solo io. Ma io sono una raminga, non conoscono né tanto meno immaginano tutto questo!»
    «Perché no? L'Ordine sta rinascendo, perché tenerlo nascosto?»
    «Proprio per questo motivo Kayra. L'iper esposizione del passato ha causato ciò che ben conosciamo, penso che il Maestro Skywalker abbia preso una scelta saggia nel scegliere un approccio più controllato e soprattutto più cauto...»
    «Noi tre continueremo ad essere di supporto all'X-Force, ma aiuteremo anche Luke a perseguire gli scopi de la Forza, a questo punto ho solo una domanda da porvi: siete pronti a seguirmi?»
     
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    Annarita
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    :Shay:
    Ahsoka Tano. La mia migliore amica, una delle mie due uniche e sole migliori amiche. Ahsoka, l’essere più sincero che avessi mai conosciuto. Insieme a Barris, era stata la cosa più vicina a una famiglia che avessi mai avuto, oltre a essere l’unica persona in grado di farmi dubitare dell’Ordine, o meglio, dei suoi metodi fin troppo rigidi. Credevo di averle perse entrambe per sempre e, invece, nel giro di poche settimane le avevo riviste entrambe. Mi resi conto che una l’avevo persa davvero, l’altra no, o forse in parte. Qualcosa si era spento in lei fin da quando era stata bandita, non era un evento recente purtroppo, ed ero rammaricato del fatto che non fosse riuscita a trovare un input per riaccendere quel qualcosa. La sua fiamma meritava davvero di svettare tra le ombre.
    Ero sotto sopra per le tante emozioni che mi avevano colpito tutte insieme quando avevo realizzato che quella vibrazione tanto familiare – percepita da quando avevo messo piede sul pianeta – fosse la sua. Ovviamente, non ci eravamo sprecati in convenevoli, non era nostro costume né carattere, ma non potei che restare rapito dalle novità appena udite: Luke Skywalker stava ricreando un nuovo Ordine, addestrando nuovi jedi. Avevo i brividi su tutto il corpo, come se la Forza stesse trovando linfa fertile a cui attingere, man mano che la mia consapevolezza aumentava.
    D’altro canto, percepivo la confusione di Kayra. Ascoltava con le labbra semi aperte a formare una piccola “o”, tanto tenera da farmi sorridere sotto i baffi. Anche lei sembrava totalmente rapita dalla mia amica, anche se per motivi un po’ diversi dai miei.
    “Noi tre continueremo ad essere di supporto all'X-Force, ma aiuteremo anche Luke a collaborare con gli scopi della Forza, a questo punto ho solo una domanda da porvi: siete pronti a seguirmi?”
    Quasi scoppiai a ridere nel vedere Kayra annuire frenetica, come una bimba che è stata appena scelta per incontrare il suo personaggio preferito. Posi due dita sulla mia bocca, a schermare il divertimento, e incrociai uno sguardo dolce di Ahsoka, che sembrava aver seguito il corso dei miei pensieri…
    La mia allieva sapeva il fatto suo, infatti, attese che a pronunciare le parole fatidiche fossi io.
    “Siamo pronti!” Se avesse avuto il cuore e la mente più liberi da foschi pensieri, sono certo che Kayra si sarebbe messa a danzare dalla contentezza. Mi strinse forte una mano, a mo’ di ringraziamento, come se fossi io l’artefice di quell’enorme cambiamento, anche se non era così. “Ciò che state tentando di fare è fantastico e, penso che a Luke farebbe molto comodo l’holocrom che ho portato con me dopo… il massacro al Tempio…” Grazie a quello strumento avevo trovato Kayra, grazie a esso sarebbe stato possibile rintracciare più force users.
    Ahsoka mi guardò incredula, prima di aprirsi in un grande sorriso, che parve illuminare per un instate il suo viso dai lineamenti tristi. Volevano essere posati e calcolati, ma io la percepivo la profonda mestizia che circondava ogni molecola del suo corpo. Fui tentato di farle una carezza, per ringraziarla di averci trovati e per provare a scacciare via quella sensazione di malinconia che tentava di avvolgermi da quando le ero accanto. Non si sentiva una jedi tanto quanto io non mi sentivo un Maestro, eppure eravamo qui, entrambi, a cercare di fare qualcosa per cui non ci sentivamo affatto pronti.
     
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    Roberta
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    Un groviglio di alte rocce acuminate ospita una cascata sfavillante; un prato fiorito precede una foresta folta e rigogliosa; uccelli maestosi con ali multicolore abitano le chiome degli alberi e si librano in volo in una danza ritmica e coordinata.
    In un istante l'atmosfera muta, il silenzio assordante ruba spazio ai sibillini suoni della natura che dominavano poco fa.
    Un’esplosione silenziosa ma inarrestabile sconvolge il paesaggio e mi lascia attonita, senza voce.
    Tutto è cambiato intorno a me. Solo polvere, tracce di detriti e un cielo grigio come il piombo.
    L’urlo che viene fuori dal mio petto però non è muto, quello lo sento forte e chiaro. Irrompe e sconquassa i miei sensi.


    Sollevai le palpebre in maniera quasi automatica. Nessun fiatone, nessuna agitazione. Il mio solito buongiorno dopo il mio solito incubo. Un soffitto metallico e basso accolse il mio risveglio.
    Mi chiedevo se mai un giorno tutto questo sarebbe cambiato. Se sarei mai riuscita a lavarmi la coscienza dallo sterminio che l’Impero aveva provocato utilizzando la mia creazione.
    E fu lì che la rabbia iniziò a montarmi nel petto. Il sangue a pulsare forte nelle tempie e strinsi i pugni per non urlare.
    Mi alzai di scatto e con un semplice comando accesi le luci della mia cabina.
    In quel momento, dopo tanto peregrinare, mi trovavo su Yavin 4 per un motivo ben preciso, nella base di Brian Toorn. Un grande comandante che mi aveva permesso di entrare nella sua squadra di Ribelli, incurante del mio passato, incurante delle mie azioni. Mi aveva addirittura assegnato una cabina doppia, anche se l’abitavo solo io, perché lui conosceva tutto di me. In un angolino avevo sistemato ciò che mi occorreva per "creare". Non esitai un istante. Era l’istante giusto per sfogare tutta la frustrazione che quel maledetto sogno mi aveva incollato sulla pelle. Avevo due modi per allentare la tensione nei momenti difficili. Dipingere e… usare gli esplosivi, ebbene sì, ero un’amante degli ordigni e dei marchingegni che facevano boom. Una diversa forma d’arte, come amavo definirla.
    Ovviamente non avrei mai potuto usare quel secondo metodo al chiuso o in prossimità della Base – non ero una pazza sprovveduta – quindi, mi sarei dedicata alla mia prima scelta. Il mio sangue era intriso di colori, di sfumature e di opere multicolor. Mio padre era un artista di altissimo livello su Mandalore e i geni con me non avevano fatto il salto. Era tutto dentro il mio corpo.
    Avrei potuto usare un enorme schermo e supporti grafici per creare i miei disegni, ma non vi era alcun gusto o merito nella tecnologia… l’odore della vernice e la ruvidità di uno strato di tela riuscivano ad accogliere il mio meglio e anche il mio peggio.
    Il mio popolo mi aveva marchiata come reietta e fuggiasca, dopo essersi alleato con l’Impero, ma io avevo tentato di mettere a posto le cose. Avevo esposto il mio onore e tutto il mio essere mandaloriana tornando da loro. La mia famiglia, dopo qualche resistenza iniziale, aveva capito le mie intenzioni e con grande fatica ero riuscita a fargli aprire gli occhi. Ma… proprio lì, utilizzando pennelli e un mix di colori precisi, riversai sulla candida tela il senso di sconfitta e di impotenza che, a volte, ancora mi trascinavo dietro.
    Dai miei movimenti un po’ a scatti e un po’ ondulati venne fuori lo stesso identico panorama che avevo sognato. Ricreai le rocce, la cascata, il prato, i fiori, la foresta, gli alberi e gli uccelli. Mi sembrò di udire di nuovo il suono dei volatili e il fruscio del vento tra le foglie, mentre ansimavo per la stanchezza della frenesia che mi aveva colta.
    Quella stessa frenesia fu interrotta da dei rintocchi alla porta. Avevo completamente perso la cognizione del tempo.
    Mi resi conto di essere ancora in abiti intimi e mi affrettai a indossare la mia armatura. Spruzzi di colore ovunque, che non si dicesse che il metallo dell’armatura di Sabine Wren fosse spenta o monotona.
    Mentre ancora stavo finendo di allacciarmi il pettorale sinistro, aprii la porta automatica, ritrovandomi di fronte un amico e collega… avrei potuto definirlo amico? Poe Dameron era un pilota e un combattente nato, un Guerriero con la G maiuscola e andare in missione al suo fianco era una certezza di protezione e di successo. Ah… e ovviamente era divertimento assicurato. Molti non capivano il suo sarcasmo e lo consideravano un rompiscatole coi fiocchi, ma non io. Non glielo avrei mai detto ad alta voce per non pompare il suo già smisurato ego, ma accanto a lui stavo bene. La noia e i pensieri negativi erano un ricordo lontano.
    “Si può sapere perché ci hai messo tanto ad aprire?! Dovevi lucidarti l’armatura?” iniziò lui la solita simpatica schermaglia, mentre se ne stava appoggiato con una spalla alla paratia metallica, braccia e gambe incrociate.
    “Una signorina, adesso, non può avere più nemmeno la sua privacy per darsi una sistemata?” rimbeccai con un’altra domanda e una finta smorfia offesa. Sapevo di avergli servito su un piatto d’argento la battuta perfetta.
    “E chi sarebbe qui la signorina? Io non riesco proprio a vederne una…” Poi mi osservò meglio e con un pollice, senza molta delicatezza mi strofinò via della vernice dalla guancia. Non avevo indossato il casco e al chiuso di solito lo evitavo… “Sei stata rapita dalla tua vena artistica? Per questo hai ritardato ad aprire.” La sua espressione cambiò per una frazione di secondo. Aveva gettato un’occhiata automatica alle mie spalle e poi era tornato su di me. Mi regalò di nuovo il suo sorriso sghembo. “Bentornata su Yavin 4, duchessina!” Ripensai fugacemente al quadro che avevo appena dipinto e alle brutte sensazioni che volevo tanto seppellire.
    E poi, lui mi scompigliò i capelli, così, dal nulla…
    Oh, sapeva quanto odiavo che toccassero i miei bellissimi capelli. Non ero vanesia, né dedita alla bellezza, ma la mia chioma corta blu cobalto con sfumature laterali arancio fuoco era sacra. Era un’altra espressione di me.
    “Hai appena firmato la tua condanna a morte!” Feci un balzo e mi aggrappai alle sue spalle, afferrandolo per il collo con un braccio, prima che lui potesse fingere di fuggire, troppo lento.
    “Ok, ok… mi arrendo. Ambasciator non porta pena. Ero solo venuto a… consegnarti una lettera!” disse a fatica, tra un gridolino e l’altro.
    “Una lettera… per me?” chiesi, anche se già immaginavo di chi potesse essere. Non intrattenevo corrispondenza cartacea con chiunque.
    “Ma chi scrive ancora lettere? Mi stupisci, duchessina… comunque, non so di chi sia, ma il codice del mittente è stato considerato sicuro.”
    Dopo un brevissimo momento di perplessità, mi resi conto di essere ancora ancorata al corpo di Poe. Riguadagnai con agilità la terra e strappai dalle sue mani la busta che mi apparteneva.
    “Sono una nostalgica del profumo della carta, va bene?” minimizzai e gli risposi con una linguaccia. Dopo aver confermato di chi fosse…“Non potevi dirmelo prima?! Insomma, ti perdi sempre in chiacchiere inutili.” Quasi mi misi a saltellare per la gioia, in attesa di leggere la risposta della mia più cara amica. Nella speranza che fosse positiva… il mio cuore mi suggeriva di sì.
    […]
    L’ansia mi stava corrodendo. Mi trovavo all’esterno, in prossimità delle piste d’atterraggio, in attesa che Pandia arrivasse. Aveva accettato il mio invito a parlare con Brian. Ero certa che una stretta collaborazione tra lei e l’X-Force poteva essere fortemente produttiva. Pandia era la regina di Naboo e da lei transitavano una quantità infinita di informazioni che ci avrebbero potuto fare molto comodo nel nostro intento di scardinare qualsiasi movimento clandestino degli imperiali. Il solo pensiero che potessero tornare al potere e riprendere il loro dominio crudele e scriteriato mi dava i brividi. Brian doveva conoscere il nostro Fulcrom, la fonte di moltissime soffiate che ci avevano fatto portare a termine un numero corposo di missioni. Anche Pandia avrebbe potuto giovarne da questo incontro e da questo accordo. Rischiava grosso nella posizione in cui si trovava e avere le spalle coperte in caso di necessità non sarebbe stato un male.
    Camminavo avanti e indietro, torcendomi le dita guantate. All’improvviso, udii il rumore di una nave che si stava avvicinando. Già sapevo che era stata vagliata dai nostri controlli e che aveva avuto l’ok per l’atterraggio; dunque, individuai visivamente il trasporto mimetizzato che Pandia usava durante le sue "scorribande" sotto copertura.
    In lontananza, notai altre due persone che avevano alzato lo sguardo al cielo, attratti dal mezzo in avvicinamento. Shay e Ashoka incontrarono, poi, i miei occhi. Un sorriso a trentadue denti mi si aprì sul volto e alzai la mano per salutarli con vigore. Non avevo molto tempo, ma non persi comunque l’occasione di parlargli. Mi avvicinai con rapidità e regalai a ognuno di loro un caldo abbraccio, seppur troppo frettoloso per i miei gusti.
    “Ciao ragazzi, come state? Sono arrivata solo ieri e non ho avuto modo di venirvi a salutare. È bello vedervi!”
    “Tutto bene, Sabine. Ti vedo un po’ su di giri. Ha a che fare con la navicella che sta per atterrare?” Come faceva a sapere sempre tutto? Non lo conoscevo da molto, però si era già dimostrato ai miei occhi un ottimo combattente, ma… le sue capacità di Jedi, come quelle di Ashoka mi inquietavano un poco. Con lei avevo ormai imparato a non sentirmi a disagio. La consideravo un’amica. Ancora con lui era dura tenete un segreto e ogni volta che mi trovavo al suo cospetto mi sentivo nuda… per quanto la sua discrezione fosse sempre stata esemplare.
    “Non vi si può proprio nascondere nulla eh?” ridacchiai nervosa. Non ero sicura ancora di poter parlare di tutta quella faccenda. “Spero di potervi dare maggiori dettagli a breve. Incrociate le dita per me!” dissi frettolosa, ma con grande slancio. Ashoka era un’alleata fidata e Shay non era da meno. Ero certa che se l’accordo fosse andato in porto, sarebbe stato Brian stesso a informarli sugli sviluppi.
    Mi allontanai a malincuore dai loro volti leggermente perplessi, ma avevo delle incombenze che mi attendevano.
    […]
    Rivedere Pandia dopo così tanto tempo senza doverci nascondere fu un’emozione indescrivibile. Lei era come una sorella per me. Le nostre famiglie erano molto vicine e noi eravamo cresciute assieme fin dalla tenera età. Eravamo due ribelli, sebbene in modo molto diverso. Lei aveva sempre quest’apparenza composta e posata, ma io conoscevo il fuoco che gli ribolliva dentro. Conoscevo il suo animo e il suo senso di giustizia. Aveva seguito le orme dei suoi genitori nella speranza di poter cambiare il sistema dall’interno. Sapeva della presenza di mele marce ed era ben intenzionata a metterle con le spalle al muro. In me non poteva che trovare un’alleata.
    Non credetti ai miei occhi, quando alle spalle della mia amica vidi scendere dalla navicella un tipo strano. Immaginai potesse essere una guardia reale, ma l’uniforme non corrispondeva a quella che ricordavo. I patti, però, non erano quelli. Che ci faceva lui lì? Pandia sarebbe dovuta venire da sola.
    Il mio sguardo era perplesso e leggermente contrariato, ma non evitai di salutarla. Le strinsi con calore le mani.
    “Chi è quel tizio strano?” dissi non troppo a bassa a voce. Non temevo il suo giudizio. “Saresti dovuta venire da sola, Pandia. Queste erano le condizioni di Brian affinché accettasse l’incontro. Adesso sarà tutto un cas…”
    “Calmati, Sabine. Frena!” interruppe di getto il fiume in piena che ero. “Non ho potuto fare diversamente. Ma è una persona molto fidata. Credimi.”
    Sbuffai sonoramente e non risparmiai un’occhiataccia all’uomo alle spalle della mia amica. Il problema non era convincere me, ma il Comandante Brian Toorn e non solo per la presenza di qualcuno di sconosciuto, ma anche per un altro piccolo dettaglio che avevo taciuto, volontariamente ma in buona fede.
    […]
    Come avevo previsto, la tensione era salita a dismisura nell’ufficio di Brian. Lui non era tipo da reazioni scomposte o esagerate, ma era chiaro quanto fosse a disagio e irrigidito.
    “Sabine! Gli accordi non erano questi. Io ho accettato di incontrare il tuo Fulcrom a patto che fosse solo!” tuonò nella mia direzione. La sua voce non era alta, ma era profonda. “A questo punto, gradirei che fossero fatte le presentazioni… di entrambi”
    “Non dare la colpa a Sabine, Comandante. È stata una mia decisione e lei non ne era a conoscenza. Lui è Toth, un mio fidato uomo, la mia guardia personale…” iniziò a parlare Pandia, con tono fermo e deciso. Non vacillava. All’udire la parola "guardia personale", Brian era palesemente perplesso. “E io sono Pandia Ars, regina di Naboo”
    Brian non proferì subito parola, ma si limitò a guardarmi con occhi severi. Esatto, l’identità di Fulcrom era un dettaglio poco trascurabile che avrei assolutamente dovuto rivelare, ma non ero certa della reazione del Comandante. E se non avesse voluto incontrarla?
    Mi limitai a grattarmi la testa con due dita e a ridacchiare in modo sommesso. Consapevole della mia colpevolezza.
    Ecco, la bomba era appena stata sganciata e io sapevo di essere proprio l’artefice dell’imminente deflagrazione. Era o no anche quello un aspetto della mia arte?
     
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    Se qualcuno avesse potuto spiare nella mia testa avrebbe trovato il caos più totale. In apparenza, tentavo di restare calmo, di non alterare il respiro o il battito cardiaco, e dovetti fare ricorso a ogni goccia di autocontrollo per non dare di matto.
    Sabine Wren aveva portato nella base segreta della X-Force una regina e non una qualunque. Pandia Ars era rinomata per la sua davvero poca conformità alle regole, era un’anticonformista per missione e già questo la metteva di continuo in un mirino niente affatto piacevole.
    Come se non bastasse, la sua guardia personale – un uomo che solo a guardarlo si poteva intuirne la letalità – non la mollava un solo attimo. Era in allerta, come se temesse per la vita della sua regina solo sostando di fronte a me. Non si fidava… come potevo fidarmi io?
    Ero confuso e amareggiato. Hera aveva davvero accettato che questo incontro avesse luogo nonostante tutte queste note a sfavore? La regina di Naboo era un personaggio troppo in vista per non destare sospetti… e se l’avessero seguita fino a qui?
    Respirai a fondo. Dovevo tornare lucido e cercare di controbilanciare il disastro che potevo già intravedere all’orizzonte.
    “Sabine, per favore, lasciaci soli.” La mia voce era più chiara e le mie intenzioni lo erano ancora di più: dovevo parlare a tu per tu con queste persone e valutare senza ombra di dubbio a quali rischi ci stavamo esponendo… tutti quanti.
    Non appena la mandaloriana obbedì, non prima di aver lanciato a Pandia un’occhiata di scuse, invitai i miei “ospiti” ad accomodarsi. Solo Pandia Ars accettò, colui che mi era stato presentato come Thot restò ostinatamente in piedi, la mano dolcemente adagiata sull’impugnatura di un’elsa d’argento tutta intarsiata.
    “Sua Maestà, spero non fraintenda la mia reazione. Sono onorato della sua presenza, ma comprenderà bene tutte le perplessità che sorgono di fronte a una rivelazione di simile portata.” Rispolverare i protocolli reali non mi piacque per nulla, benché li conoscessi molto bene. Tuttavia, mi parve l’unico modo sensato per rompere un po’ il ghiaccio. L’atmosfera era tesa, ma non a causa della regina, di una bellezza davvero fuori dal comune con i suoi tratti esotici, piuttosto a causa della sua guardia personale che sembrava emanare lampi elettrici dal suo corpo… tutti diretti verso la mia persona.
    “Me ne rendo conto, Comandante, e mi scuso davvero per averla messa sul fatto compiuto. Ho chiesto a Sabine di non rivelare subito la mia identità proprio perché temevo che non avrebbe accettato questo incontro e… nonostante i rischi, sono certa che una collaborazione tra noi potrebbe portare dei benefici davvero enormi alla causa.”
    Notai che, mentre Pandia parlava, Thot osservava me, negli occhi, senza spostare lo sguardo nemmeno per un istante. Mi stava valutando, soppesando, misurando. Mi sentivo messo sono i raggi X e non era una posizione confortevole, soprattutto perché di solito mi trovavo dall’altro lato del “macchinario”.
    “La sua è una posizione molto scomoda, sua Maestà. La sua guardia personale sarà d’accordo con me, in questo caso i rischi potrebbero davvero superare i benefici. Non vorrei davvero rischiare la sua vita per questo… ma nemmeno l’integrità e la segretezza di questa squadra.” Tentavo di far pesare ogni parola come macigni, ma avevo la sensazione che Pandia Ars era un osso molto duro, altrimenti non sarebbe arrivata a convincere il Generale Hera Syndulla del suo coinvolgimento.
    “La dedizione che dimostra, così come la preoccupazione che rivolge verso la mia incolumità le fa onore. Thot ovviamente è d’accordo con lei, se avesse potuto vincere contro la mia testa dura, adesso non sarei qui…” Pandia mi sorrise, era chiaro che tentava a tutti i costi di alleggerire la conversazione da tutti quei fronzoli formali in cui eravamo ingabbiati. Accolsi il tacito invito.
    “Immagino che non sia facile averla vinta, piuttosto però che lasciarla sola l’ha accompagnata. Inizio a capire. Tuttavia, il problema di fondo resta: come può garantire la sua sicurezza e… la nostra?” Fissai la guardia personale della regina che non mostrava alcuna reazione apparente. Si stava parlando di lui, ma era come se non fosse stato neppure nominato. I suoi occhi erano penetranti ma al suo interno non era possibile intravedere neppure un barlume di pensiero o di emozione.
    “Ho messo a punto una strategia vincente per non far notare la mia assenza a Palazzo. L’ho collaudata per diverso tempo e posso garantirle che è sicuro. Inoltre, ho già provveduto a modificare alcune delle mie ultime decisioni ufficiali, rientrando di più nelle linee ortodosse di pensiero… così da non dare troppo nell’occhio… come al mio solito, insomma!” Eccola di nuovo quella nota ilare che, questa volta, provocò anche in me un sorriso spontaneo. E fu lì che notai un movimento repentino nello sguardo della guardia personale: aveva davvero alzato gli occhi al cielo? Non potei esserne sicuro, perché era durato solo un instante.
    Rimasi in silenzio per un minuto intero, ora toccava a me valutare, soppesare, misurare. Non ero del tutto tranquillo, ma la sicurezza dimostrata da Pandia iniziava a fare breccia.
    “Va bene. Poniamo il fatto che accetti questa collaborazione e le garanzie che mi sta dando, come vorrebbe procedere?” Potevo percepire la tensione sciogliersi un po’, anche se Thot restava immobile e Pandia pareva volerlo rassicurare con un atteggiamento rilassato. Era chiara l’intesa che scorreva tra i due, la fiducia doveva essere massima. Ciò nonostante, non potevo basare tutto su delle sensazioni, avevo bisogno di conoscere tutti i dettagli di come ci saremmo dovuti muovere in questa, ormai acclarata, follia. Avrei poi parlato con Hera affinché l’accordo fosse totale e sicuro. Non ero ancora del tutto a mio agio, ma adesso – dopo un tempo che sembrava essere stato infinito – ero finalmente pronto ad ascoltare i miei “ospiti”, o meglio, la mia “ospite”.
     
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    :Ahsoka:
    Fare una passeggiata per approfittare della giornata limpida e di sole, oltre che dalla temperatura mite, sembrava davvero un’ottima idea e per questo avevo invitato Shay. Da quando ci eravamo ritrovati non avevamo avuto davvero del tempo per star da soli e parlarci a cuore aperto e visto che attualmente la situazione su Yavin IV era tranquilla era davvero sciocco non approfittarne.
    Lo avevo colto in meditazione nel suo alloggio, ove da poco si era sistemato nella nuova Scuola Jedi di Luke, quando insieme eravamo finiti nella parte della base. Solo Brian, ed Hera, erano a conoscenza del polo opposto del pianeta, del fatto che fosse un rifugio degli Jedi e tutto quello che ne conveniva, non per niente infatti il giovane Jacen Dume era uno dei più promettenti Padawan presenti.
    Per gli altri, che non ci vedevamo soggiornare con il resto di loro, la prendevano come una “scelta da Jedi”, come se fosse una caratteristica bizzarra, chissà forse pensavano che preferivamo dormire tra gli alberi o cose così, ma andava bene. Meno domande si ponevano e meglio era.
    Stavamo camminando da poco, aggiornandoci sulle nostre vite e quello che ci era successo da che le nostre strade si erano divise, quando notammo l’arrivo di Sabine e i suoi ospiti. Gli stessi, che ero certa fossero lì per incontrare Brian, si attardarono molto e fui certa che parlassero di possibili accordi di collaborazione ed alleanze ed in effetti così fu.
    La Regina Pandia era venuta a offrire non solo la sua totale e completa disponibilità, ma anche quella del suo pianeta e delle sue risorse nel limite del possibile. In quel campo avere un finanziatore certo era importante perché la manutenzione, le armi e la tecnologia non si pagava da sola. Era poi una spia dall’interno, oltre che ovviamente una formidabile alleata. Per la sua posizione certo, ma anche determinazione, contando che spesso avrebbe potuto mandare il suo generale in sua vece o metterlo a disposizione per missioni e lei stessa lo sarebbe stata ogni qualvolta avrebbe potuto. Tutto questo l’avrei scoperto più tardi da Luke, dopo il suo confronto con Brian, e non poté non nascermi un sorriso sul volto nel ripensare alla mia cara amica Padmé Amidala e quanto quella giovane Regina, di Naboo anche lei, me la ricordasse…
    «Sabine si metterà nei guai prima o poi...» sospirai con le mani dietro la schiena e scuotendo amorevolmente il capo, mentre l’avevo vista uscire dalla palazzina che ospitava l’ufficio di Brian, con tutta l’aria di chi se l’era data a gambe dopo un bel pasticcio, e mentre già si buttava con qualche ennesimo guaio a scambiare due chiacchiere con Poe e Cassian.
    «Perché lo dici?» mi chiese il mio vecchio amico, guardandomi sorridente.
    «Perché la conosco!» risposi «E perché lo sento, non so di cosa debba parlare con quei due, ma percepisco che sarà la sua ennesima ragazzata!»
    Entrambi ci trovammo a ridere, mentre ormai ci eravamo allontanati dal campo base, diretti verso un fiume poco lontano, immerso nel bosco.
    Per un attimo parve che il tempo non era passato, mi sembravo Barriss quando più saggia e morigerata di me parlava preoccupata con Shay del mio ennesimo colpo di testa.
    Il mio temperamento nella mia vita mi aveva portato ad essere molte cose: una guerriera, una reietta, una ribella ed una Jedi. Non sapevo se sarei mai tornata ad essere tale, avevo perso la fede in quel ruolo, ma non nella Forza ed anche per quello tanto ero stata restia ad accettare l’invito di Luke. Shay stato era stato sorpreso e scosso da scoprire quella cosa su di me, come quello che mi era successo e di quanto fu dura affrontare poi tutte le verità relative al mio Maestro, lo stesso che mi aveva ucciso… vita che mi era stata poi ridata, solo perché Ezra mi aveva portato via da quel momento, pochi istanti prima… attraverso il Mondo dei Mondi. La mia storia e le mie spade bianche ancora riuscivano a confonderlo e lo lessi nel suo sguardo, mentre prendevamo posto uno di fianco all’altro su un tronco poco distante dalla riva.
    «So che è tanto da sapere ed accomodare dentro di te, ma se mi permetti un pizzico di egoismo, sono felice di avertene parlato… Non posso dire di non aver avuto grandi amici lungo questo percorso, ma tu sei sempre stato speciale per me e mi ero dimenticata quanto mi facesse bene parlarti…» io che per natura preferivo sempre tenermi tutto dentro, fino ad esplodere…


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 19/4/2023, 17:17
     
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    :Shay:
    Avevo cambiato alloggio due volte nell’arco di pochi giorni, ma non mi era dispiaciuto. L’ultimo era nel posto migliore che avrei potuto desiderare, se non per me, certamente per Kayra. Ero ancora confuso dopo l’ultima missione, cercavo di fare chiarezza dentro di me, ma su ciò che fosse meglio per la mia padawàn non avevo alcun dubbio: aveva bisogno di un vero Maestro. Mi ero illuso di esserlo, di aver superato ciò che mi era accaduto anni prima, di avere metabolizzato il dolore, il senso di colpa, ma di fronte a quella Inquisitrice mi ero riscoperto talmente debole – al punto da mettere in pericolo Kayra e non solo – che mi sarei strappato la pelle dalle ossa se avessi potuto. Un rigetto tale l’avevo vissuto solo un’altra volta nella mia vita… e stavo osservando dei bambini innocenti morire…
    Le sarei stato vicino, le avrei offerto il mio supporto qualora ne avesse avuto bisogno, ma la scuola di Luke era di gran lunga il posto migliore per comprendere e imparare a sentire le vie della Forza.
    Quanto a me… beh, avevo proprio bisogno di una boccata d’aria in compagnia di una vecchia amica. Ecco perché, quando Ahsoka mi ha aveva inviato per una passeggiata, avevo accettato di slancio, con un pizzicore gioioso a ricordarmi il ragazzo che ero stato, prima di… prima di tutto il resto.
    Poi, però, avevo ascoltato la sua storia. E un macigno era tornato a pesare sulle mie spalle.
    Era cambiata, moltissimo. Il dolore e la disillusione avevano scavato talmente in profondità da lasciare scoperti solo nervi sensibili. Con me, in quel preciso istante di fronte a un fiume placido, immersi in un profumato angolo di bosco, non vi era la mia vecchia amica Ahsoka Tano… ma la sua versione cresciuta nella sofferenza. Era rotta dentro e questa consapevolezza ruppe un altro pezzetto del mio cuore, senza neppure che me ne rendessi conto.
    “So che è tanto da sapere e accomodare dentro di te, ma se mi permetti un pizzico di egoismo, sono felice di avertene parlato… Non posso dire di non aver avuto grandi amici lungo questo percorso, ma tu sei sempre stato speciale per me e mi ero dimenticata quanto mi facesse bene parlarti…”
    “E io sono felice di esserci per ricordartelo” risposi con un filo di voce, stringendo nella mia mano grande le sue dita sottili, intanto osservavo lo scorrere delle acque tranquille, lasciando che il suo racconto mettesse radici e il peso si sciogliesse piano. “Mi rendo conto solo ora di quanto tempo sia passato. Sei diversa, è vero, eppure riesco ancora a percepire la tua immensa forza. Forse si è offuscata un po’, ma è identica a quando eri una ragazzina tutta pepe incapace di star zitta per due minuti interi di fila! Ho ancora mal di testa se ci penso…” C’era ironia nelle mie parole, ma anche tanta tenerezza al ricordo di ciò che eravamo stati. E, quanto sarebbe stato bello, udirla ridere di nuovo?
    Ed eccolo spuntare, non proprio una risata, ma un risolino sì. Sembrò non resistere a quell’impulso naturale e questo mi diede di nuovo gioia.
    “Il tempo passa anche se non lo vorremmo e il fiore che oggi sboccia, domani appassirà...” mormorò poi, con un filo di melanconia. Un ricordo sembrò unirci, potevo quasi vederlo nelle nostre menti di nuovo in connessione: l’avevo fermata mentre fuggiva dal Tempio, nonostante tutto, le avevo chiesto di restare. “Ma è anche vero che i cambiamenti richiedono tempo e io ho dovuto solo aspettare che mi raggiungessero. Ho compreso che non tutti quelli che vagano sono senza meta...” Mentre mi confessava quei pensieri ricambiò la mia stretta, pareva sorpresa e commossa dal calore che la mia mano le stava trasmettendo. Una spina dolorosa si conficcò al centro del petto, era senso di colpa, benché sapessi di non essere il diretto responsabile della solitudine che aveva patito negli anni. Poi, mi distolse dal mio rimuginio.
    “Ma Shay... dimmi di te... il tuo destino si è rivelato al tuo cuore?” Mi morsi le labbra, tormentandole in un movimento che da ragazzo caratterizzava i miei momenti di confusione. Era vero, con Ahsoka era proprio come tornare quel ragazzino.
    “La mia Maestra è morta tra le mie braccia, ho visto morire decine di bambini nella maniera più brutale… in un solo giorno mi è crollato un intero mondo sulle spalle… e non solo le macerie del Tempio…” Era davvero ancora così doloroso parlarne? Avevo sottointeso chi fosse stato il responsabile di quegli omicidi, non volevo stimolare ancora di più i ricordi già di per sé tremendi. “Non so come sono sopravvissuto, le ossa si sono risanate più o meno, ma tutto il resto… credo sia ancora spezzato. Il bello è che l’ho scoperto con certezza solo qualche giorno fa!” L’amarezza era venuta in superficie assieme a quella confessione.
    Stavo guardando il fiume, sovrappensiero, perciò il disagio di Ahsoka mi prese alla sprovvista e mi costrinse a voltarmi verso di lei. Potei chiaramente percepire un senso di colpa che non riuscivo a collocare nella mia storia. Quanto mi era accaduto era successivo alla sua andata via dal Tempio.
    La mia stridente sensazione fu confermata dal fatto che la mia amica slacciò le nostre dita e si alzò di scatto. Voleva mettere distanza tra noi, mentre stringeva e rilassava i pugni in un movimento compulsivo.
    Non le chiesi nulla. Restai immobile, in attesa che lei decidesse di spiegarmi…
    “C'è una cosa che... che devi sapere...” La sua voce tremante mi mise in allarme così come il fatto che si ostinava a fissare i ciottoli bagnati del corso d’acqua… Dopo un tempo interminabile sembrò prendere coraggio: si voltò e fissò il mio sguardo confuso e preoccupato.
    “ Il Sith che ha guidato l’Impero e l’orrore che ne è conseguito... è-è... fu il mio Maestro...”
    Restai interdetto. Ashooka conosceva il mostro che aveva ucciso la mia Maestra e tutti quei bambini? E… quel mostro… non era altri che Anakin Skywalker? Il padre di Luke… uno degli jedi più promettenti della storia dell’Ordine? Shaak Ti lo ammirava così tanto e, di conseguenza, anche io!
    Smisi di respirare. Da sotto quelle dannate macerie, mentre le ossa urlavano pietà e l’aria era sempre più esigua nei miei polmoni, avevo visto il lago di sangue innocente che Darth Vader aveva creato. Sapeva che ero ancora vivo e non mi aveva dato il colpo di grazia di proposito: voleva che “vedessi” prima di soccombere. L’oscurità incarnata, ecco cosa avevo sempre pensato fosse quell’essere…
    “Avrebbe potuto uccidermi sai? Anzi, forse pensava che sarei morto… alla fine…” Quelle furono le prime parole che riuscii a pronunciare dopo minuti infiniti, carichi di stupore e… dolore. Non le avrei raccontato quell’orrore nei dettagli, non sarebbe servito a niente, o forse lo stava già percependo attraverso i miei ricordi… “Il Sith di cui parli non era il tuo Maestro, non più almeno. Perciò non devi portare sulle tue spalle, a tutti i costi, il peso di quegli orrori! Anche se dentro avrei voluto urlare, la voce venne fuori permeata di una dolcezza di cui non mi resi conto fino a quando non la udii io stesso. Mi alzai e la raggiunsi. Le presi nuovamente la mano, questa volta con entrambe le mie, e la portai alle labbra. Lasciai un bacio leggero, costringendola a guardarmi dritto negli occhi. “Ahsoka, non è colpa tua!” ribadii con forza.
    I suoi profondi occhi azzurri erano velati da lacrime tenute prigioniere, a forza. Ma alla mia ultima esortazione, la mia triste amica mi abbracciò forte, lasciandosi andare a uno slancio che – con ogni probabilità – non si concedeva da troppo tempo. Perciò la strinsi forte mentre affondava il viso tra le pieghe del mio abito. Potevo percepire ogni sua emozione come se fosse la mia, infatti nessuno dei due proferì alcuna parola. A un certo punto, come se avesse ritrovato la voce dalle profondità più oscure, Ahsoka si scansò un po’ per potermi guardare nuovamente in volto. Non sciolsi l’abbraccio. Sentivo che aveva ancora da dire e che avrebbe avuto bisogno di quel sostegno anche fisico.
    “Sono scampata all'Ordine 66 per pura fortuna e per l'aiuto prezioso di Rex... Ero su Mandalore allora, avevo richiamato il mio Maestro e Obi Wan per aiutare Bo-Katan contro Darth Maul. Ci siamo separati dopo l'assedio, non avrei mai immaginato che quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrei visto... Lui voleva che andassi con lui, ma io mi sono rifiutata. Ero con Rex quando tutti i Cloni si sono ribellati, li avevo tutti addosso e sono stata costretta a liberare Maul pur di crearmi un diversivo. Dei droidi mi hanno aiutata a recuperare Rex ed espiantargli il chip, da quel momento eravamo io e lui contro tutti. Siamo riusciti a fuggire, ma la nave su cui viaggiavamo era ormai danneggiata e diretta verso l'auto distruzione: si schiantò su un pianeta, lo stesso su cui siamo atterrati. Abbiamo seppellito ogni singolo clone con la morte nel cuore, gli stessi che solo poche ore prima avevano dipinto i loro caschi con i colori e i simboli del mio volto, per darmi il bentornato e mostrarmi il loro affetto. È stato allora che ho gettato le mie spade e mi sono rifiutata categoricamente di tornare a essere una Jedi: qualcosa che già dopo il tradimento di Barriss avevo iniziato ad allontanare. Sono stata fortunata che al mio fianco ci fosse Rex, non mi ha mai abbandonato da quel giorno... non importava se spesso eravamo lontani, lui c'era... poi il resto è storia...” concluse con un sospiro quel lungo resoconto, che io ascoltai senza battere ciglio, anche se continuavo a percepire quella spina dolorosa conficcata nel cuore. “Kenan, Ezra, Sabine, Hera, Zeb e Chopper hanno avuto un ruolo importante. È grazie a loro che oggi hai di fronte questa Ashooka, una che lentamente sta rimettendo insieme i pezzi della sua anima... Lo stesso che spero per te, mio caro Shay... mio caro amico...” Sfiorò il mio profilo con una carezza, quell’augurio aleggiava tra noi con la consapevolezza che solo con il suo aiuto avrei potuto provarci. Non avevo altri di cui mi fidassi così ciecamente, che mi conoscesse così bene, tranne… Sospirai, il respiro di nuovo corto.
    “Anche io devo raccontarti una cosa… riguarda Barris. Non è morta, ma credo le sia accaduto qualcosa di peggio: è diventata una Inquisitrice!” Meritava di conoscere il destino della nostra amica, dopo tutto quello che avevamo passato insieme.


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 19/4/2023, 12:50
     
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    :Ahsoka:
    «Barriss?» e nel chiederlo i miei occhi si sbarrarono, la verità era che non me lo aspettavo o forse sì?
    «Ti ammetto che dopo il suo arresto avevo dato per scontato che, non so fosse morta in prigione o... non ci ho mai pensato sinceramente...» non sapevo come prendere la notizia e dunque per questo per un po' mi guardai intorno spaesata. Ma ero davvero sorpresa?
    «Barriss si è lasciata corrompere totalmente da lato oscuro, ammetto che avrei voluto sapere della sua sopravvivenza in modo diverso, ma se ha scelto questa strada... ognuno di noi è fautore delle proprie scelte...» e con quello volevo sottolineare che se me la fossi trovata davanti non avrei esitato a fare quello che avrei dovuto, tuttavia la mia attenzione ora era rivolta ad altro.
    «Ma torniamo all'inizio, Inquisitrice hai detto? Ma l'Inquisitorio è andato distrutto, l'istituzione si è sciolta con la caduta dell'Impero...» mormorai. La fronte corrucciata di fronte a quell'inattesa informazione.
    Era chiaro che Shay non si aspettasse in alcun modo quella mia reazione, mi guardò in un modo profondo e percepì ogni suo pensiero su di me. Mi vedeva cambiata e maturata, conseguenza diretta della bolla di sofferenza che mi aveva avvolto. Tuttavia ben presto assentì e compresi che anche lui la pensava come me, sicuramente aveva anche reagito di conseguenza andandole perfino contro.
    «Ne ho viste fin troppe ultimamente! Barris è una delle tre con cui sono venuto direttamente in contatto. E sono davvero potenti. Il fatto che l'Inquisitorio si stato ricostituito ormai è un fatto assodato. Il "chi" e il "perché" restano un mistero...»
    Tornai velocemente attenta alla questio centrale, mi massaggiai il mento con una mano, mentre riflettevo pensierosa.
    «Gli Inquisitori sono dediti a dare la caccia ai force user, il loro compito è sempre stato ucciderli... in rari casi trasformali in servitori del lato oscuro...» erano dati oggettivi, ma li ripetevo ad alta voce per aiutarmi a pensare.
    «Non si comandano da soli... ma dimmi quante volte hai avuto a che fare con loro? Come ti sono sembrati i loro atteggiamenti? Solo di pura caccia agli Jedi o... c'era dell'altro?» era più forte di me, quella nota investigativa e perspicace mi aveva sempre contraddistinto ed Anakin mi aveva aiutato moltissimo ad affinarla.
    Shay aggrottò la fronte, lasciando la presa sul mio corpo ed iniziando a camminare per cercare di raccogliere meglio le idee.
    «Di sicuro eseguono ordini ben precisi. Lo scopo non è sterminare gli Jedi o asservire dei force user qualsiasi. C'è un piano più grande. A loro dire sembra siano al servizio di un Impero 2.0 nascente che, però, non farà i suoi stessi errori... l'ultima Inquisitrice con cui mi sono scontrata è stata molto chiara in proposito. Sembrano dei veri e propri fanatici religiosi per la dedizione che ci mettono e questo li rende molto più pericolosi»
    Le sue parole furono un campanello d'allarme, avevo sentito qualcosa muoversi nell'ombra e mi ero confrontata con Luke al riguardo, anche lui aveva le mie stesse sensazioni. Entrambi però avevamo concordato sul fatto che ci fosse qualcosa di diverso, un male più machiavellico organizzato quasi, seppur l'intelletto e la strategia di Darth Sidious era stata notevole. Pensare a qualcuno ben più bravo di lui metteva i brividi...
    «Lo scopo dell'X-Force è di mantenere la pace che a fatica abbiamo guadagnato. La Nuova Repubblica ha smantellato troppo in fretta i residui tecnologici e bellici dell'Impero quanto della Resistenza, hanno diminuito di molto la flotta repubblicana e i processi di intervento per la stessa sono lunghi e laboriosi... burocrazia in poche parole!» esclamai con le braccia incrociate guardandolo.
    «E' stata Hera Syndulla a scegliere Brian come leader di tutto ciò, anche e soprattutto su suggerimento di Luke... Shay... devo dirti una cosa, ma mi devi promettere che manterrai il segreto, anche con la tua padawan...» mormorai seria. Gli volevo bene e mi sentivo quasi sciocca a dovergli chiedere quello, perché personalmente gli avrei affidato la mia vita ad occhi chiusi!
     
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    :Shay:
    Ahsoka aveva parlato con voce bassa e vibrante, questo mi rese consapevole che quanto aveva da rivelarmi era talmente importante che la sua richiesta retorica di segretezza andava comunque fatta. Perciò risposi più per proforma, per rendere chiara e ufficiale quella promessa.
    "Fa come se lo stessi rivelando a te stessa!"
    La mia amica piegò di lato il capo, in segno di ringraziamento, e dopo una breve pausa si decise a parlare.
    “La scelta di Hera è stata mossa dalla totale fiducia che ripone, ma c'è qualcosa in più... è stato quando sono arrivati su questo pianeta per la prima volta che Luke lo ha percepito e ne ha voluto parlare con il Generale Syndulla...”
    Sgranai gli occhi per la sorpresa. Tuttavia, quella mia reazione non derivava dalla rivelazione in sé, ma dal fatto che ancora una volta non mi ero fidato delle mie capacità…
    “Ha percepito la sua Forza...” dissi in un sibilo e Ahsoka annuì. Era ovvio che anche lei come me doveva aver percepito qualcosa, ma era diversa dalla solita percezione inerente ai Force User. Ecco perché la maggior parte di noi non aveva indagato oltre.
    “Abbiamo ragione di credere non solo questo, ma che suo nonno fosse Pre Vizsla... Ci siamo arrivati in maniera piuttosto complessa, ma l’indizio principale lo abbiamo avuto da alcune voci: si mormorava che la Regina di Artois fosse una figlia illegittima!” continuò, aggiungendo pezzi al puzzle che si stava pian piano creando nella mia mente.
    “Ha quindi un retaggio Mandaloriano?” La mia era una domanda retorica, come quando hai necessità di dire qualcosa ad alta voce per renderla reale.
    “Esatto, quando Luke ed Hera ne hanno parlato hanno concordato che Brian potrebbe simboleggiare colui che può unirci a tutti...”
    “Jedi, Mandaloriano e... Repubblicano...” Ero allibito, ma anche eccitato da tutte queste possibilità. Ora capivo perché Ashoka era così guardinga! Era una cosa “enorme”!
    “La Nuova Repubblica si sta dimostrando incapace al fine di garantire la sicurezza e comprendere i problemi della galassia, forse serve un sistema indipendente e diverso che riunisca intorno a sé chi è in grado di vedere quali minacce stiano arrivando all'orizzonte e sia in prima linea per porvi rimedio...”
    L’immagine nella mia testa si fece più ampia, colorata, luminosa, permeata da un velo di speranza capace di farmi sorridere a pieno viso.
    “Su Yavin IV ci siamo tutti, si sta trasformando in una comunità in cui ogni parte ci mette del suo. Si lavora insieme per una causa unica…”
    “Una comunità che si sta allargando a nuove alleanze e pianeti...” e dicendolo ovviamente si riferiva all’arrivo degli ospiti giunti questa mattina su Gauntlet di Sabine.
    “Brian sa di tutto questo?”
    “Non ancora. Oltre Hera e Luke, lo sappiamo solo Mara ed io. E adesso tu... Concordiamo sul fatto che dovremo parlare di questo con Bo-Katan prima di affrontare Brian... è un onere e un onore e la sua anima non è in equilibrio abbastanza per accogliere questa notizia...” Potevo capire tutte queste precauzioni, la posta in gioco era talmente alta da rendere necessario un passo per volta, valutando pro e contro per i prossimi a venire. Brian Toorn era una persona straordinaria, ma avevo percepito in lui una parte oscura… latente ma presente, che prima o poi avrebbe dovuto risolvere.
    “Non conosco la sua storia personale, ma dentro di lui ci sono dei nodi che deve sciogliere. Forse per questo Luke ci va così cauto… Sappiamo cosa può fare un lato oscuro trascurato.” Lo dissi con dolcezza, lasciando un’altra carezza leggera sul volto di Ahsoka. “Ma lui non è solo, ha tutti noi al suo fianco… sono pronto a fare la mia parte! Ma questo già lo sapevi!” conclusi con l’ennesimo sorriso stampato in volto. Era bello ritrovare quella vita dentro di me, ed era tutto merito della mia cara amica. Mi aveva ricordato quanto fosse importante avere uno scopo, ma soprattutto qualcuno di fidato con cui affrontare il cammino, esterno o interno che fosse.
    Dopo qualche minuto da quelle confessioni ci ritrovammo di nuovo a passeggiare, questa volta per ritornare alla base. Eravamo entrambi silenziosi, consci di avere tanto da metabolizzare ancora. Poco oltre il centro del campaccio, sotto una tettoia che riparava dalla diretta luce del giorno, scorsi qualche membro della X-Force, ognuno intento nelle loro mansioni o a scambiare qualche chiacchiera. Le più vicine a noi, Omera Dhagal e Jyn Erso, ci salutarono con calore e ci avvisarono di affrettarci per mangiare qualcosa in mensa prima che terminasse tutto quanto.
    Ahsoka e io ringraziammo all’unisono, sempre molto colpiti da quelle gentilezze a cui non eravamo più così avvezzi vista la strada di solitudine che avevamo intrapreso. Capii che era strano per me quanto per lei ritrovarsi a vivere di nuovo in una comunità… quella che stava appunto nascendo e sui cui tutti riponevano tante aspettative.
    “Posso chiederti un favore? Bloccai i passi della mia amica e i miei poco prima di entrare in mensa. Avevo necessità di un suo parere, dei suoi “occhi”, per essere certo di non stare sbagliando… Ahsoka mi guardò curiosa e piegò la testa di lato in un gesto che mi ricordava sempre di più quando era ragazzina. “Terresti d’occhio Jyn Erso? È stata protagonista di un evento strano che mi ha fatto drizzare le antenne. Ho la sensazione che anche lei possa essere, in qualche modo, sensibile alla Forza...!” Nel dire le ultime parole sorrisi, ironico. “E io che pensavo di essere uno dei pochissimi retaggi rimasti dell’Ordine Jedi… Sono così felice di essermi totalmente sbagliato!”
    Ahsoka mi strinse il braccio e si lasciò andare a un altro risolino che mi fece apprezzare ancora di più il tempo trascorso assieme. Se c’era un rimedio al dolore, non poteva che essere la consapevolezza di non essere soli.
     
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    «L'idea su cui si basavano i principi dei Separatisti non era sbagliata, insomma è un dato di fatto che questa Galassia è troppo grande per un unico governo centrale. I Separatisti dicevano che i problemi dell'Orlo Esterno e quelli delle zone circonstanti erano distanti anni luce da Coruscant che non se ne occupava o tanto meno li capisse realmente... La loro richiesta dunque di Separazione per occuparsene da sé, con rappresentati che conoscessero il territorio e l'economia del luogo era giusto...»
    «Meno ne furono i modi, facevano valere la loro posizione con attentati...»
    «Perché nessuno li ascoltava! Il Conte Dooku ha solo approfittato di uno scontento che comunque c'era...»
    «Un po' come sta accadendo ora con i nostri misteriosi nemici...» sussurrai sovrappensiero, dando un altro morso alla mela che avevo in mano. Non era raro che io e Jyn ci trovassimo a fare quelle discussioni, erano di solito piuttosto critiche e toccavano argomenti che se trattati normalmente in qualsiasi altro posto potevano farci rischiare la pena capitale. Ma erano analisi oggettive della realtà e le apprezzavo molto.
    «Esattamente! La Nuova Repubblica è così concentrata a voler stringere a sé tutto il potere da non rendersi conto di essere ormai un'istituzione vuota... svuotata dall'Impero, ma già in parte sulla buona strada per arrivarci da sola e dopo tutto quello che è successo pare non aver imparato nulla! Forse l'idea dei Separatisti è estrema, ma credo che la Repubblica dovrebbe aprirsi ad un'idea di Federalismo, magari con Parlamenti in ogni Orlo, con rappresentanti poi in Senato degli stessi... A quel punto non esisterebbero pianeti di classe A o di classe B e ci sarebbe un controllo migliore del territori...»
    Soppesai le sue domande e guardandomi intorno mi chiesi se forse lì non stessimo facendo esattamente quello. Ogni giorno i nostri ranghi aumentavano e seppur nessuno lo diceva nei termini di Jyn, in un modo o nell'altro tutti lì la pensavamo uguale. Sia persone più indipendenti come noi, non proprio fan pure della Repubblica, sia Repubblicani, Mandaloriani, Jedi... tutti uniti dallo stesso filo conduttore.
    Ero ancora sovrappensiero quando Shay ed Ahsoka ci superarono, li salutammo e li invitammo alla mensa prima di non trovare più nulla e poi beccai per la quinta volta almeno, dall'inizio della nostra chiacchierata, lo sguardo di Jyn a spiare Cassian che ormai da un po' stava parlucchiando con Poe e Sabine.
    Jyn ed io eravamo sedute su delle casse ed entrambe stavamo mangiando una mela e ci stavamo godendo la bella giornata. Lei sospirò pesantemente e poi tornò a guardarsi la suola delle scarpe.
    «Immagino che con loro non stia parlando di questo... quando mi sente Cass va tu tutte le furie... dice sempre che le mie idee sono pericolose...» e lo disse alzando gli occhi al cielo, mentre io sapevo che lo diceva solo perché temeva per la sua incolumità. Troppe persone aveva perso, per vederle essere troppo avventate, nel fare la cosa giusta certo, ma senza la razionalità adeguata.
    «Vi siete conosciuti in un modo del tutto unico, non le condizioni migliori per coltivare una conoscenza, ma indubbiamente che vi ha legato in un modo incomprensibile per chiunque nella galassia... Forse dovete solo permettervi di dar oltre a quello laccio che vi tiene uniti e scoprire se c'è altro...» cercai di consigliarle in modo molto dolce e distaccato. Non era da me fare l'impicciona, ma mi piaceva essere una buona amica.
    Jyn mi sorrise, per poi aprire ancor di più le sue labbra quando Bee si avvicinò per portarle un pezzo di torta che aveva rubato dalla mensa. Ormai conosceva Jyn, capiva quando non stava al 100% e quando qualcosa la turbava. Bee in quei casi c'era sempre, premuroso e dolce con le sue piccole attenzioni. Non avevo mai visto un droide tanto coraggioso, quanto timido.
    «Il dolore trasforma le persone Jyn... a te ti ha reso scaltra e sempre propensa ad aprirti agli altri, nonostante tutto, mentre a Cassian... lui ha eretto un muro molto alto...»
    Allungai una mano accarezzando Bee che si abbassò un po' su sè stesso, segno che gli faceva piacere quella mia dolce attenzione. Mentre mi trovai a non poter far altro che concordare con lui!
     
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    “Il dolore trasforma le persone Jyn... a te ti ha reso scaltra e sempre propensa ad aprirti agli altri, nonostante tutto, mentre a Cassian... lui ha eretto un muro molto alto...”
    Non potevo fare a meno di stupirmi ogni volta dell’umanità che Bee era in grado di dimostrare. Per quanto fosse un droide, riusciva ad ancorare le sue sensazioni con una frase o anche con il suo dolce sguardo monoculare. Magari ad altri poteva sembrare stupido, ma lui era davvero il mio migliore amico… non solo non giudicava “quasi” mai, ma riusciva addirittura nel tentativo di tirarmi su di morale.
    Capiva sempre quando ero in un momento di tristezza, ecco perché la torta trafugata o la gentile frase di incoraggiamento. Lui mi conosceva bene, e conosceva anche Cassian…
    Notai Omera dare una carezza a Bee… anche lei, grazie alla sua bontà d’animo, aveva compreso quanto lontane da un semplice droide fossero le sue “emozioni”.
    “Come vi siete trovati? ” mi chiese, incontrando di nuovo il mio sguardo.
    Riflettendoci su un attimo, mi resi conto di aver parlato dei dettagli del nostro incontro solo con Cassian…
    “In effetti, è una storia parecchio bizzarra… direi che se credessi nel destino, allora questo sarebbe il caso perfetto per tirarlo in ballo.” Omera piegò di lato il capo in un invito a saperne di più. Era curiosa di natura, ma senza essere invadente. Decisi di proseguire il mio racconto.
    “Posso percepire la tua perplessità…” Un sorriso si dipinse sul mio volto. “Dopo essermi salvata praticamente per miracolo dall’esplosione di Scarif, nella navicella che ho recuperato vi erano delle rotte già inserite… tra quelle scelsi il pianeta Nar Shaddaa. Non so se lo conosci, ma è un posto poco raccomandabile, il che mi avrebbe assicurato un minimo di privacy e di tranquillità.”
    Di nuovo, Omera era confusa.
    “Vorresti dirmi che hai considerato un luogo dominato dalla criminalità più sicuro per te? Perché mai?”
    Stavo quasi per rispondere, quando mi bloccò con un gesto della mano e scuotendo leggermente il capo, sorrise. Aveva capito tutto.
    “Vedo che hai compreso. Io ci sono cresciuta in ambienti del genere. Puoi vivere come un fantasma e non avere particolari controlli o fastidi. Mi limito ad essere me stessa e a sopravvivere… di questo avevo bisogno anche in quel preciso istante.”
    “Posso solo immaginare come ti potevi sentire dopo quella terribile esperienza. So che sai badare a te stessa, quindi il pericolo è passato in secondo piano, giusto?”
    Il mio sguardo fu più che eloquente e continuai con la mia storia…Non mi andava di soffermarmi sulle le mie emozioni. Non amavo rivangare sensazioni del passato, soprattutto se riferite a quanto accaduto in “quella vita” fino ad arrivare a Scarif…
    “Mi trovavo dunque su questo pianeta e mi arrabattavo come potevo. Mi stavo dirigendo verso la piazza principale in cui si svolgeva il solito mercato. Tra le bancarelle e i venditori ambulanti, di giorno, si coprivano le attività di contrabbando e di scambio, che di notte, invece avvenivano più liberamente…Io stavo seguendo un tizio…”
    “Vorrei tanto chiederti chi fosse quel tizio e perché lo stessi seguendo, ma ho come l’impressione che non mi risponderesti, o rimarresti sul vago”
    “Tranquilla, non è mica un segreto di stato! Non sono informazioni che darei a chiunque, ma tu non sei ‘chiunque’. All’epoca, io non mi ero ricongiunta alla Ribellione. Avevo deciso di stare per conto mio, ma non avevo smesso di tenere gli occhi aperti. Quindi, quando capivo di avere sottomano delle informazioni che sarebbero potute risultare interessanti per i Ribelli, io approfondivo e gliele facevo arrivare in forma anonima.
    “In sostanza, continuavi a combattere l’Impero nell’ombra…questo ti fa onore.” Deduzione perfetta, ma non mi sentivo affatto l’eroina che lei stava dipingendo nella sua mente. Ero solo una ragazza che aveva visto fin troppo male nella sua breve vita e stanca dello schifo che le stava intorno. Passare qualche informazione non mi sembrava poi granché. E finché potevo ritagliarmi il mio angolino di pace, tutto il resto era il benvenuto. Anche un po’ d’azione, che non guastava mai, dissetava la mia anima ribelle e avventuriera.
    “Ok, scusa l’interruzione. Continua pure, sono curiosa di sapere di Bee.” Io non mi scomposi. Stranamente la sua presenza e i suoi modi di fare mi rilassavano e non avevo voglia di fuggire via. Lei stava iniziando a entrare nel mio cuore come una vera amica e questo era totalmente nuovo per me, che ero cresciuta sola e sempre circondata da tipi strampalati, i classici delinquenti di strada.
    “Seguendo il famoso tizio, mi sono ritrovata nel bel mezzo di una faida tra contrabbandieri. Non era raro come evento, ma neppure così frequente in pieno giorno. Mi sono messa al sicuro dietro a una parete e… perdere di vista il mio contatto passò in secondo piano quando ho notato che nel bel mezzo della sparatoria c’era proprio Bee. Era rimasto in balìa dei blaster delle due fazioni e nessuno stava facendo caso a lui. Ero certa che non avrebbe retto a lungo sotto le continue scariche, allora l’ho fatto…”
    Bee, che fino a quel momento, aveva ascoltato in silenzio il mio racconto, iniziò ad andare su di giri e ad emettere suoni concitati. Se fosse stato un bambino vero, avrei detto che fosse emozionato e gioioso.
    “Jyn mi ha salvato… proprio così. Si è buttata nella mischia a mi ha evitato di finire arrostito. Io ricordo solo tanto rumore e i miei circuiti che si stavano surriscaldando, quando all’improvviso mi sono ritrovato in salvo e rinfrescato.”
    Un caldo sorriso mi spuntò spontaneo. Era adorabile.
    “Eh già… gli ho dovuto gettare addosso un bel po’ di acqua per ‘rinfrescarlo’… In ogni caso, tutto è andato per il verso giusto e poi siamo diventati ottimi amici. Vero Bee?”
    “Sì, grande amici. Dopo aver perso Maarva e Cassian, io mi sentivo un sacco solo. Sono contento che tu mi abbia trovato e che successivamente abbia rincontrato anche Cassian. Lui, per fortuna stava bene…”
    Il silenzio gentile di Omera durante la “nostra” narrazione venne interrotto, come mi aspettavo…
    “Vuoi dirmi che tu già conoscevi Cassian?” si rivolse direttamente a Bee, ma fui io a rispondere, mentre lo accarezzavo.
    “Era il droide casalingo di Cass, o meglio era di sua madre e poi è passato a lui, lo ha voluto seguire dopo la perdita della sua padrona, quando Cass si è unito ai Ribelli di quel tempo. Era molto legato a entrambi in effetti. Io, ovviamente, non ne sapevo nulla. Quando abbiamo iniziato a conoscerci e a fare amicizia, beh… sai come funziona quando vivi principalmente da sola, poi capita che ti sfoghi e parli di tante cose. Gli ho parlato dei miei trascorsi nella Ribellione e dell’ultima missione su Scarif… e lì è venuto fuori il suo trascorso con Cass. Mi ha raccontato molte cose del loro rapporto.”
    “Molto interessante… ora capisco perché mi parlavi di destino e dei suoi strani giri. In ogni caso, non sono certa che le coincidenze esistano, ma che nemmeno sia tutto predeterminato. Siamo noi a decidere come vivere e di conseguenza creiamo le situazioni che ci portano ad avvicinarci o ad allontanarci da una determinata strada. Io credo che tu abbia deciso, in maniera conscia o meno, di andare su quel pianeta per ritrovare un pezzetto di qualcuno…” lasciò la frase in sospeso, poi proseguì senza specificare chi fosse il “qualcuno”. Io lo avevo capito. “Poi hai deciso di tornare?” Il suo tono di voce era dolce e pacato, quasi stesse cullando il mio cuore ferito con le sue parole.
    “Di lì a breve sono rientrata e mi sono riunita ai Ribelli.” risposi laconica.
    “Così hai fatto rincontrare Cassian e Bee anche… oltre che voi due?”
    “Esatto, ma questo è stata davvero una coincidenza, io non sapevo che avrei ritrovato Cass qui, insomma, lo credevo morto…” Pronunciare quella frase ad alta voce era stato come inghiottire veleno e tutte le emozioni che provai a quel tempo tornarono reali e palpabili sulla mia pelle e nel mio cuore… la mia espressione cambiò radicalmente e il mio volto divenne una maschera di cera. Il rancore bruciava ancora e senza che io riuscissi a controllarlo mi stava consumando.
    Credevo che Omera avesse compreso tutto in un solo istante. Il mio atteggiamento scostante e scontroso verso di lui e le fu chiaro che su Scarif era successo quando di davvero importante che ci aveva legato e che poi era andato in fumo tra le macerie di quel maledetto pianeta.
    “Non ho nessuna intenzione di intromettermi e non ho la presunzione di comprendere cosa stai provando, ma ti confermo quanto ti ho detto prima… datti la possibilità di parlare con lui a cuore aperto, per comprendere se davvero quanto è accaduto in passato possa compromettere un possibile futuro di anche solo quieto e sereno vivere, se non qualcosa di più. Siete dei combattenti straordinari, ma provate a dare una chance a ciò che avete dentro. E… fallo tu il primo passo.” La sua determinazione mi pietrificò. Un movimento oltre le sue spalle attirò la mia attenzione e lei seguì il mio sguardo.
    Cassian si stava allontanando dal gruppetto con Sabine e Poe. Non so cosa stava pensando in quel momento, ma avrei tanto voluto scoprirlo.
    Omera riportò la sua attenzione su di me… e con il capo mi fece segno di seguirlo.
    “Si deve pur rischiare per le giuste cause, no? Tu sei maestra in questo.”
    Non so perché, ma quelle sue ultime parole mi avevano fatto scattare qualcosa dentro che non seppi spiegare, ma non mi ci soffermai, perché il mio cuore diede diretto comando al corpo di muoversi e seguire il capitano Andor. Un’occhiata di sincera gratitudine a Omera e poi… via…
    Camminavo concitata, temendo di averlo perso. Superai di fretta anche Poe e Sabine, che ancora stavano discutendo animatamente. Una fitta al petto mi colse, al ricordo che anche Cass aveva partecipato a quella colorata combriccola con Sabine a intrattenere. Era totalmente stupido sentirmi così e quindi scossi il capo e proseguii, per andare a sbattere senza volerlo contro un’armatura infrangibile. Mi aveva presa alla sprovvista, ma il proprietario stesso mi evitò la caduta, afferrandomi per un braccio.
    “Din, ciao… Sei rientrato… Come va?” Per quanto mi facesse piacere rivederlo, avevo fretta di raggiungere Cassian e notai quanto anche lui fosse impacciato e continuasse a guardare oltre la mia schiena, come se stesse cercando qualcuno…
    “Tutto bene, ti ringrazio… sì, sono atterrato da pochissimo. Hai visto Omera?” Ecco svelato l’arcano, non così tanto occulto poi…
    Percepii una certa coincidenza di intenti e non mi sognai neppure di intralciare “il destino”.
    “Certo, è in una delle istallazioni del campaccio. L’ho lasciata lì poco fa. Dovresti trovarla…”
    “Grazie infinite Jyn, io… devo andare…”
    Temeva davvero di essere scortese nei miei confronti nel doversi allontanare con una certa fretta e a me venne da sorridere. Quanto lo capivo…
    “Vai, non ti preoccupare… anche io ho ‘qualcuno’ da incontrare. Ci ritroviamo dopo, così mi racconti un po’ come ti sono andate le cose, ok?” Lui sembrò sollevato e felice del mio intervento. Potevo intuirlo anche oltre il casco. Un semplice cenno fu sufficiente per accomiatarci…
    Io continuai sulla mia strada. Sapevo bene dove avrei potuto trovare Cass, era di sicuro in quello che lui considerava il suo “Regno”, e proprio lì mi sarei recata. Avevo deciso che il momento del confronto era giunto…


    Edited by The Bla¢k Wit¢h¸ - 29/4/2023, 18:20
     
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    L'ultima volta che avevo visto Din si era appena riunito al suo piccolo e mi aveva svelato che si chiamava Grogu e che era stata Ahsoka, la force user che successivamente avrei conosciuto, che lo aveva aiutato a capirlo.
    Era strano pensare come le strade con lui, ma anche tanti altri delle persone che ora popolavano la base, si fossero incrociati. Tutti noi eravamo uniti dai cosiddetti sei gradi di separazione e dovevo ammettere che trovavo la cosa infinitamente poetica e mi ci soffermavo spesso trovandomi anche a discuterne spesso con Shay con il quale intavolavo lunghe discussioni filosofiche. Ero curiosa di sapere se anche questa connessione si poteva considerare un segno divino de la Forza e per la prima volta mi eri ritrovata a vederlo pensieroso, senza parole di fronte ad una riflessione che tuttavia mi aveva detto che avrebbe fatto.
    Con tutti avevo stretto lentamente un buon rapporto, non c'era persona con la quale non avevo scambiato pensieri e riflessioni e poi ovvio c'era con chi avevo più legato e con cui ancora ero in procinto, sicuramente potevo dire di considerare Jyn una delle persone a me più care, come Poe con il quale lentamente ero riuscita a ricreare un rapporti di amicizia.
    Ero ancora seduta dove Jyn mi aveva lasciato, lo sguardo rivolto al cielo che lentamente stava imbrunendo, mentre i miei lunghi capelli corvini erano mossi dal vento. Non erano lisci come sempre, ma leggermente mossi. Quando non ero ufficialmente attiva sul campo, mi piaceva cullarmi in semplici abiti civili, ma che non rilegassero la mia femminilità che consideravo una parte integrante di me. In quel caso indossavo un semplice abito color sabbia, di tessuto leggero, lungo fino alle caviglie, le maniche erano corte, ma dal di sotto spuntavano le maniche lunghe di una casacca bianca di cotone. Stesso colore del nastro che avevo legato in vita. Era un abito campestre, che ben si addiceva alla mia vita su Sorgan tuttavia senza il grembiule da lavoro che ero solita portare.
    Non mi accorsi nemmeno della presenza di Din alle mie spalle, cosi presa dal cielo e dalle stelle che iniziavano a punteggiarlo. Mi chiedevo dove fosse, considerando che dopo che mi aveva salvato la vita ed a cuore aperto ci eravamo parlati era ripartito ed ad oggi erano passati vari mesi senza che avessi sue notizie se non indirette.
    I successi di Bo Katan a guida dei riuniti Mandaloriani e la rinascita del loro pianeta era un'informazione che su Yavin IV era giunta, Ahsoka era decisa ad organizzare quanto prima un incontro certa che questa nuova fazione avrebbe potuto aggiungersi ai nostri ranghi. Ora che erano in procinto di ricreare la loro civiltà avrebbero davvero ignorato una nascente minaccia che avrebbe potuto distruggerla? Ma io non pensavo a queste domande retoriche, pensavo a come Din fosse stato coinvolto in tutto quello, come sicuramente con onore e passione aveva fatto la sua parte ed ancor più come sempre più mi sentissi estranea a quel suo mondo e come forse non sarebbe stato giusto continuare a sperare e desiderare di farne parte. Non ero una mandaloriana e da quando avevo conosciuto Sabine avevo iniziato a capire e scoprire come le loro tradizioni funzionassero e non credo che potessero contemplare in esse un'estranea.
    Ero ancora completamente persa nei miei pensieri, quando percepì qualcosa tirarmi la gonna dell'abito, il tutto accompagnato da piccoli versetti che mi costrinsero ad abbassare lo sguardo scoprendo di fronte a me niente di meno che il piccolo Grogu. Mi sorrise e sembrò quasi pronunciare un saluto, ma quello mi fece voltare ed improvvisamente capire che lui era lì... che lui era tornato...
    «S-Sei qui...» non era una domanda, quanto più una costatazione ovvia.
    «Sì. Sono tornato per restare, molte cose sono cambiate e... avrei piacere di parlartene se me lo permetterai...»
    Sospirai sorridendogli in modo lieve, per poi aprirmi completamente verso Grogu che presi in braccio giocando con le sue manine e leggendo nei suoi occhi una consapevolezza maggiore ed anche una felicità ben più prorompente.
    «Potrei iniziare dal presentarti mio figlio... Din Grogu...»
    Aprì la bocca formando una "O" con le labbra, mentre guardavo prima lui e poi il piccolo. Entusiasta di tale notizia, ma rendendomi conto di come quella dovesse essere solo la punta dell'iceberg.
    «Dovete essere stanchi, ormai è quasi sera... vorrete riposare...»
    «Grogu di certo, Brian sapeva del mio ritorno e delle condizioni dello stesso... Vorrei portare Grogu nell'alloggio che ci era stato dato e poi tornare qui... per parlare...»
    Io assentì mentre gli passavo il piccolo, era solo un lieve movimento del capo.
    «Direi che è perfetto. Fra un po' la temperatura di abbasserà di molto... ti aspetto nella sala di controllo... inizia il mio turno di guardia e sarò sola... possiamo parlare lì senza che nessuno ci disturbi...»
     
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    Mi sentivo come se qualche dio nascosto mi avesse dato in corpo una forza sovrumana. Erano quasi due mesi che dormivo poco o nulla, combattevo, mediavo, riflettevo, senza posa. Tante cose erano cambiate dall’ultima volta che ero stato su Yavin IV e non mi riferivo solo al fatto che le due grandi tribù mandaloriane, da sempre nemiche, si erano finalmente riunite sotto la guida di Bo-Katan e di Armorer. Ancora non potevo credere a ciò che avevo vissuto io stesso… avevo fatto ammenda, avevo adottato Grogu, lui stesso era diventato un apprendista, il tutto di fronte alle Acque Viventi. Le leggendarie Acque Viventi di Mandalore! C’era ancora così tanto da fare per ricostruire il nostro popolo, ma dovevo tornare… da lei, da Omera. Volevo che sapesse che adesso avevo un mio clan… e non solo questo.
    Dovevo solo darmi una dannata mossa. Misi Grogu al calduccio nella sua culla, mi assicurai che fosse al sicuro e, senza nemmeno darmi una rinfrescata, corsi alla Sala Controllo.
    Avevo la sensazione che sarei potuto crollare da un momento all’altro, sereno, come se avessi attraversato quella odissea per tornare qui, da Omera. Solo che me rendevo conto solamente adesso che avevo incrociato di nuovo i suoi bellissimi occhi scuri. Era così pensierosa e concentrata e dolce, avrei venduto la mia preziosa armatura pur di carpire almeno uno dei suoi pensieri. Mi ero proprio bevuto il cervello, il cuore, la mente… tutto quanto.
    Sbuffai, avevo trattenuto il respiro per tutto il tragitto che mi aveva portato a destinazione. Per fortuna, vista l’ora un po’ tarda, non avevo incrociato nessuno e non ero stato “costretto” a salutare o a perdermi nei convenevoli. Per quelli ci sarebbe stato tempo l’indomani.
    Esitai un attimo prima di bussare e ricevere l’invito a entrare. Chiudermi quella porta alle spalle significava aprire tutto il mio cuore. Non c’erano più scuse… speravo solo che in quei mesi, i sentimenti che Omera mi aveva confessato non fossero cambiati.
    La vidi seduta, rilassata, alla plancia di controllo. Qui venivano intercettate e ricevute tutte le comunicazioni importanti, sia che fossero intercettazioni volanti, sia che fossero comunicazioni provenienti da linee sicure, alleati, Fulchrom stesso. Era necessario che la postazione non restasse mai sguarnita e non era raro che a Omera capitasse il turno notturno, sospettavo fosse lei a chiederlo.
    “Ciao.” La salutai cauto, era strano vederla vestita in maniera molto simile a quando l’avevo incontrata la prima volta su Sorgan. Mi fece uno strano effetto, quasi di déjà-vu. “Grazie per avermi permesso di parlarti… sono appena atterrato e ho fatto il prima che ho potuto…” “Per tornare da te…” Questo era sottointeso, ma mi sembrava di averlo praticamente urlato a squarciagola.
    “Avrei potuto attendere anche domani mattina sai?” mi disse sorridendo leggera, non c'era un tono di rimprovero nella sua voce. “Sei appena atterrato e vorrai riposare, ad ogni modo non posso negare in alcun modo che sono felice di rivedervi... entrambi... s-siete qui... per restare?" Come avevo immaginato, non ci avrebbe girato intorno, e di questo ne ero lieto, come lei, mi piaceva essere diretto.
    “Sono cambiate molte cose, come ti dicevo. Adesso ho un mio clan, ho adottato Grogu ufficialmente. Abbiamo una casa… tutta nostra, su Nevarro. Ho giurato fedeltà a Mandalore che sembra potrà finalmente rinascere. Tutto molto bello… eppure, appena ho potuto, ho sentito di voler tornare qui. Da te.” Non facevo un discorso così lungo da tempo, forse dalla nostra ultima conversazione. Ero rimasto fermo vicino alla porta, mentre lei era appoggiata morbidamente alla consolle.
    Rimase ad ascoltarmi mordendosi le labbra, mi rendevo conto fossero una valanga di novità e che doveva assorbirle tutte in un colpo, seppur alcune, ero certo, le avesse intuite o sapute in via indiretta.
    “Ehm... sono felicissima, insomma ho sempre pensato che tu è Grogu foste una famiglia e il fatto che lo siate diventati ufficialmente è... meraviglioso!" Era sincera, le brillavano gli occhi, poi però abbassò lo sguardo, come se improvvisamente una nuvola fosse arrivata a oscurare il suo volto. “Sabine e Ahsoka mi hanno parlato di Mandalore, sono molto vicine a Lady Kryze... e ho saputo che anche tu lo sei..." Quella sua ultima frase mi spiazzò, non ero certo di aver capito cosa intendesse. Una strano nota di disagio mi colse.
    “Certo, è una guida straordinaria, grazie a lei e al nostro Armorer, due tribù acerrime nemiche si sono finalmente riunite. Ho giurato che avrei servito lei e il nostro popolo con onore, secondo il nostro Credo.” Avevo risposto alla sua domanda sottointesa? Non ne ero certo, ma la mia sincerità permeava ogni sillaba. Avevo alzato leggermente il mento in segno di fierezza e la voce era rimasta ferma ma emozionata nel dire quelle parole.
    Perché aveva smesso di guardarmi? Sembrava così presa adesso da file e documenti che nulla avevano a che fare con me, con noi. Ero confuso.
    “Certo... ovvio... ehm Din...” disse improvvisamente tornando a guardarmi “Forse ho sbagliato tutto, forse giustamente tu in questi mesi hai trovato la tua strada. Sono certa di non poter competere con Lady Kryze e oggettivamente non mi interessa nemmeno farlo...” Se fossi stato senza casco avrebbe potuto vedere la mia bocca a forma di “o” riempirmi il viso. Cosa voleva dire?
    “Per cosa dovresti competere con Bo-Katan? Non capisco cosa intendi.” Dovevo sembrare molto stupido, me ne rendevo conto, ma non riuscivo davvero a raccapezzarmi su cosa stesse succedendo. Ero certo di aver detto qualcosa di sbagliato, ma cosa?
    “Din, tutti sanno della tua complicità con Bo-Katan, ok? Tra i Mandaloriani se ne parla e Sabine ce lo ha detto… e va bene ok? Io ho sempre saputo di non appartenere al tuo mondo e che la mia cotta fosse al limite del patetico...” Detto ciò, si negò totalmente ai miei occhi, concentrandosi nuovamente a fare qualcosa. Sembrava umiliata e imbarazzata. Per questo ciò che feci io dopo non aveva nulla di razionale, ma la certezza che stesse soffrendo a causa mia mi spingeva ad agire. Coprii la distanza che ci separava con poche falcate, le tolsi dalle mani una penna e un foglio, poi gliele strinsi, costringendola a guardarmi. Ero vicinissimo a lei, ma sapevo che non c’era alcuna necessità che vedesse i miei occhi per percepirmi… non le era mai servito.
    “Sono solo una cotta patetica per te? Perché il motivo per cui sono tornato implica qualcosa di più profondo.” Non c’era esitazione nella mia voce. Per la prima volta nella mia vita mi sentivo sicuro di me e capace di combattere contro cento Mudhorn pur di far scomparire quell’espressione accigliata dal suo sguardo. “Davvero hai pensato che in questi mesi trascorsi lontani avessi pensato a qualcosa di diverso che non tornare da te? Ogni impresa che compivo, ogni vittoria che guadagnavo, persino quando sono entrato nella mia nuova casa, ho pensato: ‘se ci fosse Omera qui accanto a me sarebbe mille volte più bella’. Ho giurato fedeltà a Lady Kryze in quanto guida del mio popolo, ma sono qui, adesso, per giurare il mio cuore… e di fronte a me non c’è lei.”
    La vidi trattenere il fiato per tutta la durata del mio discorso, le lacrime scorrevano libere sulle guance arrossate dall’imbarazzo e mi sentii ancora peggio. Mi tolsi un guanto… e le asciugai il viso bagnato con il pollice nudo. D’istinto poi, lo adagiai sulle sue labbra martoriate dai denti. Perché doveva farsi male? Non volevo che lo facesse, era così bella quando rideva felice.
    “Forse sono io la patetica tra i due...” disse chiudendo gli occhi, come se fosse incapace di sostenere il mio sguardo. “Non so se sia possibile dire di amare qualcuno che di fatto non si conosce, ma è esattamente ciò che mi è accaduto con te e ora ho appena scoperto una parte di me che non sapevo nemmeno esistesse: la gelosia...” ridacchiò appena, forse per stemperare la situazione, ma io ero nettamente concentrato sulle sue parole. Della gelosia mi importava poco, era un sentimento che non conoscevo bene e che forse io stesso avevo sperimentato nei confronti di Poe Dameron. Il punto era un altro però.
    “Omera Dhagal, stai dicendo di amarmi?” Dovevo essere certo di aver ben capito, perché stavamo andando verso il motivo per cui ero tornato, verso ciò che provavo per lei. E me ne ero reso conto in quei mesi passati distanti, dopo aver rischiato di perderla a causa di quel dannato veleno.
    “Con tutto il mio cuore..." soffiò lenta la sua risposta, con voce bassa e rauca sembrava accarezzarmi direttamente sulla pelle. Mi sentivo vacillare per l’emozione. Il mio pollice ancora vicino alle sue labbra, il suo corpo che si avvicinava al mio. Dopo qualche istante mi prese la mano e se la appoggiò sul cuore… potevo sentirlo battere come una furia, al pari del mio. Avrei potuto giurare, anche allo stesso ritmo!
    “Non so cosa significa amare, ma se questo uragano che ho nel petto è un sintomo di quel che chiamiamo amore, allora beh… provo lo stesso. Spinsi le dita fino ad accarezzarle una clavicola lasciata scoperta dal vestito leggero. “Per questa ragione sono qui. Hai detto che non sei parte del mio mondo e ufficialmente è così. Ci sono tante, troppe, tradizioni che ci dividono. Eppure, oggi voglio chiederti se ti va di iniziare a conoscerle, a comprenderle e – chissà – magari anche ad amarle.” Feci un passo indietro e percepii il vuoto d’aria creato dall’elettricità dei nostri corpi vicini. Le presi l’altra mano nella mia e parlai di nuovo: “Omera Dhagal, io ti prometto che ti rispetterò e proteggerò sempre. Vorresti entrare nel mio clan? Sia io che Grogu ne saremmo davvero onorati.”
     
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    Alla sua domanda persi un battito perché era come chiedere a bruciapelo «mi vuoi sposare?» e dunque era impossibile non barcollare. Ma poi guardavo Din e mi rendevo conto quanto spesso avevo dato per scontato molte cose che lo riguardavano e come molto probabilmente invece non lo fossero. Sicuramente avevamo due storie di vita molto forti e molta esperienza sulle spalle, ma ciò non voleva dire che la stessa fosse per entrambi negli stessi contesti.
    Tuttavia non potevo nemmeno ignorare l'importanza di ciò che aveva detto. Nella mia lunga vita, seppur non ne avessi poi conosciuti poi molti, non sapevo di Mandaloriani sposati con persone che non lo fossero. Da sempre era un popolo molto chiuso ed orgoglioso e dunque ciò che mi aveva appena detto era... qualcosa di molto grosso, quanto importante.
    Sentì la necessità dunque di tornargli vicina facendo aderire il mio corpo al suo, mentre gli portavo le braccia intorno al collo.
    Sarei onorata di poterti conoscere meglio, di poter comprendere ciò che per te è la tua religione, la tua vita stessa. Sono curiosa di farlo e felice che tu me lo permetta...» gli dissi in un sussurro di voce, il viso piegato da un lato e gli occhi sul suo visore, oltre a quello. Volevo guardarlo negli occhi, volevo sentire la sua pelle sulla mia... il sapore dei suoi baci.
    «Il giorno che potrò guardarti in volto, Din Djarin, quello sarà il giorno che entrerà nel tuo clan...» e lo dissi con estremo rispetto.
    Non era un rifiuto e tanto meno un mettere delle barriere, ma era prendere coscienza della realtà. Quando quel giorno sarebbe arrivato, avrebbe significato che quello che c'era tra noi non sarebbe stato solo un impeto di passione, ma una relazione che era cresciuta nel tempo. Una in cui avremmo imparato a conoscerci corpo ed anima, una nella quale era impensabile ormai pensare di star separati...
    «Intanto potremmo iniziare da questo, che ne dici?» gli chiesi infine, stringendomi un poco più contro di lui, appoggiando la mia fronte contro il suo casco.
    Con naturalezza e delicatezza, lo sentì stringermi, mentre il suo cuore aveva preso a correre frenetico quanto il mio.
    «Direi che come inizio è perfetto...» sussurrò, lasciando le parole sospese verso l'infinito. Non potevo sapere che per lui quel mio gesto era un grandissimo segno d'affetto, forse inconsapevolmente dentro di me c'era un piccola parte di mandaloriana che ancora non conoscevo. Ridacchiai dentro di me al solo pensiero.
    «Capisco che non sarà facile, faremo un passo alla volta. Ma so che tu saprai guadagnarti ogni merito, ma soprattutto che sarai amata per la tua lealtà e senso dell'onore.» la passione nella sua voce, mi fece riflettere sul fatto che forse il pensiero che mi aveva attraversato non era così folle.
    «Sarai una bellissima mandaloriana, sai?»
    Quella domanda mi emozionò più di quanto fosse lecito, con ancora la fronte contro il suo casco e gli occhi chiusi, fu certa che lui riuscì a percepire il brivido che mi percorse.
    «Sai non sono mai appartenuta a nessun luogo... a nessun popolo...» la voce era spezzata, ma ferma su quella consapevolezza. Mi allontanai da lui quel tanto per guardarlo negli occhi.
    «Sono nata su Coruscant, ma quell'ecumenopoli non l'ho mai sentita casa mia, poi ho servito l'Impero qua e là... mai un posto dove mettere radici... infine Sorgan mi ha accolta ed ho imparato a vederla come casa, un po' come Yavin IV... adesso... ma di fatto non appartengo a nessun luogo... a nessun popolo...» ribadì ed era triste, perché sicuramente questo poteva parre più logico per uno come lui che per una come me.
    «Dunque la sola possibilità che possa trovare un luogo che potrebbe darmi la possibilità di radicarmi è... un emozione fortissima...» gli confidai, poggiando una mia mano sul suo petto.
    Una sua carezza, con la mano priva del guanto, giunse sul mio viso. Non potevo vederlo oltre il casco, ma paradossalmente ci riuscivo ed ero certa che provasse una nota di tristezza per quel mio racconto. Nessuno ci rifletteva davvero, ma io avevo vissuto una lunghissima vita solitaria... ed adesso mi pareva pian piano di riuscire a colmare quel vuoto. Con la causa e tutte le persone che stavo conoscendo che giorno dopo giorno sentivo come una famiglia.
    «Sarei davvero felice se riuscissi a trovare finalmente una casa per il tuo corpo, la tua mente, il tuo cuore. So che la cultura mandaloriana ha i suoi spigoli, ma so anche che tu hai il carattere giusto per amarlo e farlo tuo.» lo vedi prendere un bel respiro e poi continuare «Vorrei anche dirti un'altra cosa. E' vero, io ho giurato fedeltà al mio Credo, al mio popolo. E ora ti sto chiedendo di entrare nel mio mondo. Eppure, se un giorno tutto questo...» si bloccò giusto qualche attimo per indicare se stesso, ma soprattutto la sua armatura e il suo casco, simboli importanti di una vera e propria religione per lui. «Dovesse risultarti troppo stretto, allora potrei davvero fare quella scelta che non feci anni fa, su Sorgan. Per te.»
    A quella sua frase scossi fortemente il capo, guardandolo con rimprovero.
    «Non dirlo mai più Din Djarin! All'epoca non avrei mai dovuto dirti quelle cose, ma le giustifico per la mia ignoranza su molte cose, ma oggi no. Non lo farei mai! Non ti permetterò mai di rinunciare al tuo Credo, alla tua Famiglia... alle tue tradizione, il tuo popolo... la tua religione... mai. Siamo intensi?» e lì mostrai di essere anche molto severa se volevo. La mia dolcezza ed il temperamento gentile e caritatevole non erano segni di debolezza, ma anzi di una forza che tutti pensavano non avessi. Essere sottovalutata poteva essere un vantaggio ed avevo saputo sfruttarlo.
    «Ora va a riposare, devi essere molto stanco... ed io ho un lungo turno che mi aspetta...» aggiunsi con estrema dolcezza ed attenzione, soprattutto nei suoi confronti.
    «Mi fai sentire completo...» mi sussurrò attraverso il casco, mentre si riavvicinò a me facendo sfiorare di nuovo i nostri corpi. «Non avrò riposo fino a quando tu starai sveglia, se vuoi ti faccio compagnia. Prometto di non disturbare!»
    Alle sue ultime parole scossi il capo, ma alla fine capì che non avrei mai potuto fargli cambiare idea, intrecciai dunque la mia mano con la sua e lo accompagnai dolcemente alla console con me, ove ci sedemmo uno di fianco all'altro. Ammetto che per un po' rimanemmo così, mano nella mano, la mia testa sulla sua spalla, in silenzio, lasciando che il rumore bianco delle comunicazioni a riempire l'aria. Non avevo bisogno di altro, se non di lui al mio fianco...
    «Tu mi rendi completa...» soffiai alla fine, sorridendo tra me e me, mentre le nostre mani si stringevano ancora più forti. In una presa salda e carica di passione.
     
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    Roberta
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    Sentivo una forte adrenalina scorrermi in corpo e il sangue martellava nelle tempie. Mi ero mossa rapida dopo aver lasciato Mando e con una meta precisa. Mi ero specchiata in lui, nella sua lucente armatura e nel suo cuore in tumulto. Sapevo che c’era qualcosa tra lui e Omera, non era necessario vedere il suo volto, ma bastava intercettare i suoi movimenti, le sue pose, le sue parole in presenza della mia amica per comprendere quanto fosse legato a lei.
    Sapevo si fossero conosciuti tempo prima e che “il caso” li aveva fatti rincontrare su Yavin…
    Ecco… il destino era bravo a prendersi gioco di noi povere creature in balìa degli eventi… aveva giocato anche con me e Cassian…
    Arrivai dove sapevo lo avrei trovato. La sala riparazioni era un po’ il suo regno, dove lui si occupava dell'attrezzatura e della manutenzione dei velivoli. L’hangar era enorme, mi sarei aspettata di udire dei rumori, ma uno strano silenzio aleggiava.
    Quando all’improvviso, udii un tonfo e un urlo soffocato provenire da un punto ben preciso.
    Mi precipitai sul posto senza rifletterci troppo.
    Lo vidi tenersi una mano e tamponare del sangue con uno straccio unto di grasso.
    Soffocai la mia prima reazione di preoccupazione spasmodica. Mi contenni a fatica.
    “Cass, ma cosa combini? Vuoi prenderti una brutta infezione?” rivelai la mia presenza con quel ben poco velato rimprovero e ringraziai l’occasione provvidenziale che mi aveva aiutato a entrare in scena senza troppo imbarazzo. Ero una frana con i discorsi e non avevo idea di come iniziare il mio.
    Cassian sobbalzò vistosamente. Forse non si aspettava di avere compagnia, forse ero troppo vicina… non sapevo. Ciò che era evidente era che la sua mano sinistra sanguinava e tanto. Mi feci ancora più vicina, troppo… e lui si irrigidii.
    “Sto bene, mi è solo sfuggito di mano un dannato cacciavite!”
    Io volevo solo aiutarlo a disinfettare quella ferita.
    “Non credo tu stia bene, ma fingerò di crederti. Il sangue non si blocca, procurami la cassetta del pronto soccorso che avete qui…” Non era una domanda e ormai ero di fronte a lui, che premevo con la mia mano sulla sua, la ferita umida e sporca.
    Il Capitan Andor aveva la schiena dritta come un fuso, indeciso se obbedire all'ordine, oppure cavarsela da solo come al suo solito. Le labbra erano chiuse in una linea dura per il dolore... non sapeva se darmela vinta o meno. Ma alla fine cedette, non compresi bene il motivo, ma la priorità adesso era curarlo. Avrebbe potuto mettere l’orgoglio in secondo piano almeno per qualche attimo.
    “E va bene!” Si sciolse rapidamente dal mio tocco, solo per mollare la pezza lurida e per afferrare la cassettina per le emergenze riposta in alto in uno scaffale di quella che chiamavano officina. Il sangue stava gocciolando dappertutto ma lui non ci badò, si limitò a porgermi quanto chiesto con un gesto piuttosto brusco.
    Io lo accettai senza fiatare, anche se avrei voluto obiettare sulla sua impazienza, sembrava proprio un bambino imbronciato. Sapevo che il suo comportamento era una diretta conseguenza del mio, quindi non avevo modo di rimproverarlo.
    “Perché accetti il mio aiuto, se non mi sopporti? Il tuo broncio si può notare dall’altra parte della galassia.” Avrei voluto essere ironica, ma la mia domanda era mortalmente seria. Intanto, avevamo preso posto su due scomodi sgabelli e avevo iniziato a tamponare e pulire il sangue, che finalmente aveva smesso di scorrere... mi muovevo rapida, prima che cambiasse idea.
    “Veramente dovresti porre questa domanda a te stessa: perché mi aiuti se non mi sopporti?”
    ribatté Cassian con decisione, la sua voce era dura ma non troppo. Io rimasi di pietra… “Io non ho mai fatto nulla che potesse portarti a credere questo... ma se tu giochi alla guerra più o meno fredda, non riesco a comportarmi diversamente...”
    Non aveva peli sulla lingua, questo era certo. Nonostante il suo proverbiale carattere schivo e riflessivo, con me, a volte, usciva dai suoi schemi.
    “Io… non ti faccio la guerra… io sono arrabbiata Cass… percepisco questo sentimento dentro che mi offusca ogni visione e non mi fa ragionare ogni volta che sono con te. Per questo sono qui… ho deciso di parlartene una volta per tutte!”
    “Parlarmi di cosa, Jyn? Cos'è che ti fa arrabbiare a tal punto da darmi addosso un momento sì e l'altro pure?” Chiuse la mano a pugno, senza rendersene conto, facendo saltare quei pochi punti a cui avevo deciso di dare tutta la mia attenzione. Alzai lo sguardo di scatto e, in quel preciso istante, potei percepire io stessa il suo dolore, forse più di lui. Il volto di Cass, invece, era pregno di perplessità e nervosismo.
    “Davvero non riesci a immaginare il motivo della mia frustrazione?! Ah, non ci posso credere. Cassian, io ti credevo morto! Morto!” Avrei voluto mantenere ferma e incollerita la mia voce, ma cedette sull’ultima parola. Si era spezzata inesorabilmente sotto il peso dei ricordi.
    Cassian si ritrasse dal mio tocco come se fosse rimasto ustionato dalle mie dita, o forse più dalla mia confessione disperata. Si alzò in piedi, incurante della ferita che aveva ripreso a sanguinare... e si mise a camminare avanti e indietro.
    “E io ti ho cercata dappertutto dopo che mi sono ripreso!” Il suo tono era esasperato.
    Mi alzai anche io e rimasi fissa a osservarlo. Non ci potevo credere…
    “Ti sei ripreso, sei tornato con i Ribelli e con tutti i mezzi a loro disposizione, non sei riuscito a trovarmi?” Ero esterrefatta. Io ero brava a nascondermi, ma non lo avevo fatto in maniera specifica dalla X-Force. “Dopo essere ‘fuggita’ da Scarif come una codarda, non ho avuto il coraggio di tornare… Io ti ho lasciato indietro, ti credevo morto e… ” Le parole fluivano come acqua di fiume e mi fermai solo un attimo per riprendere fiato.
    Osservai Cass e anche lui si stava cimentando in dei bei respiri profondi. Accendere gli animi in quella discussione non avrebbe portato a nulla. Anzi, rischiavamo di perdere anche quel poco di buono che c’era stato. Cambiò espressione e parve ritrovare il suo lato riflessivo e pacato, lasciandosi alle spalle il nervosismo.
    “Non sei stata una codarda. Ti ho urlato contro di andartene, ti ho obbligata a farlo... ti ho supplicata... ricordi?” Aveva parlato con voce più dolce, facendo qualche passo verso di me e mi sfiorò la guancia con la punta del dito... una striscia rossastra ci ricordò che doveva tamponare la ferita.
    Ma prima la strinsi e la tenni vicino al mio viso. Il suo calore e l’odore di sangue mi riportarono a quel dannato giorno, che non avrei mai potuto dimenticare. Repressi una lacrima che minacciava di mischiarsi al sangue di Cass.
    “Avrei potuto rimanere e guardare l’ultimo tramonto assieme… Non so perché ti ho dato retta. E di questo mi sento colpevole. Mi sono portata dietro questo dolore per così tanto tempo, che si è ben radicato.” Solo dopo la mia confessione a cuore aperto, decisi finalmente di medicare una volta per tutte la sua mano martoriata.
    Cassian mi lasciò fare, questa volta sul serio, più docile, più propenso a quella conversazione che sembrava volesse portare a una finale resa dei conti.
    “Se tu fossi rimasta, forse saremmo morti entrambi. Una volta rimasto solo, mi sono abbandonato al mio destino. Avevo il sorriso sulle labbra, credimi! Ce l'avevamo fatta! Invece, il destino aveva altri piani. Una prima onda d'urto mi ha sbalzato via dalla spiaggia, portandomi vicino all'hangar dove altri stavano tentando la fuga... ero ormai privo di sensi, ci sono rimasto per mesi... il colpo era stato duro, ma alla fine mi avevano salvato e io mi sono risvegliato.”
    Avrei voluto aggiungere “Grazie al cielo ti sei risvegliato”, ma mi trattenni. Era vero… eccolo che di nuovo il destino tornava in scena, aveva altri piani e noi ci ritrovavamo come foglie al vento, sbalzate di qua e di là senza una direzione da seguire.
    “Quindi, anche altri si sono salvati in extremis. È bello saperlo. Io, correndo via, ho trovato una navicella abbandonata e isolata. Sono felice che tu sia sopravvissuto. Prima di tutto per te, ma in un secondo momento anche per me, altrimenti mi sarei portata questo maledetto senso di colpa fin nella tomba.” La mia voce tremò ancora. Il mio petto non poteva più contenere tutte le emozioni che il cuore stava provando. Batteva all’impazzata. Sapevo di poter apparire un’irrimediabile egoista dicendo ciò, ma mi sarei accontentata di morire là, al suo fianco piuttosto che continuare a vivere da codarda. Però, lui o il fato, non lo sapevo, avevano deciso diversamente.
    Finii quanto dovevo con una fasciatura accurata alla mano di Cass. Adesso doveva solo aspettare e guarire. Accarezzai lievemente il tessuto candido e lo feci senza rendermene conto… quasi soprappensiero…
    Sembrava che tutto il rancore covato e provato fino a quel momento fosse evaporato.
    Avrebbe davvero potuto essere diverso questo mio rapporto con Cassian? Le parole di Omera ancora rimbombavano nella mia testa. Avevo passato così tanto tempo ad odiarlo, che ancora mi chiedevo se le mie emozioni e sensazioni sarebbero potute cambiare in maniera tanto repentina.
    Era quello che avrei dovuto scoprire. E avevo tutta l’intenzione di farlo.


    Edited by SydneyD - 16/5/2023, 23:06
     
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